giovedì, dicembre 14, 2006

MONDIALE PER CLUB: Barcelona-America 4-0: Gudjohnsen; Marquez; Ronaldinho; Deco.

Non c'è stata proprio partita. Mi aspettavo sì un Barça vincitore, ma pensavo soffrisse di più, vuoi per il livello teoricamente attendibilissimo dell' avversario, vuoi per gli effetti del fuso orario, che avrebbero potuto affliggere un Barça arrivato soltanto due giorni fa in Giappone.
Invece il divario è stato semplicemente abissale: l' America aveva sì l'intenzione di colpire in contropiede la difesa alta blaugrana (come poteva fare Claudio Lopez ad inizio partita), aveva pure messo Cuevas al posto di Blanco come avevo auspicato, ma il Barça è sceso in campo arciconvinto sin dal primo minuto e, trovando il gol con Gudjohnsen già all' undicesimo, ha messo la partita in cassaforte.
Da quel momento è stata un' esibizione pura e semplice di calcio sublime: la differenza l'hanno fatta non solo l'ovvia, inaccessibile, superiorità tecnica, ma anche un gioco di squadra perfettamente collaudato: giocate di prima mai fini a se stesse, perchè il movimento senza palla fornisce sempre soluzioni utili. Se ci aggiungiamo che l'abilità dei singoli fa circolare il pallone alla velocità della luce e lo fa filtrare in spazi impossibili, abbiamo il ritratto del Barça. Magia dei singoli e collettivo, esemplare il gol di Gudjohnsen: Iniesta scambia con Deco, Deco serve Ronaldinho che si è inserito fra le linee, Ronaldinho serve di prima con un colpo di tacco Iniesta, che ha seguito l'azione e si è inserito al limite dell'area, dal quale serve Gudjohnsen, che nel frattempo si era smarcato sulla sinistra per occupare la zona lasciata libera da Ronaldinho, il quale risolve prendendo in controtempo Ochoa.
L'esatto opposto l'America: una squadra con buone qualità tecniche, ma che non fa mai nulla per alzare i ritmi sulla trequarti avversari. Non un movimento interessante (a parte Claudio Lopez, svuotato peraltro della sua antica ipervelocità), tutti che toccano il pallone trenta volte a testa, tutti che vogliono il pallone sui piedi e che partono a turno con iniziative individuali velleitarie, per quanto i fondamentali non manchino ai singoli (come ad esempio all' ottimo Castro, da portare subito in Europa). Sinceramente, e mi sbilancio un po' visto che non sono un habituée delle partite delle Aguilas, i messicani, sia contro il Jeonbuk che contro il Barça, mi hanno dato l'idea di una squadra che gioca un calcio sorpassato, al piccolo trotto. Molto probabile che, anche contro una squadra meno "marziana" come poteva essere il Liverpool dell' anno scorso, avrebbero mostrato questa loro inadeguatezza.
E' stato quindi uno show, del quale i principali protagonisti son stati gli uomini dal centrocampo in su: un Iniesta come al solito perfetto, sempre la cosa giusta al momento giusto e sempre nel modo più elegante (dei giocatori del Barça è quello che, quando entra in azione, più di tutti mi dà l'impressione di non poter perdere mai il pallone), un Deco imbarazzante per qualità, completezza e continuità (fantastico il suo gol, splendido l'esterno con cui smarca Giuly nell' azione del gol di Ronaldinho: tutto un fiorire di giocate son la suola e di "sombreros") e un Ronaldinho che ha saziato quei tifosi giapponesi che in tribuna deliravano per lui: magari a volte un po' troppo "star" (preferisco, semplice simpatia personale, la discrezione e il lavoraccio degli Iniesta e dei Deco), ma sempre geniale, come quando sfiora il capolavoro a fine partita, un pallonetto dal limite dell' area che impatta sulla traversa.

Ora la finale con l'Internacional, che ieri si è qualificata battendo con un sofferto 2-1 l'Al Ahly. La partita l'ho vista distrattamente, per cui non ho potuto farvi un commento approfondito.
Comunque, i brasiliani mantengono le loro caratteristiche, che già vi avevo illustrato parlando della Libertadores (è ancora abbastanza attuale quel post): partiti Tinga, Bolivar, Jorge Wagner e Sobis, resta una squadra senza stelle assoluto, ma dal buon livello generale e dal notevole affiatamento: un blocco che sa giocare un calcio dinamico e aggressivo, sicuramente molto più dell' America. I moduli possibili restano due: o il 4-2-2-2 (con Fernandao che ora fa da Tinga, mezzapunta sul centro-destra) oppure il 3-5-2, che verrà probabilmente approntato per un Barça più che mai temibile.
Le variazioni rispetto alla Libertadores sono per l'appunto l' arretramento del versatile e intelligente Fernandao, con la coppia d'attacco composta ora da Iarley e dal 17enne Alexandre Pato, accreditato di potenzialità fenomenali (in gol contro l'Al Ahly) e la presenza, come terzino sinistro in sostituzione di Wagner, del peruviano Hidalgo, rivelazione coi paraguaiani del Libertad nell' ultima Libertadores, dotato di un sinistro eccezionale.
L'Internacional è secondo me squadra più debole rispetto al Sao Paulo dell' anno scorso (e anche rispetto al Sao Paulo che ha battuto nella finale della Libertadores), che in una serie di partite tipo finale NBA non avrebbe scampo contro il Barcelona, ma che in partita secca ha tutti i mezzi per combinare lo scherzetto, se non la si affronta con la dovuta attenzione.

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