martedì, aprile 19, 2011

Il Clásico che non finisce mai (prima parte).

Presento la serie di scontri diretti partendo dalle caratteristiche generali delle due squadre e dalle indicazioni che la partita di sabato può aver fornito sul loro possibile atteggiamento nei prossimi scontri diretti. Fra qualche ora pubblico la seconda parte, dedicata all'analisi dei giocatori, uno per uno.


E si comincia… come direbbe Fantozzi. L’incontro di campionato di sabato è stato solo l’antipasto (per quanto ricco di spunti), senza peso in termini di classifica. Da mercoledì, a Valencia, stadio Mestalla, finale di Copa del Rey, si farà sul serio. Una scorpacciata di Clásico, che necessariamente andrà di traverso a una delle squadre.

Inizio rovinando subito la sorpresa a chi, ne sono certo, aspettava questo pezzo come la parola definitiva e incontestabile: la più forte delle due è il Fútbol Club Barcelona. Anche se Guardiola deve negare per forza di cose questo fatto, il primo a saperlo è proprio il tecnico rivale, Mourinho.

Ricordate la conferenza stampa dopo il 5-0 subito all’andata? Con un’espressione efficace, il portoghese definì il Barça un “prodotto finito”, per rimarcare la differenza con il suo di prodotto, ancora in via di sperimentazione. Ebbene, sarà ancora così, fino alla fine della stagione: questa è la prima stagione di Mourinho, e di fronte ha la squadra che personalmente mi ha più impressionato da quando seguo la Liga.

Però… però il punto è proprio questo: il Real Madrid assumerà quest’inferiorità di partenza, e cercherà di sfruttarla a proprio favore, sia dal punto di vista tecnico, cercando di adattarsi alle caratteristiche dell’avversario più che imporre una propria identità ancora non così forte, sia dal punto di vista psicologico: il Barça ha decisamente di più da perdere, una partita secca è una partita secca che va sempre oltre le scempiaggini sulla “squadra migliore della storia".

La sensazione irrazionale è che, con tante chances in così poco tempo, un Clásico prima o poi il Madrid dovrà tornare a vincerlo; razionalmente va invece aggiunto che il Barça è calato dal suo miglior periodo, fra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. Continua a vincere, ma più amministrando che asfaltando; inoltre gli infortuni, in particolare in difesa, stanno creando complicazioni che potrebbero avere il loro peso anche in questa serie di scontri diretti. Questo senza mai snobbare la straordinaria sicurezza e forza mentale della squadra di Guardiola, ovvio.

Barcelona e Real Madrid sono due squadre accomunate dalla ricerca del gioco offensivo, ma per il resto completamente diverse. Diverso lo stile, diversa la filosofia, diversi i ritmi. Diversa soprattutto la “cultura del passaggio”. Prendo in prestito quest’espressione dallo splendido Podcast che gli amici di Ecos del Balón dedicarono alla presentazione della gara d’andata. Diverso è il modo di passare il pallone, diverso sarà anche il modo di organizzarsi nelle varie fasi del gioco, che sono sempre collegate. Il modo in cui muovi il pallone fin dalle retrovie condiziona il modo in cui poi lo perdi, e il modo (e la zona) in cui lo perdi influiscono sulla transizione difensiva.

La cultura del passaggio del Barça è quella del passaggio corto, cortissimo… e verticale solo quando strettamente indispensabile. Tanti giocatori ravvicinati a formare triangoli, per assicurarsi che la squadra avanzi senza perdere palla in zone pericolose. Obiettivo, installarsi in blocco nella metacampo avversaria e garantirsi non solo possibilità offensive, ma anche conquistare una posizione di vantaggio tale da impedire qualsiasi rilancio dell’azione avversaria. Le ali (Pedro e Villa) bloccano i terzini, Alves e Adriano (o Maxwell) costringono gli esterni avversari ad abbassarsi sulla stessa linea dei loro terzini, allontanandosi così dall’attaccante. Recuperata palla, per chi affronta i blaugrana diventa difficilissimo riorganizzarsi e ripartire.

Solo in questo momento, quando ha già fissato in tal modo le posizioni nella metacampo avversaria, il Barça rischia la verticalizzazione. E il rischio è relativo, perché di passaggio corto in passaggio corto i giocatori son già tutti ben raccolti per il momento in cui si perde palla, e pronti perciò a far scattare il pressing alto. Un marchio di fabbrica di questo Barça, di grande impatto, ma un pressing che proprio per questa capacità di raggrupparsi attorno al pallone in fase di possesso, non richiede nemmeno così tanti metri di corsa a chi di volta in volta lo effettua.

La cosa che più impressiona del Barça di quest’anno non sono tanto le azioni offensive da applausi o le prodezze dei singoli, ma proprio questa sensazione di solidità che offre in transizione difensiva. Una squadra che corre pochi rischi e che mantiene sempre più giocatori dietro la linea della palla rispetto all’avversario quando la perde, pur giocando tutta all’attacco. Una squadra che nelle sue versioni migliori quasi arriva a negare la logica della “coperta corta”.

La coperta è sembrata invece più corta per il Real Madrid, che ancora deve perfezionare i propri equilibri. Compito che sembra più difficile con una cultura del passaggio più audace e rischiosa. Real Madrid significa verticalizzazione e accelerazione, sempre e comunque.

Se Xavi è l’icona della filosofia blaugrana, quel giocatore che rallentando al momento opportuno e dando quei passaggi orizzontali superficialmente considerati “inutili”permette alla sua squadra di prendere le posizioni giuste (in questo senso Xavi è un giocatore prezioso anche per gli equilibri difensivi), i talenti madri disti non hanno nelle corde la pausa.

L’emblema ovviamente è Cristiano Ronaldo, il supergiocatore che sembra creato in laboratorio, ma anche il trequartista, Özil, è quanto di più distante dalla tipologia di numero 10 alla Zidane o Riquelme, quello che viene molto incontro a chi porta palla, temporeggia e fa girare la squadra attorno a sé. Mesut è eccellente nello smarcarsi tra le linee, ma ha altri tempi e movimenti: cerca spessissimo la profondità oppure il taglio dal centro verso la fascia, sempre in maniera molto diretta e aggressiva. Di María, manco a dirlo, è un altro che va dritto come un treno verso la porta avversaria, senza pensarci su, e anche il regista, Xabi Alonso, si distingue rispetto a Xavi per una ricerca più frequente del lancio verticale immediato.

Attorno a questi giocatori e alla loro indole Mourinho ha strutturato un 4-2-3-1 molto offensivo, basato su continui incroci e scambi di posizione fra i trequartisti e la punta, e che in transizione difensiva conta sulle capacità di lettura dei due centrocampisti centrali, Xabi Alonso e Khedira, che restano più bloccati e accorciano sulle possibili respinte assieme ai due terzini.

Naturalmente la ricerca della profondità è un’ottima cosa: seppure in maniera diversa dalla ragnatela del Barça anch’essa aiuta a schiacciare dietro l’avversario, e nelle partite in cui è ispirato il Madrid riesce a incatenare una serie di attacchi che non lasciano un attimo di respiro all’avversario.

Non sempre però i giocatori del Real Madrid evitano rischi: la tendenza a preferire quasi sempre la giocata verticale, che sia la ricerca immediata del passaggio filtrante oppure la percussione palla al piede, può avere conseguenze indesiderate in transizione difensiva: perdi palla e la tua squadra è spezzata in due perché non ha fatto in tempo a prendere posizione.

Ma il problema maggiore di questa versione del Real Madrid si è dimostrato non la transizione, ma la fase difensiva vera e propria. Quando l’avversario riesce a prolungare il suo possesso palla, e costringe il Madrid a ripiegare con la difesa schierata nella sua metacampo, i merengues soffrono tantissimo. Cristiano Ronaldo non ripiega, Xabi Alonso sul centro-sinistra deve defilarsi per coprirlo, Khedira soffre, e c’è sempre uno spazio sulla trequarti in cui l’avversario può fare male.

L’evidenza di questa difficoltà ha portato Mourinho ad adottare una variante, il 4-1-4-1 con un centrocampista centrale in più accanto a Xabi e Khedira. La squadra perde imprevedibilità davanti, ma in fase difensiva ha più copertura.

Il centrocampista in più solitamente era Lass, ma nello scontro diretto di sabato, dopo l’esperimento in casa dell’Athletic, è stato confermato Pepe mediano, in mezzo fra Khedira (centro-destra) e Xabi Alonso (centro-sinistra). Questa soluzione ha riscosso abbastanza successo sulla stampa e fra i tifosi. A me convince un po’ meno.

È giusto il principio di assumere la propria inferiorità e cercare prima di tutto di limitare le possibilità blaugrana, ma forse l’opzione-Pepe a sua volta limita anche le possibilità del Real Madrid, semplificandone all’eccesso il gioco. Mi riferisco alla posizione di Xabi Alonso, “espulso” verso il lato sinistro, con meno possibilità di ricevere fronte alla porta e meno campo, anche visivo, per organizzare il gioco. Inoltre il resto del centrocampo parla chiaro: detto di Pepe, un difensore muscolare spostato a metacampo, c’era poi Khedira, un incursore, quindi Cristiano Ronaldo e Di María. Tutti giocatori diretti, verticali, poca possibilità di tenere palla un attimo in più e salire nella metacampo avversaria. O contropiede-lampo o nulla, il che è un limite.

Naturalmente ciò non vuol dire che contro il Barça si debba giocare per avere più possesso-palla (è impossibile per chiunque lasciare meno del 60-65% ai blaugrana), però il non poter prolungare all’occorrenza le tue fasi di possesso evita di costringere il Barça al ripiegamento nella propria metacampo, la situazione che soffre di più, come hanno dimostrato, seppure con risultati alterni, l’Arsenal all’Emirates, il Betis (la miglior squadra che ha affrontato il Barça in tutta la stagione) in Copa del Rey e in alcuni momenti pure lo Shakhtar Donetsk.

Quindi Pepe mediano è probabilmente una forzatura in una squadra che già fatica a proporre un socio per Xabi Alonso, ossia un giocatore che, agendo dietro la linea della palla, possa aiutare il basco a controllare un po’ i ritmi. Non per scimmiottare il Barça, ma per acquisire maggior varietà ed equilibrio. Un peccato in questo senso il flop di Granero e la mancata valorizzazione di Canales.

Mi sembra perciò doverosa, per mercoledì e per i Clásicos a venire, la presenza dall’inizio di Özil, che non è Zidane ma è comunque il giocatore che sulla trequarti può favorire più combinazioni e creare maggiori grattacapi in ripiegamento al Barça. Bisogna però vedere dove il tedesco verrà impiegato: esterno? A destra o a sinistra? Trequartista di nuovo in un 4-2-3-1? Non credo Mourinho voglia rinunciare al centrocampista difensivo in più, quindi più probabile che Özil parta esterno con licenza di tagliare centralmente, o addirittura, ipotesi estrema, da unica punta al posto di un Benzema deludente sabato.

Dall’altra parte, sabato scorso il Barça ha proposto il suo possesso-palla più conservatore: se guardiamo alle occasioni culè, uno dei pochi pericoli nel primo tempo è nato dalla pura abilità individuale di Messi, che con un dribbling e una triangolazione ha saltato il centrocampo del Real Madrid che, al momento in cui l’argentino ha preso palla, si trovava comunque schierato per intero davanti a lui. Segno che era riuscito nel suo compito di allontanare Messi dalla zona più calda della trequarti e, per questa via, a sminuire anche Xavi e Iniesta.

In più di un momento si è visto un Barça con Messi e Iniesta defilati rispettivamente a destra e a sinistra sulla stessa linea di Xavi. Troppi giocatori bassi ad inizio azione, e il Piqué che avanzava palla al piede senza trovare opzioni di passaggio più avanti, quasi marcato dai suoi stessi compagni, ha ricordato quel Piqué “asfittico” della nazionale spagnola ai mondiali. In tutta la partita, solo un paio di lanci improvvisi alle spalle della difesa madridista hanno creato la sorpresa: uno per Messi, smarcatosi sul filo del fuorigioco per un pallonetto fra le braccia di Casillas, e l’altro per Villa, quello del rigore.

Se il Real Madrid avrebbe bisogno di un pochino di controllo, il Barça dovrebbe invece cercare di dare un’impronta più aggressiva al suo possesso-palla nelle prossime partite. Soprattutto ripartire meglio gli spazi fra le fasce e il centro, tenere occupati i terzini e gli esterni madridisti con i movimenti di Alves/Pedro e Adriano/Villa, per liberare così lo spazio al quartetto Busquets-Xavi-Iniesta-Messi (falso centravanti), che sulla carta mantiene la superiorità numerica anche rispetto a un Madrid con un centrocampista in più. Quella superiorità numerica all’origine del 5-0 del Camp Nou.

Soprattutto Villa deve lavorare meglio tatticamente. Da inizio stagione ripetiamo il solito appunto. Lui è un’ala solo teoricamente, è evidente che da sinistra deve poter convergere per tirare o anche minacciare, ma il riferimento iniziale deve essere comunque la fascia. Se parte già troppo centrale, libera il terzino avversario che può raddoppiare su Iniesta, il quale si vede un po’chiusi gli spazi centrali dal movimento citato del Guaje. Per questo sabato abbiamo visto un Iniesta defilato e poco avanzato (a differenza del 5-0, dove fece sfracelli sfruttando proprio lo spazio intermedio liberato da un Villa disciplinato all’ala). Lo stesso vale per Messi, che deve essere liberato alle spalle del centrocampo avversario, e non davanti, per limitare l’effetto-imbuto tipo Spagna dei mondiali.

Venendo alle assenze, potrebbero pesare maggiormente per il Barça. Al Real Madrid mancherà soltanto Albiol per la finale di Copa del Rey, espulso nella gara di sabato (mentre dall’altra parte Alves non ha ricevuto il secondo giallo, e qui le proteste madridiste sono giustificate). Non proprio uno dei giocatori più brillanti, rimpiazzabile da Ramos centrale e Arbeloa terzino destro.

Il Barça invece ha il dubbio di Puyol, un dubbio pesante perché la rosa corta (e lo scarsa sperimentazione di Fontás) e la disgrazia di Abidal hanno costretto Guardiola ad affiancare Busquets o Mascherano a Piqué, con risultati poco soddisfacenti. L’infortunio fino a fine stagione di Bojan poi riduce quasi a zero le alternative in attacco.

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4 Comments:

Blogger Francesco said...

Quindi, pronostico?

3:14 PM  
Blogger valentino tola said...

Stasera vince il Real Madrid, in Champions passa il Barça.

3:17 PM  
Anonymous Hincha Madridista said...

Stasera vince il Madrid e in Champions si replica... magari :)Non mi stupirei che Mou imposti una gara stile Inter a Barcelona l'anno scorso per poi giocarsela ai rigori.
Ad ogni modo al solito ottima e completa analisi, la scelta di Pepe mediano mi ha fatto storcere un pò il naso perchè ha portato al sacrificio dell'unico talento in grado di creare gioco (Ozil) per la gara di stasera riproporrei il tedesco, magari scarificando Di Maria visto che considero non proponibile lasciare CR7 prima punta con Ozil e Di Maria in simultanea e Benzema in panchina. Partirei col francese (per quanto mi piaccia poco) titolare e Adebayor da tenere in caldo per le mischie (se ci saranno) finali.
@ Vale: credi che Adebayor verrà riscattato in estate? Ne varrebbe la pena?

6:06 PM  
Blogger Flavio said...

Caro Valentino, un luogo comune dice: alla fine i nodi vengono al pettine...e quelli di Guardiola sono stati appena "evidenziati", a mio avviso, soprattutto per 3 motivi:

1- La rosa troppo corta, senza alternative valide in difesa e in attacco. Per quanto riguarda la difesa, ci sono soltanto tre centrali puri (Piquè-Puyol-Milito), più un terzino adattabile (Abidal); quindi, mi chiedo: come pensava Guardiola di arrivare in fondo a tutte e tre le competizioni soltanto con questi giocatori? E perchè vendere Marquez per tenersi invece l'inutile Milito?
Stesso discorso per l'attacco, anche se qui c'è l'aggravante di tutte le aggravanti, perchè a mio avviso tutti i problemi del Barça nascono dalla cessione assurda di Eto'o, cioè il Mourinho dei giocatori, colui che non sbaglia mai una finale, che è sempre stato decisivo, il più decisivo al mondo: prima Ibra, poi Villa (anche se in misura minore) si sono rivelati alla fine inadeguati a sostituirlo almeno nelle partite che contano...con la cessione di Eto'o, Guardiola ha impedito al Barcellona, per cominciare, di vincere la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, quella dello scorso anno.

2- La mancanza di fisicità e di giocatori capaci di imprimere accelerazioni, di variare il Tiki-taka, soprattutto come conseguenza della cessione di un giocatore fantastico, capace come nessun altro di giocare, e/o recuperare, e/o portare il pallone dalla difesa alla trequarti: Yaya Tourè, che tutti stanno ammirando nella Premier.

3- L'atteggiamento "gestionale" della partita al Bernabeu dello scorso sabato, del tutto identico a quello visto lo scorso anno dopo il gol di Pedro a S.Siro contro l'Inter ma con l’aggravante della superiorità numerica; in vantaggio di un gol e di 11 punti in classifica, bisognava vincere la partita tre a zero, punto (magari sostituendo lo scoppiato Villa con un attaccante più fresco che però in rosa non c'è mai stato, Bojan o non Bojan): invece si sono messi a “giochicchiare”, consentendo a Mou di recuperare la partita e far capire ad i suoi giocatori che possono battere il Barça.

Bisognava “uccidere” il Real soprattutto in vista degli altri scontri diretti.
Infatti la chiave, la svolta, è stata proprio il finale della partita di sabato, e da adesso chi sta mentalmente e fisicamente meglio tra le due squadre è proprio il Real che è a mio avviso, nettamente favorito per la semifinale di Champion's...(e meno male che nella Liga sono forse, e sottolineo forse, troppo distanti).

Saluti,
Flavio

10:53 AM  

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