domenica, maggio 03, 2009

TRENTAQUATTRESIMA GIORNATA: Real Madrid-Barcelona 2-6.

MARCATORI: Higuaín (R); Henry (B); Puyol (B); Messi (B); Sergio Ramos (R); Henry (B); Messi (B); Piqué (B).

“No podemos renunciar a lo que hemos sido durante el año. Quiero que cuando volvamos del Bernabéu, hayamos sido nosotros". Non rinunciare alla propria identità, essere se stessi, era questo ciò che chiedeva Pep Guardiola ai suoi giocatori prima del Clásico, di andare oltre un contesto ambientale che spingeva forte per la vittoria madridista, con le rimonte epiche, col Barça affaticato sui tre fronti, con la psicosi da rimonta… Essere sé stessi, nient’altro, giocare a calcio, imporre una superiorità di mesi e mesi che sarebbe stato il colmo dell’illogicità smentire in soli 90 minuti.
Fine dei giochi: il Barça è stato talmente sé stesso che esce dal Bernabeu con un risultato e una prestazione che fanno la storia, che consegnano praticamente il campionato ai blaugrana, autori di 100 reti (100!) nelle 34 partite di Liga fin qui disputate. Andrà come andrà mercoledì la difficilissima sfida col Chelsea, la sensazione è che questa partita possa rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo per il Barça.
L’aspetto più rimarchevole di questi novanta minuti non è stata tanto la facilità con la quale il Barça ha affondato i colpi al cospetto di un Real Madrid come sempre inesistente dal punto di vista collettivo, ma la risposta mentale degli uomini di Guardiola, l’autorevolezza con la quale hanno reagito allo svantaggio e dato il via alla loro esibizione. Non era molto preventivabile di questi tempi: se si considera che le motivazioni della vigilia, “la fame”, dovevano essere in teoria dalla parte del Madrid, e se si pensa che il momentaneo svantaggio poteva ancora di più mettere il vento in poppa ai merengues e attivare dall’altra parte la psicosi da rimonta culé.
Nulla di tutto questo: rimboccandosi le maniche, ragionando e cercando le geometrie giuste senza farsi prendere dall’ansia, gli ospiti hanno preso con convinzione la strada del gioco, dando alla gara un senso unico, fino a farla diventare un allenamento.

“Questa gara e quella col Liverpool hanno evidenziato il reale livello della mia squadra” l’onestà di Juande Ramos conferma una teoria che aspettava soltanto la dura verifica dei fatti. Non depone a favore del livello di questa Liga il fatto che una non-squadra come questo Madrid mantenga una media-punti quasi da record, che in condizioni normali (senza il SuperBarça) le avrebbe fruttato addirittura il primo posto.
Il Real Madrid è una non-squadra che per mesi si è sostenuta sul livello delle individualità difensive, sugli episodi offensivi e sul carattere. È bastato contro la maggior parte delle avversarie della Liga, ma l’asino ha fatto un tonfo sonoro quando di fronte si son posti i colossi del calcio europeo, Liverpool e Barça, capaci di attaccare in blocco e quindi di evidenziare tutta la disorganizzazione e l’improvvisazione madridista.
È il discorso di sempre, quello della squadra spezzata in due, con una differenza: la gara di ieri il Madrid l’ha impostata all’attacco, ha rischiato la difesa altissima, e senza coperture adeguate, senza sincronismi e distanze giuste fra i reparti, questo si è tradotto nella mattanza che tutti abbiamo visto.
Juande Ramos era partito con una strategia ultra-aggressiva, comprensibilissima: non lasciar respirare, non lasciar pensare il Barça, metterla non sul piano della manovra ma optare per un gioco molto diretto. Lass e Gago seguono quasi a uomo Iniesta e Xavi, la linea difensiva accorcia e pressa altissima, e l’azione offensiva si basa su concetti elementari ma applicati con grande vigore e determinazione. O palla lunga subito su Raúl e Higuaín, aggredendo le “seconde palle”, oppure palla a Robben per l’azione individuale.
Il piano funziona per i primi 10-15 minuti: il Barça prova qualche tiro in porta, ma il ritmo è quello desiderato dal Madrid, senza pause. A questo si aggiungono le vistose difficoltà del Barça nel proprio lato debole, la fascia sinistra: Abidal non riceve l’aiuto né di Iniesta né di Henry, è in balia di Robben e anzi va pure in inferiorità numerica quando si sovrappone Ramos. Proprio da una splendida percussione di Tarzan nasce il vantaggio, firmato di testa da un Higuaín abbandonato a centro area da Puyol (Piqué prende Raúl, è il capitano a non fare il proprio dovere).
Il problema però è che, una volta passato in vantaggio, il Madrid non si adatta alle rinnovate circostanze: continua a rischiare la strategia ultra-aggressiva credendo di poter dare il colpo di grazia a un Barça ritenuto barcollante, ma questa non si dimostra una scelta giusta. La grinta, la foga di inizio partita, si trasformano in precipitazione e ingenuità. Invece che ripiegare e cercare di intasare la propria metacampo, di rallentare e spezzettare l’azione blaugrana, il Real Madrid continua a giocarsela a tutto campo, lasciando al Barça gli spazi nei quali affermare la propria superiorità tecnica.
Ai giocatori merengues scoppiano i polmoni da quanto rincorrono avversario e pallone, ma sono corse sommamente inutili, perché il pressing individuale serve solo a perdere energie mentre l’avversario fa girare palla come vuole. Mancano le distanze fra i reparti, manca organizzazione, e così i palleggiatori del Barça hanno tutto il tempo per scegliere la migliore opzione.
La mossa vincente di Guardiola è l’uomo smarcato tra le linee, ancora una volta. Lo avevamo già commentato nelle gare contro Getafe e Sevilla: il 4-3-3 di Guardiola è in realtà molto più “ibrido” di quello di Rijkaard. Spesso un giocatore dalla fascia si accentra e rimane sulla trequarti, introducendo un dubbio nel sistema difensivo avversario. Messi dopo pochi minuti lascia la fascia destra ad Eto’o e costruisce la superiorità numerica decisiva sulla trequarti per il Barça. Col Madrid che non si chiude non c’è bisogno di aggirare e cercare le fasce, basta far funzionare quei triangoli al centro che danno il colpo di grazie al fragile sistema difensivo madridista: Messi fa da “esca”, da vertice alto di un rombo stabilisce una connessione con Xavi e Iniesta che mette in minoranza Lass e Gago, quindi attira l’uscita dei difensori madridisti.
Il Madrid è sempre troppo lungo, i difensori escono ad accorciare ma sempre in ritardo, e così i giocatori del Barça possono sempre servire il passaggio filtrante che “a palla scoperta”, fa a pezzi la difesa alta madridista.
Con Messi che arretra sulla trequarti, sono Eto’o e soprattutto Henry a cercare la profondità tagliando dalle fasce: proprio l’asse Messi-Henry costruisce l’immediato pareggio. Henry scatenato anche palla al piede, forza un fallo di Cannavaro vicino alla linea di fondo: sulla successiva punizione la difesa madridista casca in pieno nel blocco a centro area che smarca Puyol permettendogli di incornare il cross di Xavi in tutta comodità.
Si rompono gli argini, il Barça va col pilota automatico, spreca di tutto, con Messi in particolare, fino a quando proprio Messi non firma l’1-3, una fuga solitaria conclusa con un esterno verso il secondo palo, sfruttando una palla rubata da Xavi in pressing alto su Lassana Diarra.
Inutile estendersi nella cronaca della ripresa: il risultato vacilla soltanto quando il Barça evidenzia uno dei suoi punti deboli conclamati (col Chelsea sarà una sofferenza infernale), incassando il secondo gol su palla inattiva (Sergio Ramos incustodito nell’area piccola sulla punizione dalla destra di Robben), ma prontamente Xavi e di nuovo Henry infilano la groviera madridista, poi ancora Xavi e Messi vanno giù pesante nel quinto gol, e infine Piqué completa la scandalosa goleada.


REAL MADRID (4-4-2)

Casillas: Non si può contenere una valanga con una rete per farfalle, evidentemente. Fa quello che può, ferma due volte Messi (che a dire il vero gli tira un po’ addosso) e una Eto’o (bell’intervento) nel primo tempo, per il resto deve appellarsi alla grazia divina. Voto: 6,5.
Sergio Ramos: La sua partita ha due volti, ma il saldo a conti fatti è decisamente negativo. In attacco si fa vedere, aiuta Robben, ispira l’1-0 con una grande azione, segna pure, ma dietro è un colabrodo. Tiene in gioco Henry e fa una figuraccia sul primo gol, conferma le sue lacune tattiche (difensore attirato eccessivamente dal pallone, si fa prendere alle spalle). Voto: 5,5. (dal 71’ Van der Vaart: cambio poco comprensibile. S.V.)
Cannavaro: In ovvio imbarazzo, non prende mai il tempo agli attaccanti avversari, va sempre a rimorchio, ed è pure ingenuo nel concedere la punizione da cui nasce il secondo gol blaugrana. Voto: 5.
Metzelder: Sia lui che Cannavaro non accorciano coi tempi giusti verso il centrocampo, e si espongono alle migliaia di verticalizzazioni blaugrana. Il tedesco poi soffre parecchio l’uno contro uno, vista la differenza di passo degli avversari che arrivano da tutte le parti. Voto: 5.
Heinze: Chiamato poco in causa, perché il Barça attacca sempre al centro, è inesistente come al solito in fase offensiva, e piuttosto debole quelle rare volte in cui le azioni offensive del Barça lo coinvolgono (tiene pure in gioco Henry sull’1-4). Voto: 5.
Robben: La sola arma del Madrid, e dire che degli undici era quello con la salute precaria. I suoi uno contro uno sono l’unica via per fare male al Barça, poi è chiaro che quando pallone e risultato vanno tutti dall’altra parte, anche per lui c’è poco da fare. Voto: 6,5. (dal 79’ Javi García: S.V.)
Lassana Diarra: Esemplifica al meglio ciò che si è detto sul Madrid in generale: il pressing individuale non serve a nulla. Lui ce la mette tutta, avrebbe come nessuno le carte per contrastare Iniesta, sul piano atletico e tattico, ma se appena ti avvicini per contrastare il tuo avversario questi ha minimo due compagni smarcati cui passarla… Inevitabilmente finisce in mezzo al torello, per il dono dell’ubiquità si deve ancora attrezzare. Poi sbanda quando si fa rubare palla da Xavi sull’1-3. Voto: 5,5.
Gago: Vaga senza una meta, dopo una fase buona fra fine 2008 e inizio 2009 è tornato a trasmettere una sensazione di totale insicurezza. Corre a vuoto, non trova la posizione, non mette mai ordine, ansioso e impreciso quando deve giocare la palla. Voto: 4,5.
Marcelo: Fuori partita, perché il Real Madrid non attiva mai la sua fascia e perché non offre un contributo rilevante in entrambe le fasi. Impalpabile. Voto: 5. (dal 59’ Huntelaar: se li sarebbe volentieri risparmiati questi minuti. Certo, dargli spazio al posto di Heinze invece che Marcelo era la fine del mondo? S.V.)
Raúl: Nullo, del tutto inutile, in fase offensiva non ne becca una, in quella difensiva non aiuta nemmeno su Touré, cosa che da lui ci si sarebbe aspettato. Voto: 4,5.
Higuaín: Prova a creare difficoltà al Barça coi suoi movimenti, ora venendo incontro fra le linee ora cercando la profondità per allungare la difesa avversaria, trova pure il gol, ma la sua partita finisce quando inizia quella del Barça. Voto: 6.

In panchina: Dudek; Torres, Drenthe, Faubert, Saviola.


BARCELONA (4-3-3)

Valdés: Non viene impegnato mai oltre ai due gol, su cui non può fare nulla. Voto: 6.
Daniel Alves: Ha un ruolo insolitamente minore in questa partita, perché la sua squadra non ha bisogno di allargare il gioco, tutto quello che serve lo trova al centro. Ottimo comunque un ribaltamento palla al piede che nel primo tempo smarca Messi per uno dei gol mangiati dall’argentino. Quelle volte che deve sovrapporsi, si fa trovare pronto. Voto: 6,5.
Piqué: Sempre più impressionante. Gioca con una sicurezza che cresce di partita in partita, con un piazzamento eccellente, nervi saldi (più di Puyol) nel faccia a faccia con gli attaccanti, e autorevolezza palla al piede. Il gol (tra l’altro segnato con un’intuizione da bomber consumato) è il degno coronamento della sua partita. Voto: 7,5.
Puyol: Non esente da sbavature, come quella che regala il primo gol al Madrid, si fa perdonare col gol-chiave dell’1-2 e gioca comunque una partita gagliarda, spesso in aiuto ad Abidal, con interventi non sempre pulitissimi ma decisi e nella maggior parte dei casi efficaci. Voto: 6,5.
Abidal: Il punto debole, non solo per colpa sua. Iniesta e Henry lo abbandonano in ripiegamento, e lui si trova esposto a situazioni di inferiorità numerica contro Robben e Ramos o comunque a uno contro uno da manicomio con l’olandese. Di Robben non lo manda in tilt la velocità, perché da quel punto di vista può competere, ma l’imprevedibilità nel dribbling (andrà a destra o a sinistra?) e la rapidità con cui muove il pallone. Quando la sua squadra prende pieno possesso del match, vengono meno le difficoltà anche per lui. Voto: 5,5.
Xavi: Maestoso, col Madrid fratturato sale in cattedra ed entra in maniera pesante in quasi tutti i gol (tre assist). Addormenta il gioco, mette in cassaforte il pallone, attende l’avversario e lo manda a vuoto con movimenti in controtempo e piroette, alza la testa, aspetta l’opzione giusta e disegna verticalizzazioni da maestro. Imbarazzante la figura che fa fare a Gago sull’1-5: più che un calciatore, un torero. Voto: 8.
Touré: Non è chiamato a grossi sacrifici difensivi perché il Madrid attacca poco e non lo obbliga a coperture particolari. Resta davanti alla difesa, fa sentire il fisico e gioca semplice. Voto: 6 (dall’85’ Busquets: S.V.).
Iniesta: Straordinario come sempre, il controllo di palla lo avvantaggia su tutti, sfonda le linee avversarie con facilità e ruba sempre quel secondo decisivo all’avversario, per combinare nello stretto o penetrare palla al piede. Grande società con Messi, è però troppo poco cattivo al momento di concludere le azioni. Voto: 7,5 (dall’ 85’Bojan: S.V.).
Messi: Spalanca la partita al Barça piazzandosi in zona centrale fra centrocampo e difesa del Madrid. Porta il pallone dove vuole, la mette dove vuole ma potrebbe anche metterla di più in fondo al sacco. Stabilisce un filo continuo coi centrocampisti, dialoga alla grande (quanto è migliorato rispetto agli anni scorsi: prima era il solista più forte al mondo, ora è il “giocatore” migliore del mondo), ma in due occasioni nel primo tempo sparacchia malamente sul portiere. Vabbè, comunque una doppietta l’ha fatta. Voto: 7,5.
Eto’o: Si sacrifica, la partita non passa da lui, ma da Messi. Lascia la zona centrale all’argentino, si allarga a destra da dove non partecipa eccessivamente al gioco ma non compromette nulla. Cerca qualche taglio per andare alla conclusione, ma non è sufficientemente, freddo, preciso e svelto. Voto: 6.
Henry: La sua presenza era in dubbio alla vigilia per degli acciacchi, e alla fine è stato uno dei mattatori. Distrugge la difesa alta madridista una volta sì e l’altra pure, scattando coi tempi giusti e con un passo imprendibile. Pure palla al piede sembra quasi di rivedere il giocatore dell’Arsenal: si porta avanti il pallone e quando l’avversario si fa sotto lo tocca avanti, fuori dalla sua portata, sprigionando una velocità e una classe incontenibili. Voto: 8 (dal 62’ Keita: entra per dare respiro ad Henry e amministrare il vantaggio. S.V.).

In panchina: Jorquera; Cáceres, Sylvinho, Gudjohnsen, Hleb.

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3 Comments:

Anonymous Edo14 said...

Toh, non vedo commenti di mandrillisti, chissa perché ;) Scherzo ragazzi, capisco che sia dura dopo una batosta del genere e non immagino per me un futuro molto differente in vista della finale di Copa...

La tua analisi è perfetta, Vale. Pure io non ho capito per quale motivo il Real abbia continuato a giocare a ritmi altissimi e con molti spazi scoperti dopo l'1-0...secondo logica, le merengues avrebbero dovuto arretrare a protezione della difesa e cercare poi l'azione di rimessa, nella quale peraltro eccellono, invece non l'hanno fatto, chissà come mai. Non ho poi capito l'esclusione di Huntelaar: era così peregrino arretrare Raul a centrocampo e mettere Marcelo al posto di Heinze? In partite del genere basta anche una palla sporca e rinunciare a un killer dell'area piccola come Klaas-Jan mi è sembrato quantomeno masochistico.

L'hai sottolineato nel tuo pezzo, io l'ho pensato dopo il gol di Ramos: quanto soffrirete mercoledì sulle palle alte... Senza Marques, la difesa blaugrana lascia troppi spazi alle torri altrui e, in generale, palesa una carenza nelle marcature preoccupante. L'assenza del messicano è l'unica cosa che mi conforta in vista del 13 maggio :D

Ti ho mandato una mail Valentino, a presto.

6:46 PM  
Blogger Francesco said...

Bella partita. Ancora una volta, Valentino, hai sbagliato la previsione sul risultato, ma te la passo perchè un sei a uno difficilmente si poteva azzeccare :P A me sembra che il Madrid abbia fatto la partita che doveva fare solo nel primo quarto d'ora, poi dopo il goal è come se avesse voluto giocarsela alla pari con il Barcellona, e lì, con tutti quegli spazi, chiaramente il maggior talento dei blaugrana è venuto fuori. Sembrava davvero ci fossero due squadre di categoria differenti, una di prima divisione, una di seconda/terza, con il Barca che faceva quello che voleva. Non so se l'impiego di Huntelaar avrebbe risolto il problema, ma in definitiva, oltre all'abisso tecnico, mi sembra che Juande abbia sbagliato molto nella gestione della partita. Ma...Raùl?

E adesso, occhio al Chelsea: quella è una squadra molto, molto più tosta e con più talento di questo Real, costruita su un'ossatura solida e molto fisica e debordante. Sarà un match potenza contro tecnica allo stato puro, vedremo chi la spunterà alla fine. Pronostici? :P

9:11 PM  
Anonymous Hincha Madridista said...

Scusate il ritardo ma solo stasera ho letto il post di Valentino.
Che dire: ho rivisto la staessa partita non giocata a Liverpool con la squadra timorosa ed incapace di imbastrire un minimo di gioco, difesa lenta e sempre in diffcoltà con i blau che arrivano al limite dell'area con 2 o 3 alternative per i passaggi. Metzelder in chiara difficoltà per il passo diverso dei blaugrana, incosistenti 2 argentini su 3 (perchè insistere su Heinze?) e poi perchè prender eun sostituto di van Nistelrooy per fargli vedere il campo col contagocce? Come già dettto altre volte questa nuova sconfitta non è colpa ovviamente del tecnico ma di una squadra che a partire dal I regno di Florentino ha iniziato a soffrire di masochismo: giocatori acquistati senza un progetto alle spalle, allenatori bruciati come fiammiferi, nessun progetto serio legato ad un tecnico. Si pretende che si vinca subito senza dare ai tecnici tempo e giocatori: il Madrid si trova in una delicata fase di transizione con alcune vecchie glorie da smobilitare e giovani campioni che però si perdono nel marasma generale (si veda Sneijder e van der Vaart ma anche Drenthe e temo Huntelaar).
Il nuovo presidente dovrà nuovamente spendere ma questa volta con oculattezza nei ruoli in cui il Madrid è più debole e cercando di costruire un progetto pluri-ennale: non si vincerà subito, pazienza, ma com dimostra il calcio inglese è la programmazione che alla lunga paga. L'improvvisazione del Madrid fa divertire ormai un pò troppo spesso i tifosi, delle altre squadre.
PS: eh mercoledì vamos Chelsea! Anelka si ricordi dov'era nella stagione 1999-2000 :)

10:56 PM  

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