mercoledì, aprile 20, 2011

Il Clásico che non finisce mai (seconda parte).

Presento uno per uno i giocatori eleggibili per queste sfide, cercando di inquadrare le loro caratteristiche nel possibile contesto delle partite.

BARCELONA

Valdés: Non è il portiere più bravo coi piedi della Liga (per quello andate a vedervi Ustari del Getafe), però la sua interpretazione del ruolo è quasi rivoluzionaria. Un uomo in più nel possesso-palla, a tutti gli effetti, non solo come appoggio per il retropassaggio, ma anche per la capacità di superare una linea avversaria con un rinvio e lasciare campo libero a Iniesta o Messi, direttamente. In più, fra i pali, è storicamente sottovalutata la sua capacità di risultare decisivo in quella singola occasione che capita in 90 minuti (fenomenale uno contro uno).

Pinto: Come da tradizione, potrebbe essere lui il titolare di Copa del Rey, anche in finale. Evidentemente il Barça perderebbe parecchio, perché l’andaluso è agile e persino spettacolare fra i pali, ma in fase di possesso è un uomo in meno, non funziona come libero aggiunto e anche nelle uscite in area piccola trasmette poca sicurezza, cosa che il Madrid potrebbe sfruttare sui calci piazzati.

Dani Alves: Grande stagione, ha portato fino in fondo la sua metamorfosi dai tempi del Sevilla. Lì avviava tutte le azioni, qui non partecipa mai alle fasi iniziali della manovra, ma si sovrappone dopo, ed è un imprescindibile fattore-sorpresa. È molto raro vedere un terzino che taglia verso il centro dell’area avversaria per andare a concludere come un vero e proprio attaccante. Ad Alves riesce spesso, e questo la dice lunga su quanto sia peculiare il gioco del Barça. Tuttavia, in questa serie di scontri diretti, potrebbe capitare di vedere un Alves un po’ più prudente, non così alto ad inizio azione. Pedro o chi per lui resta largo per generare spazio a Messi e Xavi sul centro-destra, e il brasiliano si sovrappone solo quando le circostanze dell’azione assicurano che Di María o Cristiano Ronaldo non possano trovare campo alle proprie spalle.

Piqué: Non una stagione straordinaria la sua, a dirla tutta. Però resta il giocatore più importante del reparto arretrato, forse il miglior difensore centrale in Europa. Per il senso della posizione, la personalità, la prestanza, la qualità nell’iniziare l’azione, superando la prima linea avversaria portando palla, dando un passaggio verticale o un cambio di gioco che apre spazi ai centrocampisti.

Puyol: In forte dubbio per la finale di domani, la sua condizione sarà un fattore importantissimo nell’arco di queste sfide. L’iniezione di sicurezza e reattività in transizione difensiva che è capace di fornire può scongiurare i rischi che invece comporterebbe la presenza di un centrocampista adattato come Busquets o Mascherano. Va poi aggiunto che queste partite lo hanno sempre esaltato, moltiplicandone il rendimento.

Adriano: Elemento utile per la polivalenza (fascia sinistra o destra in difesa ma all’occorrenza anche a centrocampo e nel tridente) in generale, e in particolare ora come sostituto di Abidal. Più profondità e corsa rispetto a Maxwell, buon gioco ambidestro, anche se non sempre le scelte che effettua col pallone sono le migliori. Qualche sbavatura in fase difensiva, vuoi per carenze tattiche, vuoi per cali di concentrazione, se la concede sempre.

Maxwell: Col pallone, ha più criterio di Adriano. Anche tatticamente è superiore. Ha però meno facilità ad arrivare sul fondo, e non ha il passo del suo connazionale/concorrente. Soffre tremendamente l’uno contro uno con avversari veloci quando si trova a difendere vicino alla sua area (vedi Walcott, la sua bestia nera storica). Non sembra quindi il caso di rischiarlo contro un Cristiano Ronaldo o un Di María.

Gabriel Milito: Dal lunghissimo infortunio non è mai tornato ai suoi livelli, e anche per questo Guardiola preferisce utilizzare fuori ruolo Busquets o Mascherano prima di lui. Quando chiamato in causa, non è sembrato credibile come alternativa (particolarmente disastrosa la prova sul campo del Betis). A corto di ritmo, lento di riflessi, deconcentrato in marcatura, difficile contare su di lui nella fase decisiva della stagione.

Busquets: Da vertice basso del centrocampo, è quello più indicato per la fase di possesso. Con i movimenti senza palla e il gioco a uno-due tocchi lascia spazio e al tempo stesso fornisce una buona sponda a Xavi e Iniesta, che sono quelli incaricati di e dare ritmo e direzione al gioco. A Busi spetta dare continuità, e in questo contesto gli riesce benone. A palla persa,è molto aggressivo: ha un buon intuito per il primo pressing, ma non sempre sceglie bene il tempo, e così può sguarnire la propria zona. Quando poi l’azione si sposta nella metacampo del Barça, la sua copertura davanti alla difesa lascia a desiderare. Soffre gli spostamenti laterali.

Mascherano: L’antitesi di Busquets. Quello che manca nelle letture difensive a Busquets, abbonda nell’argentino, che a volte è come se giocasse con un radar. In fase di possesso però è molto più rigido di Busquets: tende a restare sempre bloccato dietro la linea della palla, a mantenere la posizione e a giocare palloni troppo semplici, che non favoriscono alcuna situazione di superiorità. Questo non perché non abbia i piedi per eseguire un cambio di gioco di 30 metri o chiudere un triangolo con precisione, ma semplicemente perché “sente” meno questo tipo di calcio. Comunque, rendimento molto in crescita nella seconda parte della stagione. Può essere una carta importante.

Xavi: Il termometro. Se gioca bene, vuol dire che il Barça sta giocando bene. L’obiettivo degli avversari è sempre quello di limitarlo, per via diretta (pressandolo o marcandolo a uomo come fece-sbagliando-Hugo Sánchez quando allenava l’Almería) o per via indiretta, costringendolo ad abbassarsi molto per prendere palla. Ha sempre bisogno del movimento dei compagni, ma una volta che gli viene garantito questo appoggio controlla i tempi come nessuno.

Iniesta: Se Xavi controlla, il suo valore aggiunto è la capacità di dare accelerazioni incontenibili dal centrocampo. Può prendere palla e saltare da solo la mediana avversaria. Intelligentissimo non solo nel cercarsi lo spazio per ricevere palla e partire fronte alla porta, defilandosi leggermente in una zona in cui l’avversario ha pochi punti di riferimento, ma anche nel crearne ai compagni, coordinando i suoi movimenti con quelli di Messi e Villa. Potrebbe essere schierato come attaccante esterno, ma il Barça perderebbe la sua capacità di verticalizzare dal centrocampo.

Keita: Prima opzione come mezzala sinistra in caso di avanzamento di Iniesta. Anche lui fra i giocatori tatticamente più intelligenti della rosa, per come offre l'appoggio al portatore e come libera l’ala sinistra per l’uno contro uno attaccando lo spazio fra centrale e terzino destro avversario (un movimento che dovrebbe avere il copyright), però eccessivamente lineare col pallone fra i piedi, sebbene preciso. Contro la difesa prevedibilmente folta del Madrid, serve di più. Per contro, un suo impiego garantirebbe un uomo in più in transizione difensiva: Iniesta attaccante mantiene comunque un comportamento da centrocampista, una maggior tendenza a venir incontro al portatore rispetto agli scatti in profondità di Villa, quindi una maggior propensione a rimanere dietro la linea della palla quando viene persa.

Thiago Alcantara: Difficile possa trovare minuti, comunque va considerato il suo recente impiego fra i titolari. È il giocatore che negli auspici più lusinghieri dovrebbe unire il controllo di Xavi e la genialità nell’ultimo passaggio di Ronaldinho, ma è ancora acerbo (mentalmente più che sul piano tecnico) per certe sfide.

Pedro: Appena tornato da un infortunio, un’incognita il suo possibile rendimento. Sarebbe importantissimo averlo al meglio, è un giocatore cui ormai è difficile rinunciare. Da aletta funzionale ma un po’ scolastica (anche se con il pregio del gioco ambidestro e della rapidità nel breve), quale era ai suoi esordi in prima, è progressivamente evoluto, fino a diventare un attaccante capace di influire su una partita in più modi e in più zone del campo. Largo all’ala, ma anche tagliando fra i due centrali avversari, e addirittura appoggiando fra le linee come un trequartista (vedi la semifinale con la Germania al mondiale). Il Barça ha bisogno della sua profondità, anche per dare respiro ai centrocampisti.

Messi: Se questo Barça ha più soluzioni ed è una squadra complessivamente migliore di quella del Triplete (al di là del conto finale dei trofei), lui è la causa principale. La sua evoluzione come giocatore e il suo cambio di posizione. Da attaccante di fascia destra a falso centravanti, il meccanismo diabolico con cui i blaugrana al tempo stesso generano incertezza nella difesa avversaria e superiorità a centrocampo. Se il Barça del Triplete creava quasi tutto col triangolo di destra Alves-Xavi-Messi, e l’altro lato serviva solo per concludere o per le accelerazioni di Iniesta, ora la posizione accentrata di Messi propizia un’infinità di possibili combinazioni, da tutti i lati e soprattutto molto meno leggibili per l’avversario. Il Messi che si smarca fra le linee, attira gli avversari su di sé e poi la scarica sui compagni liberi è ancora più pericoloso del Messi che prende palla e ne dribbla due o tre.

Villa: Abbiamo parlato delle lacune tattiche, ma suo malgrado Villa è un giocatore indispensabile, condannato a restare titolare anche sforzandosi di giocare male. Se il Barça quest’anno segna così tanti gol e trasmette la sensazione di poterne fare in qualsiasi momento è anche per la sensazione di profondità che il Guaje è tornato a trasmettere dopo la parentesi Ibrahimovic. Profondità e gol. Può giocare centrale (senza problemi, perché il contesto del Barça è diverso da quello della nazionale spagnola, dove i troppi centrocampisti arretrati lo costringevano a tenere palla spalle alla porta per fare da boa, lavoro che non rientra nelle sue corde e che certo non deve svolgere al Barça, dove ha sempre tanti giocatori vicino per triangolare) o sulle fasce… meglio sicuramente a sinistra dove può rientrare per il tiro. A destra ha dimostrato di trovarsi scomodo: se a sinistra non sempre si muove correttamente per assicurare il riferimento largo, a destra non ci prova nemmeno. Un discorso importante contro il Real Madrid, perché da quella parte agisce Marcelo, e senza un giocatore in quella zona che lo tenga impegnato il brasiliano rischia di avere troppo campo in transizione offensiva. Quindi, se a destra non giocasse Pedro, meglio mettere Afellay che Villa.

Afellay: Qualcosa di diverso rispetto a Villa ma anche a Pedro. L’olandese finora non ha giocato mai particolarmente male, ma non è neanche andato oltre il 6/6,5. Meno presente nel gioco interno sulla trequarti, ma potente, abile nell’uno contro uno e con un cambio di passo che partendo largo può tenere impegnato sia Marcelo che Arbeloa/Sergio Ramos, a seconda della fascia dove potrebbe giocare l’olandese, probabilmente a partita in corso.

REAL MADRID

Casillas: Non eroico come gli altri anni, perché in questo subisce meno tiri, e per sua fortuna è costretto a meno miracoli e meno occhiatacce nei confronti dei difensori. Poco da dire, non è tecnicamente perfetto, con i piedi è molto inferiore a Valdés, ma in Spagna è sempre lui IL portiere.

Sergio Ramos: Fisicamente portentoso, tecnicamente abile, capace di coprire tutta la fascia da solo e spingere per 90 minuti (anche se a volte porta troppo palla invece che arrivare a sorpresa), nonostante Mourinho lo tenga un pochino più bloccato rispetto agli altri anni. Sulla carta non gli manca nulla, il problema è che esistono due Sergio Ramos: quello concentrato non fa passare un pallone, quello svampito (vedi anche la gara d’andata) invece accentua certe sue lacune, come la tendenza a seguire il pallone e abbandonare la propria zona. Da centrale soprattutto, se verrà impiegato così, deve limitare al massimo tali sbavature. Il movimento di Messi, da falso centravanti, potrebbe risultare difficile da interpretare per lui.

Arbeloa: Giocatore talvolta ingiustamente denigrato, è invece un buon dodicesimo sulle due fasce. Probabilmente a destra nella finale di Copa del Rey, con Ramos al centro per la squalifica di Albiol, Arbeloa garantisce disciplina tattica e concentrazione. Può fare sicuramente comodo in un contesto nel quale molto raramente gli verrà chiesto di avanzare a sostegno dell’attacco.

Pepe: Col tempo, lo confesso, ho imparato ad apprezzare sempre meno questo giocatore. Straordinario dal punto di vista atletico, dotato anche tecnicamente, ma poco intelligente nel leggere le situazioni, nello scegliere il tempo, la posizione e la misura dei suoi interventi. È inoltre soggetto a veri e propri momenti di follia che lo portano a interventi scomposti. Resta comunque il fatto che in campo aperto è inaffrontabile, e la presenza intimidatoria ne fa bene o male uno dei migliori difensori della Liga. È stato provato a centrocampo prima nella nazionale portoghese, poi ora anche da Mourinho: contro l’Athletic per aiutare i difensori su Llorente, poi contro il Barça per allontanare dalla trequarti i palleggiatori blaugrana.

Carvalho: Di gran lunga il migliore dei centrali madridisti in questa stagione. Il portoghese non è più giovanissimo ma conserva tutto il suo talento. Eccellenti letture difensive, grande tempismo nell’anticipo e pulizia negli interventi, ottimo senso della posizione. Una sicurezza.

Albiol: L’anno scorso, con Pellegrini, fu uno dei più regolari, quest’anno è scaduto parecchio, nelle gerarchie di Mourinho come nel rendimento. Ha evidenziato una certa mancanza di talento. È un buon difensore centrale, dal gioco un po’ lineare, risponde bene cioè a situazioni più semplici da leggere, ma non ha nè la capacità di anticiparle né la tecnica negli interventi di un Carvalho. È rapido ma non ha nemmeno la fisicità di Pepe per correggere in extremis eventuali scelte errate. Volendo infierire (si fa per dire, parliamo comunque di uno valido), non ha nemmeno il piede di Garay. Molto confuso e goffo nel rigore su Villa sabato, forse la squalifica lo toglie da qualche imbarazzo.

Marcelo: Uno dei giocatori chiave quando il Madrid attacca a difesa schierata e fa la partita (il 90% dei casi), ma bisogna vedere come si adatta al contesto radicalmente diverso delle sfide col Barça. È migliorato col tempo difensivamente (già da prima di Mourinho), ma una partita tutta nella sua metacampo non è certo quella desiderata dal brasiliano. La sua abilità/incoscienza/genialità nel dribblare secco l’avversario (o gli avversari…non si fa grossi problemi) che lo vanno a pressare nella sua metacampo, in linea teorica può fare malissimo a un Barça tremendamente aggressivo nel primo pressing (quasi uomo contro uomo), ma che lascia i suoi spazi non appena l’avversario supera questo ostacolo iniziale. Però le caratteristiche di Marcelo richiedono un tipo di partita diverso da quello di sabato: il brasiliano è un centrocampista mascherato da terzino, ha bisogno di trovarsi al centro del gioco, non è un laterale che si sovrappone in un paio di contropiedi, butta dentro due cross come può e stop. Riprendendo il discorso del primo articolo, il Madrid deve prolungare un minimo le sue fasi di possesso per poterlo coinvolgere, cosa che difficilmente può fare riproponendo un centrocampo con Pepe, Xabi Alonso sacrificato e senza Özil.

Garay: Poco considerato anche da Mourinho. Teoricamente fra i centrali è quello più abile nell’impostare, e ha un buon senso della posizione, ma forse lascia un po’freddi quella sua lentezza che stride rispetto alle caratteristiche di Ramos e Pepe.

Xabi Alonso: Risaputa la sua importanza cruciale per la manovra (non sempre toccano a lui i primissimi passaggi, capita che si passi da Marcelo a Ronaldo e poi a lui), senza la quale il Madrid ultraveloce si snatura fino a diventare sonnolento, mi piace sottolineare la sua qualità in fase difensiva, sottovalutata o del tutto ignorata da chi esalta solo fantomatici rubapalloni o “pressatori”. Il basco ha un notevole senso della posizione e un ottimo intuito che gli permette di intercettare palloni senza sporcarsi troppo la maglietta. In questi scontri diretti non bisognerà però sacrificarlo troppo in compiti di puro contenimento, come avvenuto sabato. È importante averlo sempre pronto per rilanciare il gioco.

Khedira: Giocatore molto poco appariscente, certo non formidabile, ma di discreta sostanza. Dinamico, resistente, tatticamente preciso e versatile. Come partner di Xabi Alonso, meglio di Lass. Non che si stacchi particolarmente dal doble pivote (che anzi deve restare compatto per il momento in cui si perde palla), ma libera più spazio a Xabi Alonso per impostare. Nel caso Mourinho continuasse col 4-1-4-1 anche nelle prossime partite, il suo ruolo potrebbe cambiare leggermente, dandogli maggiori opportunità di mostrare le sue doti di incursore (buon tempismo nell’inserimento e nello stacco aereo), date la presenza di un centrocampista di copertura in più e l’esigenza di accompagnare l’unica punta in assenza di trequartista. Ricordiamo che già nella Germania dei mondiali Khedira in realtà non agiva da centrocampista difensivo: in fase di possesso non giocava sulla stessa linea di Schweinsteiger, e anzi si muoveva davanti al regista del Bayern, sempre pronto ad attaccare l’area avversaria.

Lassana Diarra: Lui invece è più appariscente, ma non sempre in maniera utile. È una roccia, impressionante nei contrasti, molto più capace di Khedira di risolvere una situazione di pericolo correndo all’impazzata e sradicando il pallone; non è neanche male tecnicamente, anzi, sa difendere la sfera, divincolarsi nello stretto ed effettuare lanci precisi. Però le scelte che compie, sia con il pallone che senza, possono appesantire il gioco. Incredibile una partita l’anno scorso, se non ricordo male contro l’Almería, nella quale arrivò quasi a marcare a uomo il suo compagno Xabi Alonso da quanto gli pestava i piedi. Costringendo Pellegrini al cambio alla fine del primo tempo, e in generale ad accantonarlo un po’nella parte finale di stagione. Comunque un centrocampista utile a suo modo, e in questa serie di scontri tornerà sicuramente utile. Infortunato per la Copa del Rey.

Di María: Pallino personale, l’argentino ha il raro pregio di essere un esterno puro che alla profondità dell’ala accompagna la capacità di influire sul gioco anche in zone più interne. Impressionanti le sue iniziative palla al piede, come cambia direzione ancheggiando in quel modo curioso che sembra debba fargli perdere tutti i pezzi da un momento all’altro. La grande rapidità gli permette di fintare e dribblare su entrambi i lati pur essendo un mancino che la maggior parte delle volte gioca a destra. In più la capacità di sacrificio: dei centrocampisti esterni è sicuramente quello più presente nei ripiegamenti, ed è capace anche di adattarsi a una posizione un po’ più bloccata e accentrata in un rombo (vedi la trasferta di Malaga). Contro il Barça, andrà verificata la sua posizione: la capacità di ripiegare lo candida in chiave anti-Alves, ma senza esagerare: uno dei fattori del 5-0 rovinoso fu proprio la posizione troppo arretrata di Di María, che finì per fare il quinto difensore regalando così più spazio sulla trequarti ai centrocampisti culè. Quindi aiutare su Alves va bene, ma senza fare il secondo terzino: l'avversario deve prima di tutto sentirsi minacciato alle sue spalle.

Özil: Il tedesco ha guadagnato peso nella seconda metà della stagione. Brillante ma più limitato alla finalizzazione nei primi mesi, ora è il maggior punto di riferimento sulla trequarti (favolosa ad esempio al partita di Santander), il giocatore che non solo dà le accelerazioni ma può permettere più combinazioni nella metacampo avversaria. Il giocatore che può costringere di più il Barça a correre verso la propria porta. Splendido controllo in velocità, va dritto come una lama senza perdersi in fronzoli. È atteso però a un riscatto dopo la prestazione di inesistente personalità del Clásico di andata.

Granero: Molto atteso la scorsa stagione con Pellegrini, ha deluso, e a parte qualche timido segnale non è riuscito a sfruttare in fondo neanche le sporadiche chances di Mourinho. Peccato perché il giocatore ci sarebbe tutto, e sulla carta offrirebbe parecchie soluzioni, potendo giocare sulla trequarti, da falso esterno, oppure mezzala più vicino a Xabi Alonso. Ha doti sia per aiutare nell’impostazione che per rifinire vicino all’area avversaria, intelligenza, spirito di sacrificio e buona resistenza nei 90 minuti. Ma la personalità deve ancora uscire fuori.

Kaká: Una grossa incognita. Dopo una prima stagione sottotono, è tornato solo a gennaio dal lungo infortunio. Non si è ancora capito come Mourinho lo inquadra nelle proprie gerarchie e quale il rendimento potrebbe offrire: finora ha alternato spezzoni convincenti ad altri poco significativi. Continuando il discorso fatto per Özil, anche Kaká è un giocatore che può favorire molte combinazioni sulla trequarti e prolungare il possesso-palla. Anche se ha perso la velocità nel ribaltare l’azione e non è mai stato un fenomeno nello spazio stretto, è un giocatore comunque molto bravo a trovarsi lo spazio sulla trequarti, creando situazioni di superiorità numerica coi suoi movimenti. Non dovrebbe però avere molte chances per questa serie, dove è richiesto un ritmo e anche un sacrificio atletico che probabilmente ad oggi Kaká non può garantire.

Gago: Snobbato da Mourinho (e infortunato per la Copa del Rey), è uno dei casi che simboleggiano una tendenza recente: il talento sudamericano che arriva in Europa troppo giovane e tenta di “europeizzare” drasticamente il proprio stile di gioco senza avere ancora consolidato sufficientemente la sua anima sudamericana. Oltre a Gago penso ad Anderson del Manchester United, e pure a Higuaín, anche se in questo caso si tratta di una conversione di successo. Il Gago del Boca non si è mai visto, non solo quanto a prestazioni, ma proprio come stile. Tuttavia l’argentino mantiene alcuni buoni “tic” da centrocampista sudamericano: l’andarsi a cercare sempre un nuovo spazio libero dopo aver passato il pallone, l’offrirsi per ricevere palla dai difensori…col pallone tra i piedi però denuncia una frenesia eccessiva e frequenti imprecisioni. In transizione difensiva poi la tendenza a inseguire il pallone più che intercettare le linee di passaggio lo rende un pericolo per i suoi compagni. Decisamente improbabile che entri in ballo per questo finale di stagione.

Pedro León: Ottimo giocatore che senza averne colpa, è diventato una macchietta. Dalla famosa conferenza stampa di Mourinho che rispondeva in maniera sarcastica (“non è mica Zidane…”) a chi gli chiedeva spiegazioni per la mancata convocazione di Pedro León è scaturita poi la parodia dei Marcatoons nei quali qualunque cosa succeda la colpa è sempre del nostro, che per questo viene messo in punizione (“Pedro León! Expedientado!”). Mourinho non lo vede proprio, e naturalmente non lo ha nemmeno convocato per la finale di coppa, ma va anche detto che gli spazi già in estate sulla carta erano davvero ridotti per l’ex Getafe.

Canales: Stagione sprecata per il talento sulla bocca di tutti un anno fa. Mai considerato da Mourinho (titolare solo alla prima a Maiorca), ma nemmeno dato in prestito a gennaio. Mah.

Cristiano Ronaldo: Lui resta l’arma principale. Il giocatore più verticale per la squadra più verticale. Deve però togliersi dalla testa l’ossessione di voler vincere da solo queste sfide e pensare alle cose che contano davvero invece che ai confronti giornalistici su chi è il miglior giocatore del mondo.

Benzema: è un attaccante, ma è il giocatore con più pausa di tutta la rosa madridista. Il giocatore più “da Barça” di cui dispone Mourinho. Il francese adora uscire dall’area di rigore e dialogare coi centrocampisti: nelle serate giuste, è una delle punte più difficili da marcare, perché lascia sempre il dubbio negli avversari se uscire o meno dalla linea difensiva. Se rispetto alla partita di sabato Mourinho desidera poter contare su qualche fase di gioco un po’ più elaborata, lui è imprescindibile assieme a Özil. Attenti però all’altro Benzema, quello fannullone che ciondola per il campo come un peso morto. Capita di vederlo di tanto in tanto, e ancora deve superare completamente lo scoglio psicologico di queste grandi sfide.

Adebayor: Rispetto a Benzema, il togolese offre l’alternativa del lancio lungo per far salire la squadra o anche per cercare un po’ di mischie in area di rigore. Quasi certo il suo ingresso a partita in corso in caso di svantaggio. Sa anche muoversi su tutto il fronte, svariare e giocare palla a terra con ottima proprietà di palleggio, ma senza il senso del gioco di Benzema.

Higuaín: Un peccato l’infortunio, perché nella prima parte della stagione si stava rivelando importante non solo per i gol, ma anche per l’apporto collettivo. Era tornato un Higuaín dai movimenti funzionali al gioco di squadra, non più preoccupato solo di prendere palla e partire in quarta per cercare il gol. Per forza di cose parte dietro Benzema e Adebayor nelle gerarchie attuali.

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4 Comments:

Blogger Flavio said...

Caro Valentino, un luogo comune dice: alla fine i nodi vengono al pettine...e quelli di Guardiola sono stati appena "evidenziati", a mio avviso, soprattutto per 3 motivi:

1- La rosa troppo corta, senza alternative valide in difesa e in attacco. Per quanto riguarda la difesa, ci sono soltanto tre centrali puri (Piquè-Puyol-Milito), più un terzino adattabile (Abidal); quindi, mi chiedo: come pensava Guardiola di arrivare in fondo a tutte e tre le competizioni soltanto con questi giocatori? E perchè vendere Marquez per tenersi invece l'inutile Milito?
Stesso discorso per l'attacco, anche se qui c'è l'aggravante di tutte le aggravanti, perchè a mio avviso tutti i problemi del Barça nascono dalla cessione assurda di Eto'o, cioè il Mourinho dei giocatori, colui che non sbaglia mai una finale, che è sempre stato decisivo, il più decisivo al mondo: prima Ibra, poi Villa (anche se in misura minore) si sono rivelati alla fine inadeguati a sostituirlo almeno nelle partite che contano...con la cessione di Eto'o, Guardiola ha impedito al Barcellona, per cominciare, di vincere la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, quella dello scorso anno.

2- La mancanza di fisicità e di giocatori capaci di imprimere accelerazioni, di variare il Tiki-taka, soprattutto come conseguenza della cessione di un giocatore fantastico, capace come nessun altro di giocare, e/o recuperare, e/o portare il pallone dalla difesa alla trequarti: Yaya Tourè, che tutti stanno ammirando nella Premier.

3- L'atteggiamento "gestionale" della partita al Bernabeu dello scorso sabato, del tutto identico a quello visto lo scorso anno dopo il gol di Pedro a S.Siro contro l'Inter ma con l’aggravante della superiorità numerica; in vantaggio di un gol e di 11 punti in classifica, bisognava vincere la partita tre a zero, punto (magari sostituendo lo scoppiato Villa con un attaccante più fresco che però in rosa non c'è mai stato, Bojan o non Bojan): invece si sono messi a “giochicchiare”, consentendo a Mou di recuperare la partita e far capire ad i suoi giocatori che possono battere il Barça.

Bisognava “uccidere” il Real soprattutto in vista degli altri scontri diretti.
Infatti la chiave, la svolta, è stata proprio il finale della partita di sabato, e da adesso chi sta mentalmente e fisicamente meglio tra le due squadre è proprio il Real che è a mio avviso, nettamente favorito per la semifinale di Champion's...(e meno male che nella Liga sono forse, e sottolineo forse, troppo distanti).

Saluti,
Flavio

10:51 AM  
Blogger valentino tola said...

Ho appena finito di vedere la partita, e spero di avere il tempo di scrivere un pezzo (se lo meriterebbero i madridisti di questo blog, cui vanno le mie congratulazioni).

Flavio, sinceramente non so bene cosa risponderti, perchè non capisco la logica del tuo commento.
Non vedo proprio il nesso tra la partita di ieri(una bella partita, equilibrata, con un tempo per parte e il gol arrivato nel momento in cui sembrava pendere più dal lato blaugrana) e le tue considerazioni, non vedo il nesso.

Non so cosa c'entri col risultato di ieri la difesa corta, non so cosa c'entrino Yaya Touré (?) e Marquez (??). Tirare fuori ancora Eto'o poi, dopo una stagione in cui il Barça ha giocato il miglior calcio (e intendo il migliore nel senso autentico del termine... non il più telegenico... il migliore nel senso del più ricco di alternative e di soluzioni, quando invece tu lamenti proprio il contrario) da quando lo seguo, il più produttivo dal punto di vista offensivo... scusami ma non riesco proprio a pensare che la squadra che prima di ieri aveva tutte le carte in regola per vincere tutto, il miglior Barça del decennio, dopo ieri diventi una squadra costruita male... credimi, se davvero ci fossero stati questi gravissimi errori di pianificazione che tu denunci sarebbero emersi moooolto prima di ieri...insomma, penso ci sia vita anche dopo Yaya Touré...

Non mi è chiaro neanche il tuo terzo punto: dov'è il nesso fra la tua valutazione complessiva della gestione di Guardiola e l'atteggiamento rilassato di sabato scorso dopo il gol+espulsione???

1:40 PM  
Blogger Flavio said...

Valentino, ovviamente il mio è un discorso generale, che nasce da una mia personalissima convizione, il succo di ciò che intendo dire, che magari è sbagliato.. ma te lo chiarisco: dopo la vittoria del triplete 2008-09 questa squadra avrebbe dovuto continuare un ciclo di vittorie al di là della Liga di almeno 3-4 anni, avendo l'ossatura qualitativa di squadra ed una filosofia di gioco in assoluto più completa e competitiva. Ergo, si dovevano semplicemente puntellare anno per anno i reparti, e non indebolire qualitativamente e quantitativamente la rosa, in primis a cominciare dalla cessione di Eto'o, argomento forse antico, sorpassato, ma secondo me cruciale (per poi continuare con la rosa corta e con la cessione di Tourè, giocatore per me fantastico e molto più importante di quanto lo era secondo te, ripeto: mia opinione).
A tal proposito ti chiedo: secondo te, se il Barça lo scorso anno avesse avuto Eto'o al posto di Ibra, sarebbe uscita dalla Champion's? Per quanto mi riguarda, la risposta è no (per il diverso valore tecnico-tattico-caratteriale dei due giocatori).

Poi, tornando a quest'anno: a cosa serve, tanto per dire, vincere 40 partite per 5-0 per poi perdere la prima finale disponibile contro il tuo nemico storico? E' vero che si tratta di una gara secca, ma se sei il più forte devi vincere proprio quando ti giochi un titolo in soli 90 minuti, e per farlo ti servono giocatori decisivi, e non che si nascondono (come Villa)... e qui si torna al discorso di Eto'o.

Infine, il problema dell'atteggiamento: a volte, e proprio quando serve, questa squadra manca di concretezza quando deve "uccidere" l'avversario: insomma si specchia un pò troppo in se stessa.

Penso di averti chiarito il mio punto di vista: Guardiola, grandissimo per come sa mettere in campo la sua squadra, ha avuto il grande torto, sempre a mio modestissimo parere, di indebolire in due anni una rosa che doveva essere soltanto riconfermata in alcuni suoi giocatori decisivi (tipo Eto'o) e rinforzata quantitativamente; voglio solo ricordarti che ieri il Real aveva in panca, in ordine alfabetico, tre attaccanti che si chiamano Adebayor, Benzema ed Higuain: tu mi dirai che ha segnato CR7, ma sai anche meglio di me quante opzioni in più puoi avere con altri giocatori (e che giocatori) a disposizione.

Non a caso il migliore anno di Guardiola è stato il primo, dove ha vinto tutto, senza però avere l'assoluto potere di decidere il mercato del Barça.

Forse oggi sono un pò disfattista, e spero tanto di sbagliarmi magari ritrovandomi in finale di Champion's, ma per il momento non ci credo molto: l'ago della bilancia pende vistosamente verso Madrid.

3:17 PM  
Anonymous Hincha Madridista said...

Quello che più mi spiace è vedere che a MAdrid vengono bruciati talenti spagnoli in quantità. Tolto Granero (ha avuto le sue chance, soprattutto l'anno scorso se non le ha sfruttate è anche un pò colpa sua), Canales e Pedro Leon meriterebbero più spazio e probailmente lo avrebbero in qualsiasi altra squadra. Soprattutto Pedro Leon è un giocatore duttile e che mi piace molto, peccato vederlo così emarginato. Molti giovani della cantera del Madrid poi non riescono a sfondare neanche in altri lidi, ma alcuni (vedi Negredo o Borja Valero ma soprattutto Soldado) ti fanno mordere le mani quando fanno così bene altrove. Ormai a Madrid vogliono solo gli Zidanes per i pavones non è più tempo.

4:14 PM  

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