Quale attacco per il Madrid?
Davanti a una rosa oceanica e multimilionaria, a tutti gli allenatori subentra l’imbarazzo della scelta. Imbarazzo cui nel caso di Pellegrini si aggiunge la pressione dei risultati.
Inutile raccontarci storie, finora con qualunque formula tattica e con qualunque undici di partenza, il Real Madrid non ha funzionato: non funziona ancora l’intesa fra i giocatori, non funzionano quei movimenti che, diventando automatismi, possono dare l’equilibrio a una squadra in entrambe le fasi.
In quella offensiva il Madrid non occupa gli spazi in maniera razionale: si porta troppo palla e con troppi giocatori in zona centrale (discorso che non ha nulla a che vedere con l’assenza di specialisti di fascia: anche il Villarreal non li aveva, eppure sfruttava il campo in ampiezza), mentre a palla persa, anche per il disordine della manovra, la squadra tende a spezzarsi facilmente in due tronconi, e recuperare palla diventa un’impresa.
La costruzione di equilibri solidi non dipenderà ma potrà passare anche per le scelte dei singoli: mentre alcuni reparti come la difesa e il doble pivote Lass-Xabi sono già più delineati, l’attacco rimane un enigma, condizionato com’è Pellegrini dall’enorme concorrenza all’interno della rosa, dalle esigenze di turnover e anche dagli infortuni.
Proviamo ad analizzare una per una le possibili scelte a disposizione di Pellegrini, premesso che di base il Real Madrid gioca con due attaccanti.
Inutile raccontarci storie, finora con qualunque formula tattica e con qualunque undici di partenza, il Real Madrid non ha funzionato: non funziona ancora l’intesa fra i giocatori, non funzionano quei movimenti che, diventando automatismi, possono dare l’equilibrio a una squadra in entrambe le fasi.
In quella offensiva il Madrid non occupa gli spazi in maniera razionale: si porta troppo palla e con troppi giocatori in zona centrale (discorso che non ha nulla a che vedere con l’assenza di specialisti di fascia: anche il Villarreal non li aveva, eppure sfruttava il campo in ampiezza), mentre a palla persa, anche per il disordine della manovra, la squadra tende a spezzarsi facilmente in due tronconi, e recuperare palla diventa un’impresa.
La costruzione di equilibri solidi non dipenderà ma potrà passare anche per le scelte dei singoli: mentre alcuni reparti come la difesa e il doble pivote Lass-Xabi sono già più delineati, l’attacco rimane un enigma, condizionato com’è Pellegrini dall’enorme concorrenza all’interno della rosa, dalle esigenze di turnover e anche dagli infortuni.
Proviamo ad analizzare una per una le possibili scelte a disposizione di Pellegrini, premesso che di base il Real Madrid gioca con due attaccanti.
L’ombra del Capitano. Quando devi scegliere fra giocatori del presente, anche fuoriclasse, da una parte e personaggi mitologici dall’altra, non è mai facile. Difficile guardare i rapporti di forza reali fin nei minimi dettagli con obiettività, difficile anche sottrarsi a certi condizionamenti ambientali.
Raúl è Raúl, è quello che ha fatto centinaia di gol, quello che in qualche modo continua a sfangarsela con un rendimento finora più continuo di Benzema, quello che ha un peso enorme nello spogliatoio e che gran parte della stampa e dei tifosi continua a vedere come un intoccabile nell’undici titolare.
Raúl è però anche un giocatore che il meglio lo ha già dato da tempo e che, obiettivamente, offre un ventaglio di alternative molto più ridotto di quello che possono offrire attualmente gli altri attaccanti in rosa. Nell’analizzare Raúl bisogna partire da un presupposto chiarissimo: non può più partire sulla stessa linea dei difensori centrali avversari, giocando alla pari con questi soccombe. Non ha il passo né lo spunto per arrivare prima sul pallone, non può giocare sul filo del fuorigioco, non può andare via in contropiede perché gli manca la velocità, non può attendere il pallone nell’area avversaria affrontando il corpo a corpo coi difensori avversari, non può fare reparto da solo.
L’unica carta che è rimasta a Raúl per arrivare al gol è l’innata capacità di leggere gli sviluppi del gioco e farsi trovare smarcato: per fare questo deve partire qualche metro dietro la prima punta e arrivare a sorpresa in area di rigore, sfruttando il lavoro di un compagno che giocando da prima punta tenga impegnati i difensori avversari.
Tutto ciò però impone dei condizionamenti piuttosto pesanti all’idea di gioco che avrebbe in mente Pellegrini: Raúl tra le linee obbliga Kaká a cercarsi altri spazi, retrocedendo e facendo perdere slancio all’azione del brasiliano (leggete l’intervista a Baresi su “El País” a proposito: grazie alla segnalazione di Flavio, qui trovate la traduzione in italiano); inoltre, la presenza di Raúl toglie possibilità al gioco sulle fasce: l’idea di Pellegrini dai tempi del Villarreal è quella di guadagnare in palleggio al centro rinunciando agli specialisti di fascia a centrocampo, cercando di creare superiorità sugli esterni grazie alle sovrapposizioni dei terzini e gli spostamenti di volta in volta degli esterni/mezzepunte e degli attaccanti (ricordiamoci la coppia Nihat-Rossi).
Benzema ce l’ha nel sangue il movimento verso le fasce, Higuaín lo può fare, Ronaldo manco a dirlo, Raúl no: non si scappa, anche quando la posizione di partenza del Capitano è la fascia il movimento è sempre quello, taglio in area a rimorchio della prima punta. Inoltre a Raúl manca il passo per spostarsi sulla fascia. In generale, i suoi ritmi sono poi nettamente più bassi rispetto a quelli dei vari Ronaldo, Higuaín, Benzema e Kaká, e così può risultare un ostacolo alla costruzione di una transizione offensiva supersonica come quella che potenzialmente offrono i giocatori sopra citati.
Raúl è Raúl, è quello che ha fatto centinaia di gol, quello che in qualche modo continua a sfangarsela con un rendimento finora più continuo di Benzema, quello che ha un peso enorme nello spogliatoio e che gran parte della stampa e dei tifosi continua a vedere come un intoccabile nell’undici titolare.
Raúl è però anche un giocatore che il meglio lo ha già dato da tempo e che, obiettivamente, offre un ventaglio di alternative molto più ridotto di quello che possono offrire attualmente gli altri attaccanti in rosa. Nell’analizzare Raúl bisogna partire da un presupposto chiarissimo: non può più partire sulla stessa linea dei difensori centrali avversari, giocando alla pari con questi soccombe. Non ha il passo né lo spunto per arrivare prima sul pallone, non può giocare sul filo del fuorigioco, non può andare via in contropiede perché gli manca la velocità, non può attendere il pallone nell’area avversaria affrontando il corpo a corpo coi difensori avversari, non può fare reparto da solo.
L’unica carta che è rimasta a Raúl per arrivare al gol è l’innata capacità di leggere gli sviluppi del gioco e farsi trovare smarcato: per fare questo deve partire qualche metro dietro la prima punta e arrivare a sorpresa in area di rigore, sfruttando il lavoro di un compagno che giocando da prima punta tenga impegnati i difensori avversari.
Tutto ciò però impone dei condizionamenti piuttosto pesanti all’idea di gioco che avrebbe in mente Pellegrini: Raúl tra le linee obbliga Kaká a cercarsi altri spazi, retrocedendo e facendo perdere slancio all’azione del brasiliano (leggete l’intervista a Baresi su “El País” a proposito: grazie alla segnalazione di Flavio, qui trovate la traduzione in italiano); inoltre, la presenza di Raúl toglie possibilità al gioco sulle fasce: l’idea di Pellegrini dai tempi del Villarreal è quella di guadagnare in palleggio al centro rinunciando agli specialisti di fascia a centrocampo, cercando di creare superiorità sugli esterni grazie alle sovrapposizioni dei terzini e gli spostamenti di volta in volta degli esterni/mezzepunte e degli attaccanti (ricordiamoci la coppia Nihat-Rossi).
Benzema ce l’ha nel sangue il movimento verso le fasce, Higuaín lo può fare, Ronaldo manco a dirlo, Raúl no: non si scappa, anche quando la posizione di partenza del Capitano è la fascia il movimento è sempre quello, taglio in area a rimorchio della prima punta. Inoltre a Raúl manca il passo per spostarsi sulla fascia. In generale, i suoi ritmi sono poi nettamente più bassi rispetto a quelli dei vari Ronaldo, Higuaín, Benzema e Kaká, e così può risultare un ostacolo alla costruzione di una transizione offensiva supersonica come quella che potenzialmente offrono i giocatori sopra citati.
Il patrimonio Benzema. Il giocatore con più margini di miglioramento di tutto il progetto, ma anche quello con maggiori difficoltà attualmente. Il Bernabeu e la stampa non aspettano, Karim. La situazione di Benzema riflette in piccolo quella del nuovo progetto madridista: se non verranno adoperate dosi massicce di pazienza e sangue freddo, il progetto salterà e forse il miglior attaccante europeo del futuro finiranno col goderselo da qualche altra parte…
Una strana altalena quella del francese: uno dei più positivi in pretemporada, poi con l’inizio della Liga una poco comprensibile alternanza fra prove incoraggianti e manifestazioni di totale estraneità rispetto al resto della squadra. A questo si aggiungono i problemi di adattamento, la lingua, il carattere introverso etc etc… ed ecco spiegati certi mugugni.
Del Benzema “incoraggiante”, del vero Benzema insomma, va detto che si tratta dell’attaccante di gran lunga più completo e funzionale a disposizione di Pellegrini (messo da parte Cristiano Ronaldo, ovvio). Un attaccante non solo con un repertorio impressionante (velocità, potenza, gioco negli spazi ampi ma anche in quelli ristretti, uno contro uno, tiro potente e angolato con entrambi i piedi… persino di testa si vede qualche miglioramento), ma soprattutto con un senso del gioco non comune: è risultata sconcertante questa apatia di inizio stagione perché si è abituati a un Benzema costantemente nel vivo della manovra, un attaccante bravissimo nel venire a prendere palla sulla trequarti, dialogare, defilarsi sulla fascia e ripartire sempre offrendo ai compagni l’appoggio e lo sfruttamento migliore degli spazi.
L’attaccante che meno di tutti può dare punti di riferimento alle difese avversarie, anche se questo suo peregrinare sul fronte offensivo necessita l’accompagnamento di giocatori che a loro volta possano occupare l’area di rigore nei momenti in cui lui svaria (quindi giocatori che si insericano con frequenza o che facciano la prima punta). Altra controindicazione del francese è che si tratta dell’attaccante in assoluto meno partecipe alla fase di non possesso: quando la palla l’hanno gli altri in genere è un uomo in meno, si disinteressa del tutto, e questo può avere implicazioni più negative di quello che si pensi. Aspetti che vanno limati, ma il potenziale e i margini di miglioramento restano lì, sotto gli occhi di tutti.
Una strana altalena quella del francese: uno dei più positivi in pretemporada, poi con l’inizio della Liga una poco comprensibile alternanza fra prove incoraggianti e manifestazioni di totale estraneità rispetto al resto della squadra. A questo si aggiungono i problemi di adattamento, la lingua, il carattere introverso etc etc… ed ecco spiegati certi mugugni.
Del Benzema “incoraggiante”, del vero Benzema insomma, va detto che si tratta dell’attaccante di gran lunga più completo e funzionale a disposizione di Pellegrini (messo da parte Cristiano Ronaldo, ovvio). Un attaccante non solo con un repertorio impressionante (velocità, potenza, gioco negli spazi ampi ma anche in quelli ristretti, uno contro uno, tiro potente e angolato con entrambi i piedi… persino di testa si vede qualche miglioramento), ma soprattutto con un senso del gioco non comune: è risultata sconcertante questa apatia di inizio stagione perché si è abituati a un Benzema costantemente nel vivo della manovra, un attaccante bravissimo nel venire a prendere palla sulla trequarti, dialogare, defilarsi sulla fascia e ripartire sempre offrendo ai compagni l’appoggio e lo sfruttamento migliore degli spazi.
L’attaccante che meno di tutti può dare punti di riferimento alle difese avversarie, anche se questo suo peregrinare sul fronte offensivo necessita l’accompagnamento di giocatori che a loro volta possano occupare l’area di rigore nei momenti in cui lui svaria (quindi giocatori che si insericano con frequenza o che facciano la prima punta). Altra controindicazione del francese è che si tratta dell’attaccante in assoluto meno partecipe alla fase di non possesso: quando la palla l’hanno gli altri in genere è un uomo in meno, si disinteressa del tutto, e questo può avere implicazioni più negative di quello che si pensi. Aspetti che vanno limati, ma il potenziale e i margini di miglioramento restano lì, sotto gli occhi di tutti.
Lo strano caso di Gonzalo Higuaín. Si può peggiorare nel tempo stesso in cui si migliora? Crescere e contemporaneamente regredire ad uno stadio infantile? L’argentino sembra avvalorare la teoria.
Il giocatore che arrivò nel gennaio 2007 e quello di adesso si assomigliano in poco. Ricordo che all’epoca ne elogiavo il costante movimento, la capacità di giocare di prima, la verticalità intelligente, mentre negli ultimi metri spiccavano soprattutto la scarsa lucidità e l’imprecisione.
L’Higuaín attuale invece, pur mantenendo le stesse caratteristiche tecniche e atletiche (scatto bruciante e una progressione difficile da arrestare), è se possibile l’inverso. I 22 gol della scorsa stagione lo hanno rinforzato nel ruolo di finalizzatore. Finalizzatore alla sua maniera: non andando in area a duellare coi difensori o a cercare la rete d’opportunismo, ma perlopiù prendendo palla per partire in velocità e scaraventare in rete senza tanti complimenti. Quest’azione del Pipita resta estremamente incisiva, ma il problema è che tutto il resto negli ultimi tempi non si è visto più: niente movimenti senza palla intelligenti, niente uno-due e dialoghi coi compagni, partecipazione al gioco ridotta ai minimi termini.
Si è visto soprattutto un Higuaín alla spasmodica ricerca del pallone che gli permettesse di poter partire in azioni personali non sempre funzionali al gioco di squadra. Questo senza bisogno di aggiungere al carico le lacune di personalità emerse praticamente in tutti i big-match disputati la scorsa stagione, soprattutto quelli di Champions con Juventus e Liverpool. È bizzarro questo progressivo estraniamento del Pipita dal gioco di squadra, ma si può pensare che avendo già mostrato certi movimenti in passato, possa anche recuperarli in futuro.
Tatticamente, il suo inserimento è plausibile ad inizio partita come seconda punta, con gli spazi per prendere palla e partire a difesa avversaria schierata, mentre a partita in corso si può usare anche da unica punta quando il contesto della partita offre gli spazi per sguinzagliarlo in contropiede, come è avvenuto ad esempio con Valladolid e Getafe. In sintesi, un giocatore che nella rosa attuale non possiede tutte le carte per fare il titolare, ma che può in qualunque momento risultare decisivo.
Il giocatore che arrivò nel gennaio 2007 e quello di adesso si assomigliano in poco. Ricordo che all’epoca ne elogiavo il costante movimento, la capacità di giocare di prima, la verticalità intelligente, mentre negli ultimi metri spiccavano soprattutto la scarsa lucidità e l’imprecisione.
L’Higuaín attuale invece, pur mantenendo le stesse caratteristiche tecniche e atletiche (scatto bruciante e una progressione difficile da arrestare), è se possibile l’inverso. I 22 gol della scorsa stagione lo hanno rinforzato nel ruolo di finalizzatore. Finalizzatore alla sua maniera: non andando in area a duellare coi difensori o a cercare la rete d’opportunismo, ma perlopiù prendendo palla per partire in velocità e scaraventare in rete senza tanti complimenti. Quest’azione del Pipita resta estremamente incisiva, ma il problema è che tutto il resto negli ultimi tempi non si è visto più: niente movimenti senza palla intelligenti, niente uno-due e dialoghi coi compagni, partecipazione al gioco ridotta ai minimi termini.
Si è visto soprattutto un Higuaín alla spasmodica ricerca del pallone che gli permettesse di poter partire in azioni personali non sempre funzionali al gioco di squadra. Questo senza bisogno di aggiungere al carico le lacune di personalità emerse praticamente in tutti i big-match disputati la scorsa stagione, soprattutto quelli di Champions con Juventus e Liverpool. È bizzarro questo progressivo estraniamento del Pipita dal gioco di squadra, ma si può pensare che avendo già mostrato certi movimenti in passato, possa anche recuperarli in futuro.
Tatticamente, il suo inserimento è plausibile ad inizio partita come seconda punta, con gli spazi per prendere palla e partire a difesa avversaria schierata, mentre a partita in corso si può usare anche da unica punta quando il contesto della partita offre gli spazi per sguinzagliarlo in contropiede, come è avvenuto ad esempio con Valladolid e Getafe. In sintesi, un giocatore che nella rosa attuale non possiede tutte le carte per fare il titolare, ma che può in qualunque momento risultare decisivo.
Van Nistelrooy, l’asso nella manica. Nessuno calcolava l’olandese, scomparso dalle carte geografiche dopo il grave infortunio che dalla scorsa stagione lo ha tenuto fuori anche in estate, quando invece impazzavano i nuovi acquisti. Infortunato non aveva logicamente mercato, e così dei due arieti olandesi a fare le valigie è stato Huntelaar. Delineato il contesto perciò può anche succedere che uno come Van Nistelrooy finisca col diventare… la sorpresa del Real Madrid 2009-2010.
La premessa di ogni possibile discorso è naturalmente un suo pieno recupero: soddisfatta questa condizione, va detto che Ruud rimane di tutti gli attaccanti merengues quello che in assoluto vede meglio la porta. Questo è fuori discussione.
Ma il discorso sulla sua potenziale straordinaria utilità va oltre: anche sul piano tattico Van Nistelrooy è un pezzo unico nella rosa di Pellegrini. Van Nistelrooy è centravanti-centravanti e solo lui ha nelle corde certi movimenti che potrebbero agevolare un’occupazione degli spazi ottimale sul fronte offensivo.
Se Benzema ama svariare e stabilire un filo diretto col centrocampo, se Raúl può partire solo qualche metro dietro e se anche Higuaín preferisce arretrare per cercare palla, Van Nistelrooy invece preme sui centrali, li impegna, allunga la difesa avversaria, gioca sul filo del fuorigioco e anche spalle alla porta, e questo lavoro può aprire spazi importanti: può aprirli a Benzema che può fare il suo gioco senza preoccuparsi di far ristagnare eccessivamente l’azione sulla trequarti, può aprirli a Kaká che ha più campo per partire in percussione nello spazio fra difesa e centrocampo e avversaria, può aprirli a Raúl per i suoi inserimenti nel mentre che Ruud gli tiene buoni i difensori, e può aprirli anche a Higuaín per le sue avventure personali.
Con Van Nistelrooy la squadra nel complesso potrebbe distendersi meglio, e la sensazione è che l’olandese abbia le caratteristiche per esaltare le qualità di tutti i suoi potenziali partner offensivi, senza eccezioni. Guadagni presenza nell’area avversaria ma anche “spazio vitale” sulla trequarti. In più ti fa gol anche bendato e con le mani legate dietro la schiena…
La premessa di ogni possibile discorso è naturalmente un suo pieno recupero: soddisfatta questa condizione, va detto che Ruud rimane di tutti gli attaccanti merengues quello che in assoluto vede meglio la porta. Questo è fuori discussione.
Ma il discorso sulla sua potenziale straordinaria utilità va oltre: anche sul piano tattico Van Nistelrooy è un pezzo unico nella rosa di Pellegrini. Van Nistelrooy è centravanti-centravanti e solo lui ha nelle corde certi movimenti che potrebbero agevolare un’occupazione degli spazi ottimale sul fronte offensivo.
Se Benzema ama svariare e stabilire un filo diretto col centrocampo, se Raúl può partire solo qualche metro dietro e se anche Higuaín preferisce arretrare per cercare palla, Van Nistelrooy invece preme sui centrali, li impegna, allunga la difesa avversaria, gioca sul filo del fuorigioco e anche spalle alla porta, e questo lavoro può aprire spazi importanti: può aprirli a Benzema che può fare il suo gioco senza preoccuparsi di far ristagnare eccessivamente l’azione sulla trequarti, può aprirli a Kaká che ha più campo per partire in percussione nello spazio fra difesa e centrocampo e avversaria, può aprirli a Raúl per i suoi inserimenti nel mentre che Ruud gli tiene buoni i difensori, e può aprirli anche a Higuaín per le sue avventure personali.
Con Van Nistelrooy la squadra nel complesso potrebbe distendersi meglio, e la sensazione è che l’olandese abbia le caratteristiche per esaltare le qualità di tutti i suoi potenziali partner offensivi, senza eccezioni. Guadagni presenza nell’area avversaria ma anche “spazio vitale” sulla trequarti. In più ti fa gol anche bendato e con le mani legate dietro la schiena…
Cristiano Ronaldo, la bandiera del progetto. Tutti i discorsi fatti prima devono naturalmente fare i conti con un dato in nessun modo alterabile: Cristiano e altri dieci. L’assenza del portoghese, giocatore che con la sua profondità prodigiosa nascondeva molte magagne nelle primissime giornate, è coincisa non a caso con la crisi di risultati madridista.
Il rientro dall’infortunio è prossimo, e bisognerà soltanto vedere dove Pellegrini deciderà di schierarlo, se di punta oppure su una delle fasce a centrocampo (dove ha giocato prevalentemente finora). La scelta dipenderà probabilmente dal tipo di partita e di avversario: prevedibile un Ronaldo sulla trequarti per massimizzare il potenziale offensivo contro squadre piccole, più plausibile un Ronaldo attaccante, sollevato da obblighi di copertura, in gare più delicate come il Camp Nou o i big-match di Champions.
Cristiano Ronaldo è un giocatore perfetto, e quindi dovunque giochi è un valore aggiunto: ti dà dribbling ma anche movimenti in profondità senza palla, tiro da fuori ma anche colpo di testa, gioco corto per stanare difese schierate e fughe in contropiede, mobilità su tutto il fronte offensivo (dalle fasce verso il centro, dal centro verso le fasce) che si adatta perfettamente all’idea di calcio di Pellegrini, che giochi da esterno o da attaccante. Sulla carta perfetta la coppia con Van Nistelrooy, ottima quella con Benzema, più difficile quella con Higuaín, problematica la partnership con Raúl.
Il rientro dall’infortunio è prossimo, e bisognerà soltanto vedere dove Pellegrini deciderà di schierarlo, se di punta oppure su una delle fasce a centrocampo (dove ha giocato prevalentemente finora). La scelta dipenderà probabilmente dal tipo di partita e di avversario: prevedibile un Ronaldo sulla trequarti per massimizzare il potenziale offensivo contro squadre piccole, più plausibile un Ronaldo attaccante, sollevato da obblighi di copertura, in gare più delicate come il Camp Nou o i big-match di Champions.
Cristiano Ronaldo è un giocatore perfetto, e quindi dovunque giochi è un valore aggiunto: ti dà dribbling ma anche movimenti in profondità senza palla, tiro da fuori ma anche colpo di testa, gioco corto per stanare difese schierate e fughe in contropiede, mobilità su tutto il fronte offensivo (dalle fasce verso il centro, dal centro verso le fasce) che si adatta perfettamente all’idea di calcio di Pellegrini, che giochi da esterno o da attaccante. Sulla carta perfetta la coppia con Van Nistelrooy, ottima quella con Benzema, più difficile quella con Higuaín, problematica la partnership con Raúl.
Etichette: Real Madrid
10 Comments:
Sull'analisi c'è poco da eccepire, fermo restando che tutte queste valutazioni tattiche sono a prescindere dallo stato di forma dei singoli, per cui ad esempio, ora come ora, un Higuaìn è più decisivo di un Van Nistelrooy. Il problema che si pone però è un altro. Pellegrini non è ancora riuscito a dare un gioco alla squadra, e la pazienza di aspettarlo non c'é. Quindi c'è il forte rischio che alla fine si proceda partita dopo partita schierando la squadra più affidabile in quel momento, senza creare invece un disegno tattico come quello del suo Villareal per mancanza di tempo ed eccessive pressioni sulla vittoria.
Personalmente credo che difficilmente quest'anno si riuscirà a trovare la quadratura del cerchio, ed è probabile che il Madrid tanto in là non arrivi, almeno a livello di gioco. La prossima stagione forse, con un Ribery in più e un Raùl in meno su una squadra già un po' amalgamata, potrà essere quello buono per vedere un gioco notevole. La domanda che ti pongo é: qual'è il tempo necessario per amalgamare una squadra nuova di zecca in modo tale che giochi non dico a memoria, ma comunque con un suo stile definito? E qual è, nel caso di Pellegrini, il limite tra la mancanza di tempo per farlo e l'effettiva incapacità/impossibilità di gestire il gruppo e dare un gioco alla squadra?
Ottima analisi, veramente approfondita e lucida. A mio modo di vedere, comunque, l'elemento fondamentale degli equilibri del gioco è Kakà. Come hai sottolineato, Cristiano in avanti sa creare gioco in qualunque situazione lo consenta, perchè, oltre ad essere il giocatore più completo al mondo, è anche dotato del carisma necessario per risolvere partite complicate con una singola giocata (il tiro da 40 metri col Porto, solo per citarne una); gli equilibri della squadra devono però potergli consentire libertà completa. Penso all'ultimo triennio al Manchester, dove, con la partenza proprio di Van Nistelrooy, Ferguson costruì la squadra su misura per lui, costringendo Rooney ad un gioco di maggior sacrificio in modo tale da poter permettere a Cristiano di fare il bello e il cattivo tempo sulla trequarti avversaria, con la squadra a sostegno. In realtà Ronaldo è sempre stato una prima punta, atipico solo per i movimenti. Lo si capisce da come giocava il resto della squadra intorno a lui. Ora, per riprodurre condizioni se non uguali almeno simili, bisognerebbe immaginare un Madrid che consenta a Ronaldo di svariare a suo piacimento su tutto il versante offensivo, sacrificando per questo i movimenti degli altri giocatori di fantasia ad un ruolo molto spesso più oscuro. In tutto questo, Kakà dovrebbe agire principalmente da rifinitore. E secondo me è questo che è mancato al Real finora. Il brasiliano è palesemente il principale neo di questo avvio di stagione, nonché il potenziale eterno dilemma dello schieramento tattico del Madrid. Perchè mi sembra chiaro che, da un lato, non possa più permettersi la libertà di manovra che aveva ai tempi del Milan (anche per ragioni fisiologiche: bisogna riconoscere un suo leggero calo nell'ultimo anno solare, anche nei momenti di miglior condizione fisica), e che, dall'altro, le sue doti atletiche vadano utilizzate in una direzione più simile a quella vista nel Brasile di Dunga, dove agisce molto spesso più da rifinitore che da finalizzatore aggiunto (che è ciò che esclude e sempre escluderà un ritorno di Ronaldinho in nazionale). Questo anche per evitare di affidare la manovra offensiva dalla trequarti in su ad un giocatore che, verosimilmente, col passare del tempo potrebbe cominciare a rivelare qualche (piccolo) limite tecnico finora ben mascherato dalla sua grandissima agilità e prestanza atletica. Il Kakà che agisce sulle fasce visto finora, infatti, convince poco. Lo costringe a fare un gioco dispendioso e poco lucido, oltre che inutile ai fini della creazione di opportunità corali. La mia idea di Real Madrid è un 4-2-1-2-1, con Kakà ad agire dietro Ronaldo e Benzema, più una prima punta davanti. Ovviamente in questo modo Kakà dovrebbe anche dare una mano a contenere, cosa che tutto sommato gli ho visto fare anche in certi momenti della sfida col Milan e che potrebbe rientrare nelle sue corde, se solo si avessero le idee chiare su come utilizzarlo.
Tommaso.
@ Francesco
"c'è il forte rischio che alla fine si proceda partita dopo partita schierando la squadra più affidabile in quel momento, senza creare invece un disegno tattico come quello del suo Villareal per mancanza di tempo ed eccessive pressioni sulla vittoria"
Perfetto.
"Personalmente credo che difficilmente quest'anno si riuscirà a trovare la quadratura del cerchio, ed è probabile che il Madrid tanto in là non arrivi, almeno a livello di gioco"
è un rischio serio. Bisogna ricordarsi che questo progetto sulla carta strapotente capita nello stesso periodo in cui il Barça ha fatto alla storia. Alla fine, per quanto sia banale, vince solo uno.
Non sarebbe perciò scandaloso se questo Madrid non dovesse superare questo Barça, io personalmente continuerei con Pellegrini l'anno prossimo anche se quest'anno non dovesse vincere niente, però è chiaro che le pressioni per rifare tutto da capo nel caso il Madrid non dovesse vincere sarebbero fortissime.
"qual'è il tempo necessario per amalgamare una squadra nuova di zecca in modo tale che giochi non dico a memoria, ma comunque con un suo stile definito? E qual è, nel caso di Pellegrini, il limite tra la mancanza di tempo per farlo e l'effettiva incapacità/impossibilità di gestire il gruppo e dare un gioco alla squadra?"
Dipende dalle caratteristiche dei giocatori e dal contesto ambientale.
Il contesto ambientale per Pellegrini è il meno favorevole possibile, c'è logicamente molta impazienza.
Anche le caratteristiche dei giocatori non aiutano a un'amalgama immediata dei giocatori.
Mi spiego: non si tratta del fatto che come dice qualcuno, sbagliando, la rosa del Madrid sia incompleta o squilibrata (l'unica vera lacuna è l'assenza di Sneijder), si tratta del fatto che sono giocatori sì potenzialmente compatibili, ma sulla base di meccanismi non specificatamente tattici.
Cioè, tu non puoi prendere Cristiano Ronaldo e Kakà e dire loro "tu copri questi fascia, tu invece quest'altra", oppure dire a Benzema "tu invece mi fai il centravanti e non ti muovi dall'area di rigore". Non sono giocatori con cui puoi costruire un 4-4-2 scolastico da mandare a memoria in un mesetto.
Son giocatori che devi lasciare liberi dalla trequarti in su: soltanto con il tempo i movimenti in libertà di Kekà si coordineranno con quelli di Ronaldo, mentre inizialmente può capitare che la scarsa familiarità li porti a pestarsi i piedi o a portare troppo palla. Sono equilibri che devono nascere più che dall'imposizione di un modulo elaborato a priori dall'interazione di giocatori cui viene lasciata una certa autonomia (perchè non può essere diversamente).
Non si tratta di anarchia: Pellegrini un'idea di gioco ce l'ha, e anche molto chiara, però gli automatismi potranno arrivare col tempo a partire dalla capacità dei giocatori.
Della partita col Milan mi è piaciuta la prima mezzora, di pieno dominio madridista (spero si sia capita l'importanza di Benzema... e il gol quasi quasi è stata la cosa meno importante), poi i merengues hanno perso continuità di gioco fino ad abbassarsi su livelli piuttosto scadenti nella ripresa. Manca sempre continuità all'interno dei novanta minuti.
@ Tommaso
Grazie.
Devo dire che Kakà mi sta dando sensazioni ambivalenti: ieri era sempre nel vivo del gioco, lui e Benzema elaboravano praticamente tutte le azioni offensive, grande continuità però al momento di finalizzare le giocate Kakà si perdeva sempre in imprecisioni, tiri fiacchi e in una visibile difficoltà nell'andare via all'avversario. Questo è abbastanza allarmante se si pensa al Kakà che brucia l'erba di sempre, e non so se sia un fatto momentaneo o un'involuzione del giocatore.
Indipendentemente da questo, resta un giocatore importante per la manovra. Personalmente non credo che una massimalibertà per Ronaldo debba portare necessariamente a sacrificare la libertà di Kakà. Riallacciandomi alla risposta che ho dato a Francesco, credo anzi che qualora il Madrid come squadra trovasse qusta famosa amalgama, ci sarebbe spazio per una piena libertà di movimento di Kakà, di ronaldo e di Benzema, e i danni sarebbero soltanto per gli avversari. Mi sembra che le rispettive libertà di movimento di questi giocatori siano pienamente compatibili fra di loro. Sono incredibilmente completi, e si muovono anche in zone di campo leggermente diverse. Peraltro la posizione di Kakà sulla fascia è solo teorica, non credo che lo limiti. In fase di possesso ha piena libertà (basta vedere la partita di ieri: teoricamente partiva da destra, ma quanto volte lo avete visto puntare l'avversario da quella parte?), in fase di non possesso si tratta soltanto di recuperare la posizione. Nulla di drammatico, e va detto anche che più di una volta Pellegrini ha usato il rombo con Kakà vertice alto (vedi l'andata col Milan)
Credo anche che a partire da una manovra offensiva più fluida si potrebbe risolvere più facilmente il problema difensivo: con l'avversario costretto a schiacciare i reparti tutti dietro, disordinato dal proprio sforzo difensivo, con molti metri da percorrere in contropiede, costretto a rilanciare alla meglio, al Real Madrid basterebbe il più delle volte accorciare nella metacampo avversaria per recuperare il pallone. Un po' come succede al Barça.
La soluzione dei problemi difensivi del Madrid non potrà mai passare per Kakà che retrocede fino alla propria area di rigore o Ronaldo che ripiega in aiuto al terzino. Se nasce quest'esigenza, vuol dire che il Real Madrid ha sbagliato qualcosa prima, nella sua fase di possesso, vuol dire che non riesce a difendersi COL PALLONE e NELLA METACAMPO AVVERSARIA.
Ottima analisi, come sempre. Soprattutto concordo con l'involuzione preoccupante di Higuain, passato da essere un superbo giocatore di movimento ad un solista più dannoso che utile per la squadra anche se ha guadagnato molto in zona gol, ma in cui perdura un carattere (vedi anche Gago) che nella battaglia si perde (inguardabile di nuovo con il Milan). Marcelo a San Siro ha confermato quanto già affermato da me prima della gara, esterno alto è tutto un altro giocatore rispetto al terzino impacciato dell'andata anche se Arbeloa ha patito l'inferno contro Pato. Credo che il miglior attacco possibile per il Madrid sia Kakà rifinitore con Ronlando e Benzema alle spalle di Ruud unica punta, quando si riprenderà dall'infortunio. Ovviamente una soluzione del genere non è proponibile nelle partite importanti e si potrebbe sacrificare il francese per inserire un altro centrocampista come Granero o van der Vaart per dare più solidità alla mediana, che vede a fianco ad un Lass sempre più decisivo uno Xabi che fatica ad essere il prezioso metronomo di cui abbiamo bisogno. Tuttavia, la partita di Milano è per me un punto guadagnato più che uno perso, con i primi 30' in cui il Madrid ha dominato la gara per poi tornare sotto nel finale (Dida tornato quello di prima del petardo) con però in mezzo almeno 30' di nulla. Credo che Pellegrini sia l'uomo giusto per la squadra, una vittoria nel derby unita al matematico passaggio del turno potrebbe dargli la tranquillità necessaria per arrivare a gennaio dove magari la dirigenza penserà a tamponare un paio di carenze (in primis un esterno basso a sinistra) della rosa. Per quanto riguarda Sneijder concordo in parte con Valentino e in parte no: un giocatore come l'olandese sarebbe utile ovunque ma da noi avrebbe intasato una riga di mezzepunte già abbastanza fornita. Ovvio che tra lui e van der Vaart, avrei venduto il secondo che però non aveva mercato mentre le casse societarie avevano disperato bisogno di essere rimpinguate.
Parlo di Sneijder non come mezzapunta, ma come mezzala. Per me sarebbe stato perfetto per completare il rombo: lui e Granero ai lati di Xabi Alonso.
Nel tuo rombo dovremmo schierare Xabi Alonso (soprattutto quello attuale) da solo davanti a Pepe e Albiol, ciò mi atterrisce! Se ben ricordi a Liverpool giocava con vicino Mascherano, credo che Lass sia (ovviamente dopo CR9) con Casillas l'unico imprescindibile della squadra.
Ma il Liverpool era tutto un altro contesto, non bisogna pensare a quello. Il Liverpool di Benitez cerca prima di tutto ordine e solidità in fase di non possesso, quindi là è pienamente comprensibile che Xabi venga accompagnato da Mascherano.
Il piano del Real Madrid, e anche quello del Barça e della nazionale spagnola, è invece acquisire ordine a partire da una fase di possesso più fluida ed efficace possibile. Posso quindi ribattere che in un contesto completamente diverso dal Liverpool Xabi in nazionale ha giocato spesso vertice basso con Xavi, Cesc e compagnia cantante vicini.
Il rombo Xabi-Granero-Sneijder-Kakà comunque era da intendersi come una possibilità in più... non voglio certo ostracizzare nè Lass nè tantomeno Mahamadou.
Il tuo ragionamento circa un utopistico centrocampo a 4 come quello che hai postato ci può stare, peòr considera che a Madrid attualmente sarebbe (ovvio che non è più Sneijder ma ammettiamo che non fosse partito) perchè priverebbe la difesa dell'unico uomo che aiuta in copertura, considerando che la difesa del Madrid manca al momento sia degli automatismi necessari che di due figure importanti: un terzino sinistro in grado di bilanciare sia la fase offensiva che difensiva ma anche di un leader difensivo al centro, come lo furono in passato Sanchis ma soprattutto Hierro o oggi Marquez o Puyol nel Barca. Pepe sta migliorando piano piano ma non ha la stoffa del centrale di livello europeo mentre Albiol sta ancora ambientandosi. Detto che Ramos non è di grandissimo affidabilità negli ultimi tempi, preferisco tenere comunque un centrocampo più coperto anche se meno fantasioso, soprattutto perchè Lass garantisce un rendimento costante.
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