venerdì, dicembre 08, 2006

L'ombra del doping.

Saprete ormai tutti delle rivelazioni di "Le Monde" secondo le quali il dottor Eufemiano Fuentes, coinvolto in prima persona nella "Operacion Puerto" che ha riguardato numerosi ciclisti spagnoli e non, avrebbe predisposto i piani di preparazione (con "aiuti" illegali compresi) per le stagioni 2005-2006 rispettivamente di Barcelona, Real Madrid, Valencia e Betis.
I dettagli non li riferisco, perchè potete trovarne abbondanti su tutti i giornali possibili e immaginabili e perchè sinceramente non ne ho voglia di riepilogarli, essendo questo mio blog un hobby e un angolo di svago. Non sono competente in materia, non vorrei dire castronerie e non ho proprio voglia di esprimermi in prima persona sulla questione, pur ritenendola della massima importanza oltre che necessariamente interessante. Se fossi un giornalista e avessi il dovere di informarvi, seguirei passo per passo la vicenda, ma avendo tempo limitato, continuerò a dedicare i miei post ai soliti argomenti.
Per ora la vicenda è completamente in alto mare (l'unica cosa che posso dire è che mi sembra strano che ogni volta ci passino solo i ciclisti), gli sviluppi (molto probabilmente giudiziari, i club tirati in ballo stanno partendo con le querele) tutti da verificare e tornerò a parlarne soltanto quando le conclusioni saranno definitive.
Ci tengo a fare questa precisazione per evitare il rischio che, mentre commento questa o quella partita, questo o quel gesto tecnico, possa dare l'impressione che certe questioni così gravi non le consideri nemmeno. Tutt'altro, però è il destino di noi appassionati: divertirci, appassionarci, anche esaltarci ma senza mai dimenticare che la corruzione e il doping (e non sto facendo accuse precise, badate bene) restano problemi più che mai irrisolti in tutto lo sport.

P.S.: Doping o non doping, al di là di questo caso specifico, deve restare viva l'urgenza di una riforma del calendario internazionale che diminuisca il numero degli incontri disputati ogni anno e lasci così più tempo ai giocatori per recuperare la forma fra una partita e l'altra. Non credo sarebbe la soluzione definitiva, però quantomeno aiuterebbe a diminuire il rischio d'infortuni e a scongiurare, almeno un po', la tentazione di ricorrere agli aiuti chimici per trovare energie altrimenti irrecuperabili.
Quindi, campionati nazionali a 16 (come hanno fatto in Portogallo) o massimo 18 squadre, via competizioni-doppione come le Coppe di Lega, via, nelle qualificazioni mondiali, il disumano girone unico sudamericano, via il gironcino di Coppa UEFA e chi più ne ha più ne metta. Questo non solo per lasciare tempo sufficiente per allenamenti all'altezza, ma anche per migliorare la qualità di competizioni come Europei e Mondiali la cui qualità, coi giocatori migliori spesso arrivati stracotti all'appuntamento, sta sempre più scemando.

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