Il punto sulla trentasettesima giornata.
Betis-Sevilla 0-2: Luis Fabiano 31'; Fazio 50'.
Barcelona-Mallorca 2-3: Henry 17' (B); Eto'o 56' (B); Borja Valero 67' (M); Webó 70' (M); Güiza 94' (M).
Levante-Valencia 1-5: Villa 13' (V); Villa 13' (V); Serrano 31' (L); Mata 34' (V); Angulo 65' (V); Villa 66' (V).
Almeria-Recreativo Huelva 0-2: Jesús Vázquez 23'; Sinama Pongolle 42'.
Osasuna-Murcia 2-1: Dady 1' (O); Juanfran 53' (O); Abel 90' (M).
Valladolid-Getafe 0-0
Athletic Bilbao-Racing 0-0
Villarreal-Espanyol 2-0: Javi Venta 31'; Pires 43'.
Atlético Madrid-Deportivo 1-0: Forlán 46' (recupero primo tempo).
Zaragoza-Real Madrid 2-2: Ricardo Oliveira 19' (Z); Van Nistelrooy 25' (R); Robinho 76' (R); Sergio 85' (Z).
L’ Atlético è in Champions, questi sono i fatti matematici, l’ unica cosa che conta al termine di una partita noiosa, smossa solo dal brivido del palo di Coloccini nel finale, per un Depor comunque che non ha voluto esagerare nel guastare la festa (essendomi spostato su Zaragoza-Real Madrid, non ho comunque visto l’ ultimo quarto d’ora, la fase nella quale, leggendo le cronache, l’ Atlético ha sofferto di più).
La sensazione, prima del gol liberatorio di Forlán nel recupero del primo tempo era che fosse più che l’ altro l’ Atlético, fedele a se stesso, a volersela rovinare da solo. Dopo i soliti 5 minuti iniziali di gazzosa effimera, il torpore si era impadronito dell’ undici di Aguirre, e i mormorii cominciavano già a circolare nel mentre che tra l’ altro il Sevilla faceva suo il derby. Era il Depor a controllare le operazioni, sicuro in difesa e in superiorità a centrocampo col suo flessibile 5-4-1 (la chiave dello straordinario girone di ritorno dei galiziani, mossa che colloca Lotina, generalmente non un mio idolo, nel terzetto dei migliori allenatori della stagione, con Marcelino ed Emery), anche se il controllo dei galiziani aveva ben poco di minaccioso, gli uomini a toccare l’ area avversaria e a partecipare agli attacchi erano pochi, le intenzioni nemmeno troppo bellicose e i guanti di Leo Franco pulitissimi, in defintiva un possesso-palla difensivo volto più che altro a far trascorrere il tempo e a giocare con l’ insicurezza dell’ avversario.
Quanto basta per suscitare inquietudine in un Atlético ancora una volta con poche alternative credibili al contropiede (più o meno corto) sull’ asse Forlán-Agüero. Però la fiammata è sempre lì, pronta per cambiare le sorti del match: stavolta è Maxi ad arrivare sul fondo e a servire proprio Forlán per la comoda conclusione a rete.
Gol che condiziona positivamente il secondo tempo, per un’ ampia mezzora controllato dall’ Atlético tranquillamente sulla difensiva di fronte al possesso-palla ruminato degli uomini di Lotina (che hanno ben poco potenziale offensivo da mettere in campo, spuntatissimo Xisco), con Agüero anzi che sale in cattedra coi suoi colpi di classi (quasi gli esce un gol dopo strepitoso aggancio col sinistro e destro a bruciapelo, Aouate evita che il Vicente Calderón venga giù.
Poi come menzionato c’è da soffrire un po’ nel finale, sennò non sarebbe l’ Atlético. Dopo 11 anni, il club del Manzanarre ha l’ occasione per ritrovare la dimensione che gli spetta storicamente, ma la soddisfazione per il raggiungimento dell’ obiettivo non deve ostacolare la pianificazione necessaria per intervenire sulle tante magagne viste quest’ anno, magagne onestamente non da squadra di Champions, dal centrocampo raffazzonato (e sempre tendente all’ inferiorità numerica per le caratteristiche ultra-offensive degli esterni) alla difesa coi buchi, passando per una manovra mai convincente contro difese schierate. Occorrerano 6-7 rinforzi fra tutti i reparti (alcuni peraltro già stabiliti, vedi Heitinga e Ujfalusi), e occorrerà, opinione personalissima, un nuovo allenatore, senza nulla togliere a chi come Aguirre ha dimostrato di riuscire in un modo o nell’ altro ad orientarsi in uno degli ambienti più esigenti e complicati del calcio spagnolo.
La lotta-salvezza rimane ora lo scenario più appassionante e drammatico: il pareggio casalingo col Real Madrid inguaia tremendamente il Zaragoza, lasciato al terzultimo posto dalle contemporaneee vittorie di Osasuna e Recreativo. Gli aragonesi però continuano a dipendere esclusivamente da loro stessi: essendoci all’ ultima giornata lo scontro diretto fra Recreativo e Valladolid, che toglierà in ogni caso dei punti a una o a entrambe le dirette concorrenti, il Zaragoza si salverebbe comunque nel caso vincesse a Maiorca (campo comunque difficile, e gli uomini di Manzano sono ancora in corsa per l’ Uefa). A questo aggiungiamo che per l’ Osasuna sarà tutt’ altro che facile fare i tre punti sul campo di un Racing che deve ancora mettere in cassaforte la Uefa, e tutto rimane ancora apertissimo.
All’ opposto di quella del Calderón, la partita della Romareda ha traboccato di emozioni, Squadre lunghe, scarso filtro a centrocampo, grandi individualità offensive, una squadra serena e distesa contro una che si gioca il tutto per tutto… viste le premesse era difficile pensare a un altro tipo di partita.
Dopo aver sperimentato nelle sue prime partite un centrocampo a cinque (con risultati peraltro non malvagi), Villanova in questo sprint finale ricalca con decisione il 4-4-2 rischiatutto di Víctor Fernández, con Aimar e Sergio García a supporto di Oliveira e Milito, più Matuzalem a briglia sciolta in cabina di regia; dall’ altra parte, Schuster deve fare a meno di Gago e quindi retrocede Diarra, interno destro nelle partite precedenti: mossa obbligata che ha i suoi pro e i suoi contro, perché se è vero che Guti-Sneijder è la coppia di mezzeali in assoluto più creativa, la loro (soprattutto di Guti) scarsa propensione al rientro in fase di non possesso tende a creare una certa separazione rispetto a Diarra e i 4 difensori, e a spezzare la squadra in due tronconi, situazione vista soprattutto nella prima parte di stagione (il centrocampo visto nelle ultime partite, senza Guti, con Gago vertice basso, Diarra interno destro e Sneijder sul centro-sinistra con più libertà di appoggiare le punte, mi è sembrato invece quello complessivamente più razionale e in grado di limitare la portata di questo problema in fase di non possesso: garantisce un Madrid più compatto, vedi le partite di Santander e Pamplona).
In questo quadro, la trequarti madridista rimane esposta agli inserimenti avversari, e il Zaragoza costruisce la sua superiorità iniziale proprio su questo vantaggio tattico: Milito e soprattutto Oliveira, una scheggia lanciato in profondità, impegnano i centrali e allungano la difesa creando spazi per le incursioni a rimorchio di Aimar e Sergio García. Quando può andare in verticale il Zaragoza è pericoloso come poche altre squadre nella Liga, e il gol del vantaggio è esemplare: palla rubata a centrocampo, Matuzalem in profondità sulla destra pesca magistralmente la corsa di Sergio García, fuga del canterano blaugrana e pase de la muerte per Oliveira libero sul secondo palo.
Abbiamo parlato degli squilibri madridisti, ma non bisogna dimenticare che i padroni di casa sono i veri primatisti di questa specialità, una squadra costruita espressamente per non saper gestire una partita con tranquillità. Non è raro vedere 3 o anche 4 giocatori oltre la linea della pallla in fase di non possesso, e così la partita si fa estremamente scorrevole ed aperta ad ogni tipo di soluzione. Buon per il Madrid, che salta con relativa facilità le prime due linee avversarie e può scegliere la miglior giocata sulla trequarti. Ancora protagonista Higuaín, l’ uomo dei finali di campionato: schierato nel tridente con Van Nistelrooy e Robinho, inizia l’ azione del pareggio che coinvolge proprio tuti e tre gli attaccanti: palla filtrante del Pipita, conclusione di Robinho respinta da César, ribattuta a porta vuota di Van Gol.
Nei finali di campionato gioca un ruolo fondamentale anche il fattore emotivo, e così il Zaragoza ardito dei primi minuti da questo momento rimane schiacciato praticamente fin quasi alla fine del primo tempo, accusando il colpo del pareggio. È la fase in cui il Real Madrid gestisce il gioco a piacimento, e nella quale Sneijder e Guti mostrano pienamente il lato positivo della loro contemporanea presenza: il biondo in particolare comincia a far correre i compagni coi suoi inimitabili passaggi nello spazio, e la pressione sul Zaragoza si fa consistente, smorzata solo nel finale del primo tempo quando Oliveira vede respinta quasi sulla linea da Sergio Ramos la sua conclusione a botta sicura.
Passata la fase più difficile, il secondo tempo diventa chiaramente dei padroni di casa: il Madrid non ha più neanche tanta voglia di guastare la festa, l’ intensità di gioco scema e i contrattacchi si diradano progressivamente, lasciando tutta la scena a un’ ormai costante occupazione della metacampo avversaria da parte del Zaragoza. Sempre più tiri verso la porta di Dudek, occasioni più frequenti e nitide, e si conta anche una traversa colpita dopo una carambola un po’ strana fra Aimar (che poi uscirà per fare spazio a Gabi: volenteroso ma poco incisivo, stagione da dimenticare per il Payaso) e Sergio Ramos.
Prima che però la monotonia si impadronisca della partita, ecco la doccia gelida: al Real Madrid non serve costruire un contesto a sé favorevole, gli basta un’ azione per lasciare segni indelebili, ecco quindi riapparire il buon Higuaín, in profondità per Robinho tenuto in gioco dai ritardatari Paredes e Sergio (che non seguono l’ uscita di Ayala), sontuoso e spietato il tocco sotto del brasiliano sull’ uscita di César, eseguito con la tranquillità tipica di chi ha già vinto un campionato.
Gioca la carta della disperazione il Zaragoza, inserendo Óscar per Matuzalem e portando la torre difensiva Sergio quasi stabilmente nell’ area avversaria. Proprio il difensore galiziano, dopo un tentativo di testa sventato da Dudek, trova finalmente il gol, a 5 minuti dal termine, un destro angolato al termine di una mischia a centro area. I margini, per quanto riguarda sia il tempo che l’ aspetto psicologico, per rimontare ci sarebbero tutti, ma esce allo scoperto il grande protagonista della partita, ovvero Jerzy Dudek. Il polacco ci tiene a dimostrare qualcosa e nel finale comincia a respingere tutto quello che giunge nei paraggi, non importa se si tratta del pallone: semplicemente mostruosa la parata, in pieno recupero, sulla ribattuta a botta sicura di Óscar dopo un primo intervento su una sassata dalla distanza di Gabi. È l’ ultima chance, quella che consuma il patatrac per i padroni di casa.
Zaragoza sull’ orlo del burrone: dopo il Celta l’ anno scorso e nel 2003, dopo l’ Atlético nel 2000, sarebbe un’ altra retrocessione eccellente che ribadisce l’ enorme difficoltà del campionato spagnolo, generalmente strutturato su due-tre squadre al vertice seguite da un marasma poco distinguibile di squadre della classe media (la classe media per me più forte d’ Europa), nel quale qualsiasi calo di rendimento può costare carissimo e farti passare in poche settimane dalla prima metà della classifica alla zona-retrocessione. Nella Liga non puoi permetterti di avere una crisi e vivacchiare comunque a metà classifica: chi si ferma viene presto risucchiato nei bassifondi. Questo è successo a un Zaragoza che nei primi mesi ha faticato a trovare equilibrio e continuità di gioco, e che poi è sprofondato man mano che subentrava la sua inadeguatezza alla lotta per la sopravvivenza.
Fatti agli aragonesi i debiti rimproveri per essersi cacciati in questi situazione, va comunque riconosciuto che con Villanova negli ultimi tempi si è vista una squadra che ha giocato con dignità, sapendosi calare nella parte e offrendo un calcio magari confuso ma sicuramente generossimo e dalla produzione offensiva copiosa, dando tutto e in alcuni casi non meritando certi verdetti troppo severi. Personalmente, non mi auguro una retrocessione del Zaragoza, non solo perché duole vedere giocatori di questo livello retrocedere, ma anche perché non credo stiano facendo di tutto per non meritarselo (dovendo scegliere chi condannare fra le varie candidate, prenderei l’ Osasuna, pur non avendo nulla contro i navarri).
Al Camp Nou, si consuma l’ ennesima piccola vergogna (sommatele tutte e poi ditemi che risultato viene) della stagione blaugrana. Barça nemmeno capace di rendere omaggio come si deve a Rijkaard, all’ ultima casalinga da tecnico del Barça, il tecnico che ne ha segnato la storia recente e che comunque il dovuto omaggio lo ha ricevuto dal pubblico, inferocito invece con Laporta e con i giocatori, specialmente con Eto’o, bombardato di fischi per essersi fatto squalificare in maniera presuntivamente volontaria prima della partita del Bernabeu (queste son le cose che periodicamente ti fanno dubitare della sanità mentale del pubblico del Camp Nou, il più classico e tradizionale autolesionismo blaugrana).
Il Mallorca non fa complimenti, e tiene vive le chances-Uefa (senza i troppi pareggini ottenuti nella fase centrale della stagione, si sarebbe potuto pensare anche a qualcosa di più, vedendo davanti il Racing che come qualità è sicuramente inferiore) con l’ ottimo “dodicesimo uomo” Borja Valero, con Webó e con l’ ennesimo acuto di Güiza: impressionante la stagione del centravanti andaluso, spero comunque che questo non intacchi la serenità di Aragonés al momento di scegliere i 23 per l’ Europeo (da parte mia, vale lo stesso discorso fatto per Raúl).
Il Sevilla, in quest’ annata di comprensibile transizione, si toglie comunque la soddisfazione di vincere il derby: ancora in gol Fazio, convincentissimo da centrocampista difensivo, mossa azzeccata di Jiménez già dai tempi del Sevilla Atlético. Il Getafe bada al sodo a Valladolid e si toglie ogni ansia di dosso, salvando una stagione che ha proposto comunque pagine indimenticabili.
Anche il Valencia scaccia definitivamente l' incubo: goleada nel derby col Levante che ha decisamente altro per la testa e medita un clamoroso sciopero per l' ultima giornata al Bernabeu. Bella tripletta di Villa: saranno i suoi ultimi gol valenciani?
CLASSIFICA
1 R. Madrid 82 (Campione di Spagna-alla fase finale di Champions)
2 Villarreal 74 (alla fase finale di Champions)
3 Barcelona 64 (ai preliminari di Champions)
4 Atlético 64 (ai preliminari di Champions)
5 Sevilla 61 (in Uefa)
6 Racing 57
7 Mallorca 56
8 Deportivo 52
9 Athletic 50
10 Almería 49
11 Espanyol 48
12 Valencia 48
13 Getafe 46
14 Betis 46
15 Valladolid 44
16 Recreativo 43
17 Osasuna 43
18 Zaragoza 42
19 Murcia 30 (in Segunda)
20 Levante 26 (in Segunda)
CLASSIFICA MARCATORI
Güiza (Mallorca) 26
Luis Fabiano (Sevilla) 24 (2 rig.)
Raúl (R.Madrid) 18 (3 rig.)
Agüero (Atlético) 18
Nihat (Villarreal) 18
Barcelona-Mallorca 2-3: Henry 17' (B); Eto'o 56' (B); Borja Valero 67' (M); Webó 70' (M); Güiza 94' (M).
Levante-Valencia 1-5: Villa 13' (V); Villa 13' (V); Serrano 31' (L); Mata 34' (V); Angulo 65' (V); Villa 66' (V).
Almeria-Recreativo Huelva 0-2: Jesús Vázquez 23'; Sinama Pongolle 42'.
Osasuna-Murcia 2-1: Dady 1' (O); Juanfran 53' (O); Abel 90' (M).
Valladolid-Getafe 0-0
Athletic Bilbao-Racing 0-0
Villarreal-Espanyol 2-0: Javi Venta 31'; Pires 43'.
Atlético Madrid-Deportivo 1-0: Forlán 46' (recupero primo tempo).
Zaragoza-Real Madrid 2-2: Ricardo Oliveira 19' (Z); Van Nistelrooy 25' (R); Robinho 76' (R); Sergio 85' (Z).
L’ Atlético è in Champions, questi sono i fatti matematici, l’ unica cosa che conta al termine di una partita noiosa, smossa solo dal brivido del palo di Coloccini nel finale, per un Depor comunque che non ha voluto esagerare nel guastare la festa (essendomi spostato su Zaragoza-Real Madrid, non ho comunque visto l’ ultimo quarto d’ora, la fase nella quale, leggendo le cronache, l’ Atlético ha sofferto di più).
La sensazione, prima del gol liberatorio di Forlán nel recupero del primo tempo era che fosse più che l’ altro l’ Atlético, fedele a se stesso, a volersela rovinare da solo. Dopo i soliti 5 minuti iniziali di gazzosa effimera, il torpore si era impadronito dell’ undici di Aguirre, e i mormorii cominciavano già a circolare nel mentre che tra l’ altro il Sevilla faceva suo il derby. Era il Depor a controllare le operazioni, sicuro in difesa e in superiorità a centrocampo col suo flessibile 5-4-1 (la chiave dello straordinario girone di ritorno dei galiziani, mossa che colloca Lotina, generalmente non un mio idolo, nel terzetto dei migliori allenatori della stagione, con Marcelino ed Emery), anche se il controllo dei galiziani aveva ben poco di minaccioso, gli uomini a toccare l’ area avversaria e a partecipare agli attacchi erano pochi, le intenzioni nemmeno troppo bellicose e i guanti di Leo Franco pulitissimi, in defintiva un possesso-palla difensivo volto più che altro a far trascorrere il tempo e a giocare con l’ insicurezza dell’ avversario.
Quanto basta per suscitare inquietudine in un Atlético ancora una volta con poche alternative credibili al contropiede (più o meno corto) sull’ asse Forlán-Agüero. Però la fiammata è sempre lì, pronta per cambiare le sorti del match: stavolta è Maxi ad arrivare sul fondo e a servire proprio Forlán per la comoda conclusione a rete.
Gol che condiziona positivamente il secondo tempo, per un’ ampia mezzora controllato dall’ Atlético tranquillamente sulla difensiva di fronte al possesso-palla ruminato degli uomini di Lotina (che hanno ben poco potenziale offensivo da mettere in campo, spuntatissimo Xisco), con Agüero anzi che sale in cattedra coi suoi colpi di classi (quasi gli esce un gol dopo strepitoso aggancio col sinistro e destro a bruciapelo, Aouate evita che il Vicente Calderón venga giù.
Poi come menzionato c’è da soffrire un po’ nel finale, sennò non sarebbe l’ Atlético. Dopo 11 anni, il club del Manzanarre ha l’ occasione per ritrovare la dimensione che gli spetta storicamente, ma la soddisfazione per il raggiungimento dell’ obiettivo non deve ostacolare la pianificazione necessaria per intervenire sulle tante magagne viste quest’ anno, magagne onestamente non da squadra di Champions, dal centrocampo raffazzonato (e sempre tendente all’ inferiorità numerica per le caratteristiche ultra-offensive degli esterni) alla difesa coi buchi, passando per una manovra mai convincente contro difese schierate. Occorrerano 6-7 rinforzi fra tutti i reparti (alcuni peraltro già stabiliti, vedi Heitinga e Ujfalusi), e occorrerà, opinione personalissima, un nuovo allenatore, senza nulla togliere a chi come Aguirre ha dimostrato di riuscire in un modo o nell’ altro ad orientarsi in uno degli ambienti più esigenti e complicati del calcio spagnolo.
La lotta-salvezza rimane ora lo scenario più appassionante e drammatico: il pareggio casalingo col Real Madrid inguaia tremendamente il Zaragoza, lasciato al terzultimo posto dalle contemporaneee vittorie di Osasuna e Recreativo. Gli aragonesi però continuano a dipendere esclusivamente da loro stessi: essendoci all’ ultima giornata lo scontro diretto fra Recreativo e Valladolid, che toglierà in ogni caso dei punti a una o a entrambe le dirette concorrenti, il Zaragoza si salverebbe comunque nel caso vincesse a Maiorca (campo comunque difficile, e gli uomini di Manzano sono ancora in corsa per l’ Uefa). A questo aggiungiamo che per l’ Osasuna sarà tutt’ altro che facile fare i tre punti sul campo di un Racing che deve ancora mettere in cassaforte la Uefa, e tutto rimane ancora apertissimo.
All’ opposto di quella del Calderón, la partita della Romareda ha traboccato di emozioni, Squadre lunghe, scarso filtro a centrocampo, grandi individualità offensive, una squadra serena e distesa contro una che si gioca il tutto per tutto… viste le premesse era difficile pensare a un altro tipo di partita.
Dopo aver sperimentato nelle sue prime partite un centrocampo a cinque (con risultati peraltro non malvagi), Villanova in questo sprint finale ricalca con decisione il 4-4-2 rischiatutto di Víctor Fernández, con Aimar e Sergio García a supporto di Oliveira e Milito, più Matuzalem a briglia sciolta in cabina di regia; dall’ altra parte, Schuster deve fare a meno di Gago e quindi retrocede Diarra, interno destro nelle partite precedenti: mossa obbligata che ha i suoi pro e i suoi contro, perché se è vero che Guti-Sneijder è la coppia di mezzeali in assoluto più creativa, la loro (soprattutto di Guti) scarsa propensione al rientro in fase di non possesso tende a creare una certa separazione rispetto a Diarra e i 4 difensori, e a spezzare la squadra in due tronconi, situazione vista soprattutto nella prima parte di stagione (il centrocampo visto nelle ultime partite, senza Guti, con Gago vertice basso, Diarra interno destro e Sneijder sul centro-sinistra con più libertà di appoggiare le punte, mi è sembrato invece quello complessivamente più razionale e in grado di limitare la portata di questo problema in fase di non possesso: garantisce un Madrid più compatto, vedi le partite di Santander e Pamplona).
In questo quadro, la trequarti madridista rimane esposta agli inserimenti avversari, e il Zaragoza costruisce la sua superiorità iniziale proprio su questo vantaggio tattico: Milito e soprattutto Oliveira, una scheggia lanciato in profondità, impegnano i centrali e allungano la difesa creando spazi per le incursioni a rimorchio di Aimar e Sergio García. Quando può andare in verticale il Zaragoza è pericoloso come poche altre squadre nella Liga, e il gol del vantaggio è esemplare: palla rubata a centrocampo, Matuzalem in profondità sulla destra pesca magistralmente la corsa di Sergio García, fuga del canterano blaugrana e pase de la muerte per Oliveira libero sul secondo palo.
Abbiamo parlato degli squilibri madridisti, ma non bisogna dimenticare che i padroni di casa sono i veri primatisti di questa specialità, una squadra costruita espressamente per non saper gestire una partita con tranquillità. Non è raro vedere 3 o anche 4 giocatori oltre la linea della pallla in fase di non possesso, e così la partita si fa estremamente scorrevole ed aperta ad ogni tipo di soluzione. Buon per il Madrid, che salta con relativa facilità le prime due linee avversarie e può scegliere la miglior giocata sulla trequarti. Ancora protagonista Higuaín, l’ uomo dei finali di campionato: schierato nel tridente con Van Nistelrooy e Robinho, inizia l’ azione del pareggio che coinvolge proprio tuti e tre gli attaccanti: palla filtrante del Pipita, conclusione di Robinho respinta da César, ribattuta a porta vuota di Van Gol.
Nei finali di campionato gioca un ruolo fondamentale anche il fattore emotivo, e così il Zaragoza ardito dei primi minuti da questo momento rimane schiacciato praticamente fin quasi alla fine del primo tempo, accusando il colpo del pareggio. È la fase in cui il Real Madrid gestisce il gioco a piacimento, e nella quale Sneijder e Guti mostrano pienamente il lato positivo della loro contemporanea presenza: il biondo in particolare comincia a far correre i compagni coi suoi inimitabili passaggi nello spazio, e la pressione sul Zaragoza si fa consistente, smorzata solo nel finale del primo tempo quando Oliveira vede respinta quasi sulla linea da Sergio Ramos la sua conclusione a botta sicura.
Passata la fase più difficile, il secondo tempo diventa chiaramente dei padroni di casa: il Madrid non ha più neanche tanta voglia di guastare la festa, l’ intensità di gioco scema e i contrattacchi si diradano progressivamente, lasciando tutta la scena a un’ ormai costante occupazione della metacampo avversaria da parte del Zaragoza. Sempre più tiri verso la porta di Dudek, occasioni più frequenti e nitide, e si conta anche una traversa colpita dopo una carambola un po’ strana fra Aimar (che poi uscirà per fare spazio a Gabi: volenteroso ma poco incisivo, stagione da dimenticare per il Payaso) e Sergio Ramos.
Prima che però la monotonia si impadronisca della partita, ecco la doccia gelida: al Real Madrid non serve costruire un contesto a sé favorevole, gli basta un’ azione per lasciare segni indelebili, ecco quindi riapparire il buon Higuaín, in profondità per Robinho tenuto in gioco dai ritardatari Paredes e Sergio (che non seguono l’ uscita di Ayala), sontuoso e spietato il tocco sotto del brasiliano sull’ uscita di César, eseguito con la tranquillità tipica di chi ha già vinto un campionato.
Gioca la carta della disperazione il Zaragoza, inserendo Óscar per Matuzalem e portando la torre difensiva Sergio quasi stabilmente nell’ area avversaria. Proprio il difensore galiziano, dopo un tentativo di testa sventato da Dudek, trova finalmente il gol, a 5 minuti dal termine, un destro angolato al termine di una mischia a centro area. I margini, per quanto riguarda sia il tempo che l’ aspetto psicologico, per rimontare ci sarebbero tutti, ma esce allo scoperto il grande protagonista della partita, ovvero Jerzy Dudek. Il polacco ci tiene a dimostrare qualcosa e nel finale comincia a respingere tutto quello che giunge nei paraggi, non importa se si tratta del pallone: semplicemente mostruosa la parata, in pieno recupero, sulla ribattuta a botta sicura di Óscar dopo un primo intervento su una sassata dalla distanza di Gabi. È l’ ultima chance, quella che consuma il patatrac per i padroni di casa.
Zaragoza sull’ orlo del burrone: dopo il Celta l’ anno scorso e nel 2003, dopo l’ Atlético nel 2000, sarebbe un’ altra retrocessione eccellente che ribadisce l’ enorme difficoltà del campionato spagnolo, generalmente strutturato su due-tre squadre al vertice seguite da un marasma poco distinguibile di squadre della classe media (la classe media per me più forte d’ Europa), nel quale qualsiasi calo di rendimento può costare carissimo e farti passare in poche settimane dalla prima metà della classifica alla zona-retrocessione. Nella Liga non puoi permetterti di avere una crisi e vivacchiare comunque a metà classifica: chi si ferma viene presto risucchiato nei bassifondi. Questo è successo a un Zaragoza che nei primi mesi ha faticato a trovare equilibrio e continuità di gioco, e che poi è sprofondato man mano che subentrava la sua inadeguatezza alla lotta per la sopravvivenza.
Fatti agli aragonesi i debiti rimproveri per essersi cacciati in questi situazione, va comunque riconosciuto che con Villanova negli ultimi tempi si è vista una squadra che ha giocato con dignità, sapendosi calare nella parte e offrendo un calcio magari confuso ma sicuramente generossimo e dalla produzione offensiva copiosa, dando tutto e in alcuni casi non meritando certi verdetti troppo severi. Personalmente, non mi auguro una retrocessione del Zaragoza, non solo perché duole vedere giocatori di questo livello retrocedere, ma anche perché non credo stiano facendo di tutto per non meritarselo (dovendo scegliere chi condannare fra le varie candidate, prenderei l’ Osasuna, pur non avendo nulla contro i navarri).
Al Camp Nou, si consuma l’ ennesima piccola vergogna (sommatele tutte e poi ditemi che risultato viene) della stagione blaugrana. Barça nemmeno capace di rendere omaggio come si deve a Rijkaard, all’ ultima casalinga da tecnico del Barça, il tecnico che ne ha segnato la storia recente e che comunque il dovuto omaggio lo ha ricevuto dal pubblico, inferocito invece con Laporta e con i giocatori, specialmente con Eto’o, bombardato di fischi per essersi fatto squalificare in maniera presuntivamente volontaria prima della partita del Bernabeu (queste son le cose che periodicamente ti fanno dubitare della sanità mentale del pubblico del Camp Nou, il più classico e tradizionale autolesionismo blaugrana).
Il Mallorca non fa complimenti, e tiene vive le chances-Uefa (senza i troppi pareggini ottenuti nella fase centrale della stagione, si sarebbe potuto pensare anche a qualcosa di più, vedendo davanti il Racing che come qualità è sicuramente inferiore) con l’ ottimo “dodicesimo uomo” Borja Valero, con Webó e con l’ ennesimo acuto di Güiza: impressionante la stagione del centravanti andaluso, spero comunque che questo non intacchi la serenità di Aragonés al momento di scegliere i 23 per l’ Europeo (da parte mia, vale lo stesso discorso fatto per Raúl).
Il Sevilla, in quest’ annata di comprensibile transizione, si toglie comunque la soddisfazione di vincere il derby: ancora in gol Fazio, convincentissimo da centrocampista difensivo, mossa azzeccata di Jiménez già dai tempi del Sevilla Atlético. Il Getafe bada al sodo a Valladolid e si toglie ogni ansia di dosso, salvando una stagione che ha proposto comunque pagine indimenticabili.
Anche il Valencia scaccia definitivamente l' incubo: goleada nel derby col Levante che ha decisamente altro per la testa e medita un clamoroso sciopero per l' ultima giornata al Bernabeu. Bella tripletta di Villa: saranno i suoi ultimi gol valenciani?
CLASSIFICA
1 R. Madrid 82 (Campione di Spagna-alla fase finale di Champions)
2 Villarreal 74 (alla fase finale di Champions)
3 Barcelona 64 (ai preliminari di Champions)
4 Atlético 64 (ai preliminari di Champions)
5 Sevilla 61 (in Uefa)
6 Racing 57
7 Mallorca 56
8 Deportivo 52
9 Athletic 50
10 Almería 49
11 Espanyol 48
12 Valencia 48
13 Getafe 46
14 Betis 46
15 Valladolid 44
16 Recreativo 43
17 Osasuna 43
18 Zaragoza 42
19 Murcia 30 (in Segunda)
20 Levante 26 (in Segunda)
CLASSIFICA MARCATORI
Güiza (Mallorca) 26
Luis Fabiano (Sevilla) 24 (2 rig.)
Raúl (R.Madrid) 18 (3 rig.)
Agüero (Atlético) 18
Nihat (Villarreal) 18
Etichette: Liga
18 Comments:
giusti i fischi ad Eto'o: non puoi insultare il Real in mondovisione quando vinci lo scudetto, e poi dartela a gambe quando sono gli altri a vincere;
(qui a Roma ti direbbero: "a rosicone!")
è proprio una vigliaccata..
markovic
Chiamala piccola vergogna!! Per me è stata l'ennesima dimostrazione di quanto in basso è finito il Barça.
Sono riusciti per l'ennesima volta a farsi rimontare un risultato favorevole.E'vergognoso!! Ennesima partita da buttare via. Non hanno neanche ringraziato Rijkaard come si meritava, ma dove è finito l'orgoglio dei giocatori?
Invece, secondo me,il pubblico si è comportato bene: ha applaudito Rijkaard, e fischiato sia Laporta che i giocatori. Anch'io avrei fatto così, dopo una stagione del genere era il minimo.
E vabbè, non ho seminato consensi... :)
Io comunque non ce l' ho con il pubblico per i fischi ai giocatori, ce l' ho nello specifico con quelli ad Eto'o. Ammesso che si sia fatto squalificare apposta, valuto negativamente questi fischi perchè si inseriscono in un contesto generale nel quale Eto'o mi sembra sempre più sopportato che amato dall' ambiente, soprattutto dopo quelle dichiarazioni (imprudenti) che fece l' anno scorso. In alcuni, vedi El Mundo Deportivo, si fa una vera campagna stampa contro il camerunese.
Io trovo inconcepibile questo clima attorno a un giocatore che come nessuno (solo Puyol) ha sputato sangue per la maglia blaugrana, con un rendimento esemplare. Un giocatore del quale mi sentirò sempre orgoglioso come tifoso.
Fischiarlo ogni volta che tocca palla mi sembra un insulto, quasi come se gli si volesse dire: "vattene via imbecille, non ci servi". Inaccettabile.
Applaudire Rijkaard era doveroso, per rispetto nei suoi confronti al termine di un ciclo, però se il messaggio è "Rijkaard non ha colpe, la responsabilità è tutta dei giocatori e della società", allora non sono d' accordo. Si vince e si perde tutti assieme: come non digerivo sentire attribuire ogni merito alle individualità quando il Barça vinceva, ora non si possono nemmeno nascondere le responsabilità di Rijkaard, che non può rimanere totalmente estraneo a questa ingloriosa decadenza.
Hi from Spain!
Nice blog!
Planeta Futgol
Ciao Valentino, visto che mi dai tutti questi spunti mi dilungo un pochino.
A me come giocatore Eto’o piace un casino, perché è l’unico lì davanti che si sbatte e fa un lavoro senza palla che nessuna delle altre punte ha mai fatto. Mi piace meno quando esce con dichiarazioni fuori luogo come quelle dell’anno scorso. E non mi è piaciuto quando ha detto di non sapere quanti cartellini gialli aveva accumulato, quando invece era stato avvisato. Ecco io lo avrei fischiato per questo motivo, perché, come tifosa, mi sono sentita presa in gira. Non l’avrei mai insultato, questo no.
Avrei fischiato per frustrazione, per come è stata buttata via questa Liga e secondo me Eto’o è uno dei tanti responsabili. Ha lottato si, però non ha avuto un rendimento eccezionale, insomma ha fallito tutte le occasioni importanti!! Tu mi citi Puyol come esempio di dedizione alla maglia blaugrana, verissimo però io ci metterei anche Iniesta, a me quest’anno è piaciuto tantissimo, è stato uno dei pochi che si è impegnato tutto l’anno, ha giocato alla grande in tutte le partite e purtroppo ha sbagliato clamorosamente la partita a Manchester, ma solo quella!!
Anch’io mi sento disgustata dall’atteggiamento della stampa di Barcelona: El Mundo Deportivo pro Ronaldinho e anti Eto’o e Sport pro Eto’o e anti Ronaldinho. Non li leggo più da tempo, gli do solo un’occhiata e poi scappo subito. Non mi lascio di certo influenzare dalle loro opinioni.
E su Rijkaard lo so che non sono troppo obbiettiva e ho già scritto tanti di quei post sul mio blog che non mi sembra il caso di dilungarmi troppo. In sintesi: ha le sue colpe però non è l’unico che deve pagare. Perché come dici giustamente te si vince e si perde tutti assieme, così le colpe devono prenderle tutti: dall’allenatore ai giocatori passando per la società. Mi puoi criticare Rijkaard per tanti motivi ma non lo puoi accusare di aver esaltato le capacità dei singoli a discapito della squadra. Lui è quello che ha sempre esaltato il concetto squadra, il si vince e si perde tutti assieme. E questo è uno dei motivi per cui mi sarebbe piaciuto vederlo ancora nel Barça…
No, attenzione, io non ho mai accusato Rijkaard di esaltare i singoli a discapito della squadra, anzi in contrapposizione a chi attribuiva i successi del Barça alle sole individualità ho sempre sottolineato come il Barça 2004-2006 fosse un magnifico connubio di individualità e collettivo, secondo quanto sosteneva anche Arrigo Sacchi tanto per fare il nome di uno che ne sa qualcosina in più di me :)
Quando il Barça negli ultimi due anni ha perso la coesione e le sue caratteristiche forti, il rapporto fra collettivo e individualità si è sbilanciato nettamente in favore delle seconde, e il risultato è stato il naufragio che abbiamo tutti sotto gli occhi, ulteriore dimostrazione che non esiste calcio vincente e non esiste nemmeno "bel calcio" senza il collettivo (questo lo dico per contrastare una visione equivoca molto diffusa del "bel calcio", quella che cioè lo identifica con i giochetti da pubblicità della Nike).
Sulle critiche che fai ad Eto'o sono d' accordo, ma aggiungo che a me forse piace proprio per questo.
È contraddittorio, è vero, è "umano". Con quelle dichiarazioni la fece letteralmente fuori dal vaso, tante altre volte ha avuto degli atteggiamenti discutibili, però la contraddizione di Eto'o sta proprio in questo: fa delle dichiarazioni fuori luogo che lo fanno vedere come uno spacca-spogliatoio, ma quando poi lo vedi in campo (l' unico riscontro che noi spettatori possiamo avere, e l' unica cosa a contare veramente) l' ultima cosa che puoi pensare è che sia uno che non tenga alla squadra o che addirittura giochi contro l' allenatore. Eto'o non credo farebbe mai una porcheria del genere.
Io ho sempre amato quelli che ci mettono passione, come era anche Luis Enrique per il quale andavo pazzo: al di là delle caratteristiche atletiche o tattiche rilevantissime che citi, il vero segreto che ha portato Eto'o al vertice nella classifica degli attaccanti mondiali è proprio il carattere. Un' ambizione vorace, smisurata, volta a migliorarsi giorno dopo giorno. Del ciclo storico del Barça di Rijkaard, è uno dei pochi che non vedo mai seduto sugli allori.
Vero che non è stato brillantissimo quest' anno (negli ultimi ho visto un po' annacquato il suo spunto), però non è neanche facile in questo Barça distinguere i demeriti individuali da una situazione globale di deriva. Se l' insieme non gira, tutti i giocatori perdono qualcosa.
Sono d' accordo che non è bello chiamarsi fuori volutamente da una partita, ma quei fischi ogni volta che tocca palla e gli insulti restano per me inconcepibili, il significato che rischiano di assumere è "non ti vogliamo" (e in giro ci sono anche i pazzi che sostengono che Eto'o se ne debba andare perchè tanto abbiamo Bojan, che con tutto il rispetto attualmente ha un mignolo dell' importanza e dello spessore di Eto'o)... l' ultima cosa che voglio è che Eto'o si accorga di non essere desiderato e decida di cambiare aria...
Su Iniesta nulla da dire, citavo Puyol ed Eto'o come elementi più rappresentatvi dello spirito di squadra.
Non so più dove leggerle le notizie sul Barça francamente: Sport mi sembra un covo di fanatici (anche se ci scrive Martí Perarnau che è un grande), "El Mundo Deportivo" un po' meno ma insomma non ci siamo proprio, del madridista "As" manco a parlarne perchè giorno dopo giorno organizza una vergognosa propaganda destabilizzante nei confronti del Barça. Non mi piace in generale la logica dei quotidiani sportivi spagnoli, o "Tutto Madrid" o "Tutto Barça"... non a caso le cose migliori le scrivono sulla pagina sportiva del Pais.
Conosco il tuo amore sconfinato per Rijkaard e gli hai dedicato anche un bel post sul tuo blog.
Personalmente sono d' accordo col cambio in panchina (poi sono un super-estimatore di Guardiola, speriamo di poterlo apprezzare anche da allenatore), ma neanche per sogno penso che sia l' unico cambio da fare: c'è tanto da sfoltire e rinnovare nella rosa, bisogna riempire la rosa di giocatori giovani e affamati di successo (il modello degli acquisti per la prossima estate non deve essere affatto quello della superstar affermata alla Henry).
Thuram, Marquez (gran giocatore, ma mi sono rotto di vedere quell' attitudine nelle partite "poco importanti"), Zambrotta, Edmilson, Gudjohnsen, Ronaldinho, Henry, Giovani (in prestito) e forse anche Deco: una lunga lista cui aggiungo Abidal e Xavi che dovranno partire declassati nell' organico del prossimo anno (comunque si potrebbero sempre vendere in caso di offerte particolarmente convenienti).
@ Carlos
Grazie.
Perfetta la tua visione del Barça e del collettivo che ha funzionato alla grande fino a quando non sono venite fuori le varie individualità.
Verissimo Eto’o è molto più umano di tanti altri, ci mette passione però secondo me ha perso tantissimo negli ultimi due anni, vuoi per gli infortuni vuoi per altri motivi. Non è più il calciatore passionale che tu descrivi. Ha perso anche Ronaldinho: i due hanno funzionato magnificamente assieme, era un piacere vederli giocare, si cercavano, si trovavano a occhi chiusi con una facilità incredibile. Si compensavano uno con l’altro e i due presi singolarmente hanno perso qualcosa.
Eto’o l’ho inserito nella mia personalissima lista di chi se ne deve andare, ma non perché credo che tanto c’è Bojan, per carità, hai perfettamente ragione, il ragazzino è bravo però deve ancora fare tanta strada per raggiungere il livello del camerunense. L’ho inserito un po’ perché mi ha delusa, certe sue dichiarazioni non mi sono piaciute e un po’ perché l’anno scorso abbiamo sbagliato a non cedere Ronaldinho e ho paura che quest’anno succeda la stessa cosa con lui: trovarcelo bollito, con poca voglia di fare e boicottato dai tifosi.
I nomi che fai sono gli stessi che ho in mente io, l’unico che non metterei in forse è Deco, il problema sarà trovare un sostituto degno. Su Marquez hai ragione, Giovani in prestito e anch’io ho pensato a Xavi e Abidal come riserve, e aggiungo anche come panchinaro Sylvinho per l’onesta stagione di quest’anno.
Non ho mai voluto Henry per cui sono d’accordo sul non puntare ai giocatori affermati ma largo ai giovani!!
Sono imbarazzanti i giornali spagnoli, io leggo la pagina sportiva del elpais e elentorno.com che è abbastanza decente. Martí Perarnau lo preferivo quando scriveva nel suo blog.
Mi fa piacere leggere che anche tu impazzivi sia per Luis Enrique che per Guardiola. Mi associo al tuo desiderio di poterlo apprezzare da allenatore tanto quanto l’ho apprezzato da giocatore. Pep ha carisma e una grande personalità, conosce il fatidico ‘entorno’ del Barça, ha i giornalisti dalla sua, potrebbe essere l’uomo giusto al momento giusto.
Perarnau su Sport l' ho letto poco o nulla, chiaro che era molto meglio il blog. Lo seguivo assiduamente, era un punto di riferimento, sempre molto aggiornato e scritto molto bene.
Su Eto'o sono più ottimista: per me non ha potuto trovare continuità in questa stagione fra l' infortunio al Gamper e la Coppa d' Africa, lo schifo generale della squadra ha fatto il resto. Non si è rivisto lo spunto micidiale, ma credo non ci saranno problemi a ritrovarlo se avrà modo di preparare la prossima stagione nella maniera ottimale. Fidati, il Leone ce l' ha ancora dentro! :)
Certo che con Ronaldinho era una grande società: hai perfettamente ragione, si completavano, uno migliorava l' altro, Ronaldinho esaltava la profondità di Eto'o ed Eto'o forniva uno sfogo ineguagliabile alla fantasia di Ronaldinho nell' inventare passaggi (basta vedere cosa succedeva nella nazionale brasiliano, quando al posto di Giuly ed Eto'o Ronaldinho faceva certi passaggi ad Adriano e Ronaldo, cioè due pali della luce). C'è anche la puntata de "La Clase del Barça" (li hai visti? Ci sono anche su Youtube) dove Eto'o spiega i suoi movimenti con Ronaldinho.
Ma questo ormai è il passato, ahimè dovremo abituarci...
Deco per me è un dubbio amletico: certo, gioca una partita sì e dieci no, probabilmente è anche sazio, ma trovare un centrocampista del suo stesso spessore in giro è un' impresa.
Anche sostituire Marquez non sarà facile, bisognerà trovare un altro difensore bravo a iniziare l' azione come lui, sennò il rischio è che pressandoci a morte i centrocampisti annullino tutte le nostre fonti di gioco.
Abidal resterebbe il terzino sinistro titolare se questa squadra non fosse il Barça, che ha bisogno di terzini di maggior qualità in fasse offensiva; Xavi penso potrebbe essere un primo ricambio di lusso per il centrocampo.
Sylvinho mi è sempre piaciuto: qui devo criticare Rijkaard, che lo ha sempre obbligato al ruolo di seconda scelta nelle partite meno importanti, anche quando il brasiliano meritava di dimostarre qualche chance in più o quando comunque gli sviluppi di determinate partite richiedevano le sue qualità offensive (ad esempio a Manchester, dove abbiamo giocato 90 minuti senza un minimo di spinta sulla fascia sinistra).
Giudico quantomeno avventata la tua bocciatura di Xavi e Marquez come giocatori-chiave del nuovo Barcelona.
La fine di un ciclo implica scelte dolorose ma nette (come la partenza di Deco ufficializzata ieri: ho finito i fazzoletti...), non si tratta solo di avere giocatori di qualità, ma anche giocatori affamati, come affamati erano i vari Marquez, Ronaldinho, Giuly, Eto'o quando vennero al Barça (non avevano ancora vinto nulla).
Marquez per me è un difensore fantastico, ma negli ultimi due anni ho visto troppe cose che non mi sono piaciute: sempre all' altezza nei partitoni di Champions League, irritante in alcune partite "minori" di campionato. Non di rado è capitato poi di leggere di comportamenti non proprio brillanti dal punto di vista disciplinare (tipo l' anno scorso, il ritorno con qualche comodo giorno di ritardo dalle vacanze natalizie, ovviamente non punito dalla società).
Insomma, bisogna capire se il messicano ha voglia di tornare a sacrificarsi per un nuovo progetto, sta tutto lì: il Barça dell' anno prossimo ha bisogno di giocatori implicati al 100%, giorno dopo giorno, non solo ogni due settimane quando suona la musichetta della Champions.
Per quanto riguarda Xavi, non lo venderei per una serie di motivi: primo perchè partirà già Deco, secondo perchè è un giocatore della casa e credo che tenga veramente al club così come Valdés, Puyol, Oleguer e Iniesta, terzo perchè è un signor giocatore che può sempre essere, ripeto, un' alternativa di lusso per il centrocampo, e proprio il fatto di essere un uomo del club credo che gli consentirà di accettare meglio la panchina da cui partirà l' anno prossimo.
Deve partire dalla panchina perchè non offre più un livello di gicoo tale da renderlo indiscutibile, e perchè per l' anno prossimo il Barça ha biusogno anzitutto di un Keita che possa supplire alla figura del Davids/Deco riprendendo al tempo le stesso le caratteristiche di incursore che mancano in rosa dai tempi di Van Bommel (Gudjohnsen le ha fatte solo intravedere), e poi perchè il ruolo di mezzala creativa penso sia ora che spetti ad Iniesta (a proposito, conosci il famoso aneddoto dei tempi in cui giocava Guardiola? C'è un allenamento del Barça, al quale per la prima volta partecipa un giovanissimo Iniesta, che impressiona già tutti per l'abilità: sicchè Guardiola si rivolge a Xavi e dice "tu manderai in pensione me, ma quel ragazzo farà lo stesso con te"), così come in nazionale vedo Cesc davanti a Xavi... figurati se ho qualcosa contro Xavi, uno dei miei giocatori preferiti, ma il tempo passa e la realtà dei fatti va riconosciuta.
Tutto questo fermo restando che ove dimostrasse di meritarselo Xavi potrebbe benissimo riguadagnarsi un posto da titolare, se tornasse quello di prima dell' infortunio ci sarebbe poco da discutere...
Ritengo che il punto fondante di questa discussione sia incentrato sull'aspetto motivazionale.
Mi sembra molto più semplice (e redditizio) restituire motivazioni a giocatori del livello di Xavi e Marquez piuttosto che metterli da parte e cercare di meglio sul mercato.Più che altro l'incognita alla quale mi viene da pensare è legata all'adozione del modulo da parte di Guardiola.E qui credo che,in un ipotetico 4-3-3,il terzetto titolare debba essere formato da Xavi,Tourè ed Iniesta,schierato quest'ultimo come incursore centrale.
Ps:molto divertente l'aneddoto che hai raccontato,tuttavia appare più calzante una successione Guardiola-Xavi più che una tra Xavi ed Iniesta,due calciatori con caratteristiche nettamente più complementari.
L' aneddoto era giusto per condividerlo, comunque hai ragione, non solo Iniesta (più trequartista che regista) è molto diverso da Xavi, ma lo stesso Xavi è abbastanza diverso da Guardiola: Xavi è esploso quando Rijkaard durante la stagione 2003-2004 è passato ai tre centrali di centrocampo, avanzando di qualche metro la posizione di Xavi, protetto da Davids sul centro-sinistra e Cocu davanti alla difesa. I geometri e i creativi della cantera del Barça adesso tendono a giocare più in questa posizione più avanzata di mezzala, mentre Guardiola si muoveva davanti alla difesa, il famoso "4" di Cruijff che adesso viene interpretato da giocatori più fisici come Touré o da difensori spostati davanti alla difesa come stopper aggiunti, tipo Marquez ed Edmilson. C'è stata un' evoluzione insomma.
Il centrocampo che proponi purtroppo ha già dimostrato abbondantemente di non reggere quest' anno: la coppia Xavi-Iniesta non è in grado di fare abbastanza filtro e tende ad abbandonare Touré. Deco era necessario, e penso sarà necessario uno come Keita l' anno prossimo.
Per quanto riguarda le motivazioni, non credo sia questo il problema principale di Xavi. Il problema è stato strettamente di rendimento: non è un fuoriclasse capace da solo di inventare la giocata come certi suoi compagni, ha biosgno di punti di riferimento saldi per rendere al meglio, e cioè una squadra ben posizionata in fase di non possesso che gli eviti il più possibile di difendere nella sua metacampo e cher in fase di possesso gli offra invece tante e buone opzioni di passaggio per poter dare fluidità alla manovra. Sappiamo che son proprio questi i due punti in cui è naufragato miseramente il Barça quest' anno, e così son venute molto più fuori le magagne di Xavi, i gravi limiti atletici nei ripiegamenti e l' incapacità di accelerare palla al piede, sicchè col Barça chiuso in un imbuto la maggior parte delle volte la scelta migliore per lui è stata il passaggio orizzontale o all' indietro.
Per Marquez ritengo invece abbastanza difficile ridargli le motivazioni migliori, mi sembra che il messicano abbia staccato la spina, e in ogni caso è meglio venderlo adesso prima che si svaluti.
Quello che mi sembra invece follia pura è la sempre più probabile cessione di Eto'o.
Per il resto, Piqué (acquisto che mi soddisfa) pare fatto, il cerchio attorno ad Alves si sta stringendo mentre mi sembra grave il fatto che Lahm abbia prolungato col Bayern: sarebe stato un acquisto comodo non solo per la fascia sinistra, ma anche per rimpiazzare le assenze del terzino destro ultra-offensivo che verrà acquistato. Così il rischio è che appena si farà male Alves o chi per lui, il Barça sarà costretto a giocare con Oleguer e Puyol, e si tornerebbe ai problemi diquest' anno, cioè all' insufficente ampiezza e profondità del gioco sulle fasce.
Vale, se hai voglia di farti quattro risate... http://calciorusso.blogspot.com/2008/05/non-mettetevi-ridere-per-favore.html
C'è da considerare il fatto che l'anno che sta per chiudersi,l'ultimo della (ottima,a mio avviso) gestione Rijkaard,rappresenta la fine di un ciclo,per questo molte delle indicazioni offerte vanno particolarmente soppesate.Bisogna ad esempio saper distinguere chi ha bisogno di essere recuperato nell'aspetto psicofisico,ma che ha ancora molto da dare alla causa, da chi invece merita di essere ceduto perchè ha fatto il suo tempo in blaugrana.Categoria quest'ultima in cui hai inserito Marquez,ed ho già espresso il mio disappunto,mentre invece siamo d'accordo su altri nomi,Ronaldinho e Zambrotta i primi che mi vengono in mente.
Riguardo Xavi,le sue difficoltà di questa stagione sono dovute alla prevedibilità del gioco di Rijkaard più che ai suoi limiti fisici,eppure è riuscito a segnare 7 reti;record personale di segnature,credo.
Capitolo nuovi acquisti:bene Piquè,benissimo Dani Alves,personalmente acquisterei un'ala pura.
P.s:sono fermamente convinto che Xavi-Tourè-Iniesta sia un'eccellente linea mediana.
@ Kerzhakov
Ho provato ad accedere, ma mi dice che la pagina non esiste.
@ Gandhi
Xavi non è un' individualità capace di brillare di per sè, ha bisogno di un contesto di squadra che ne esalti le qualità di perno della manovra. Quando la squadra si mantiene corta e con il baricentro spostato nella metacmpo avversaria, lui può concentrarsi esclusivamente sulla costruzione del gioco, e se ci sono gli appoggi e i movimenti giusti da parte dei compagni è capace di dare una fluidità impressionante al gioco. Questa situazione esisteva nel Barça 2004-2006 (soprattutto in quello del 2004-2005, con Belletti e Gio terzini-ala e con Giuly ed Eto'o che dettavano costantemente il passaggio in profondità), e infatti abbiamo visto un Xavi mostruoso.
Il problema non sono i limiti di Xavi in sè, ma il fatto che il contesto di quest' anno li abbia fatti emergere in netta prevalenza. Xavi è un giocatore strettamente caratterizzato, già è impossibile pensarlo in un altro contesto, se poi il Barça come blocco applica male la sua filosofia di gioco lui è quello che ne risente di più (ripeto, non è nè Messi nè Iniesta, non può occultare questi disagi con una giocata individuale).
Vero quello che dici dei gol, un dato atipico, io li avrei barattati volentieri con una presenza più incisiva nel gioco del centrocampo.
Può darsi che cambiando una dinamica generale anche quest' aspetto possa cambiare, ma io ho visto una squadra molto fragile con Xavi e Iniesta mezzeali (ci sono anche delle statistiche inquietanti: prova a vedere quanti punti ha fatto la squadra in questi ultimi anni con loro due sulla stessa linea a centrocampo): non è colpa dei due giocatori, che hanno le loro caratteristiche, ma insieme non si completano bene soprattutt per quanto riguarda la fase di non possesso.
Xavi ha limiti dinamici, Iniesta corre di più ed è più aggressivo ed efficace nel rubare palla, ma tende a perdere con più facilità la posizione rispetto a Xavi che invece ha ottimo senso tattico.
Perchè Iniesta tende a perdere la posizione? Per il suo modo di giocare quando ha il pallone: se notate gli piace cercare la percussione palla al piede, fa parte del suo stile di gioco ed è spesso una soluzione molto fruttifera, quando svaria e cerca magari la superiorità numerica in coppia soprattutto con l' ala sinistra. Benissimo quando riesce a sfondare, ma pensa a cosa succede quando perde il pallone: svariando perde la posizione, si allontana da Xavi e Touré e questo rischia di spezzare la squadra in due, lasciando un sacco di campo agli avversari per arrivare fino alal trequarti blaugrana.
Deco ha un tipo di gioco che magari viene apprezzato meno a prima vista, ma che tatticamente è fenomenale: quando ha la palla oltre a giocarla con la qualità che sappiamo lui in realtà stà già pensando alla fse successiva, a quando cioè la palla ce l' avranno gli avversari, perciò amntiene sempre la posizione corretta e facilita un recupero del pallone più immediato o comunque un' interruzione sul nascere del contrattacco avversraio grazie ai falli atttici. Non è un caso che con Deco in campo il Barça tenda ad essere più compatto, a subire meno attacchi avversari e in definitiva a perdere meno partite.
Anche per questo ampio discorso io invoco un Iniesta trequartista, avere un giocatore in più alle sue spalle pronto a recuperare il pallone lo renderebbe più libero nelle sue iniziative palla al piede, con più benefici e meno scompensi per la squadra (l' unico neo è che Iniesta fa ancora troppi pochi gol per giocare più avanzato).
Quindi se devono giocare assieme preferisco Xavi a centrocampo con un' altra mezzala più solida in interdizione (ieri Davids e Deco, domani magari Keita) e Iniesta avanzato sulla linea degli attaccanti con molta libertà di svariare. Altra soluzione potrebbe essere un 4-4-2 con Iniesta che parte da sinistra a centrocampo, Tourè e Xavi nel mezzo ed un esterno destro in grado di coprire bene la fascia nelle due fasi, mi viene in mente Jonas Gutiérrez con queste caratteristiche (questo ovvierebbe a un punto debole grave dellla fase difensiva del Barça quest' anno, e cioè la copertura della fascia destra: Xavi risucchiato al centro e in ogni caso atleticamente incapace di dare una mano costante al terzino, di conseguenza frequenti due contro uno degli avversari con Zambrotta, vedi ad esempio il secondo tempo col Betis o il ritorno col Valencia nella Copa. Non è un caso che Rijkaard abbia spostato Eto'o proprio su quella fascia prima del ritorno di Messi, cercava proprio raddoppi più costanti fra le altre cose).
Nuovi acquisti: Piqué mi sembra abbia le caratteristiche per surrogare Marquez, nel senso che sa avviare l' azione dalle retrovie e può giocare sia da difensore centrale che davanti alla difesa (deve invece migliorare come posizionamento); su Alves ho qualche dubbio che magari spiegherò in un articolo successivo; sull' ala hai abbastanza ragione: prima era Ronaldinho a sinistra la mezzapunta, mentre Giuly allargava il campo e dava profondità, ora Ronaldinho se ne andrà e a destra c'è Messi, quindi occorrerà acquistare un giocatore con caratteristiche simili a Giuly ma sulla sinistra (potrebbe anche non essere un' ala pura ma una seconda punta in grado di adattarsi alla fascia e attaccare lo spazio, non a caso si è tornato a parlare di Palacio).
Osservazioni molto acute,non c'è che dire.Allo stesso modo il centrocampo che hai proposto,e cioè Xavi,Tourè,Keita,Iniesta, sarebbe un reparto fantastico:devo dire che mi intrigherebbe molto (ri)vedere un Barca schierato con la 4-4-2.
Non abolirei il 4-3-3, ma non mi dispiacerebbe una squadra più flessibile, in grado all' occorrenza di passare anche al 4-4-2.
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