L' Atlético batte un colpo.
Fino a poche settimane fa Abel Resino era un morto che camminava. Il vergognoso 5-1 incassato sul campo del Racing aveva convinto un po'tutti dell'inguaribilità dell'Atlético, e dell'assoluta dimostrata inefficacia del cambio di allenatore avvenuto a Gennaio. Tutto uguale, sempre la stessa solfa da tre anni.
Uomo del club, Abel ha messo da parte le preoccupazioni riguardanti la propria riconferma, chiamando semplicemente l'ambiente all'unità: vero, giochiamo male, il pubblico ha tutto il diritto di fischiare, ma mettiamo da parte tutto questo, sosteniamo la squadra e basta, salviamo il salvabile in questo finale di stagione. Vivendo alla giornata, improvvisando come sempre ma con la massima convinzione, l'Atlético è arrivato a giocarsi il tutto per tutto nello scontro diretto per il quarto posto con il Valencia. E se l'è giocato benone.
In una delle migliori prestazioni stagionali, nel momento più importante, l'Atlético si è imposto in maniera indiscutibile su un Valencia deludentissimo, riconquistando appieno il feeling col Calderón. Finisce 1-0, pure con un rigore inesistente, ma sarebbe stato anche più giusto un 3 o un 4 a 0.
L'Atlético schiaccia il Valencia prima di tutto sul piano della personalità e delle motivazioni. Gli ospiti hanno messo una certa tristezza, undici giocatori che non fanno una squadra, senza nemmeno la grinta per cercare l'assedio nel finale. La partita, la partita più importante della stagione, gli è scivolata addosso, e Leo Franco nemmeno si è sporcato i guanti.
La maggior reattività da parte dell'Atleti al richiamo del grande evento si è tradotta sul piano tecnico in una nettissima supremazia del centrocampo colchonero. Più compatto, con un buon pressing alto che ha fatto guadagnare metri a tutta la squadra, in difficoltà soltanto sui soliti disimpegni da brivido di Pernía e Pablo, l'Atlético ha imposto un ritmo alto macinando palloni su palloni: a partire dalla coppia Paulo Assunção-Raúl García, non esaltante quanto a immaginazione ma efficientissima (l'ex Osasuna specialmente firma un partitone), passando per un Agüero molto attivo e brillante e per le intelligenti sovrapposizioni di un ottimo Ujfalusi sulla destra (mai impiegato fino a ieri da terzino, quello che in Italia era il suo ruolo), ha invaso la metacampo avversaria costruendo numerose occasioni. Il gol arriva nella maniera più ingiusta (rigore trasformato da Forlán dopo tuffo di Agüero; non nuovo a queste prodezze il Kun, che da buon calciatore argentino purtroppo ne va pure fiero), ma è pienamente meritato.
Dall'altra parte il Valencia può pure reclamare per un fuorigioco inesistente che annulla l'azione del potenziale 1-1 di Mata, ma la squadra di Emery non c'è proprio. Scialba, priva d'anima e d'identità, scollata fra centrocampo e attacca e in difficoltà nella propria area (incerto Maduro centrale, visibilmente a disagio Alexis terzino sinistro d'emergenza). L'assenza di Silva pesa tantissimo: senza il genio canario, Emery passa dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Edu e Baraja, mezzeali designate, non legano con l'attacco e non alzano mai il ritmo, così Pablo Hernández (inconsistente), Villa (abbandonato) e Mata (spuntato) si trovano costretti a mendicare qualche episodio estemporaneo. Che non arriva in tutta la ripresa, anzi sono Simão e Forlán (non entusiasmante la partita dell'uruguagio) a fallire occasioni ghiottissime per arrotondare il risultato.
Uomo del club, Abel ha messo da parte le preoccupazioni riguardanti la propria riconferma, chiamando semplicemente l'ambiente all'unità: vero, giochiamo male, il pubblico ha tutto il diritto di fischiare, ma mettiamo da parte tutto questo, sosteniamo la squadra e basta, salviamo il salvabile in questo finale di stagione. Vivendo alla giornata, improvvisando come sempre ma con la massima convinzione, l'Atlético è arrivato a giocarsi il tutto per tutto nello scontro diretto per il quarto posto con il Valencia. E se l'è giocato benone.
In una delle migliori prestazioni stagionali, nel momento più importante, l'Atlético si è imposto in maniera indiscutibile su un Valencia deludentissimo, riconquistando appieno il feeling col Calderón. Finisce 1-0, pure con un rigore inesistente, ma sarebbe stato anche più giusto un 3 o un 4 a 0.
L'Atlético schiaccia il Valencia prima di tutto sul piano della personalità e delle motivazioni. Gli ospiti hanno messo una certa tristezza, undici giocatori che non fanno una squadra, senza nemmeno la grinta per cercare l'assedio nel finale. La partita, la partita più importante della stagione, gli è scivolata addosso, e Leo Franco nemmeno si è sporcato i guanti.
La maggior reattività da parte dell'Atleti al richiamo del grande evento si è tradotta sul piano tecnico in una nettissima supremazia del centrocampo colchonero. Più compatto, con un buon pressing alto che ha fatto guadagnare metri a tutta la squadra, in difficoltà soltanto sui soliti disimpegni da brivido di Pernía e Pablo, l'Atlético ha imposto un ritmo alto macinando palloni su palloni: a partire dalla coppia Paulo Assunção-Raúl García, non esaltante quanto a immaginazione ma efficientissima (l'ex Osasuna specialmente firma un partitone), passando per un Agüero molto attivo e brillante e per le intelligenti sovrapposizioni di un ottimo Ujfalusi sulla destra (mai impiegato fino a ieri da terzino, quello che in Italia era il suo ruolo), ha invaso la metacampo avversaria costruendo numerose occasioni. Il gol arriva nella maniera più ingiusta (rigore trasformato da Forlán dopo tuffo di Agüero; non nuovo a queste prodezze il Kun, che da buon calciatore argentino purtroppo ne va pure fiero), ma è pienamente meritato.
Dall'altra parte il Valencia può pure reclamare per un fuorigioco inesistente che annulla l'azione del potenziale 1-1 di Mata, ma la squadra di Emery non c'è proprio. Scialba, priva d'anima e d'identità, scollata fra centrocampo e attacca e in difficoltà nella propria area (incerto Maduro centrale, visibilmente a disagio Alexis terzino sinistro d'emergenza). L'assenza di Silva pesa tantissimo: senza il genio canario, Emery passa dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Edu e Baraja, mezzeali designate, non legano con l'attacco e non alzano mai il ritmo, così Pablo Hernández (inconsistente), Villa (abbandonato) e Mata (spuntato) si trovano costretti a mendicare qualche episodio estemporaneo. Che non arriva in tutta la ripresa, anzi sono Simão e Forlán (non entusiasmante la partita dell'uruguagio) a fallire occasioni ghiottissime per arrotondare il risultato.
Etichette: Atlético Madrid, Liga, Valencia
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