Auguri Quique, auguri di cuore!
Il professorino alla prova del Patético: questo il succo dell’operazione che ha portato all’approdo di Quique Sánchez Flores sulla panchina del club più sgangherato, paradossale e tragicomico della Liga. Se ne vedranno delle belle, e non perché improvvisamente il Vicente Calderón comincerà a gustarsi triangolazioni di rabona, ma perché stuzzicante si annuncia l’incontro fra uno dei tecnici più rigidi del calcio spagnolo, uno che aspira ad inquadrare e tenere sotto controllo tutto, e una realtà dove l’imponderabile rappresenta invece la regola.
Intanto apprezziamo il coraggio di Quique, visto che persino le premesse del suo ingaggio fanno capire quanto le idee siano poco chiare in seno alla dirigenza dell’Atlético: dopo l’ennesima disfatta, a Stamford Bridge, già dopo la partita García Pitarch contattava al telefono Michael Laudrup, il quale declinava saggiamente l’offerta una volta constatata l’assenza dei margini minimi di serietà (ovvero, contratto solo per sei mesi, nessun progetto a lungo termine, perché come dice anche il presidente Cerezo “nel calcio esiste solo l’attualità dei risultati”… viva la sincerità…); quindi dopo Laudrup toccava a Spalletti, che però si dichiarava disposto ad accettare soltanto per una cifra superiore a quella offertagli dallo Zenit con il quale avrebbe un precontratto; infine, soltanto infine, ecco il nostro Quique. Tanto per sottolineare la coerenza fra gli stili di gioco di allenatori avvicendatisi sui titoli dei giornali nel giro di poche ore…
La drammatica carenza di pianificazione l’aveva scontata anche Abel, colpevole ma certo non in esclusiva nel fallimento sulla panchina del club della sua vita: va riconosciuta la signorilità del tecnico di Toledo nell’aver evitato polemiche aperte col direttore sportivo García Pitarch per la sciagurata campagna acquisti estiva, condizionata certo dalla situazione disastrosa di bilancio ma anche da libere scelte di puro autolesionismo: tralasciando l’eterna questione del regista tanto desiderato da Abel, la cessione di Heitinga l’ultimo giorno di mercato, senza tempo per cercare un rimpiazzo e lasciando una difesa a corto di effettivi oltre che relativamente debole nelle individualità, parla da sola.
Chi segue questo blog conosce il rapporto travagliato fra il sottoscritto e Quique Sánchez Flores, ma posso dire che pur preannunciandosi assai difficile il compito (e per qualunque tecnico del mondo lo sarebbe), Quique potrebbe fare al caso dell’Atlético. Se al Valencia dato il potenziale gli rimproveravo la rigidità e l’incapacità di osare, all’Atlético invece serve prima di tutto ordine, elaborare uno spartito all’interno del quale potersi muovere e sentirsi comodo. Quique è un allenatore spiccatamente tattico, e la sua ossessione per le distanze fra i reparti e il mantenimento della porta inviolata servono come il pane a una squadra che negli ultimi tre anni, da Aguirre a Resino, ha sempre fatto una tremenda fatica a muoversi come un tutt’uno nelle due fasi, vanificando soprattutto sul versante difensivo quei gol che il duo Agüero e Forlán riusciva pure a estrarre da una manovra prossima al nulla.
Proprio l’attacco esplosivo (ora nemmeno più tanto, visto che ultimamente anche il Kun e Forlán hanno finito col farsi trascinare nella depressione generale), allargato ai contributi di Simão all’ala e alle incursioni di Maxi Rodríguez, ha rappresentato al tempo stesso il punto di forza e l’inizio dei problemi che hanno colpito i colchoneros.
In non pochi momenti l’Atlético si è trovato con di fatto quattro attaccanti separati dal resto della squadra. Questo ha compromesso il proposito di Abel di giocare con la difesa altissima come al Levante e al Castellón: a palla scoperta, senza pressing dell’attacco (Kun soprattutto non ci sente da quell’orecchio), con un centrocampo in inferiorità e facile da saltare, la difesa si è trovata esposta ad ogni verticalizzazione avversaria, e il resto lo hanno fatto i macroscopici errori individuali dei vari Pablo, Perea e Juanito. Compresi quelli sui calci piazzati, da anni una croce di questa squadra.
Il centrocampo sguarnito toglie anche appoggi e opzioni di passaggio in fase di costruzione del gioco: Abel non aveva visto male a togliere Maxi (col quale peraltro si trovava ai ferri corti) dall’undici titolare, vista la presenza sempre più impalpabile nello sviluppo della manovra dell’argentino, giocatore quasi esclusivamente limitato agli inserimenti in area avversaria. Cléber Santana finto esterno destro consentiva un uomo in più nel mezzo e maggiori possibilità di fraseggio, oltre a maggior libertà per Jurado.
L’ex madridista rappresenta un caso a parte: rimasto a disposizione di Abel in estate nonostante la volontà di cederlo espressa dalla società, ha finito col diventare un pezzo unico nella rosa. È l’unico vero creativo del centrocampo, l’unico capace di superare la seconda linea avversaria e uscire dalla perenne orizzontalità degli Assunção e Raúl García, e si è trovato ad assumere una condizione di semi-indispensabilità che va forse oltre le sue reali possibilità. Proprio per ritagliargli uno spazio Abel aveva architettato il modulo con Cléber finto esterno destro nella partita di Oporto, un 4-5-1/4-4-2 in cui Forlán si svuotava i polmoni fra la fascia destra e il supporto al Kun. Ma, chiamato alla grande prova, Jurado ha confermato ancora una volta i limiti di personalità, ed è un peccato per uno dei centrocampisti più tecnici del panorama spagnolo.
Questo ibrido fra 4-5-1 e 4-4-2 teoricamente è il modulo che meglio bilancia le qualità dei giocatori presenti in rosa: non rinunci all’irrinunciabile duo d’attacco e a Simão, ma al tempo stesso ti assicuri l’uomo in più in zona centrale in mediana e anche Jurado nel cuore del gioco e non esiliato a destra. Partire dal sacrificio di Maxi sembrava la strada migliore anche per Abel, ma si era già in avanzato stato di decomposizione.
La priorità, dopo il lavoro psicologico (perché l’Atlético attuale è una squadra a pezzi prima di tutto dal punto di vista del morale) sarà quella di costruire una fase difensiva solida. Niente più chimere come la difesa alta o il fuorigioco sistematico: tendenzialmente Quique preferisce schierare la propria squadra in una fetta di terreno che va dalla propria trequarti, dove si attesta la linea difensiva (più vicina all’area di rigore che alla linea di metacampo), al cerchio di centrocampo, dove dovrebbero iniziare il pressing i due attaccanti.
Cercare di raccogliere in pochi metri la squadra, lavorando sulle distanze e le coperture, richiederà un’applicazione maggiore agli attaccanti di quella dimostrata finora (eccetto Forlán), mentre il fatto di giocare più coperti e con meno metri da percorrere alle loro spalle potrebbe limitare gli errori di difensori lenti e imprecisi come Pablo e Juanito.
Una volta recuperata la palla, si punterà quasi tutto sul contropiede: caratteristica che limitava all’epoca il Valencia di Quique e che a maggior ragione dovremmo vedere in una squadra come l’Atlético che deve prima di tutto ricostruire le fondamenta difensive e che non possiede nemmeno tutti i giocatori adatti per praticare un calcio d’iniziativa. Quasi certamente continueremo a vedere un Atlético con difficoltà atroci in casa contro squadre piccole con la difesa schierata.
Il modulo preferito di Quique è il 4-4-2, e c’è curiosità per quelle che saranno le sue scelte, soprattutto a centrocampo. Jurado sì o no? In quale posizione? Cléber Santana o Raúl García? Maxi verrà rilanciato?
In difesa la rosa offre pochissime possibilità: il più dignitoso dei centrali è Ujfalusi, e la tentazione sarebbe quella di scavalcare in un colpo solo Pablo, Perea e Juanito e giocarsela col canterano Domínguez o anche con l’altro giovane, l’uruguaiano Cabrera (che Abel aveva prematuramente bocciato dopo averlo impiegato in pretemporada da terzino sinistro con cattivi esiti).
Il vero disastro però sono i terzini: a sinistra con Pernía infortunato c’è solo Antonio López (e non ha affatto convinto l’adattamento a questa posizione di Domínguez: mancano il passo e i movimenti dell’uomo di fascia), mentre a destra l’unico di ruolo, Valera, vale al massimo come rincalzo; il pessimo posizionamento di Perea fa meno danni sulla fascia che al centro però manca qualità per supportare l’azione; Ujfalusi è anche qui il più affidabile, per senso tattico e tempi di sovrapposizione, ma utilizzarlo sulla fascia sguarnisce il centro.
L’ultima incognita è quella che incuriosisce di più, ovvero Reyes, il Grande Fannullone del calcio spagnolo. Apertamente contestato dal suo pubblico alla prima giornata (“Reyes cabrón, vete del Calderón”… almeno lui la prendeva a ridere), ora trova un tecnico che certamente non gli è indifferente: Quique lo ha già avuto al Benfica, parla di lui come di un giocatore speciale ma sottolinea come in Portogallo abbia offerto un rendimento inferiore a quello che gli chiedeva… potrebbe essere un’ulteriore opportunità di rilancio fra le anche troppe che il calcio ha già offerto all’andaluso.
Intanto apprezziamo il coraggio di Quique, visto che persino le premesse del suo ingaggio fanno capire quanto le idee siano poco chiare in seno alla dirigenza dell’Atlético: dopo l’ennesima disfatta, a Stamford Bridge, già dopo la partita García Pitarch contattava al telefono Michael Laudrup, il quale declinava saggiamente l’offerta una volta constatata l’assenza dei margini minimi di serietà (ovvero, contratto solo per sei mesi, nessun progetto a lungo termine, perché come dice anche il presidente Cerezo “nel calcio esiste solo l’attualità dei risultati”… viva la sincerità…); quindi dopo Laudrup toccava a Spalletti, che però si dichiarava disposto ad accettare soltanto per una cifra superiore a quella offertagli dallo Zenit con il quale avrebbe un precontratto; infine, soltanto infine, ecco il nostro Quique. Tanto per sottolineare la coerenza fra gli stili di gioco di allenatori avvicendatisi sui titoli dei giornali nel giro di poche ore…
La drammatica carenza di pianificazione l’aveva scontata anche Abel, colpevole ma certo non in esclusiva nel fallimento sulla panchina del club della sua vita: va riconosciuta la signorilità del tecnico di Toledo nell’aver evitato polemiche aperte col direttore sportivo García Pitarch per la sciagurata campagna acquisti estiva, condizionata certo dalla situazione disastrosa di bilancio ma anche da libere scelte di puro autolesionismo: tralasciando l’eterna questione del regista tanto desiderato da Abel, la cessione di Heitinga l’ultimo giorno di mercato, senza tempo per cercare un rimpiazzo e lasciando una difesa a corto di effettivi oltre che relativamente debole nelle individualità, parla da sola.
Chi segue questo blog conosce il rapporto travagliato fra il sottoscritto e Quique Sánchez Flores, ma posso dire che pur preannunciandosi assai difficile il compito (e per qualunque tecnico del mondo lo sarebbe), Quique potrebbe fare al caso dell’Atlético. Se al Valencia dato il potenziale gli rimproveravo la rigidità e l’incapacità di osare, all’Atlético invece serve prima di tutto ordine, elaborare uno spartito all’interno del quale potersi muovere e sentirsi comodo. Quique è un allenatore spiccatamente tattico, e la sua ossessione per le distanze fra i reparti e il mantenimento della porta inviolata servono come il pane a una squadra che negli ultimi tre anni, da Aguirre a Resino, ha sempre fatto una tremenda fatica a muoversi come un tutt’uno nelle due fasi, vanificando soprattutto sul versante difensivo quei gol che il duo Agüero e Forlán riusciva pure a estrarre da una manovra prossima al nulla.
Proprio l’attacco esplosivo (ora nemmeno più tanto, visto che ultimamente anche il Kun e Forlán hanno finito col farsi trascinare nella depressione generale), allargato ai contributi di Simão all’ala e alle incursioni di Maxi Rodríguez, ha rappresentato al tempo stesso il punto di forza e l’inizio dei problemi che hanno colpito i colchoneros.
In non pochi momenti l’Atlético si è trovato con di fatto quattro attaccanti separati dal resto della squadra. Questo ha compromesso il proposito di Abel di giocare con la difesa altissima come al Levante e al Castellón: a palla scoperta, senza pressing dell’attacco (Kun soprattutto non ci sente da quell’orecchio), con un centrocampo in inferiorità e facile da saltare, la difesa si è trovata esposta ad ogni verticalizzazione avversaria, e il resto lo hanno fatto i macroscopici errori individuali dei vari Pablo, Perea e Juanito. Compresi quelli sui calci piazzati, da anni una croce di questa squadra.
Il centrocampo sguarnito toglie anche appoggi e opzioni di passaggio in fase di costruzione del gioco: Abel non aveva visto male a togliere Maxi (col quale peraltro si trovava ai ferri corti) dall’undici titolare, vista la presenza sempre più impalpabile nello sviluppo della manovra dell’argentino, giocatore quasi esclusivamente limitato agli inserimenti in area avversaria. Cléber Santana finto esterno destro consentiva un uomo in più nel mezzo e maggiori possibilità di fraseggio, oltre a maggior libertà per Jurado.
L’ex madridista rappresenta un caso a parte: rimasto a disposizione di Abel in estate nonostante la volontà di cederlo espressa dalla società, ha finito col diventare un pezzo unico nella rosa. È l’unico vero creativo del centrocampo, l’unico capace di superare la seconda linea avversaria e uscire dalla perenne orizzontalità degli Assunção e Raúl García, e si è trovato ad assumere una condizione di semi-indispensabilità che va forse oltre le sue reali possibilità. Proprio per ritagliargli uno spazio Abel aveva architettato il modulo con Cléber finto esterno destro nella partita di Oporto, un 4-5-1/4-4-2 in cui Forlán si svuotava i polmoni fra la fascia destra e il supporto al Kun. Ma, chiamato alla grande prova, Jurado ha confermato ancora una volta i limiti di personalità, ed è un peccato per uno dei centrocampisti più tecnici del panorama spagnolo.
Questo ibrido fra 4-5-1 e 4-4-2 teoricamente è il modulo che meglio bilancia le qualità dei giocatori presenti in rosa: non rinunci all’irrinunciabile duo d’attacco e a Simão, ma al tempo stesso ti assicuri l’uomo in più in zona centrale in mediana e anche Jurado nel cuore del gioco e non esiliato a destra. Partire dal sacrificio di Maxi sembrava la strada migliore anche per Abel, ma si era già in avanzato stato di decomposizione.
La priorità, dopo il lavoro psicologico (perché l’Atlético attuale è una squadra a pezzi prima di tutto dal punto di vista del morale) sarà quella di costruire una fase difensiva solida. Niente più chimere come la difesa alta o il fuorigioco sistematico: tendenzialmente Quique preferisce schierare la propria squadra in una fetta di terreno che va dalla propria trequarti, dove si attesta la linea difensiva (più vicina all’area di rigore che alla linea di metacampo), al cerchio di centrocampo, dove dovrebbero iniziare il pressing i due attaccanti.
Cercare di raccogliere in pochi metri la squadra, lavorando sulle distanze e le coperture, richiederà un’applicazione maggiore agli attaccanti di quella dimostrata finora (eccetto Forlán), mentre il fatto di giocare più coperti e con meno metri da percorrere alle loro spalle potrebbe limitare gli errori di difensori lenti e imprecisi come Pablo e Juanito.
Una volta recuperata la palla, si punterà quasi tutto sul contropiede: caratteristica che limitava all’epoca il Valencia di Quique e che a maggior ragione dovremmo vedere in una squadra come l’Atlético che deve prima di tutto ricostruire le fondamenta difensive e che non possiede nemmeno tutti i giocatori adatti per praticare un calcio d’iniziativa. Quasi certamente continueremo a vedere un Atlético con difficoltà atroci in casa contro squadre piccole con la difesa schierata.
Il modulo preferito di Quique è il 4-4-2, e c’è curiosità per quelle che saranno le sue scelte, soprattutto a centrocampo. Jurado sì o no? In quale posizione? Cléber Santana o Raúl García? Maxi verrà rilanciato?
In difesa la rosa offre pochissime possibilità: il più dignitoso dei centrali è Ujfalusi, e la tentazione sarebbe quella di scavalcare in un colpo solo Pablo, Perea e Juanito e giocarsela col canterano Domínguez o anche con l’altro giovane, l’uruguaiano Cabrera (che Abel aveva prematuramente bocciato dopo averlo impiegato in pretemporada da terzino sinistro con cattivi esiti).
Il vero disastro però sono i terzini: a sinistra con Pernía infortunato c’è solo Antonio López (e non ha affatto convinto l’adattamento a questa posizione di Domínguez: mancano il passo e i movimenti dell’uomo di fascia), mentre a destra l’unico di ruolo, Valera, vale al massimo come rincalzo; il pessimo posizionamento di Perea fa meno danni sulla fascia che al centro però manca qualità per supportare l’azione; Ujfalusi è anche qui il più affidabile, per senso tattico e tempi di sovrapposizione, ma utilizzarlo sulla fascia sguarnisce il centro.
L’ultima incognita è quella che incuriosisce di più, ovvero Reyes, il Grande Fannullone del calcio spagnolo. Apertamente contestato dal suo pubblico alla prima giornata (“Reyes cabrón, vete del Calderón”… almeno lui la prendeva a ridere), ora trova un tecnico che certamente non gli è indifferente: Quique lo ha già avuto al Benfica, parla di lui come di un giocatore speciale ma sottolinea come in Portogallo abbia offerto un rendimento inferiore a quello che gli chiedeva… potrebbe essere un’ulteriore opportunità di rilancio fra le anche troppe che il calcio ha già offerto all’andaluso.
Etichette: Atlético Madrid
9 Comments:
Non sono grandissimo tifoso di Quique, ma sono anch'io convinto che non solo la guida tecnica andava cambiata da tempo ma che proprio l'ex Valencia ci voglia in questa gabbia di matti. Rigidità, innanzitutto. Peggio di come eravamo finiti, non potremo andare.
“Guerra al merengue arrogante/ a mí me gustan las rayas/ de los colchones de antes” , come scrive il più grande poeta spagnolo vivente, Joaquin Sabina.
¡¡Aupa Atleti!!
io appena ho letto il nome di quique mi sono messo le mani nei capelli. Il sergente di ferro in una gabbia di matti ha due risvolti: o sei Capello e li inquadri tutti (nazionale inglese docet), o la barca già in difficoltà, affonda con rischi immensi (non parlo di esclusione dalle coppe).
Ti do ragione sul fatto che il mercato è stato abominevole, bisognava far cassa (il Kun? meglio Maxi Rodriguez..) per comprare almeno un terzino sinistro e uno destro (capisco la rivalità con il Madrid, bella la affermazione di Cerezo, ma Miguel Torres per 2 milioni brutto eh?).
A Gijon davan per certo o quasi Canella (6-8 milioni), che sarebbe stato oro colato. Invece ora ci si trov a una rosa pessima, con buchi e poche prospettive...
Due cose: avresti una mail personale perchè vorrei proporti un progetto molto interessante, che non ti occuperà nessun tempo aggiuntivo. Scrivimi a cespolino@yahoo.it.
Hai visto che sporting???? domenica 8 vado al molinon, puxa esportnig!
@ Carlo
C'erano due strade secondo me per l'Atlético: o il tattico alla Quique che cerca di inquadrarli, oppure una grande autorità del club tipo Aragonés che avrebbe potuto operare soprattutto sul piano psicologico e umano, ricompattando la squadra e l'ambiente del club in generale.
Avrei rispettato anche una scelta di questo tipo, sebbene il nome di Aragonés non sia mai stato fatto, ma quella di Quique può avere dei presupposti validi (anche se in realtà la dirigenza dell'Atlético non ha operato in base a considerazioni di questo tipo, il loro ragionamento più o meno deve essere stato questo: "vediamo che nomi ci sono sul mercato e che Dio ce la mandi buona").
Una cosa è certa, e scopro l'acqua calda: una grande Liga ha bisogno di un grande Atlético.
@ cespo
Ha ragione Carlo: peggio di così non potevano andare, quindi Quique anche nella peggiore delle ipotesi non può fare più danni di quelli fatti finora.
Maxi in realtà hanno cercato di vederlo, ma non se n'è fatto nulla perchè il giocatore ha fatto resistenza (preferisci svincolarsi alla fine di quest'anno) e perchè non c'era tantissimo mercato.
Comunque una decina di milioni si potevano ricavare.
Per fare cassa in modo pesante l'unica cosa era vendere uno dei due attaccanti: forse Forlan sarebbe stato il più indicato vista l'età e il fatto quindi che fra un paio di anni non potrai più rivenderlo per grosse cifre. Però Forlan ha tenuto in piedi la baracca, rivelandosi un giocatore anche più indispensabile di Aguero (sebbene di livello inferiore). Un apporto che va ben oltre persino i mostruosi 30 gol e passa della scorsa stagione.
Molto molto interessante lo Sporting quest'anno. è una squadra più matura, completa e coi mezzi per giocare un calcio più ambizioso come sta facendo (buonissima la partita a Bilbao, soprattutto il primo tempo; ottimo anche il primo tempo col Madrid), grazie a Rivera a dettare i tempi a centrocampo e a una difesa molto più credibile (splendidi Gregory e Botia finora).
PS: Chiunque mi voglia mandare mail trova l'indirizzo nel profilo.
tola.valentino@tiscali.it
E comunque
Alcorcon 4
Real Madrid 0
Ogni commento è superfluo
Quique (per altro brevemente ex terzino madridista una quindicina di anni fa) potrebbe essere una buona scelta, anche se a Lisbona ha in parte deluso. Resta da vedere se ci sarà un minimo di programmazione anche per l'anno prossimo che includa il nuovo tecnico. La squadra ci sarebbe anche soprattutto dalla cintola in sù (Simao e Reyes esterni con Jurando e Assuncao centrali renderebbe squilibrato l'assetto dei 4 centrocampisti?) mentre la difesa resta un grande enigma vista la pochezza degli uomini a disposizione (soprattutto dopo il siluramento di un elemento si altalenante ma decoroso come Heitinga) più adatti alla Secunda che alla Primera. Fortuna che almeno il portiere è all'altezza... Auguri a Quique sperando riesca a vincere ma solo dopo metà novembre (derby in vista).
Per la partita di ieri (che fortunatamente non ho visto) c'è poco da dire ma dopo gli exploit con Irun e Zaragoza (qualcuno ricorda il 6-1 della Romareda qualche anno) è arrivata una nuova batosta in Copa Del Rey, l'unica speranza è il ritorno... Sbagliato, tuttavia mettere già sott'accusa il tecnico, in fondo in 2 mesi non si possono chiedere miracoli a nessuno (alla fine nella Liga abbiamo perso solo una volta a Sevilla...) e mi sembra che continuare a bruciare allenatori non porti da nessuna parte. E' anche vero che una squadra come il Madrid non dovrebbe manco sognarsi di perdere una partita così (credo che il Castilla avrebbe vinto facile).
Bentornato Vale, è sempre un piacere leggere i tuoi pezzi ;)
Quique per me è la scelta migliore: serve qualcuno che dia solidità a quella squadra di matti, solidità piscologica prima ancora che difensiva. Per me l'ex Benfica può farcela, sempre che l'ambiente non lo distrugga; i problemi ci sarebbero se dovesse dare un gioco alla squadra, ma per ora credo che non ci pensi nessuno dalle parti del Calderon.
Questa operazione mi ricorda un po' l'arrivo di Caparros a Bilbao, e guarda caso sarà proprio l'Athletic a testare il nuovo Atletico di Quique. Avrei preferito affrontarli con Abel in panchina, sinceramente, anche perché adesso i Leoni sono la squadra più in difficoltà della Liga dopo Atletico e Villarreal.
Sul Mandril dico solo una cosa: meno male che ci sono loro, anche nei momenti più neri riescono a farci strappare una risata. Viva i Galacticos2!
@ Hincha
Prevedo vita durissima per Jurado. A parte un paio di partite con Aguirre e Abel, nessuno lo ha mai messo nel doble pivote, con un solo centrocampista difensivo accanto. Non lo ritengono all'altezza da un punto di vista atletico e tattico/difensivo. La sua posizione preferita è trequartista centrale nel 4-2-3-1 (come l'anno scorso a Maiorca dove ha disputato una stagione magnifica) oppure se proprio deve adattarsi alla fascia, partire da sinistra. Può starci anche coe mezzala in un 4-3-3.
Però credo che Quique punterà su un 4-4-2 classico con un centrocampo possibilmente compatto, e posto che Kun-Forlan sono intoccabili e che come doble pivote vorrà due giocatori solidi (Assunçao-Cléber o Assunçao-Raul Garcia: Assunçao è uno dei pochi a salvarsi generalmente come rendimento, per l'altro posto preferisco in questo momento Cléber invece... però farei anche un pensierino su Koke quando tornerà dal Mondiale Under 17: centrocampista veramente interessante), Jurado potrà trovare spazio soltanto sulla fascia. Visto che Simao rende molto di più a sinistra, a Manolo rimane la destra, dove si è sempre trovato da cani...
Peccato, perchè in teoria mi sembra l'unico giocatore capace di "legare" centrocampo e attacco.
Riguardo al Real Madrid: ho preferito non commentare sia perchè l'enormità del risultato parla da sè (va detto che il fatto che possano succedere follie di questo tipo tiene ancora in vita il fascino del calcio... prima del Madridcon Alcorcon e Real Union ci era passato anche il Barça coi vari Novelda, Figueres e Gramanet), sia perchè la partita non l'ho vista e perchè ritengo ancora presto per tirare conclusioni sul Real Madrid.
Son d'accordo: che acquisti mezzecalzette o supercampioni da 90 milioni di euro, il discorso non cambia: per fare una squadra ci vuole tempo.
Il problema però è che se io e te riteniamo sia presto per trarre conclusioni, gli altri non la pensano così: il modo in cui il Madrid ha perso con il Milan e ieri ha impresso un'accelerazione fortissima e un titolo come quello di Marca di oggi è gravissimo ("Pellegrini vattene"). Se la dirigenza madridista seguirà quest'onda e caccerà Pellegrini avrà mandato all'aria un progetto complessivamente credibilissimo (perchè io penso che la rosa non solo sia straricca di talento ma anche completa, e che l'allenatore sia in assoluto valdissimo... solo una stampa superficiale e forcaiola può bollarlo come un incapace) in soli tre mesi.
@ Edo
Grazie :-)
Vero, il parallelo ci può stare. Prossimamente parliamo anche dell'Athletic e di "BartSimpson" ;-)
Per lo meno devono dare tempo a Pellegrini almeno fino a gennaio: se lì il Madrid sarà lontano dal Barca in campionato, fuori dalla Copa Del Rey e surclassato in Champions allora forse (FORSE) si potrebbe prendere in considerazione l'esonero. Ma solo gente malata può pensare ad esonerare un allenatore all'anno (tra l'altro recentemente pure Juande è stato silurato in quel di Mosca, peccato, da noi aveva fatto bene).
Tanto per dire, a me non sorprenderebbe affatto se il Madrid anche sabato non dovesse fare i tre punti contro il Getafe, perchè il momento è quello che è e perchè il Getafe è una delle squadre che giocano il miglior calcio della Liga... però già me li immagino eventualmente i titoli dei giornali... è in questi momenti che la nuova dirigenza deve dimostrare di valere veramente.
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