giovedì, maggio 14, 2009

El Rei de copes.

Il Barça è campione di Coppa del Re, oggi e nella storia. Con ieri sono venticinque, scavalcato proprio l’Athletic a 23+1 (la famosa “Copa de la Coronación” del 1902, antesignana non riconosciuta dell’attuale Copa del Rey), nella finale più finale che questa competizione storicamente potesse avere.
Verdetto un po’ingeneroso nelle dimensioni verso l’Athletic e la sua spettacolare tifoseria (due macchie però: i fischi assordanti durante l’inno spagnolo, peraltro ampiamente preventivabili da parte di entrambe le tifoserie, e la lattina che ha colpito in testa Alves, ma anche qui vanno applauditi quei tifosi baschi che prontamente isolano e segnalano alla polizia il colpevole), ma che rispecchia appieno il divario fra le due squadre.
Si pensava che l’eccezionalità dell’evento e l’orgoglio dell’Athletic(che appartiene alla realtà ancor più che alla retorica) potessero equilibrare la sfida e magari favorire la sorpresa, ma la sensazione è durata solo una mezzora, fino al pareggio di Touré.
Alla lunga ha prevalso inesorabilmente la qualità blaugrana e l’Athletic, incapace di ribattere colpo su colpo, ha finito col non reggere lo stress di una partita giocata quasi interamente nella propria metacampo e in fase di non possesso.

L’Athletic prevale in avvio, approccio nettamente più determinato quello degli uomini di Caparrós, che schiera il mancino Yeste a destra e David López a sinistra. Guardiola ripete l’esperimento Touré centrale, spostando Puyol sulla sinistra; come previsto Bojan (centro) e Eto’o (sinistra) accompagnano Messi in attacco.
Aggressività e voglia di giocarsela con le proprie armi anche nella metacampo avversaria, i primi 10 minuti dell’Athletic sono eccellenti: non solo si chiude a riccio ma manovra cercando di evidenziare i punti deboli nello schieramento del Barça. Esemplare l’azione che precede il gol zurigorri: Caparrós decide di concentrare le proprie migliori fonti di gioco sulla destra, pensando con Iraola e Yeste di attaccare quello che non a torto ritiene il lato più debole del Barça. Iraola porta palla e si sovrappone permettendo a Yeste di accentrarsi, Eto’o non ripiega, Keita deve allargarsi per aiutare Puyol lasciando uno spazio al centro nel quale si inserisce Javi Martínez che impegna Pinto in calcio d’angolo. Calcio d’angolo, quindi terrore nelle file blaugrana: come volevasi dimostrare, Toquero salta fra Keita e Xavi, morbidissimi, e scatena il delirio.
Il Barça non trova il passo, l’Athletic pressa a partire dagli attaccanti (commovente Toquero, interessante poi il dettaglio tattico di Caparrós, che manda i due attaccanti a pressare i difensori avversari direttamente sul calcio dal fondo, in modo da forzare il rinvio lungo di Pinto e far valere la superiorità sulle palle alte a metacampo) e gioca con le maglie molto strette sia in difesa che a centrocampo. Yeste e David López si aggiungono al centro ancor più che presidiare le fasce, per garantire la superiorità numerica su Busquets-Xavi-Keita; la linea difensiva è molto concentrata, pronta nell’accorciare, coi giocatori ravvicinati e pronti a darsi la copertura reciproca, mentre Koikili segue Messi a uomo, attentissimo a non farlo girare.
Ma quello che succede è che col passare dei minuti l’Athletic arretra eccessivamente, fino a impostare una resistenza assolutamente insostenibile lungo tutti i 90 minuti. Llorente sprofonda ben oltre il cerchio di centrocampo, isolando Toquero. L’Athletic rimane senza la capacità di far salire la squadra di Fernandote, e comunque i metri da percorrere fino alla porta di Pinto sono un’enormità, ancora di più per Toquero che non ha né la qualità né il passo per fare davvero male (però Gaizka, il “Quasi-eroe” per caso, procura un buon giallo a Touré). Al Barça si fa male solo se lo si costringe ANCHE a guardarsi alle spalle, ma la difesa dell’Athletic sparacchia tutti i palloni e la squadra non ha proprio modo di ripartire e distendersi (Yeste a questo punto c’è ma è come se non ci fosse, non per colpa sua: forse a quel punto si poteva spostare Fran davanti alla difesa per raccogliere il pallone e rilanciare assieme a Orbaiz, ma sono considerazioni a posteriori che lasciano il tempo che trovano).
Così succede che anche il Barça imbavagliato dei primi minuti una continuità di gioco la acquista per forza, volente o nolente: se Piqué e Touré recuperano e rigiocano senza disturbo tutti i palloni che passano per la linea di metacampo, la partita per quelli in maglia biancorossa si fa davvero troppo lunga.
Barça che comunque manca di fluidità e fatica ad allargare il gioco: a destra Messi è in gabbia mentre Alves conferma la scarsa forma di questo finale di stagione (non dà profondità, non sorprende sovrapponendosi senza palla), mentre a sinistra le risorse sono scarse, conseguenza arcinota delle assenze di Henry e Iniesta. Per un Keita che gioca una partita tatticamente intelligentissima, allargandosi e offrendo sempre una soluzione buona al portatore di palla (uno dei più in forma in questo periodo il maliano: attenzione alla possibile sorpresa per Roma, e cioè un suo utilizzo da terzino sinistro qualora tornassero disponibili in tempo sia Henry che Iniesta), c’è un Puyol che non può dare spinta e un Eto’o che non ha le caratteristiche di Henry e tende più a pestarsi i piedi con Bojan che ad aprire il campo.
Comunque, con l’Athletic sprofondato, i blaugrana hanno tutto il tempo e le individualità dalla loro: in mancanza di manovra corale, è proprio un’azione personale a sbloccare la rimonta. Touré da manuale: si è sempre sottolineato l’analfabetismo tattico delle sue iniziative palla al piede, ma si è anche rilevato l’effetto-sorpresa delle stesse, ed ecco il gol di ieri. Improvvisazione fuori copione, ma decisiva: con tutti i compagni marcati, l’ivoriano parte in slalom e piazza un destro da fuori che, leggermente deviato da Amorebieta, sorprende Iraizoz sul primo palo.
Roba da impiccagione nel caso venisse tentata contro il Manchester United, ma che lascia il segno in una partita in cui l’Athletic ha impegnato pochissimo Yaya, rendendone del tutto ingiudicabile la prestazione difensiva in chiave finale di Champions.
A questo punto anche l’effetto psicologico passa dalla parte catalana, e mixato con la fatica che per i baschi implica il dover costantemente correre dietro il pallone, fa scoppiare la partita. È nella ripresa che, in pochi minuti, il Barça legittima la propria superiorità: l’Athletic per un fatto fisiologico allarga le maglie, e Messi trova campo. Spostatosi in zona centrale (Koikili non lo segue per non rischiare di lasciare sguarnita la propria zona), la Pulga ha spazio per le proprie percussioni sulla trequarti che squarciano la difesa dell’Atlético: segna il gol del 2-1, poi ispira il 3-1 di Bojan (fin lì da censura il bimbo: c’è poco da fare, al di là del gran colpo da biliardo del suo gol non regge ancora il confronto fisico coi difensori avversari e nemmeno la tensione psicologica di partite come questa), infine procura la punizione pennellata quasi all’incrocio dal Maestro Xavi.
Chiusura anticipata, spazio ai comprimari, e grande manifestazione di sportività e amore per i propri colori della tifoseria dell’Athletic Bilbao. Questo lo avrà apprezzato anche Juan Carlos.

Athletic 1 - Barcelona 4

Athletic Club (4-4-2): Iraizoz 6; Iraola 6,5, Aitor Ocio 6, Amorebieta 6,5, Koikili 6,5; Yeste 6, Javi Martínez 6, Orbaiz 6(Etxeberría s.v., m.61), David López 5,5(Susaeta s.v., m.56); Toquero 6,5(Ion Vélez s.v., m.61), Llorente 5,5.
Barcelona (4-3-3): Pinto 6; Dani Alves 6, Touré Yayá 6,5(Sylvinho s.v., m.89), Piqué 6, Puyol 6; Xavi 7(Pedro s.v., m.88), Busquets 6, Keita 7; Messi 7, Bojan 6,5(Hleb s.v., m.84),Eto’o 5,5.

Goles: 1-0, m.9: Toquero. 1-1,m.32: Touré Yayá. 1-2,m.55: Messi. 1-3, m.57: Bojan. 1-4,m.64: Xavi
Árbitro: Luis Medina Cantalejo (comité andaluz). Amonestó por el Athletic de Bilbao a David López (m.31) y Koikili (m.36) y por el Barcelona a Touré Yayá (m.22), Messi (m.50) y Keita (m.50). Incidencias: partido final de la Copa del Rey disputado en el estadio de Mestalla ante 50.000 espectadores llegados de Bilbao y Barcelona con mayor presencia de seguidores del conjunto vasco. Terreno de juego en buenas condiciones.

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