lunedì, ottobre 27, 2008

OTTAVA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Real Madrid-Athletic Bilbao 3-2: Sneijder 12' (R); Higuaín 28'(R); Etxeberria 34'(A); Iraola, rig. 44'(A); Higuaín 58'.

Recreativo-Valencia 1-1: Camuñas 47'(R); Villa 62'(V).

Sevilla-Málaga 0-1: Adrián 15'.

Deportivo-Sporting 0-3: Barral, rig. 23'; Carmelo 26'; Diego Castro 85'.

Getafe-Valladolid 1-0: Cata Diaz 32'.

Mallorca-Espanyol 3-0: Aduriz 48'; Aduriz 60'; Varela 76'.

Numancia-Racing 2-1: Barkero 25'(N); Tchité, rig. 94'(R); Cisma 95'(N).

Non molla la presa il Real Madrid: in una giornata che ha dispensato emozioni e buon calcio in quantità notevoli, non fa eccezione il match del Bernabeu, dal quale l'Athletic esce con l'onore delle armi anche se con una situazione di classifica alla quale deve fare obbligatoriamente caso.
I baschi come contro il Barça hanno cercato di impostare la gara a viso aperto, stavolta peccando non tanto di inconsistenza offensiva, quanto piuttosto di tenerezza difensiva. Così si spiega un inizio di gara nel quale la squadra di Caparros cerca la manovra corale nella metacampo avversaria ma finisce per andare sotto ad ogni affondo madridista: prima quello che frutta il gol regolarissimo annullato ad Higua
ín, poi quello che vale il vantaggio del fenomenale e pienamente recuperato alla causa Sneijder (tenuto in gioco da Balenziaga, che fa grossolanamente saltare il fuorigioco: poderose le doti di corsa e la propensione offensiva di questo terzino sinistro, il quale però deve aggiungere disciplina e continuità al suo gioco), infine la spettacolare combinazione che frutta il raddoppio di Higuaín.
Caparbi, gli ospiti rientrano in partita, facendo leva sul loro orgoglio e su qualche smagliatura tattica del Madrid. Cogliamo qui l'occasione per affrontare il caso-Ramos, punito con la panchina (l'unica motivazione per far giocare Salgado evidentemente è che il titolare deve averla combinata grossa) dal bel caratterino di Schuster che non ha digerito un'intervista dello stesso Ramos ad "As": il terzino andaluso aveva segnalato in quest'intervista come il 4-3-3 asimmetrico del Real Madrid oltre a limitare la profondità sugli esterni in fase offensiva (come ampiamente evidenziato contro la Juve) mette in difficoltà i terzini, lui per primo, che fanno fatica a trovare aiuti e raddoppi, mancando nel caso di Ramos un esterno destro di ruolo in tutta la rosa. Sebbene nel caso specifico non abbia fatto piacere la critica manifesta sui giornali, questa è una situazione chiarissima a tutti, in primis allo stesso Schuster, del quale è appena nascosto il malumore nei confronti di Mijatovic e della società per come viene condotta la campagna acquisti (nella maggior parte dei casi senza consultare l'allenatore, come aveva fatto capire in pretemporada Schuster).
Tutti gli allenatori della Liga sanno che il punto più scoperto nel sistema di gioco del Real Madrid è proprio quello dei sempre possibili due contro uno nella zona del terzini: come evidenziò ampiamente Emery nell'andata della Supercoppa e come ha voluto fare anche Caparros (pure non un amante della concezione "brasileira" dei terzini, lo sappiamo bene) in questa occasione, puntando sulla società Gabilondo-Balenziaga a sinistra e David Lopez-Iraola a destra. Andando a vedere il primo gol dell'Athletic, si scopre che è figlio proprio di questo squilibrio, con Gago che si fa attirare verso la fascia sinistra per evitare l'inferiorità numerica a Marcelo e scopre la zona centrale della trequarti a Yeste che, anche un po' casualmente, fornisce l'assist ad Etxeberria.
Il gol del pareggio dell'Athletic è un'altra cosa, un rigore che francamente mi sembra pure poco definire esagerato (sicuramente più credibile un contatto fra Pepe e Llorente nel secondo tempo) e che Iraola trasforma tra le polemiche.
Nella ripresa il Madrid parte fortissimo, gioca senza aspettare l'occasione ma andandosela a cercare conquistando stabilmente metri nella metacampo avversaria e imponendo ritmi alti che fruttano due traverse colpite nel giro di pochi minuti da Higuaín e Heinze. Paradossalmente però il gol decisivo arriva su un errore avversario, un gravissimo pallone perso da Yeste in mediana su un rinvio approssimativo di Iraizoz, che spalanca un contropiede corto al Real Madrid sull'asse Gago-Higuaín, col Pipita ancora una volta imprendibile.
La partita si assesta con l'espulsione del solito poco intelligente Amorebieta (geniale invece è il cambio con cui Caparros reagisce all'inferiorià numerica: Casas per Gabilondo...), anche se il palo colpito da Llorente ancora trema.

Il Valencia resiste in vetta, andando a prendersi un punto dopo essere passato in svantaggio contro un Recre già ben convertito all'ultradifensivismo da Alcaraz. Tonfo parecchio brutto quello del Sevilla, che perde in casa contro un Málaga impeccabile nell'organizzazione difensiva e pronto ad approfittare dell'occasione: sbalorditivo quanto stanno facendo gli uomini di Tapia, che nel mio pronostico erano destinati a retrocessione certa insieme al Numancia (che, in una partita orrenda e decisa tutta nei minuti di recupero, batte un Racing che non convince più nessuno).
Stupefacente anche la sonora affermazione dello Sporting al Riazor, che sta facendo valere quelle armi che i meno disattenti potevano intravedere (anche se occorreva il microscopio) pure nelle imbarcate di gol con le grandi nelle prime giornate.
Il Getafe vince ma continua a non persuadere sul piano del gioco i propri tifosi, troppo bene abituati negli ultimi anni. Il Valladolid si trova a dover pregare che arrivi presto Gennaio (e l'arrivo di qualche goleador esperto tipo Pandiani o Kepa), in preda alla propria impotenza offensiva.


CLASSIFICA

1 Valencia 20

2 Barcelona 19

3 R. Madrid 19

4 Villarreal 18

5 Sevilla 17

6 Málaga 13

7 Getafe 12

8 Mallorca 11

9 Almería 11

10 Atlético 10

11 Espanyol 9

12 Deportivo 9

13 Sporting 9

14 Betis 8

15 Valladolid 7

16 Numancia 7

17 Racing 6

18 Recreativo 6

19 Athletic 5

20 Osasuna 4


CLASSIFICA MARCATORI

Etoo 9 (Barcelona,1 rig.)

Villa 9 (Valencia)

Messi 5 (Barcelona, 2 rig.)

Negredo 5 (Almería)

Higuaín 5 (1, Real Madrid)


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OTTAVA GIORNATA: Villarreal-Atlético Madrid 4-4: Simão (A); Forlán (A); Senna (V); Llorente (V); Gonzalo Rodríguez (V); Rossi (V); Simão (A); Raúl Gar

Cose da Atlético, cose non da Villarreal, cose da matti. Appena finito di elogiare la serietà difensiva degli uomini di Pellegrini dopo il pareggio con l’Espanyol, nel giro di pochi giorni arrivano prima il primo tempo di vacanza con l’Aalborg e ora questo assuurdo, inconcepibile, imperdonabile spreco: due gol regalati negli ultimi minuti, proprio quando il più era fatto, la partita era stata rimontata in grande stile e l’Atlético perfetto del primo tempo si trovava già da lungo tempo ampiamente disarmato dall’inferiorità numerica. Per l’Atlético, un punto molto più importante per il morale che per la classifica.


Pellegrini presenta quello che nelle condizioni attuali è il miglior undici possibile (Llorente vede giustamente premiata la sua sana funzione di parassita del gol), Aguirre conferma il 4-1-4-1 del Liverpool, solo che a fare la mezzala con Maniche non c’è una punta adattata come Sinama-Pongolle ma un giocatore più che mai di ruolo come Banega. Spedito in tribuna in maniera sacrosanta l’inguardabile Luis García di questi tempi, bocciato anche il Camacho sbalestrato visto col Liverpool, a richiamare l’attenzione c’è la nuova panchina per Agüero: panchina sulla quale non è il caso di fare troppe polemiche, trovandosi il Kun in condizioni non ottimali per essere stato spremuto più di tutti in questo inizio di stagione, anche quando la forma non era quella perfetta.

Il modulo è lo stesso della partita col Liverpool, ma la resa è insospettabilmente differente. A questa considerazione va anzitutto premesso il prontissimo verificarsi della precondizione necessaria perché l’ Atlético possa esprimere qualcosa di decente, ovvero segnare prima dell’ avversario e possibilmente nei primi minuti, come già successo ad esempio con Málaga, PSV e Recreativo: Simão meglio non può fare, e al primo giro esatto di lancette scaglia un bolide impressionante sotto la traversa, al termine di un’azione splendida per rapidità di esecuzione. È la precondizione necessaria per un Atlético decente perché toglie da subito di dosso agli uomini di Aguirre il peso di dover fare la partita, peso che in due anni e passa hanno abbondantemente dimostrato di non saper portare sulle proprie spalle, avendo come unica arma credibile l’azione di rimessa negli spazi.

Allora se difesa e contropiede deve essere, che difesa e contropiede sia: i colchoneros, forti dell’immediato vantaggio, per una volta applicano con coerenza e attenzione massima la strategia scelta. Se contro il Liverpool il 4-1-4-1 era spesso lungo e, problema ricorrente, regalava ampi spazi fra le mezzeali e il centrocampista difensivo alle transizioni avversarie, stavolta l’Atlético evidenzia una sorprendente e gradita compattezza d’insieme che imbriglia per tutto il primo tempo il Villarreal in una situazione tattica spiacevolissima. Abituati a conquistare la superiorità a centrocampo grazie alla ragnatela costruita dal doble pivote e dal perenne accentramento dei due esterni, gli uomini di Pellegrini vedono ostruite le linee di passaggio e gli sbocchi della loro manovra con una sistematicità che raramente capita loro di trovarsi di fronte.

Non lascia nulla al caso un Atlético concentratissimo: Banega e Maniche cominciano accorciando e portando la pressione sull’inizio dell’azione di Senna e Bruno, impedendone il decollo, mentre all’interno della difesa a zona colchonera i due terzini finiscono col seguire quasi a uomo Pires e Cazorla, obbligandoli costantemente a ricevere palla spalle alla porta. Se non bastasse questo, l’ottimo Paulo Assunção presidia lo spazio fra le linee intralciando non solo le possibili diagonali dalle fasce di Cazorla e Pires, ma anche i movimenti classici di Rossi qualche metro dietro la prima punta. Perfino lo sbocco dei terzini, di per sé non molto profondo ma comunque importante per allargare il fronte del gioco e i sistemi difensivi avversari, viene tolto al Villarreal dai puntuali ripiegamenti di Maxi e soprattutto di Simão. Insomma, i padroni di casa hanno il monopolio del possesso-palla, la situazione per loro più desiderabile, ma succede che non sanno cosa farsene.

E non è questo l’unico fattore di scomodità: il Villarreal infatti è una squadra che, sebbene ami fare la partita ed elaborare gioco con molti uomini, in fase di non possesso tende ad evitare il baricentro alto, per non essere costretta a lasciare troppo spazio fra il portiere e difensori non velocissimi. Ma in questa occasione l’atteggiamento ultra-ostruzionistico dell’Atlético, che difende al limite della propria area, invita per forza di cose i padroni di casa a rovesciarsi nella metacampo avversaria, lasciando nella propria spazi assai pericolosi se esposti al noto assai veloce contropiede colchonero. Questa situazione indesiderata si materializza quando ancora Simão (Dio ti conservi e ti protegga, figliolo) trova lo spazio per affondare, saltando bellamente un Gonzalo non troppo rapido nello scalare né particolarmente deciso nel contrasto, fuggendo sulla sinistra e servendo infine un pallone rasoterra che, corretto da un maldestro intervento di Godín a centro area, Forlán scaraventa a rete con un robusto sinistro di prima intenzione.

Sarebbe il delitto perfetto se non ci si mettesse l’espulsione di Banega a scombinare ogni piano: il secondo giallo dell’argentino è per un’entrata non cattiva ma frutto di un’ingenuità tipica dei 20 anni. È chiaro che con l’uomo in meno l’Atlético non può più mantenere quell’equilibrio solido ma delicatissimo che aveva fruttato il doppio vantaggio, un sistema di gioco che ottimizzava al meglio la parità numerica controllando meticolosamente gli spazi e gli uomini avversari: ora il Villarreal ha sempre almeno uno sbocco a disposizione, situazione che presenterà il conto successivamente.

L’Atlético resiste fino a fine primo tempo, tremando solo su una girata repentina splendidamente sventata da Leo Franco, quello stesso Leo Franco che appena iniziata la ripresa tradirà i suoi regalando l’1-2 al Villarreal con una grossolana papera su tiro di Senna dalla lunga distanza.

Gli equilibri dell’Atlético, almeno quei pochi che riesce a costruire, sono delicati anche e soprattutto dal punto di vista psicologico: se per Valdano “el futbol es un estado de animo”, l’Atlético lo rende una roba per isterici, mandando all’aria nel giro di dieci minuti quanto costruito in tutto il primo tempo e cedendo placidamente al furente ritorno amarillo. In piena ansia, viene fuori la tradizionale incertezza difensiva, col canterano Domínguez, confermato dopo la già abbastanza tremebonda prova col Liverpool, che tiene in gioco prima Llorente e poi Pires nelle azioni rispettivamente del 2-2 e del 3-2, quest’ultimo siglato da Gonzalo servito proprio da Pires sugli sviluppi di un’azione da calcio d’angolo.

Il Villarreal che rimonta con l’orgoglio, aumenta ulteriormente il suo vantaggio col bel calcio: ora i padroni sfruttano con decisione la superiorità numerica, non fanno vedere più il pallone all’Atlético fino a quando non finisce in fondo alla porta, come nella splendida azione con cui Cazorla e Rossi fabbricano il 4-2 che a tutti pare definitivo.

C’è addirittura quasi il sospetto che Aguirre risparmi il Kun per non sprecarlo in una gara praticamente chiusa, ma la deconcentrazione del Villarreal spalanca scenari inaspettati: prima è Gonzalo, ancora una volta molle, a spalancare tutta la metacampo a un Simão sempre affilato come un pugnale, poi il subentrato Raúl García trova addirittura il pareggio sbucando su una punizione a spiovere dalla trequarti ovviamente di Simão. E dopo questo ci sarebbe perfino una quasi-occasione da gol per Forlán che è il colmo e quasi costringe il Villarreal a ringraziare per il fischio finale.


I MIGLIORI: In questo momento un fan di Simão come me può uscire di casa a testa alta, vista la straordinaria esibizione di qualità e quantità offerta dal portoghese, nettamente il colchonero più in forma. Non solo crea superiorità numerica e conquista il fondo con grande facilità, funzione nella quale non ha alcun surrogato nella rosa di Aguirre, ma vede anche la porta ed offre un contributo non facilmente percettibile ma straordinario in fase di non possesso, ripiegando costantemente in aiuto al terzino, cosa che nella Liga fra le ali di alto livello solo Jesús Navas ha nelle corde. Ottima anche la partita di sacrificio di Forlán.

Nel Villarreal confermano la loro indispensabilità Rossi e Cazorla, gli unici capaci di conferire elettricità negli ultimi metri al possesso-palla amarillo. Merita una menzione anche Joseba Llorente per come in generale si sta comportando in questa sua avventura ad alto livello: da vedere è una cosa orrenda, talmente sgraziato e modesto tecnicamente da sembrare in più di una occasione un intruso nel Villarreal dei palleggiatori, però andando al dunque la butta spesso dentro ed è la punta che dà più profondità e presenza in area avversaria dell’organico (e pressa anche sui difensori avversari, il che non fa male sebbene la fase di non possesso del Villarreal sia completamente diversa da quella cui era abituato al Valladolid).

I PEGGIORI: Avevamo parlato bene della fase difensiva del Villarreal e della sua coppia di centrali in particolare, le ultime due partite ci fanno abbassare la cresta notevolmente: Gonzalo segna il gol, va bene, ma non è questo il suo compito e non sono affatto nel suo stile rese come quelle nei confronti di Simão nelle azioni dello 0-2 e del 4-3 (sembra di vedere un Zé Castro…). Anche Godín sfarfalla ampiamente, nella stessa azione dello 0-2 e quando si fa sorprendere da Raúl García nel gol della beffa finale.

Tre giocatori impediscono la vittoria all’Atlético: Banega con la sua immaturità, Alvaro Domínguez per le distrazioni nell’applicazione del fuorigioco che provocano il 2-2 e il 3-2, Leo Franco per la papera che riapre la gara. Fa rabbia l’estremo argentino: questi alti e bassi all’interno della stessa partita, che in lui sono la norma, sono figli di una tecnica pessima che compensa negativamente i pur ragguardevoli riflessi.


Villarreal (4-4-2): D. López 6; J. Venta 5,5, Ponzalo 5, Godín 5, Capdevila 6; Cazorla 7 (70'), Senna 6,5, Bruno 6, Pires 6,5 (82'); Rossi 7, Llorente 6,5.

In panchina: Viera, Ángel, Edmilson, Fuentes, Matías F. s.v. (82'),Guille Franco, Cani s.v. (70').

Atlético de Madrid (4-1-4-1): Leo Franco 5; Seitaridis 6 (46'), Heitinga 6, Domínguez 5, Pernía 6; Assunçao 6,5 (60'); Maxi 6, Banega 5, Maniche 6 (76'), Simao 8,5; Forlán 7.

In panchina: Bernabé, Pablo, A. López 6 (46'), R. García 6,5 (60'), Miguel s.v. (76'), Sinama, Agüero.


Goles: 0-1 (1'): Simao. 0-2 (22'): Forlán. 1-2 (47'): Senna. 2-2 (52'): Llorente. 3-2 (58'): Gonzalo. 4-2 (67'): Rossi. 4-3 (83'): Simao. 4-4 (85'): Raúl García.

Árbitro: Undiano Mallenco, del Colegio Navarro. Expulsó por doble amarilla a Banega (19' y 37'). Amonestó a Simao (15'), Senna (28'), Maniche (43') y Gonzalo (91'+)

Incidencias: El Madrigal. 20.000 espectadores.

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domenica, ottobre 26, 2008

OTTAVA GIORNATA: Barcelona-Almería 5-0: Eto’o; Henry; Eto’o; Eto’o; Daniel Alves.

Beh, a questo punto non è più un caso. Una volta era lo Sporting, poverino, un’altra l’Atlético che eseguiva la sua miglior recita da Patético, mercoledì scorso il Basilea che non era un’ avversario attendibile… stavolta un Almería che non si può proprio dire privo di buone referenze, una delle più competitive esponenti della classe media.
Il fatto è che se il Barça di Guardiola va di goleada in goleada è perché crea molte occasioni, e se crea molte occasioni è perché a parte alcune parentesi (Soria, Donetsk e Bilbao, quest’ultima peraltro in parte giustificata dai problemi di formazione) gioca bene, anzi benissimo.

Stanno venendo fuori tutti gli indizi che segnalano il formarsi di una grande squadra, radicalmente diversa nello spirito e nei movimenti in campo da quella delle ultime due stagioni: il Barça che buca lo schermo e le reti avversarie non è conseguenza del fatto che Messi si alzi col piede giusto la mattina, che Eto’o faccia l’Eto’o o che Iniesta e Xavi in questo momento vedano calcio con una chiarezza sconosciuta ai loro simili, ma è frutto di una ricerca di situazioni collettive che nel loro sempre miglior funzionamento esaltano il talento individuale.
Situazioni ricercate, si vedano i gol dell’ 1-0 e del 3-0, con gli inserimenti senza palla nel primo caso di Iniesta e nel secondo di Xavi (meraviglioso gol questo, per l’ intuizione di Iniesta in rifinitura, il tempismo di Xavi nell’ inserimento, l’aggancio in corsa da applausi che favorisce la successiva cessione a Eto’o per il gol a porta vuota) a disattivare in seconda battuta l’uscita della linea difensiva avversaria alla ricerca del fuorigioco; e si vedano anche i movimenti del primo gol di Bojan o di quello di Busquets nella tanto snobbata goleada al Basilea.
Il modulo è lo stesso di sempre, ma l’attenzione e il lavoro di Guardiola su dettagli come gli schemi da palla inattiva e soprattutto i movimenti senza palla in fase offensiva arricchiscono notevolmente questo 4-3-3, regalando quella fluidità di manovra che non potrà mai venire di per se stessa dall’abilità dei singoli, per quanto dotati essi siano.
Il 4-3-3 statico e tiranneggiato dai solisti che, in mancanza di altro, chiedevano palla sul piede e partivano all’avventura, presenta ora una quantità e una qualità di soluzioni per il portatore di palla davvero invidiabile, che rende agevole la creazione di sbocchi di finalizzazione: l’ anno scorso Eto’o rimaneva sempre solo a centro area come unica possibile opzione di finalizzazione, quest’anno non solo al camerunese non manca mai l’aiuto in inserimento di una delle due mezzali, ma spesso questo tiene impegnati i due centrali avversari e favorisce il successivo inserimento di un terzo uomo (vedi i gol segnati finora da Xavi o anche quello di Busquets a Basilea); alla creazione di questi spazi collaborano anche i due esterni del tridente, che non rimangono sempre larghi con l’ unica possibilità di accentramento deputata all’ azione palla al piede (oserei dire addirittura che Messi sta migliorando anche nel gioco senza palla).
Questo Barça di partita in partita ha imparato a occupare con sempre maggior razionalità ed efficacia il campo: non solo i movimenti degli attaccanti ad aprire gli spazi e gli inserimenti dalla seconda linea difficili da leggere per gli avversari, ma anche un’ ampiezza sempre garantita.
Se nelle prime gare notavamo come la manovra fosse eccessivamente sbilanciata sul lato destro e legata in prevalenza all’abilità del triangolo Alves-Xavi-Messi, ora il Barça distribuisce il gioco sfruttando tutto il campo, sebbene Henry e Abidal non rimangano in assoluto opzioni esaltanti sulla sinistra (ferma restando la presenza semi-obbligata di Abidal, la mia idea per questa zona sarebbe quella di schierare Iniesta largo nel tridente e Hleb mezzala sinistra: il potenziale nelle combinazioni palla a terra si avvicinerebbe di più a quello della fascia destra): nella zona dove si sviluppa l’ azione il portatore di palla ha almeno due opzioni di passaggio, ma di fronte a una pressione dell’ avversario in questa zona è sempre presente l’opportunità di cambiare gioco verso l’altra fascia, opportunità quanto mai praticabile in una squadra nella quale le doti di palleggio abbondano anche nei difensori. Stando così le cose e circolando il pallone a una velocità così elevata, diventa complicato per l’avversario coprire e vigilare tutto il campo, sia sugli esterni che negli spazi fra le linee.
Alla ricchezza di soluzioni, collettive e individuali, nella fase di possesso, si abbina poi una crescita sensibile, in termini di occasioni e gol incassati, in quella di non possesso, nella quale il pressing alto e l’ intensità stanno tornando una costante decisiva.

Al dato tecnico-tattico bisogna poi aggiungere quello psicologico, essendo evidente come Guardiola abbia restituito convinzione e motivazioni a una rosa non così diversa da quella della passata stagione. “Cattiveria” ed entusiasmo che animano sempre più tutti i giocatori, che il tecnico sta facendo sentire importanti in egual misura (oddio, qualcuno come Messi, Iniesta, Xavi ed Alves è chiaramente più uguale degli altri, per dirla alla Orwell): la doppietta di Basilea è stata un tonico per un Bojan precedentemente un po’ abbacchiato; Abidal, pur non potendo offrire quello che non è in grado di offrire, è sempre più in sintonia col resto della squadra; anche Touré, dopo un inizio di stagione veramente modesto, sta ritrovando ritmo e piena affidabilità. I canterani, senza essere invocati come salvatori della patria come erroneamente accadeva l’anno scorso con Bojan, sono una parte integrante dell’ organico e non un addobbo, mentre Henry, pur essendo un giocatore chiaramente in parabola discendente, non viene fatto sentire tale dal tecnico.
Insomma, la squadra c’è, sta venendo fuori, e se anche è vero che il Barça non ha ancora incontrato le altre big, nella Liga i punti in palio sono sempre tre, e le partite come quella di ieri, le partite che finora la squadra di Guardiola ha dimostrato di saper vincere meglio di tutte, sono la stragrande maggioranza in un campionato.

I MIGLIORI: Fare i nomi di Eto’o, Xavi, Iniesta (questi due meritano una menzione per il modo sempre più convincente nel quale si propongono per l’inserimento o la conclusione a rete) o Messi è scontato, quindi voglio parlare di Alves, del quale va elogiata un’intelligenza e una capacità di adattamento che andava tutta verificata in estate.
Approfittando del gran gol su punizione di ieri, vi confesso che l’Alves del Sevilla non lo vedrete mai più, almeno finchè davanti a lui giocherà Messi. Ciò però non significa che non vedrete un buonissimo Alves, come è stato ieri e anche mercoledì: significa che il giocatore che dalla posizione di terzino destro trascinava la sua squadra, portando palla e incendiando le zone centrali del campo, al Barça non serve e anzi può essere pure controproducente. L’Alves che nella prima col Numancia si aggiungeva testardamente a Messi al centro e faceva perdere alla sua squadra ogni sbocco esterno ha lasciato progressivamente spazio a un Alves che coordina sempre meglio i propri movimenti con quelli di Messi, che si sovrappone senza palla lateralmente, portando via l’ uomo al compagno e assicurando sempre l’ampiezza.
Non è mai stato in discussione il suo protagonismo offensivo (preoccuparsi del fatto che la fase difensiva non è il suo forte o che avrebbe dovuto rimanere bloccato a coprire Messi era un falsissimo problema in una filosofia di gioco come quella blaugrana) quanto piuttosto le modalità di questo protagonismo. Il caso di Alves dimostra che a volte il sacrificio di un po’della ribalta individuale di un campione può portare un grosso beneficio al collettivo.
I PEGGIORI: Nella partita dell’Almería, vistosi travolto dopo aver pure tentato di giocare alla pari nelle primissime fasi, è ovviamente impossibile fare nomi (e a momenti sarebbe più comodo mettere a tutti un “senza voto”) se non quello di Negredo, per sottolineare la suprema idiozia della sua espulsione: l’entrata molto pericolosa su Márquez, al 29’ e già sul 4-0, ha ricadute indesiderate anche sul futuro prossimo dell’ Almería, che dovrà infatti fare a meno del proprio irrinunciabile cardine offensivo nella prossima gara col Real Madrid.

Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Alves 7 (72'), Márquez 6,5, Puyol 6,5, Abidal 6,5; Xavi 7,5, Touré 6,5 (58'), Iniesta 7,5; Messi 7, Eto’o 7,5, Henry 6 (65').
In panchina: Pinto, Piqué, Busquets, Hleb s.v. (58'), Cáceres, Bojan s.v. (65').
Almería (4-2-3-1): Diego Alves 6 (72'); Bruno 6, Carlos García 5,5, Pellerano 5,5, Guilherme 5,5(87'); Soriano 5, J. Álvarez 5,5; J. Ortiz 5,5 (80'), Corona 5, Crusat 5 (46'); Negredo 4.
In panchina: Esteban, José Ortiz s.v. (87'), Juanito, Acasiete, Uche, Natalio s.v. (80'), Mané s.v. (46').

Goles: 1-0 (5'): Etoo. 2-0 (14'): Henry. 3-0 (21'): Etoo. 4-0 (24'): Etoo. 5-0 (37'): Alves.
Árbitro Pérez Burrull, colegio cántabro. Amonestó a Crusat (29'), J. Ortiz (43'), Soriano (80'), y expulsó con roja directa a Negredo (29').
Incidencias Camp Nou. 63.566 espectadores. Se guardó un minuto de silencio en memoria de Ricard Maxenchs, fallecido esta semana.

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OTTAVA GIORNATA: Osasuna-Betis 0-2: Mehmet Aurelio; Pavone.

Un episodio (la punizione non irresistibile di Mehmet Aurelio che passa in mezzo alla barriera fra Sola e Nekounam), soltanto quello, sblocca uno strazio di partita.


Formazione-tipo per Chaparro (in attesa del pieno recupero fra i titolari di Edu, rientrato nello scorso turno dall’ infortunio), conferma da parte di Camacho del 4-4-2 di Gijon (l’unico cambio è Josetxo per lo squalificato Roversio al centro della difesa).

Il primo tempo è quasi insostenibile per lo spettatore: le due squadre sono sì ordinate ma estremamente prevedibili e incapaci di offrire spunti tecnici di rilievo. Il Betis mantiene le proprie posizioni senza mostrare nessuna fretta e accennando appena qualche affondo sulla sua fascia destra con Damià che attacca lo spazio e Nelson che si sovrappone, l’Osasuna ha la colpa di non saper imporre un proprio ritmo e di adeguarsi a questo tipo di partita che chiaramente va meglio alla squadra ospite. Quando devi fare i tre punti assolutamente, sei in casa, e non disponi nemmeno di qualità sovraumane, ti serve a poco ripiegare ordinatamente e recuperare palla nella tua metacampo per poi reiniziare l’ azione con l’ avversario schierato: non essendo squadra dalla manovra fluida e avvolgente, l’ Osasuna avrebbe dovuto obbligatoriamente puntare sull’ intensità, sul pressing nella metacampo avversaria. Non si è vista nemmeno l’ ombra di tutto questo, e così, ancorata la gara a ritmi bassi, si è vista tutta la difficoltà dei padroni nel costruire trame articolate. Rimane poi il problema tante volte rimarcato di un doble pivote nel quale Puñal e Nekounam hanno movimenti e caratteristiche troppo simili: ciò appiattisce eccessivamente la manovra e finisce col neutralizzare anche i possibili effetti positivi delle due punte tanto invocate dai tifosi, le quali entrano assai poco in contatto col pallone, dato che come al solito l’ elaborazione dell’Osasuna nelle zone interne è inesistente e l’ unico sfogo rimangono azioni dalle fasce facilmente difendibili dalla difesa schierata del Betis, per quanto individualmente Ezquerro (cui al 17’ viene annullato un gol che i giornali spagnoli dicono essere regolarissimo: parlo così perché nella trasmissione di Sky non si è potuto vedere nemmeno un replay dell’ azione) ci metta tutta la buona volontà di questo mondo.

Al 6’ della ripresa il gol di Mehmet Aurelio dà la scossa: incassato il colpo, l’ Osasuna prova ad arrivare con la grinta là dove non potranno mai arrivare le idee, oltre a Dady per Portillo mette anche Héctor Font per Puñal spezzando il monotematico doble pivote (ma data la situazione, Camacho potrebbe anche rischiare qualcosa in più inserendo un trequartista come Masoud), ma non smuove minimamente il placido controllo del vantaggio di un Betis che ha più spazi per percorrere la metacampo di rimessa e vuole correre meno rischi possibile inserendo Melli per Capi (adesso il doble pivote bloccato ce l’ hanno gli ospiti, avanzando Arzu a fianco di Mehmet Aurelio). Il finale segnala gli incomprensibili dodici minuti (più tre di recupero) concessi a Masoud, che serve una palla geniale sciupata di testa da Dady, e il gol che chiude la partita, nelle sue modalità immagine perfetta del tristissimo momento dell’ Osasuna: Ricardo sfarfalla su una punizione facile di Emana e, invocando poi un fallo del tutto inesistente, regala la comoda ribattuta a Pavone.


I MIGLIORI: Si meritava la soddisfazione del gol Mehmet Aurelio, acquisto-chiave dell’ estate verdiblanca (assieme ad Emana): finalmente un giocatore di grande spessore a comandare davanti alla difesa, il “Marcos Senna turco” come già ho avuto modo di definirlo. Notevole prova di Nelson, terzino destro di talento mai compiutamente espresso finora: grande energia, sovrapposizioni continue e incisive ma anche buone qualità palla al piede, è uno dei principali sbocchi della manovra bética nel corso della serata.

Quindici minuti non sono certo attendibili per un giudizio, ma in quei quindici minuti Masoud da solo offre perlomeno quella vivacità mancata in tutto il resto della serata all’ Osasuna. L’iraniano è uno di quei classici giocatori che offre problemi di collocazione a molti allenatori: troppo “numero 10” sia per fare l’ attaccante che il centrocampista, molto disinteressato alla fase di non possesso, in pratica senza cittadinanza nel 4-4-2 puro che ha inizialmente scelto Camacho per questa sua nuova avventura. Ma credo che in situazioni come queste, di vera emergenza creativa e realizzativi per l’Osasuna, non si debba troppo sottilizzare: Masoud è il giocatore di maggior qualità della rosa, ha doti tecniche strepitose, è l’unico in grado di creare la superiorità numerica assieme a Juanfran, ergo deve giocare, senza tante storie come quelle che ne ritardano l’ ingresso oltre misura in questa partita.

Per il resto della gara l’ unico in grado di impegnare la difesa del Betis è Ezquerro, che nel primo tempo segna un gol fortemente sospettato di regolarità e impegna Casto con un tiro da fuori, e nella ripresa scucchiaia un pallone splendido per Sola che tristemente si pianta davanti al portiere avversario.

I PEGGIORI: Sotto più che mai ovvia accusa l’attacco dell’ Osasuna: la miseria di due gol all’ attivo finora è in buona parte dovuta a un impianto collettivo insoddisfacente, ma certo i delanteros fanno a gara a non vedere la porta: improponibile, è dire poco, il Sola di questo match; si fa vedere un po’ di più Portillo che però delude al momento di scegliere la giocata o è impreciso, e si muove come suo solito in zone perlopiù di scarsissimo pericolo per l’ avversario; ci mette del suo anche Dady, sciupando l’ unica seria occasione rojilla della serata, quella che Don Masoud gli pennella direttamente sul capoccione. Forse è il caso di provare Pandiani, anche ieri nemmeno convocato, nonostante abbia detto in settimana che Camacho è tutta un’altra cosa rispetto a Ziganda, che nemmeno lo calcolava.

In grossa difficoltà il canterano Oier Sanjurjo, che spesso soffre un due contro uno con Nelson e Damiá ma che evidenzia anche una certa scomodità nel ruolo di terzino sinistro, lui che di ruolo coprirebbe l’altra fascia.


Osasuna (4-4-2): Ricardo 5; Azpilicueta 6, M. Flaño 6, Josetxo 6, Oier 5; Juanfran 5,5, Puñal 5,5 (65'), Nekounam 5,5, Ezquerro 6,5; Sola 4,5 (77'), Portillo 5,5 (65').

In panchina: Roberto, Font s.v. (65'), Dady 5 (65'), Masoud 6 (77'), Delporte, Cruchaga, J. Flaño.

Betis (4-1-4-1): Casto 6; Nelson 7(89'), Arzu 6, Juanito 6, F. Vega 6; M. Aurelio 7; Damiá 6,5, Emaná 6,5 (87'), Capi 6 (70'), S. García 6; Pavone 6.

In panchina: Ricardo, Melli s.v. (70'), Rivas s.v. (87'), Juanma s.v. (89'), Monzón, Rivera, Edu.


Goles: 0-1 (51'): Mehmet Aurelio, lanza una falta. El balón se cuela por un hueco que deja la barrera y se introduce en la meta navarra. 0-2 (86'): Pavone rebaña un balón defectuosamente blocado por Ricardo tras el lanzamiento de una falta ejecutada por Emaná.

Árbitro Mateu Lahoz, colegio valenciano. No mostró tarjetas

Incidencias Reyno de Navarra. 17.175 espectadores.

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lunedì, ottobre 20, 2008

SETTIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Valencia-Numancia 4-0: Villa 3’; Mata 73’; Vicente 83’; Villa 88’.


Betis-Mallorca 3-0: Damiá 1’; Pavone 43’; Emaná 83’.


Racing-Deportivo 0-0


Sporting-Osasuna 2-1: Carmelo 11’ (S); Ezquerro 14’ (O); Bilic, rig. (S).


Málaga-Getafe 2-1: Soldado 9’ (G); Baha 31’ (M); Duda 38’ (M).


Valladolid-Recreativo 1-1: Ruben 44’ (R); Víctor 91’ (V).


Zitto zitto, Unai Emery ha già eguagliato il ruolino (un pareggio e sei vittorie) di Benitez nelle prime sette giornate della Liga 2003-2004, per chi non se lo ricordasse vinta dal Valencia. Mantiene quel basso profilo che lo ha portato a ricostruire il morale e l' identità di questa squadra, dice che la notizia migliore è che la sua squadra ancora può migliorare molto perchè "ancora gioca troppo a sprazzi" (che è verissimo), ma intanto mette fieno in cascina e il Valencia prosegue un circolo virtuoso che, di vittoria in vittoria, può solo agevolare il processo di perfezionamento del proprio gioco. Ovviamente non erano granchè in discussione questi tre punti contro la squadra più debole della Liga, anche se il risultato è esagerato nei confronti di un Numancia che ha cercato di giocarsela fino all' ultimo quarto di partita. Strappano applausi i soliti noti, Villa la macchina da gol e Mata, che a proposito di perfezionamento, fa costanti passi da gigante, ogni giorno è un giocatore sempre migliore.

Il resto della giornata offre la terza vittoria consecutiva di un Málaga che comincia davvero a sorprendere (mentre il Getafe di Victor Muñoz stenta a raccogliere consensi); un pareggio scialbo fra il Racing (solo due punti in casa finora, e il pubblico del Sardinero comincia a spazientirsi per il gioco modesto) e il Depor, anche se con un legno per parte (Luccin, poi espulso a fine partita, per i padroni di casa; Juan Rodríguez per i galiziani); il Betis che finalmente trova i tre punti dopo aver perso a testa alta negli scontri con le big (show di Mehmet Aurelio).

Panoramica sulle due squadre che hanno cambiato allenatore: il Recre di Alcaraz si morde le mani, perchè sciupa più volte lo 0-2 sul campo di un Valladolid in un momento piuttosto difficile ma che riesce a salvare le penne all' ultimo con Victor; l' Osasuna perde ancora e ancora recrimina per l' arbitraggio: dopo la severissima espulsione di Plasil la scorsa giornata col Racing, un altro cartellino rosso molto discutibile mostrato a fine primo tempo a Roversio per un fallo altrettanto dubbio su Bilic che frutta il rigore del 2-1 sportinguista trasformato dallo stesso Bilic. Da segnalare l' utilizzo delle due punte (Portillo e Sola, questi colpirà anche una traversa nella ripresa) da parte di Camacho, come invocato da molti tifosi dell' Osasuna critici verso le ristrettezze di Ziganda.


CLASSIFICA

1 Valencia 19

2 Sevilla 17

3 Villarreal 17

4 Barcelona 16

5 R. Madrid 16

6 Almería 11

7 Málaga 10

8 Atlético 9

9 Getafe 9

10 Espanyol 9

11 Deportivo 9

12 Mallorca 8

13 Valladolid 7

14 Racing 6

15 Sporting 6

16 Betis 5

17 Athletic 5

18 Recreativo 5

19 Osasuna 4

20 Numancia 4


CLASSIFICA MARCATORI

Villa 8 (Valencia)

Etoo 6 (1 rig., Barcelona)

Negredo 5 (Almería)

Messi 5 (2 rig., Barcelona)

Raúl 4 (Real Madrid)

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SETTIMA GIORNATA: Almería-Sevilla 0-1: Adriano.

Non incanterà il Sevilla, ma dopo la vittoria del Vicente Calderón di due settimane fa si conferma squadra tostissima e senza particolari punti deboli, capace di uscire coi tre punti anche da uno dei campi attualmente più insidiosi della Liga e senza attaccanti di ruolo: è davvero un delitto e un grande rammarico pensare che a fine stagione una squadra fra gli andalusi, il Valencia e Villarreal non potrà qualificarsi per la Champions, visto il livello competitivo che le tre stanno offrendo. L’ Almería in tutta la serata non è mai riuscito a esprimersi come ci ha abituato, imbrigliato da un Sevilla estremamente concreto.


Tanto per gradire, Jiménez deve fare a meno di Kanouté (che starà fuori tre settimane dopo essersi infortunato con la nazionale), Luis Fabiano, Chevantón e Renato (e anche Dragutinovic), praticamente tutte le opzioni per i due ruoli d’ attacco. Ciò costringe quindi ad inventare una prima linea con Acosta (esterno-mezzapunta) riferimento avanzato e Romaric in appoggio, oltre che a prelevare due canterani (Armenteros e Fernando, entrambi avranno qualche minuto) dal Sevilla Atlético per completare la panchina. Arconada invece deve fare a meno di un’ arma affilata quale Piatti, e per sostituire l’ argentino non inserisce l’omologo Crusat, bensì modifica le caratteristiche del proprio 4-1-4-1 aggiungendo Soriano nel mezzo (in funzione anti-Maresca) e defilando la mezzapunta Corona sulla sinistra.

Non è che la mossa porti grandi benefici, perché in tutto il primo tempo l’Almería non riesce proprio a entrare in partita. Il match lo fa il Sevilla, che pressa l’ inizio dell’ azione dei difensori di casa, recupera con facilità il pallone mantenendone il possesso e stazionando prevalentemente nella metacampo avversaria. L’ Almería non entra in partita perché la sua transizione offensiva è inesistente: ha difficoltà a iniziare l’ azione e trasmettere il pallone dalla difesa al centrocampo a causa del pressing avversario, e di fatto non ha nemmeno la possibilità del gioco diretto.

Negredo viene neutralizzato dall’ eccellente sistema difensivo ospite, che lo tiene lontano dalla porta, isolandolo e ingabbiandolo nello spazio angusto fra la difesa e il centrocampo sevillista, impedendogli di fungere da boa e negandogli, con aiuti e raddoppi sistematici, la possibilità di far salire la propria squadra.

Accorciando con la linea difensiva e tenendo Negredo lontano dalla propria porta, il Sevilla non deve nemmeno temere la profondità e gli scatti sul filo del fuorigioco (che sono il teorico rovescio della medaglia di una difesa alta), perché Negredo non ha quei movimenti nel suo repertorio, perché Juanma Ortiz è un tornante dalla propensione offensiva notoriamente modesta e perché il mancato utilizzo di Crusat toglie all’ Almería il suo sfogo più credibile in profondità, destinando alla fascia sinistra un elemento come Corona dalle caratteristiche radicalmente differenti.

Corona non attacca lo spazio, vuole palla sul piede ed è un trequartista che dalla fascia può al massimo accentrarsi per offrirsi tra le linee e venire incontro al portatore di palla, una pedina funzionale a un calcio di possesso palla a terra, cioè proprio quel calcio che, per i motivi precedentemente esposti, l’Almería non è stato in grado di sviluppare per tutta la serata. Annullati così in un colpo solo l’effetto-Negredo e l’ effetto-Corona, per i padroni di casa risulta impossibile distendersi, e i palloni lanciati lunghi dalla difesa suonano come preghiere nel vuoto (a maggior ragione è stata una scelta sbagliata rinunciare a Crusat pensando alle note difficoltà di Konko in fase difensiva, che hanno sicuramente più possibilità di emergere con un avversario che attacca costantemente lo spazio alle sue spalle).

Il Sevilla ha quindi il controllo del match, ma come prevedibile punge poco per la leggerezza del suo improvvisato attacco: non che il rapido Acosta non si dia da fare (si muove molto, si applica nel pressing e impegna anche Diego Alves nell’ unica vera occasione del primo tempo, al 7’), ma prima punta non è e non può contendere molti palloni a Chico e Pellerano, mentre Romaric per indole tende ad abbassare la propria posizione per venire a prendersi il pallone. Perciò lo 0-0 della prima frazione rappresenta la logica conseguenza di questo quadro generale.

L’inizio della ripresa sembra offrire un Almería più vivo e presente nella metacampo avversaria, anche con le sovrapposizioni dei terzini, ma a stroncare ogni entusiasmo sul nascere arriva al 51’ l’episodio che il Sevilla capitalizzerà al massimo al fischio finale: un calcio d’angolo sul quale la difesa almeriense compie il grave errore di non vigilare il limite dell’area, consentendo ad Adriano di scagliare la conclusione che la sfortunata deviazione di Chico farà terminare in rete.

Raggiunto il vantaggio, il Sevilla imposta la gara sul contropiede, mentre muovendo la panchina Arconada cerca di alterare le basi del chiaro vantaggio tattico ospite: si accorge dell’inutilità di Soriano nella particolare circostanza, e passa al 4-4-2 inserendo Natalio, mossa che ha il suo perché, visto che tenere impegnati con due punte i due difensori centrali avversari può redistribuire meglio il lavoro offensivo, attenuando l’isolamento di Negredo e consentendogli più libertà nel suo lavoro di boa (poi entra anche Kalu Uche per Juanma Ortiz, quest’ ultimo inutile in senso quasi assoluto). Jiménez se ne rende conto, e in un gustoso botta e risposta fra strateghi, inserisce Fazio al posto di Maresca, saggiamente perché il doble pivote più bloccato Fazio-Duscher consente una copertura più stabile in aiuto ai due difensori centrali, senza rischiare pericolose situazioni di parità numerica con gli attaccanti avversari e potendo anche contare sul gioco aereo di Fazio che va a prendersi Negredo quando l’ Almería cerca sempre di più le palle lunghe verso la propria torre offensiva.

È proprio questo il copione del finale di partita: Sevilla dietro e Almería alla ricerca della mischia più che della trama ragionata: gli ospiti reggono senza grossi problemi a parte una splendida punizione a girare di Julio Álvarez che sibila vicino all’ incrocio al 78’, e anzi nel finale vanno vicinissimi al raddoppio sfruttando il contropiede, prima con Navas che, liberato da uno svarione di Chico, butta via un 2 contro uno con Diego Alves servendo Acosta nel peggiore dei modi, poi con Armenteros che incorna fuori un bel traversone di Romaric dalla destra.


I MIGLIORI: Bene David Prieto, centrale proveniente dalla cantera che si è meritatamente conquistato la titolarità già dal precampionato: ottimo senso della posizione e buon tempismo, si fa sorprendere raramente. Al di là del gol, peraltro fortunoso, Adriano è uno dei più attivi nel Sevilla. Positivo Acosta, come attitudine e come qualità delle giocate.

Nell’Almería c’è poco da segnalare, diciamo il buon lavoro di Juanito nelle transizioni difensive.

I PEGGIORI: Non per colpa sua, ma Negredo, l’ uomo-chiave della fase offensiva dell’Almería, non può incidere sulla partita. Sottotono anche Corona.


Almería (4-1-4-1): Diego Alves 6,5; Bruno 6, Chico 5,5, Pellerano 6, Mané 6; Juanito 6,5; Juanma Ortiz 5,5 (65'), Soriano 5,5 (62'), J. Álvarez 6, Corona 5,5 (83'); Negredo 5,5.

In panchina: Esteban, C. García, Acasiete, Crusat, Solari s.v. (83'), K. Uche 5,5(65'), Natalio 5,5 (62').

Sevilla (4-4-1-1): Palop 6; Konko 6, Prieto 7, Escudé 6,5, Navarro 6; Navas 6, Duscher 6, Maresca 6 (67'), Adriano 6,5 (75'); Romaric 6; Acosta 6,5 (87').

In panchina: Javi Varas, Fazio 6 (67'), Squillaci, Crespo, De Mul, Armenteros s.v. (75'), Fernando s.v. (87').


Gol: 0-1 (51'): Adriano engancha una volea tras un córner que entra en la portería de Alves después de rebotar en Chico.

Árbitro Daudén Ibáñez, Colegio Aragonés. Amonestó a Jesús Navas (64'), Natalio (73'), Romaric (78') y Fernando (94'+).

Incidencias Estadio de los Juegos del Mediterráneo. 12.050 espectadores, según informó el club. Noche lluviosa en Almería. Terreno de juego en condiciones aceptables.

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SETTIMA GIORNATA: Athletic Bilbao-Barcelona 0-1: Eto’o.

Un Barça scialbo e raccogliticcio ma efficace centra l’ obiettivo minimo, tre punti vitali per non cedere terreno al Real Madrid. Athletic dignitoso, specialmente nel primo tempo, ma con poco mordente.


Problemi di formazione per Guardiola, costretto a fare a meno del cervellone Xavi, di Gudjohnsen e a risparmiare Messi dopo gli impegni transoceanici con la nazionale (riposa anche Puyol). Henry rientra fra i titolari, spostando Iniesta a destra, ma la vera novità è il lancio dal primo minuto di un altro canterano, Víctor Sánchez, mezzala destra che completa la mediana (Hleb torna ma non è ancora pronto per i 90 minuti, farà uno spezzone nel finale). Caparros presenta come unica novità rispetto alla disastrosa trasferta di Siviglia l’ esclusione di Javi Martínez e l’ inserimento di Garmendia, che va in appoggio a Llorente, mentre nel doble pivote viene proposta la coppia Orbaiz-Yeste, la variante di maggior qualità e visione di gioco.

Il primo tempo, sebbene il dato del possesso-palla sia come al solito nettamente favorevole al Barça, vede un Athletic che, seppure senza dominare apertamente, riesce a portare il match sui ritmi che preferisce: i padroni di casa non cercano una strategia attendista nella propria metacampo, ma pressano in quella avversaria, provando con l’ intensità e la foga a forzare l’ errore avversario e nascondere il gap tecnico, optando spesso per il lancio verso Llorente e l’ aggressione delle “seconde palle” sulle sponde di questi. Soffre non troppo ma abbastanza questa pressione il Barça, e Valdés deve sfoderare due grandi interventi, entrambi su calci di punizione a girare molto ben angolati rispettivamente da David López (a mezza altezza) e Yeste (sotto la traversa, quasi all’ incrocio).

L’ Athletic è più in partita perché a differenza del Barça ha un centrocampo, che per quanto riguarda i catalani figura soltanto nel foglio delle formazioni. È qui la chiave della scialba partita blaugrana: il Barça della Catedral non è l’ immonda creatura senza capo né coda di Soria o Donetsk, è soltanto una squadra tremendamente anonima, incolore ed insapore, priva di spina dorsale. Piqué e Márquez giocano palla fra di loro insistentemente perché pochi metri davanti non si manifesta nessun cenno di vita, nessuno si offre, il pallone non circola, l’ azione non decolla e spesso, più spesso del dovuto, si è costretti a saltare il centrocampo con i lanci. La situazione peggiora ulteriormente quando Keita si infortuna e Guardiola deve improvvisare il centrocampo più improvvisato possibile, ovvero Busquets (mezzala destra, come giocava prevalentemente nel Barça B)-Touré-Víctor Sánchez (spostato a sinistra).

Il primo tempo blaugrana registra comunque, pur nel contesto di una gara che gli ospiti non riescono a padroneggiare come vorrebbero, un’ occasione degna di nota per Eto’o all’ 8’ (conclusione parata da Iraizoz dopo essersi liberato di un Amorebieta nell’ occasione morbidissimo), un insidioso sinistro da fuori di Iniesta di poco sopra la traversa al 20’, e infine, al 44’, sugli sviluppi di un calcio d’ angolo, un colpo di testa sottomisura di Eto’o.

Nella ripresa la situazione non cambia anche perché Guardiola non fa cambi: il Barça continua il suo match insipido, privo di aggressività e anche imperfetto nella coordinazione della fase di non possesso, macchinoso nella circolazione del pallone. Ma cambia un particolare importante, e cioè che mentre nel primo tempo l’ ipotesi peggiore per i blaugrana era la vittoria dell’ Athletic, ed era un’ ipotesi in alcuni momenti anche discretamente credibile, in questo secondo l’ ipotesi peggiore comincia ad essere quella del semplice pareggio, perché l’ azione dell’ Athletic ha perso visibilmente vigore. È ordinata sì, ma si limita, forse per un calo atletico o chi lo sa per cosa, a recuperare semplicemente le posizioni nella propria metacampo per ostruire le già precarie linee di passaggio blaugrana. Non si pressa alto e non vengono più contesi i palloni sulla trequarti avversaria, non si forzano più calci piazzati da zone pericolose e non si sollecita più il corpo a corpo di Llorente coi difensori blaugrana, e aumenta progressivamente la distanza fra il centravanti basco e il resto della squadra. L’ Athletic perde metri ed entra in una fase molto pericolosa, nella quale l’ abbassamento dei ritmi può favorire la giocata decisiva delle individualità del Barça, anche di un Barça molto deficitario sul piano del gioco come quello visto ieri sera.

E così succede che al 64' Henry prende palla, fa una delle poche cose buone della sua partita, serve Eto’o in profondità, questi resiste al ritorno di Amorebieta e fulmina di sinistro Iraizoz. Situazione odiosa per l’ Athletic di Caparros dover cercare la rimonta, lo sappiamo: il tecnico utrerano cerca la scintilla con Susaeta (che sta tornando ad assaporare un po’ di panchina in quest’ inizio di Liga), ma fino alla fine il Barça gestisce il vantaggio, accennando a tremare soltanto su qualche palla alta e giocandosi in maniera insidiosa il contropiede (ogni tanto lo fa anche il Barça, non c’è nulla da vergognarsi…), tanto che Eto’o si toglie pure lo sfizio di divorarsi indegnamente lo 0-2 servito davanti a Iraizoz da Iniesta.


I MIGLIORI: Valdés torna ai suoi migliori livelli, che erano un po’ lontani nel tempo: due grandi parate sulle punizioni di David López e Yeste nel primo tempo e una buona sensazione di sicurezza nell’ area piccola. Iniesta prosegue il suo momento di forma spettacolare, ha uno spunto difficile da contrastare per tutti attualmente: regala le giocate più interessanti del Barça, decisamente meglio quando si sposta a sinistra e ha più libertà rispetto a quando viene ingabbiato sulla destra, questo lo sappiamo da tempo.

Yeste mette in campo le idee migliori dell’ Athletic in cabina di regia, anche Iraizoz si fa valere in due-tre interventi.

I PEGGIORI: Brutta partita di Amorebieta: sotto gli occhi di Del Bosque (presente alla Catedral e molto più interessato ai giocatori dell’ Athletic di quanto non fosse Aragonés), ribadisce il proprio problematico senso della posizione, e gioca una strana gara nella quale alterna ai consueti interventi con l’ accetta (in uno quasi riesce a marcare Busquets) mollezze improprie del suo repertorio in marcatura, vedi l’ occasione concessa ad Eto’o nel primo tempo, o anche il gol, dove è tutt’ altro che impeccabile.

Víctor Sánchez rappresenta un corpo estraneo per tutti i 90 minuti: lo vedi correre, in una occasione tira anche alto dopo un inserimento in area, ma è impalpabile in tutte le fasi del gioco: pressa poco e male, non ruba palla, si offre poco e non costruisce. Sicuramente meglio Busquets da mezzala in questo match.


Athletic (4-4-1-1): Iraizoz 6,5; Iraola 6, A. Ocio 6, Amorebieta 5, Balenziaga 6; D. López 6, Orbaiz 6 (77'), Yeste 6,5, Gabilondo 5,5 (76'), Garmendia 5,5 (62'); Llorente 6.

In panchina: Armando, Ustaritz, Susaeta 5,5 (62'), Gurpegi s.v. (77'), J. Martínez, Etxeberria, Ion Vélez s.v. (76').

Barcelona: Valdés 7; D. Alves 6, Márquez 6 (66'), Piqué 6, Abidal 6; V. Sánchez 5, Touré 6, Keita s.v. (32'); Iniesta 7, Eto’o 6,5, Henry 6,5 (80').

In panchina: Pinto, Puyol 6,5 (66'), Sylvinho, Bojan, Busquets 6 (32'), Hleb s.v. (80'), Messi.


Goles: 0-1 (64'): Etoo fusila de zurda a Iraizoz tras eludir la marca de Amorebieta.

Árbitro: Undiano Mallenco, Colegio Navarro. Amonestó a Amorebieta (39'), Orbaiz (49'), Márquez (50'), Balenziaga (74'), Etoo (87') y Busquets (90').

Incidencias San Mamés. 33.000 espectadores. Los jugadores locales portaron brazaletes de luto por el fallecimiento del ex directivo Luis María Allende.

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domenica, ottobre 19, 2008

SETTIMA GIORNATA: Espanyol-Villarreal 0-0

Partita non spettacolare ma di buon livello: il pareggio è giusto e fotografa una gara nella quale le ottime difese hanno avuto la meglio.


Per Pellegrini il turnover è una regola inderogabile in questa stagione (e si vede per la prima volta Bruno dal primo minuto), per Márquez invece la cosa più logica è confermare l’ undici che al Bernabeu ha fornito finora la miglior prestazione della stagione dell’Espanyol.

Il copione tattico del primo tempo è chiaramente delineato nella sua prevedibilità: il pallone al Villarreal, l’ Espanyol in contropiede. I gialli costruiscono con relativa facilità la loro tradizionale ragnatela di passaggi (con quattro centrocampisti molto vicini nella zona centrale contro il “trivote” della mediana espanyolista, almeno uno rimane sempre libero di impostare, e inoltre i movimenti di Rossi fra le linee, tenendo in guardia Moisés Hurtado, lasciano in più di un’ occasione sia Senna che Bruno assai liberi di pensare la giocata), dominano il possesso-palla, ma, come spesso capita di sottolineare, difettano del cambio di marcia dalla trequarti in su che possa sbilanciare la gara tutta dalla loro parte, se si eccettuano le iniziative di Giuseppe Rossi, che animano tutte e tre le azioni pericolose del primo tempo: al 3’, un grossolano errore sottomisura di Llorente servito da un’ ottima fuga sul fondo proprio di Rossi; a metà primo tempo, un destro da fuori di Rossi al termine di una splendida percussione palla al piede; al 44’, un tentativo di eurogol al volo, sempre di destro e sempre di Rossi, su cross di Javi Venta dalla destra.

L’ Espanyol mantiene una buona coesione fra difesa e centrocampo, soffre relativamente perché stringe bene le maglie in difesa, anche se Márquez sgolandosi dalla panchina vorrebbe una linea difensiva più alta e meno metri da percorrere dopo il recupero del pallone, a partire dal quale i padroni di casa giocano esclusivamente di rimessa, affidandosi alle visioni di De la Peña, alla ricerca soprattutto dei ribaltamenti negli spazi alle spalle dei terzini del Villarreal, costretti nel sistema di Pellegrini ad accompagnare costantemente l’ azione offensiva per dare ampiezza. Ma anche qui il Villarreal non si fa trovare mai particolarmente scoperto, recupera le posizioni, scala e copre ogni buco con tempismo quasi sempre esemplare.

Un punto forte questo raramente sottolineato come merita, perché l’ indole tutt’ altro che difensivista del Villarreal spesso porta a dimenticare che si tratta di una delle squadre più affidabili e solide nella fase di non possesso di tutta la Liga (attualmente poi è la meno perforata in assoluto, con tre gol incassati), molto ordinata nei ripiegamenti e con una linea difensiva dal comportamento eccellente, attentissima sulle insidiosissime palle filtranti di De la Peña, perfetta nell’ uscire in blocco, nell’ accorciare e nel mantenere intatta la linea e le distanze tra giocatore e giocatore, il che consente a ogni giocatore di avere vicino un compagno pronto alla copertura nel caso si veda superato nell’ uno contro uno. Mi dilungo su questo punto, andando anche al di là della partita di ieri, perché rappresenta a mio avviso il fattore-chiave nell’elevata competitività del Villarreal, ciò che gli consente di capitalizzare al massimo ogni gol segnato e di vincere, come già capitato, anche quelle partite giocate male: un fattore che potrebbe fargli fare parecchia strada in Champions League.

Detto questo, non è che ieri il Villarreal non abbia avuto i suoi momenti di sofferenza, anzi: nel secondo tempo gli ospiti vacillano quando l’ Espanyol riesce ad alzare i ritmi e il baricentro, spezzando la continuità di manovra del Submarino e mettendo pressione nell’ area di Diego López, che fra il 66’ e il ’70 si erge a protagonista assoluto. Prima chiude lo specchio a Nené liberatosi in area piccola con un gioco di prestigio con la suola, poi soprattutto mette una pezza enorme sul rigore sanzionato per un fallo estremamente ingenuo (ne stiamo vedendo sin troppi negli ultimi tempi: quello di Heitinga nel derby di Madrid, quello di Ujfalusi in Barça-Atlético) di Capdevila su Luis García: Tamudo batte forte ma non troppo angolato, in ogni caso il colpo di reni di Diego López è notevole.

La partita è aperta e più movimentata, perché il Villarreal sebbene non abbia il controllo del possesso-palla che aveva nel primo tempo trova comunque spazi agendo di rimessa, in conseguenza di un certo visibile allungamento dell’ Espanyol. Gli ospiti attaccano soprattutto dalla destra, dove Javi Venta si sovrappone una volta sì e l’ altra pure, approfittando del noto menefreghismo nei ripiegamenti di Nené: l’ occasione più ghiotta viene da un gran bel triangolo, stretto e dentro l’ area avversaria, fra Pires e Guille Franco (subentrato a Rossi), col francese che (dopo lo splendido colpo di tacco di ritorno di Guille Franco, vero maestro delle sponde) si vede respingere da Kameni la conclusione finale. L’ ultimo quarto di gara propone un più marcato ritorno al possesso-palla del Villarreal, ma comunque nel contesto di una partita abbastanza placidamente avviata verso il pareggio a reti bianche.


I MIGLIORI: Si esaltano i difensori argentini: fra i padroni di casa Pareja, che ci ha messo giusto un paio di partite a far capire di essere stato un affarone, un centrale concentratissimo, di notevole tempismo e reattività; nel Villarreal, il solito fuoriclasse Gonzalo Rodríguez, che col compare Godín compone senza alcun dubbio la coppia di centrali migliore del campionato fin qui (secondo posto per Albiol-Alexis del Valencia).

Il pericolo offensivo del Villarreal nel primo tempo è solo e soltanto Giuseppe Rossi, l’ unico capace di dare le accelerazioni (assieme a Cazorla, ieri però partito dalla panchina) necessarie ad evitare una monotonia del possesso-palla amarillo sempre in agguato. Cala nel secondo tempo l’ italiano, ma io avrei tolto Llorente e non lui per far spazio a Guille Franco.

Bene anche Pires, la cui versione da finale di carriera ad esser sincero non adoro, ma che ieri ha proposto iniziative di indubbia classe sulla trequarti. Grandissima quantità da Javi Venta, che si sovrappone dal primo all’ ultimo minuto ma al quale purtroppo manca la qualità di tocco necessaria per incidere sul piano offensivo quanto meriterebbero gli sforzi compiuti (avesse uno o due terzini alla brasiliana, questo Villarreal sarebbe una squadra poderosa).

I PEGGIORI: Inguardabile Cani, sempre più promessa mancata, porta palla senza mai approdare a nulla di significativo. Delude dopo la buona prova del Bernabeu Román Martínez, corre molto a vuoto l’ argentino.


Espanyol (4-3-3): Kameni 6,5; S. Sánchez 6, Jarque 6,5, Pareva 7, Béranger 6 (88'); Román 5,5 (79'), Moisés 6, De la Peña 6,5; Luis García 5,5 (72'), Tamudo 5,5, Nené 6.

In panchina: Cristian, Lacruz (88'), Lola, Coro (72'), Rufete, Jonathan, Ángel (79')

Villarreal (4-4-2): Diego López 7; J. Venta 6,5, Ponzalo 7, Godín 6,5, Capdevila 5,5; Cani 5 (64'), Senna 6,5, Bruno 6, Pires 6,5; Rossi 6,5 (75'), Llorente 5,5 (79').

In panchina: Viera, Angel, Fuentes, Cazorla 6 (64'), Franco 6(75'), Altidore s.v. (79'), Cygan.


Árbitro: Fernández Borbalán, del colegio andaluz. Amonestó a Bruno (6'), Román (19'), Luis García (51'), Senna (70') y Moisés (78').

Incidencias: Estadi Olímpic. 16.350 espectadores. Fue la entrada más pobre en lo que va de temporada. Asistieron una cincuentena de aficionados del Villarreal. Antes del comienzo se guardó un minuto de silencio por el reciente fallecimiento de la madre de Grégory Beranger.

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SETTIMA GIORNATA: Atlético Madrid-Real Madrid 1-2: Van Nistelrooy (R); Simão (A); Higuaín, rig. (R).

Di calcio se ne vede poco, in compenso ne succedono di tutti i colori. Un espulso per parte, una terna arbitrale da barzelletta (seriamente danneggiato il Real Madrid), nervi tesi e molto agonismo, il Real Madrid che prima grazia, poi si fa raggiungere da un Atlético solo orgoglio e zero gioco, infine la solita impresa merengue allo scadere, per tre punti pesantissimi. Inutile a questo punto dire che quella dell’ Atlético coinvolto nella lotta di vertice era solo una boutade di inizio stagione, cosa che si sospettava ampiamente.


Non potendo contare sui recuperi di Guti e Robben, Schuster presenta un undici che rispetto alla sfida con l’Espanyol si differenzia nelle presenze di Gago per Diarra, Sneijder per Van der Vaart e Marcelo per Heinze. Dall’ altra parte sorprende Aguirre con un 4-4-2 senza esterni di ruolo (tipo quello visto nella Spagna a partita in corso mercoledì), tendente al rombo in alcuni momenti, a seconda dei movimenti di Banega e Maniche, che si alternano fra le fasce e la trequarti.

Speculazioni tattiche che comunque saltano subito per aria davanti al tentativo dell’ Atlético di rinvigorire la propria leggenda nera, in un inizio di match che in maniera impressionante cerca di ricalcare quello tragicomico del Camp Nou. Vero che la ferocia con cui il Real Madrid aggredisce la partita è da applausi, vero anche che un tiro come quello dello 0-1 forse lo può pensare solo Van Nistelrooy, ma è anche vero che Leo Franco nell’ occasione è un pollo, e quando poi Raúl tenta la sorpresa su punizione proprio come Messi due settimane fa e quasi vi riesce (una dormita però è bastata a Leo Franco, che nel resto della partita si mostrerà reattivo in più di una occasione), allora le perplessità (o l’ ilarità, a seconda di come uno la prende) si fanno gigantesche.

La partita dei padroni di casa comincia solo dopo che Leo Franco devia sulla traversa una sassata di Sneijder che chiude tre minuti iniziali d’inferno per il Vicente Calderón: l’ Atlético comincia se non altro a capirci qualcosa e a pareggiare il ritmo degli avversari, ma questo non significa che di colpo si metta a giocare a calcio. Forse l’ intenzione alla base dell’ undici scelto da Aguirre era la ricerca di una piena superiorità in mediana, considerando che il Real Madrid sulle fasce attacca solo coi terzini e quindi non richiede una copertura costante di due uomini sugli esterni, e personalmente la soluzione dei tre centrocampisti centrali la proposi già la scorsa stagione come ideale limitazione agli scompensi che a palla persa può creare la propensione ultra-offensiva di Maniche, ma nell’ occasione privarsi di un punto di riferimento prezioso sull’ ala quale è Simão accresce enormemente la confusione. I colchoneros sono persino più involuti del solito, ruminano un calcio contorto e innaturale, tutto arruffato in zona centrale, con i giocatori costretti a inventarsi la vita portando palla e perdendosi puntualmente nell’ imbuto.

Solo l’ abilità individuale può far passare qualcosa in quest’imbuto, come nel caso del dribbling e conclusione di poco fuori di Agüero al limite dell’ area (e prima ancora era stato Pernía a scaldare i guanti di Iker), mentre il Real Madrid, levato il piede dall’ acceleratore dei primi minuti, si muove comunque secondo maggior logica, con buone distanze fra i reparti e azioni di rimessa lineari. Vengono anche beffati i merengues, quando un tizio che dice di essere un guardalinee (meglio per lui che non mi ricordi il suo nome) annulla il gol solare del 2-0 di Van Nistelrooy, clamorosamente in gioco al momento della conclusione iniziale di Cannavaro (sembra giusta invece la segnalazione che ferma Raúl lanciato a rete qualche minuto dopo).

Cresce il protagonismo della terna, fino a quando Clos Gómez non decide di diventare il mattatore e segnare gli sviluppi della partita: Perea, già ammonito, nella foga della corsa commette l’ ingenuità di dare una vistosa manata in faccia a Sneijder che l’ arbitro non può proprio ignorare, mentre dall’ altra parte Van Nistelrooy compie un’ entrata pericolosa, al limite ma non oltre a mio avviso, non tale da venire sanzionata col cartellino rosso diretto, almeno in un’ ottica astratta e non compensativa come quella che Clos Gómez pare aver fatto propria dopo il rosso a Perea.

Improvvisato un 4-3-2 da entrambe le parti, l’ intervallo consente di ridisegnare con più calma gli assetti delle due squadre: quello madridista rimane intatto, invece Aguirre rivoluziona il suo undici, correndo un rischio consapevole alla ricerca del pareggio: giustissimo inserire Simão per Pernía, il che comporta il passaggio a una difesa a 3 (sufficiente per un Madrid con due punte e senza più Van Nistelrooy) davanti alla quale Paulo Assunção si trova a svolgere un ruolo che ricorda quello interpretato al Porto ai tempi dell’ avveniristico 3-3-4 di Adriaanse: quarto difensore e primo centrocampista al tempo stesso.

Con la successiva uscita dell’ acciaccato Ujfalusi il brasiliano andrà direttamente a fare il difensore, mentre l’ ingresso al posto del ceco di Luis García sbilancia considerevolmente la squadra, riportando Banega in cabina di regia rispetto alla bizzarra posizione di esterno destro coperta ad inizio ripresa.

Tutti questi rimescolamenti come prevedibile rendono la partita molto scorrevole, con tentativi da una porta all’ altro (i novanta minuti se non altro si son fatti guardare per il ritmo e l’ agonismo): per l’ Atlético, appena rientrati dagli spogliatoi, il diagonale di Banega dalla destra di poco a lato, il ghiottissimo uno contro uno con Casillas sorprendemente sciupato da Agüero scappato sul filo del fuorigioco a Cannavaro, poi un tiro da fuori di Forlán insidioso perché rimbalza davanti a Iker; negli spazi che inevitabilmente l’ Atlético lascia nella propria metacampo però il Real Madrid potrebbe chiudere pure la partita, sulla doppia conclusione di Higuaín e Ramos sventata dai buoni riflessi di Leo Franco, e, più avanti nel match, sulla deviazione che smorza il sinistro a botta sicura del subentrato Van der Vaart.

Così gli ospiti finiscono col mordersi le mani quando Simão inventa il pareggio con una perfetta punizione a foglia morta che scavalca la barriera. Proprio all’ 89’, ma i 6 minuti di recupero (pienamente giustificati) tengono in vita la partita e favoriscono la consueta implacabile reazione del Real Madrid, con Drenthe, arma assai pericolosa a partita in corso quando le squadre sono lunghe e gli spazi si aprono (come già era stato sul campo del Betis due turni fa): con l’ Atlético che sull’ onda lunga del pareggio vuole giocarsi il tutto per tutto e concede il contropiede (anche qui esattamente come il Betis) l’ olandese forza un fallo da rigore assai ingenuo del connazionale Heitinga (in area è sempre meglio evitare l’ intervento finchè l’ avversario non si crea lo spazio per il tiro, quando cerca il fondo è sempre meglio temporeggiare e accompagnarlo, ma è anche vero che al 96’ di una partita così tirata non si può esigere la massima lucidità da Heitinga), e Higuaín, non proprio uno specialista, sentenzia dal dischetto.


I MIGLIORI: In una partita certo non di lampi abbaglianti, uno dei migliori è Marcelo, che soprattutto nel primo tempo, finchè i merengues giocano in 11, è lo sbocco migliore per la manovra madridista, avanzando costantemente, con buon tempismo ed eccellente proprietà di palleggio negli spazi che il 4-4-2 spurio di Aguirre gli concede. Ottimi e provvidenziali recuperi di Pepe, supplisce anche ad alcuni svarioni di Cannavaro. Ovvia nota di merito anche per Drenthe che si procura il rigore decisivo.

Nell’ Atlético, il meglio lo offrono la forza di volontà di Agüero, in certi momenti trascinatore anche se sciupa un’ occasionissima, e l’ ingresso di Simão, gran giocatore del quale a mio avviso l’ Atlético non può fare mai a meno, perché l’ unico esterno della rosa in grado di allargare il campo e conquistare il fondo.

I PEGGIORI: Errori decisivi per Leo Franco ed Heitinga, più confusione che altro da Maniche in quest’occasione. Più di una incertezza per Cannavaro.


Atlético (4-4-2): Leo Franco 5,5; Perea 5, Heitinga 5, Ujfalusi 6 (70'), Pernía 6 (46'); Maniche 5,5, Assunçao 6, R. García 5,5 (37'), Banega 6; Forlán 6, Agüero 6,5.

In panchina: Coupet, A. López 6 (37'), Camacho, Miguel, Simao 7 (46'), Luis García 5,5 (70'), Sinama.

Real Madrid (4-3-3): Casillas 6,5; Ramos 6,5, Pepe 7, Cannavaro 5,5, Marcelo 6,5; De la Red 6 (77'), Gago 6, Sneijder 6,5 (67'); Higuaín 6,5, V. Nistelrooy 6,5, Raúl 6 (84').

In panchina: Dudek, Salgado, Heinze, Javi García s.v. (77'), Drenthe 6,5 (84'), Van der Vaart s.v. (67'), Saviola.


Goles 0-1 (34''): Van Nistelrooy, con la derecha, desde 25 metros. 1-1 (89'): Simao, con la derecha, de falta directa. 1-2 (96'): Higuaín, de penalti.

Árbitro: Clos Gómez, Colegio Aragonés. Expulsó con roja directa a Perea (29') y Van Nistelrooy (38'). Amonestó a Perea (7'), Raúl Gª (36'), Assunçao (45'+), Heitinga (76'), Ramos (85'), Simao (89') y Javi Gª (92').

Incidencias: Calderón. Lleno. 55.000 espect.

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