Pirati di Vallecas.
Da una squadra i cui ultras si chiamano “Bukaneros” e il cui goliardico inno non
ufficiale recita “la vida pirata la vida mejor” era difficile aspettarsi qualcosa di diverso dalla spregiudicatezza.
Se però la Liga pensava di aver vissuto la sua esperienza più estrema con i
6-7 giocatori costantemente davanti alla
linea della palla di Bielsa, quanto
proposto finora dal Rayo Vallecano va persino oltre. Paco Jémez viene da
un’ottima Segunda (fermatasi solo ai playoff promozione) con un Córdoba che
impressionava per il suo calcio avvolgente e sempre d’iniziativa, ma che non
recava nessuna traccia di sconsideratezza.
Invece a Vallecas, dopo una prima giornata con una “normale” difesa a
quattro, dalla seconda sul campo del Betis ecco una sorta di 3-3-4 liberamente
ispirato ai kamikaze giapponesi della Seconda Guerra Mondiale: il Betis rimane
sorpreso, soprattutto nel primo tempo, dalla novità della schiacciante
superiorità numerica fra centrocampo e attacco del Rayo, ma al tempo stesso si intravedono
i lati scoperti dello schieramento ospite.
Lati scoperti che diventano voragini nella partita casalinga col
Sevilla, dove si raggiunge il picco dello sprezzo del pericolo: tre contro tre
nella metacampo difensiva regalato al tridente andaluso Jesús Navas-Negredo-Manu,
giocatori che quanto a capacità in campo aperto possono persino rivaleggiare
con gente come Pepe e Sergio Ramos. Il
bello è che la partita finisce 0-0 quando già dopo il primo tempo il
Sevilla (che si prende il lusso di
sbagliare due rigori) potrebbe averne fatti quattro.
Poi c’è il derby al Vicente Calderón, e nemmeno in questo caso il
livello dell’avversario intimidisce Jémez al punto da fargli cambiare assetto: il
dettaglio psichedelico della serata è il pressing di 6 (!) giocatori, fra
attaccanti e centrocampisti, quasi fino al limite dell’area dell’Atlético. Poi
i colchoneros mangiano la foglia, e saltano questo pressing lanciando subito
sull’attacco: Turan, Falcao e Diego Costa approfittano della parità numerica e
finisce come finisce. Ora arriva l’altro derby col Real Madrid: diventa
difficile pensare a un Rayo che riproponga la stessa formula, ma ormai siamo
abituati a stupirci: stavolta chiederanno all’arbitro di giocare con i portieri
volanti, o cos’altro?
Lo stupore naturalmente non nasce dal modulo in sé (i numeri messi
così non significano nulla), ma dalle caratteristiche dei giocatori.
Anzitutto il Rayo gioca con la più pura delle difese a tre: accanto al nuovo acquisto Jordi Amat, Tito e
Casado son due terzini di ruolo e come tali si muovono. Lo stupore si accresce
passando al centrocampo, e in particolare alla coppia di mezzeali. Non tanto
Adrián González (onestissimo palleggiatore che in passato, soprattutto a
Getafe, ha pagato la “colpa” di essere figlio di Míchel), quanto piuttosto
Trashorras.
A questo proposito viene da fare un parallelo con l’altra squadra che
di recente ha provato un 3-3-4 nella Liga, e cioè l’ultimo Barça di Guardiola:
se il Barça con questo modulo già soffriva qualcosa in transizione difensiva, pure
aveva come perno della manovra un
giocatore come Xavi, che proprio sulla capacità di assicurare il possesso
del pallone e il buon posizionamento della
propria squadra ha costruito le proprie fortune; Trashorras in cambio rappresenta
il tipo opposto: una mezzapunta piuttosto discontinua e anarchica, portata a
cercare il passaggio risolutivo più che la continuità di manovra e l’equilibrio.
Con lui aumenta la probabilità della giocata geniale, ma anche quella di
perdere “male” la palla, con la propria squadra esposta al contropiede. Forse
qui si sente anche la mancanza del veterano Movilla (svincolato e passato al Zaragoza),
l’uomo d’ordine in mezzo al campo sia nella stagione precedente che in quella
della promozione.
Ma questo è nulla…il vero estremo il Rayo lo raggiunge sulle fasce.
Ora, con la difesa a tre uno si aspetterebbe esterni sì molto offensivi ma pur
sempre esterni, che possano cioè sia offrire il riferimento per aprire il gioco
sia la possibilità di ripiegare in aiuto alla difesa. Qui però Paco Jémez non
solo utilizza vere e proprie mezzepunte se non attaccanti, ma li utilizza anche
sulla fascia inversa rispetto al piede preferito.
Per esempio, Piti: uno inquadrabile come seconda punta, al massimo a
destra in un 4-2-3-1 per poter rientrare e liberare il suo buon sinistro (a
dire il vero l’unica qualità degna di nota). Qui continua a eseguire lo stesso
movimento, ma dietro ha una difesa a tre, e fa tutta la differenza di questo
mondo: se accentra troppo la propria posizione il Rayo o rimane senza
riferimento esterno o deve addirittura chiamare all’avanzata il terzino! E
questo sembra un movimento voluto da Jémez: gli attaccanti esterni ricevono ma
poi tagliano subito verso la trequarti, e a quel punto o incrociano verso la
fascia altri attaccanti o il gioco
diventa asfittico, e quando il Rayo perde la palla sulle fasce si spalancano
incredibili praterie per gli avversari. Inutile dire che in queste condizioni,
non solo per la scarsa propensione individuale degli interpreti, è pura utopia
vedere gli attaccanti esterni scalare in aiuto ai terzini per chiudere sui
cross avversari dalla fascia opposta.
Chi si prende tutte le rogne in copertura è perciò Javi Fuego,
centrocampista difensivo in evidenza lo scorso anno (fra i primi recuperatori
di palloni nell’ultima Liga, se non ricordo male), ma in questo caso chiamato a
un’impossibile ubiquità: deve essere al tempo stesso l’uomo in più a
centrocampo e quello in difesa, retrocedendo accanto a Amat in determinate occasioni.
Il movimento di Piti vale anche per José Carlos quando questi si
sposta a destra: l’ex promessa della cantera del Sevilla, mancino tecnicamente
molto raffinato (ma forse più divertente che utile) è sempre stato
tendenzialmente un trequartista, che dalla fascia più che altro parte per accentrarsi.
Il giocatore che potrebbe limitare questo disordine è Lass Bangoura: il
guineano, rivelazione dello scorso campionato, finora non è stato titolare
fisso, ma giocando a destra potrebbe garantire un riferimento esterno più
costante e maggiore profondità, senza bisogno di tutti gli incroci fra
trequarti e fasce che se da un lato possono aumentare l’incertezza nelle
marcature avversarie, dall’altro rischiano di scoprire di più la squadra a
palla persa. Ma anche Lass finora non ha giocato solo a destra: pure lui,
destro naturale, a tratti ha coperto la fascia sinistra, con una simile (anche
se meno accentuata rispetto a Piti e José Carlos) tendenza ad accentrarsi. Evidentemente
è una cosa cercata.
I due attaccanti centrali son chiamati a fare tantissimo movimento, perché
devono sia alternare i movimenti fra di loro (uno viene incontro per l’appoggio,
l’altro detta la profondità) che compensare gli incroci degli esterni
allargandosi verso la fascia.
Il danese Nicki Bille finora ha offerto più buona volontà che altro:
generosissimo su tutto il fronte, ma
poca qualità per combinare nello stretto, scarsa capacità di tenere palla per
fare salire i compagni e zero mordente in area di rigore. Questa è solo una
prima impressione, ma la mancanza dei gol di Michu potrebbe pesare tanto.
Il suo compagno invece, il 20enne brasiliano Leo Carrillo Baptistao, è
una delle più belle sorprese di quest’inizio di Liga: proveniente dal Rayo B,
già in gol (ancora diciannovenne) al suo esordio col Betis, sta impressionando
per la personalità e la naturalezza del suo gioco. Testa alta, eccellente
controllo in corsa, potenza e agilità nei cambi di direzione palla al piede,
buonissime capacità sia nello stretto che in campo aperto. Abile nell’uno
contro uno, più portato ad appoggiare i compagni muovendosi tra le linee
rispetto a Nicki Bille.
La domanda è: al di là della gara di domani col Madrid, seguirà anche
in futuro questa strada Paco Jémez? I miei anni di militanza al seguito del calcio
spagnolo penso mi valgano e anzi mi impongano il ruolo del vecchio trombone
facile alle sentenze, per cui dico che no, questa scelta non mi sembra
sostenibile sul lungo periodo. Per quanto io faccia il tifo perché lo sia (perché
è una novità molto stimolante e perché in caso di successo confermerebbe la
straordinaria ricchezza di possibilità di questo gioco), i rischi a cui si
espone dietro il Rayo mi sembrano difficilmente superabili da una maggior
scioltezza nel gioco offensivo, e se le prime giornate possono lasciare spazio
alle sperimentazioni, alla lunga è meglio non scherzare col fuoco.
Etichette: Analisi squadre, Rayo Vallecano
2 Comments:
Solo per dirti: complimenti!!!
Io adoro Benzema.
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