Promossi senza lode.
Routine vincente intatta, semifinale assicurata ma qualche passo indietro sul piano del gioco. Troppo compassata e monotona nel primo tempo, la Spagna forza la disciplinata ma certo non trascendentale resistenza irachena (…ops…) dopo solo un’ora scarsa grazie a Villa.
Del Bosque gioca il turnover, inserendo rispetto all’esordio Cazorla e Mata (debutto assoluto dal primo minuto) e cambiando la coppia di difensori centrali, da Puyol-Albiol a Piqué-Marchena. Con Cesc in panchina acciaccato, ne viene fuori un 4-4-2 classico, simmetrico, due centrali (Xabi Alonso-Xavi) e due esterni di ruolo a centrocampo.
Un cambio che non beneficia la Spagna. Il dominio è fuori discussione perché l’Iraq recupera palla talmente dietro e ha così poca qualità nel rilanciare l’azione (interessante però il regista Akram) che la partita è forzatamente blindata in una sola metacampo (e quindi destinata alla lunga ad un solo esito), ma la Roja non trova gli sbocchi tipici del suo gioco.
Ammetto di essermi schierato fra gli scettici prima dell’Europeo di fronte alla carenza di esterni di ruolo, ma la realtà attuale indica che la Spagna i suoi migliori equilibri li trova proprio attraverso la coesistenza di molti palleggiatori con tendenza ad accentrarsi. Indipendentemente dall’utilizzo o meno delle due punte, la Spagna costruisce solitamente la propria superiorità associando minimo tre centrocampisti centrali (a scelta fra Xabi Alonso, Xavi, Cesc e l’assente Senna) e un esterno/trequartista (Silva o l’altro assente di lusso Iniesta), un quadrilatero estremamente mobile che prende in mezzo il centrocampo avversario liberando gli spazi ora sugli esterni ora fra le linee.
È di Cesc e Silva in particolare che si sente la mancanza: Cazorla si dà un gran daffare e prova anche ad accentrarsi, ma Villa e Torres rimangono un po’statici e schiacciati sulla linea difensiva avversaria, mentre Mata offre un apporto limitato: la difesa irachena, bassissima, non gli concede la profondità per i suoi proverbiali tagli senza palla, così resta largo, senza incidere data la sua scarsa abitudine al dribbling secco e anche per la scarsa collaborazione alla manovra del centrocampo (rispetto invece a un Riera molto intelligente a stringere verso il centro nella gara d’esordio).
Perciò a Xabi Alonso e a Xavi manca un appoggio fra le linee, e la manovra si fa eccessivamente piatta e orizzontale. Palla da un lato all’altro e cross dalla fascia: copione ripetitivo e sterile, non è questo il calcio ideale della Spagna, e perdipiù lo inficia una certa sufficienza che gli uomini di Del Bosque mostrano durante un primo tempo dalle pochissime occasioni.
La ripresa non riserva rivoluzioni radicali nel gioco, ma l’attitudine della Spagna cambia, si fa più convinta e aggressiva, più all’altezza insomma. Un po’meno tocchi, meno conduzioni palla al piede, un po’più ritmo e dinamismo, Villa più mobile fra le linee. Così si possono creare le situazioni di superiorità numerica, come la sovrapposizione fra Mata e Capdevila (ancora lui, in gran forma) dalla quale nasce il gol di Villa, che a centro area beneficia della marcatura a vista che i difensori iracheni hanno evidentemente mutuato da quelli neozelandesi.
L’indicazione offerta da questa gara è chiara: la Spagna non può prescindere da quel suo centrocampo folto e asimmetrico tanto atipico. La formazione di stasera può andare come esperimento, ma non coi pesi massimi come Brasile e Italia.
España: Iker Casillas; Sergio Ramos, Marchena, Piqué, Capdevila; Xabi Alonso, Xavi (Busquets, m.80), Cazorla (Silva, m.66), Mata; Fernando Torres, Villa (Guiza, m.74).
Del Bosque gioca il turnover, inserendo rispetto all’esordio Cazorla e Mata (debutto assoluto dal primo minuto) e cambiando la coppia di difensori centrali, da Puyol-Albiol a Piqué-Marchena. Con Cesc in panchina acciaccato, ne viene fuori un 4-4-2 classico, simmetrico, due centrali (Xabi Alonso-Xavi) e due esterni di ruolo a centrocampo.
Un cambio che non beneficia la Spagna. Il dominio è fuori discussione perché l’Iraq recupera palla talmente dietro e ha così poca qualità nel rilanciare l’azione (interessante però il regista Akram) che la partita è forzatamente blindata in una sola metacampo (e quindi destinata alla lunga ad un solo esito), ma la Roja non trova gli sbocchi tipici del suo gioco.
Ammetto di essermi schierato fra gli scettici prima dell’Europeo di fronte alla carenza di esterni di ruolo, ma la realtà attuale indica che la Spagna i suoi migliori equilibri li trova proprio attraverso la coesistenza di molti palleggiatori con tendenza ad accentrarsi. Indipendentemente dall’utilizzo o meno delle due punte, la Spagna costruisce solitamente la propria superiorità associando minimo tre centrocampisti centrali (a scelta fra Xabi Alonso, Xavi, Cesc e l’assente Senna) e un esterno/trequartista (Silva o l’altro assente di lusso Iniesta), un quadrilatero estremamente mobile che prende in mezzo il centrocampo avversario liberando gli spazi ora sugli esterni ora fra le linee.
È di Cesc e Silva in particolare che si sente la mancanza: Cazorla si dà un gran daffare e prova anche ad accentrarsi, ma Villa e Torres rimangono un po’statici e schiacciati sulla linea difensiva avversaria, mentre Mata offre un apporto limitato: la difesa irachena, bassissima, non gli concede la profondità per i suoi proverbiali tagli senza palla, così resta largo, senza incidere data la sua scarsa abitudine al dribbling secco e anche per la scarsa collaborazione alla manovra del centrocampo (rispetto invece a un Riera molto intelligente a stringere verso il centro nella gara d’esordio).
Perciò a Xabi Alonso e a Xavi manca un appoggio fra le linee, e la manovra si fa eccessivamente piatta e orizzontale. Palla da un lato all’altro e cross dalla fascia: copione ripetitivo e sterile, non è questo il calcio ideale della Spagna, e perdipiù lo inficia una certa sufficienza che gli uomini di Del Bosque mostrano durante un primo tempo dalle pochissime occasioni.
La ripresa non riserva rivoluzioni radicali nel gioco, ma l’attitudine della Spagna cambia, si fa più convinta e aggressiva, più all’altezza insomma. Un po’meno tocchi, meno conduzioni palla al piede, un po’più ritmo e dinamismo, Villa più mobile fra le linee. Così si possono creare le situazioni di superiorità numerica, come la sovrapposizione fra Mata e Capdevila (ancora lui, in gran forma) dalla quale nasce il gol di Villa, che a centro area beneficia della marcatura a vista che i difensori iracheni hanno evidentemente mutuato da quelli neozelandesi.
L’indicazione offerta da questa gara è chiara: la Spagna non può prescindere da quel suo centrocampo folto e asimmetrico tanto atipico. La formazione di stasera può andare come esperimento, ma non coi pesi massimi come Brasile e Italia.
España: Iker Casillas; Sergio Ramos, Marchena, Piqué, Capdevila; Xabi Alonso, Xavi (Busquets, m.80), Cazorla (Silva, m.66), Mata; Fernando Torres, Villa (Guiza, m.74).
Irak: Mohammed Kassid; Salam Shaker, Mohammed Ali, Fareed, Ali Hussein, Basem Abbas; Muayad Khalid, Nashat Akram, Samer Saeed (Kareem, m.59), Hawar Mulla (Karrar Jasim, m.69); Alaa Abdul (Mahmoud, m.79).
Gol: 1-0, m.55: Villa.
Arbitro: Matthew Breeze (AUS). Mostró cartulinas amarillas a Xabi Alonso (36), Marchena (52) por España, y a Basem Abbas (28) por Irak.
Incidencias: encuentro correspondiente a la segunda jornada del Grupo A de la Copa Confederaciones, disputado en el Free State Stadium de Bloemfontein ante la presencia de 28.000 espectadores.
Etichette: Confederations Cup 2009, Seleccion
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