Un pasticcio indigeribile.
Perdere le partite non è un crimine, esistono anche gli avversari, ancora di più quando si chiamano Germania e Inghilterra, ma la faccia, quella no, non andrebbe mai persa. Sta per concretizzarsi uno spreco di talento che grida vendetta: una vittoria larga nell’ultima giornata contro la Finlandia e la contemporanea sconfitta della Germania contro l’Inghilterra (già qualificata) sono le uniche speranze che rimangono all’Under 21 di López Caro per poter accedere alle semifinali.
Pie illusioni se ci si attiene a quanto mostrato in queste prime due partite: una rosa ricchissima, potenzialmente adattabile a qualsiasi registro tattico, dalla quale però non si riesce a ricavare uno straccio di idea di gioco. Senza identità, senza punti di riferimento, preda dell’improvvisazione, ognuno si trova a fare la guerra per conto suo, e così basta un avversario che abbia un minimo di organizzazione e corsa per smontarti. Se poi ha certe individualità offensive come l’Inghilterra, ti mangia pure in testa.
López Caro prova a far tesoro della lezione della prima partita cercando nuove soluzioni tattiche. Condivisibile la scelta delle due punte: contro la Germania la squadra faticava a distendersi e l’azione ristagnava visibilmente a centrocampo, quindi Adrián López centravanti dovrebbe teoricamente rendere più agili le transizioni offensive e permettere a Bojan di giocare più libero e comodo, aggirando così il suo gap atletico nei confronti dei difensori avversari (il blaugrana si trova più a suo agio se per guadagnarsi l’occasione non deve cercare il corpo a corpo con questi ma piuttosto arrivare in area a sorpresa partendo qualche metro dietro).
Con Javi García (centrale al posto del deludente Chico dell’esordio) e Azpilicueta come novità difensive, il centrocampo viene pesantemente ristrutturato: quattro uomini senza esterni di ruolo, disegno flessibile, a metà strada fra la linea retta e il rombo, con Mario Suárez scelto a sorpresa davanti alla difesa, affiancato a destra da Javi Martínez e a sinistra da Raúl García, e Jurado totalmente libero come trequartista.
I conti non tornano: dopo i primi minuti, effimeri, di buona mobilità del centrocampo, ci si accorge che manca del tutto una continuità di gioco accettabile. Troppi mediani forse: diamo per buona la versione che vuole Granero acciaccato (dobbiamo farlo, è l’unica spiegazione accettabile), ma rinunciare in blocco anche a Sisi e Pedro León (inspiegabile la sottoutilizzazione estrema del giocatore del Valladolid) lascia perplessi, tanto più se ci si ritrova con Javi Martínez largo a destra, volenteroso ma del tutto fuori ruolo.
In una partita dal ritmo alto, vivace perché l’Inghilterra è meno tattica e gioca più a viso aperto rispetto alla Germania, abbondano stranamente gli errori di misura. L’Inghilterra, poco creativa nel mezzo, cerca prevalentemente le sovrapposizioni e i cross dalle fasce, mentre la Spagna non trova mai la fluidità coi suoi fraseggi interni, non riesce mai a controllare i tempi del gioco e non sfrutta il campo in tutta la sua ampiezza. Bojan non ne azzecca una (errori nel palleggio davvero inspiegabili), Adrián è un fantasma, Jurado è l’unico a salvarsi ma predica nel deserto.
Primo tempo di mediocre livello tecnico, le occasioni nascono da errori marchiani, come il retropassaggio quasi-autogol di Onuoha e l’impappinamento di Javi García dal quale scaturisce un rigore per l’Inghilterra: Asenjo però si conferma una delle poche note liete di questa spedizione, un vero fuoriclasse in prospettiva, e neutralizza con una prodezza la conclusione dello stesso Milner.
Come contro la Germania, la ripresa accelera la degenerazione. Una situazione che forse ha anche delle spiegazioni di carattere atletico, fatto sta che la Spagna si sfilaccia ulteriormente e gioca sempre più sparpagliata per il campo, sempre più legata ad estemporanee iniziative individuali. Esce pure ingloriosamente Bojan, entra Capel ma il cambio non produce nulla, l’Inghilterra ha preso nettamente il sopravvento.
Con la Spagna ridotta agli uno contro uno, a venire fuori è la debordante superiorità atletica degli inglesi, nella corsa e nei contrasti: se Javi Martínez nella Liga è un giocatore dominante e qui perde moltissimi duelli, immaginatevi un po’gli altri… Più raccolta, più dinamica, l’Inghilterra arriva prima sul pallone con facilità irrisoria (da segnalare i partitoni della diga Muamba a centrocampo e di un Micah Richards semplicemente fuori categoria a questi livelli, tenuti in conto anche certi interventi un po’ingenui), finisce con l’impadronirsi del centrocampo e macinare palloni su palloni.
Per completare l’opera, ai britannici manca solo la stilettata finale, e qui Pearce ha l’intelligenza di giocarsi Walcott fresco, arma di distruzione di massa con gli spagnoli disuniti e con la lingua fuori. Va detto però che per portarsi in vantaggio i Leoni hanno bisogno del buon cuore di Mario Suárez, sciagurato nel retropassaggio che apre a Fraizer Campbell (subentrato a fine primo tempo all’infortunato Agbonlahor) la strada del vantaggio. Poi basta a Walcott un colpetto sull’acceleratore (Azpilicueta è sì veloce, ma valutato col metro degli umani) per servire dal fondo il 2-0 dell’eccellente Milner.
0. España: Asenjo; Azpilicueta Javi García, Torrejón, Monreal; Javi Martínez (Xisco, min. 69), Mario Suárez (Pedro León, min. 80), Raúl García, Jurado; Bojan (Capel, min. 57), Adrián López.
2. Inglaterra: Hart; Cranie, Richards, Onuoha, Gibbs; Milner, Cattermole, Muamba, Noble (Gardner, min. 84), Johnson (Walcott, min. 62); Agbonlahor (Campbell, min. 39).
Goles: 0-1, min. 67, Campbell; 0-2, min. 73, Milner
Árbitro: Bjorn Kuipers (Holanda). Amonestó con tarjeta amarilla, por Inglaterra, a Richards y Milner
Incidencias: Partido disputado en el estadio Gamla Ullevi (Gotemburgo) ante 16.123 espectadores
Pie illusioni se ci si attiene a quanto mostrato in queste prime due partite: una rosa ricchissima, potenzialmente adattabile a qualsiasi registro tattico, dalla quale però non si riesce a ricavare uno straccio di idea di gioco. Senza identità, senza punti di riferimento, preda dell’improvvisazione, ognuno si trova a fare la guerra per conto suo, e così basta un avversario che abbia un minimo di organizzazione e corsa per smontarti. Se poi ha certe individualità offensive come l’Inghilterra, ti mangia pure in testa.
López Caro prova a far tesoro della lezione della prima partita cercando nuove soluzioni tattiche. Condivisibile la scelta delle due punte: contro la Germania la squadra faticava a distendersi e l’azione ristagnava visibilmente a centrocampo, quindi Adrián López centravanti dovrebbe teoricamente rendere più agili le transizioni offensive e permettere a Bojan di giocare più libero e comodo, aggirando così il suo gap atletico nei confronti dei difensori avversari (il blaugrana si trova più a suo agio se per guadagnarsi l’occasione non deve cercare il corpo a corpo con questi ma piuttosto arrivare in area a sorpresa partendo qualche metro dietro).
Con Javi García (centrale al posto del deludente Chico dell’esordio) e Azpilicueta come novità difensive, il centrocampo viene pesantemente ristrutturato: quattro uomini senza esterni di ruolo, disegno flessibile, a metà strada fra la linea retta e il rombo, con Mario Suárez scelto a sorpresa davanti alla difesa, affiancato a destra da Javi Martínez e a sinistra da Raúl García, e Jurado totalmente libero come trequartista.
I conti non tornano: dopo i primi minuti, effimeri, di buona mobilità del centrocampo, ci si accorge che manca del tutto una continuità di gioco accettabile. Troppi mediani forse: diamo per buona la versione che vuole Granero acciaccato (dobbiamo farlo, è l’unica spiegazione accettabile), ma rinunciare in blocco anche a Sisi e Pedro León (inspiegabile la sottoutilizzazione estrema del giocatore del Valladolid) lascia perplessi, tanto più se ci si ritrova con Javi Martínez largo a destra, volenteroso ma del tutto fuori ruolo.
In una partita dal ritmo alto, vivace perché l’Inghilterra è meno tattica e gioca più a viso aperto rispetto alla Germania, abbondano stranamente gli errori di misura. L’Inghilterra, poco creativa nel mezzo, cerca prevalentemente le sovrapposizioni e i cross dalle fasce, mentre la Spagna non trova mai la fluidità coi suoi fraseggi interni, non riesce mai a controllare i tempi del gioco e non sfrutta il campo in tutta la sua ampiezza. Bojan non ne azzecca una (errori nel palleggio davvero inspiegabili), Adrián è un fantasma, Jurado è l’unico a salvarsi ma predica nel deserto.
Primo tempo di mediocre livello tecnico, le occasioni nascono da errori marchiani, come il retropassaggio quasi-autogol di Onuoha e l’impappinamento di Javi García dal quale scaturisce un rigore per l’Inghilterra: Asenjo però si conferma una delle poche note liete di questa spedizione, un vero fuoriclasse in prospettiva, e neutralizza con una prodezza la conclusione dello stesso Milner.
Come contro la Germania, la ripresa accelera la degenerazione. Una situazione che forse ha anche delle spiegazioni di carattere atletico, fatto sta che la Spagna si sfilaccia ulteriormente e gioca sempre più sparpagliata per il campo, sempre più legata ad estemporanee iniziative individuali. Esce pure ingloriosamente Bojan, entra Capel ma il cambio non produce nulla, l’Inghilterra ha preso nettamente il sopravvento.
Con la Spagna ridotta agli uno contro uno, a venire fuori è la debordante superiorità atletica degli inglesi, nella corsa e nei contrasti: se Javi Martínez nella Liga è un giocatore dominante e qui perde moltissimi duelli, immaginatevi un po’gli altri… Più raccolta, più dinamica, l’Inghilterra arriva prima sul pallone con facilità irrisoria (da segnalare i partitoni della diga Muamba a centrocampo e di un Micah Richards semplicemente fuori categoria a questi livelli, tenuti in conto anche certi interventi un po’ingenui), finisce con l’impadronirsi del centrocampo e macinare palloni su palloni.
Per completare l’opera, ai britannici manca solo la stilettata finale, e qui Pearce ha l’intelligenza di giocarsi Walcott fresco, arma di distruzione di massa con gli spagnoli disuniti e con la lingua fuori. Va detto però che per portarsi in vantaggio i Leoni hanno bisogno del buon cuore di Mario Suárez, sciagurato nel retropassaggio che apre a Fraizer Campbell (subentrato a fine primo tempo all’infortunato Agbonlahor) la strada del vantaggio. Poi basta a Walcott un colpetto sull’acceleratore (Azpilicueta è sì veloce, ma valutato col metro degli umani) per servire dal fondo il 2-0 dell’eccellente Milner.
0. España: Asenjo; Azpilicueta Javi García, Torrejón, Monreal; Javi Martínez (Xisco, min. 69), Mario Suárez (Pedro León, min. 80), Raúl García, Jurado; Bojan (Capel, min. 57), Adrián López.
2. Inglaterra: Hart; Cranie, Richards, Onuoha, Gibbs; Milner, Cattermole, Muamba, Noble (Gardner, min. 84), Johnson (Walcott, min. 62); Agbonlahor (Campbell, min. 39).
Goles: 0-1, min. 67, Campbell; 0-2, min. 73, Milner
Árbitro: Bjorn Kuipers (Holanda). Amonestó con tarjeta amarilla, por Inglaterra, a Richards y Milner
Incidencias: Partido disputado en el estadio Gamla Ullevi (Gotemburgo) ante 16.123 espectadores
Etichette: Europeo Under 21 2009, Seleccion
4 Comments:
Inghilterra e Germania hanno le rose migliori, a mio avviso è fuori dubbio.
La Spagna, come ti scrissi, probabilmente non credeva troppo in questo europeo (inspiegabilmente) sacrificando gente come Piquè, Mata e Busquets alla causa della Confederation's Cup, mentre Del Bosque poteva optare tranquillamente su altra gente lasciandoli a Lopez Caro. Teoricamente poteva essere prestato anche uno tra Fabregas, S. Ramos o Silva se vogliamo dirla tutta, e per la Spagna, in Sudafrica, sarebbe cambiato poco o nulla.
La prestanza atletica inglese è evidente, però la diffenrenza di classe tra gli undici (anzi i 14) di Pearce e quelli mandati in campo da Caro è evidente in maniera netta.
Richards Milner, Noble, Agbonlahor, Walcott sono tutti protagonisti e titolari in club inglesi rilevanti ed autori (a parte Richards) di un'ottima annata personale.
Muamba è titolare nel Bolton, Cattermole è uno dei prospetti migliori e elemento imprescindibile del Wigan (a Middlesbrough ancora hanno gli incubi per la sua cessione), Hart ha iniziato la stagione come titolare del M.City poi dopo diverse battute a vuoto la dirigenza ha pensato a Given ma rimane un portiere affidabile per questi livelli, Campbell ha avuto la sua parte al Tottenham...e via discorrendo (ai 23 mancano almeno altri tre che sarebbero stati importantissimi: Huddlestone, O'Hara e Lennon).
Su Bojan Krkic: beh, non comprendevo nemmeno io la bramosia di Antic affinché scegliesse la nazionale serba e benché ancora 19enne e quindi passibile di miglioramenti, penso che il giocatore sia quello.
I limiti fisici ci sono tutti e tecnicamente ha mascherato le evidenti lacune grazie allo stratosferico attacco dei blaugrana, che aiuta tutti i "normali" a sembrare fenomeni.
Tempo fa già espressi diversi dubbi sul ragazzo e il mio parere e che sia un pò "gonfiato" dalla stampa, dal barcellonismo e da quell'esplosione così precoce ai mondiali under 17 e nelle giovanili del Barca; venni un pò attaccato da chi ne decanta le lodi, ma le mie forti perplessità sul valore dell' ispano-serbo rimangono.
Ho appena scritto un pezzo con i migliori 33 giocatori di questo torneo ed ho inserito anche lui, vuoi per il blasone che si porta dietro, vuoi per la stagione che gli ha permesso di brillare, anche se di luce riflessa, ma l'ho inserito senza troppa convinzione; ieri ha disputato una gara davvero zeppa di imprecisioni tecniche e unite all'atavica difficoltà sul piano fisico è sembrato il peggiore in campo tra tutti e 28 i giocatori scesi sul terreno.
Ciao;-)
Sono in disaccordo. Ritengo che questa rosa della Spagna non avesse nulla ma proprio nulla da invidiare alle altre, anzi (tanto che lo stesso Pearce la dava per favorita).
Raul Garcia non è titolare nel Bolton ma nell'Atlético Madrid sì, e lo era anche quando aveva 19-20 anni all'Osasuna. Azpilcueta idem dai 18-19 anni. Monreal titolare fisso sempre nell'Osasuna. Asenjo titolare da quando ne aveva 18 nel Valladolid. Un mezzo fenomeno già cercato dal Barça, e che sta per essere acquistato dall'Atlético. Un'altra categoria rispetto al pur affidabile Hart, mi pare (poi con uno come Given la riserva la fa il 99% dei portieri comunque...).
Pedro Leon titolarissimo, grande stagione al Valladolid, Granero non ne parliamo, Jurado stella e giocatore determinante del Mallorca di quest'anno, Javi Martinez giocatore di Primera e titolare già da quando andava all'asilo.
Sono tutti indistintamente giocatori di Primera, e sommando il minutaggio dovrebbero uguagliare se non addirittura superare quelli inglesi.
Non so cosa intendi di preciso per "classe", però sul piano dei valori dei singoli non direi che l'Inghilterra sia superiore. Migliori i difensori inglesi, ma a centrocampo mi tengo tutta la vita gli spagnoli, eccetto gli esterni, e in attacco direi che pareggiano (anche se visto il modulo non so come fare il confronto, se considerare Milner e Walcott fra gli attaccanti o no).
Da ispanofilo gli unici che invidio e che sequestrerei all'Inghilterra sono Richards (UN DANNATO PRODIGIO), Walcott, Milner (pallino personale, più completo di Walcott) e Gibbs.
Non che disprezzi Muamba e Noble (quest'ultimo mi è pure molto simpatico tra l'altro), però quelli spagnoli li preferisco sinceramente. Sul piano della tecnica pura (nella definizione ristretta in questo caso al controllo e al tocco di palla) i centrocampisti centrali spagnoli son più validi di quelli inglesi, a parte Javi Martinez che ha altre caratteristiche. Due palleggiatori come Granero e Jurado non ci sono nella rosa inglese.
Il Bojan di quest'Europeo è indifendibile, poco da dire. Questi controlli sbagliati fanno cadere le braccia, se penso che quando esplose nell'Euro Under 17 del 2006 faceva autentiche meraviglie nello stretto. Sono errori talmente clamorosi che non me li so spiegare.
Io comunque vedo grosse potenzialità: non è Messi ma ha buoni colpi dal punto di vista tecnico (perchè gli stessi occhi che hanno visto le schifezze di ieri gli hanno visto eseguire anche giocate di qualità), ha grande intuito, intelligenza tattica, sa giocare anche con i compagni, non è un semplice finalizzatore. In prospettiva vedo simiitudini con Raul, ma so che per te questo non è positivo, vista l'opinione radicalmente differente che abbiamo anche su Raul ;-)
Il gap atletico è allarmante: non è possibile che 'sto ragazzo ogni volta che l'avversario gli fa un minimo di pressione perda il pallone. Deve ancora completare la maturazione, ma deve assolutamente irrobustirsi senza perdere agilità.
Riguardo alle convocazioni: capisco Mata, ma prestare Fabregas, Silva o Ramos non stava nè in cielo nè in terra. C'è un gruppo su cui lavorare in vista del 2010, questi giocatori sono dei cardini, e non significa snobbare l'Under 21. Anche Piqué ormai è un giocatore fondamentale per la nazionale maggiore.
Il prestito di Busquets ci poteva stare e avrebbe fatto anche comodo, però se tu guardi nella Liga di giocatori alternativi al catalano per rimpiazzare Senna ce ne sono pochini. L'abbondanza a centrocampo riguarda i ruoli più avanzati, fra mezzeali e trequartisti.
Ho dimenticato una cosa nella prima risposta.
La differenza fra Spagna e Inghilterra non l'hanno fatta i singoli, bensì il fatto che la Spagna non ha giocato come una squadra e l'Inghilterra sì.
La Spagna aveva più palleggio, doveva costruire superiorità attorno al pallone, aggirare gli avversari col fraseggio corto come fa la nazionale maggiore. Invece non ha avuto uno straccio di idea e di continuità di gioco. A quel punto son rimasti gli uno contro uno, e sui duelli, sui contrasti l'Inghilterra ha stravinto, perchè aveva molta più corsa ed era anche meglio organizzata. Ma non hya vinto per la qualità dei singoli. In questo senso, soltanto Walcott nell'ultimo quarto, con la gara già indirizzata, ha inciso davvero.
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