SEDICESIMA GIORNATA: Barcelona-Atlético Madrid 1-1: Ronaldinho (B); Agüero (A).
Per il Barça, un mezzo passo falso e un’ occasione persa se si vede il bicchiere mezzo vuoto; un punto guadagnato sul Real Madrid (contro un avversario tradizionalmente difficile e in condizioni non ottimali) se si vede il bicchiere mezzo pieno. La pausa giunge più che mai opportuna per Rijkaard, visto che i suoi, dopo un buon primo tempo, hanno terminato la partita col fiatone. L’Atlético Madrid, facendo appello al coraggio nel secondo tempo, conserva il quarto posto fino al prossimo anno, risultato non certo attesissimo nei momenti in cui la rosa si sfaldava infortunio dopo infortunio.
Rijkaard deve fare a meno, chi per acciacchi chi per affaticamento, di Zambrotta, Gio, Marquez, Sylvinho ed Edmilson ed è costretto quindi ad inventarsi una difesa che vede la curiosa presenza di Oleguer sulla fascia sinistra. Giuly non è indisponibile ma resta in panchina per scelta tecnica e così, soluzione ripescata quest’anno da Rijkaard dopo averla adottata già nella Liga 2004-2005, va Iniesta a completare il tridente, ala destra più finta che mai in un modulo che in realtà si avvicina molto di più a un 4-4-2, senza posizioni fisse da metacampo in su a parte quella di Motta davanti alla difesa.
Necessariamente carente di spinta sulle fasce, col solo Belletti ad attaccare sulla destra (perché Oleguer già è brocco di suo e giocando, lui che è destro, a sinistra, ancora più difficilmente può sovrapporsi), il Barça però funziona con questa specie di minestrone cui dà vita sulla trequarti: Iniesta parte da destra per svariare su tutta la trequarti, Xavi gli si associa con successo, Deco fa il suo solito lavoro e anche Ronaldinho si accentra spesso e volentieri per rifinire.
Aguirre, che ha confermato Jurado dopo la discreta prestazione col Getafe, pianta come prevedibile le sue due linee ravvicinate con pressing sul portatore di palla per ingolfare il motore blaugrana e facilitare le micidiali sgroppate in contropiede di Torres, però la verità è che il piano non gli riesce granchè. Il Barça è ben messo, ha la superiorità numerica a centrocampo e monopolizza il possesso del pallone. Se non può creare tanti pericoli dalle ali, arriva al tiro appoggiando direttamente su Gudjohnsen, con l’islandese che fa da sponda e favorisce gli inserimenti dei centrocampisti. Deco una volta e Xavi due (una di testa) impegnano Leo Franco, confermando però che lo scarso contributo realizzativo dei centrocampisti resta una delle lacune di questo Barça (soprattutto Xavi e Iniesta, formidabili nel nascondere il pallone ma scarsini nel tiro).
Il gol però arriva con l’ormai solita punizione di Ronaldinho, procurata da un Iniesta che palla al piede è sempre una tremenda seccatura. Ormai fra Ronaldinho e i portieri avversari si è scatenata una sorta di battaglia psicologica: dopo aver segnato sul palo lungo contro il Zaragoza e dopo essersi inventato la punizione sotto la barriera contro il Werder, stavolta frega Leo Franco sul suo palo, facendo leva sia sulla crescente fiducia nella propria abilità da fermo sia sull’ incertezza che inevitabilmente coglie i portieri avversari di fronte a un repertorio così ampio. Gran momento per i padroni di casa, che potrebbero pure chiudere il conto se Gudjohnsen, smarcato da un assist di petto (!) di Ronaldinho, non si incartasse al momento della deviazione volante.
Nell’ intervallo Aguirre si rende conto che occorre cambiare qualcosa, perché il suo Atlético non riesce né ad ingabbiare gli avversari né a inquietarli di rimessa (un tiro fuori di Maniche in avvio e una punizione centrale di Antonio Lopez il misero bilancio). Quindi, fuori un titubante Jurado e dentro Mista, cambio apparentemente spregiudicato ma che invece bilancia meglio la squadra. Mista va a fare da enganche fra centrocampo e attacco e la mediana dell’ Atlético si restringe e si compatta, andando a comporre più un 4-3-1-2 che un 4-4-2 classico. Nulla di trascendentale, perché anche all’ inizio del secondo tempo il Barça sembra avere un discreto controllo della situazione, però, inaspettato e non proprio meritatissimo, arriva il gol del pareggio: Luccin, cresciuto col passare dei minuti, vede il varco giusto e allora i blaugrana si accorgono sulla loro pelle che Agüero era effettivamente fra i 22 in campo, perché il Kun scappa sul filo del fuorigioco a Puyol e con naturalezza disarmante fulmina Valdés con l’esterno.
La reazione del Barça, perlomeno con l’orgoglio, c’è, però cominciano a mancare le energie e a crollare vistosamente la lucidità. Rijkaard approfitta dell’ infortunio occorso a Thuram nell’ occasione del pareggio per inserire Giuly e arretrare Motta al centro della difesa (meglio qui che da “pivote”, dove si è beccato l’immancabile cartellino giallo), con Iniesta che torna a fare la mezzala accanto a Xavi e Deco.
Squadre lunghe ora, date le tre punte dell’ Atlético e la stanchezza del Barça, peraltro meno protetto coi tre piccoletti a centrocampo. Rijkaard, dopo averlo già proposto nel finale di Yokohama, trova modo di deliziarci ancora con il cambio Gudjohnsen-Ezquerro, quando la logica avrebbe piuttosto suggerito l’ingresso di Saviola (Rijkaard a fine partita dirà che l’argentino, appena reduce dall’ infortunio, non era ancora pronto per giocare, nonostante fosse a disposizione in panchina). Sempre molto possesso-palla per il Barça, ma l’arrosto è poco.
In generale, manca in questo momento concretezza sotto porta: tanto volume di gioco produce relativamente poche occasioni perché manca il killer: Gudjohnsen è inappuntabile come arma tattica e come boa, però in ogni partita arriva al tiro molte poche volte e la sua alternativa principale attualmente è Ezquerro, che proprio per la sua poca freddezza anni fa aveva cambiato la sua posizione da quella di centravanti a quella di esterno o seconda punta comunque di manovra.
Certamente i sostituti si son comportati finora in maniera egregia e i gol sono arrivati in quantità, però l’assenza di Eto’o proietta la sua ombra al di là del mero dato numerico: il camerunese oltre ai gol permette una marea di possibili soluzioni tattiche (pressing alto, attacchi in campo aperto, appoggi sulle fasce…) e condiziona le difese avversarie destandovi grande allarme. Comunque, con o senza Eto’o, il Barça l’occasione buona la crea, ma Ezquerro, smarcato da un gran velo di Deco, la sciupa tirando a lato dopo essersi liberato per il sinistro.
Non succede più nulla fino alla fine, con la salda difesa dell’ Atlético che, soprattutto con le chiusure di un autorevole Zé Castro, sventa gli ultimi attacchi dei padroni di casa, affidati soprattutto agli scatti di Giuly, e con un Barça che non ha successo nei suoi tentativi, davvero poco sportivi, di mettere sotto pressione l’arbitro Medina Cantalejo invocando ora il calcio di rigore ora il cartellino per gli avversari (e invece le ammonizioni se le son beccate Deco e Ronaldinho, che salteranno per squalifica la prossima col Getafe, così come Luccin e Maniche salteranno la partita col Nàstic, inguaiando parecchio Aguirre a centrocampo).
I MIGLIORI: Non ha quella brillantezza e quello spunto che gli permettono di bruciare l’avversario nell’ uno contro uno (se notate, quando ha l’avversario di fronte sulla fascia, preferisce arrestarsi e cercare l’assist, perché se prova ad aggirarlo per andare sul fondo, quasi sempre viene recuperato), però anche da fermo e non al massimo della forma Ronaldinho ha ormai assunto un peso e un’ incisività eccezionalmente determinanti, dato che una tecnica simile non va certo via col poco allenamento o il fuso orario. Altro gol su punizione, specialità nella quale tempo fa lasciava parecchio a desiderare e che col tempo ha affinato fino a diventare un cecchino. Poi, quell’assist di petto per Gudjohnsen è stato non solo meraviglioso esteticamente, ma anche di un’efficacia geniale, perché solo con quel colpo poteva bucare la difesa e smarcare il compagno. Qualunque altro giocatore avrebbe messo la palla giù e pensato dopo al da farsi, dando nel mentre il tempo di piazzarsi alla difesa avversaria, ecco la differenza fra Ronaldinho e i giocatori normali.
Ronaldinho il mago, Xavi senza dubbio il migliore nel complesso. Lavoro enorme e di grande qualità: nel primo tempo, scambia spesso la posizione con Iniesta, col quale dialoga di prima e in spazi stretticon grande facilità. Sempre l’appoggio più sicuro per i compagni, un vero peccato la panchina nelle ultime partite per un campione come lui. Anche Iniesta, a fronte di un Deco un po’ alterno e talvolta svagato, trascina la squadra, creando patemi all’ Atlético col suo movimento continuo sulla trequarti e facendo sfoggio della consueta disarmante sicurezza col pallone fra i piedi.
Ottimi i centrali dell’ Atlético: in progressiva crescita Zé Castro, giovane centrale portoghese davvero interessante per la personalità, l’agilità e le chiusure coraggiose e pulite. Due stagioni fa Pablo giocò al Camp Nou (grande 0-2 in contropiede dell’ Atlético) una delle sue migliori partite da colchonero: da un po’ di tempo mostra difficoltà, ma ieri è stato una sicurezza in quasi tutti i suoi interventi, ottimi anticipi e letture azzeccate sulle chiusure.
Agüero ha davanti a sé due possibili modelli: Saviola e Romario. Ripercorrere le orme del primo significherebbe non essersi adattato al meglio al calcio europeo, imitare il secondo significherebbe dare ragione a Menotti che lo definì proprio “Romarito”: ieri una partita un po’ da Baixinho, totale latitanza fino alla zampata dell’ 1-1. Gol d’autore, non da tutti: tocco d’esterno con la nonchalance degli attaccanti più spietati. Gol tipico del Kun, che ha tutto il tempo davanti a sé e per il quale questa stagione deve essere prima di tutto d’ambientamento, senza che nessuno gli chieda miracoli da salvatore della patria (intanto, contro il Levante, ha già mandato avanti l’Atlético in Copa del Rey, con un’ altra perla del suo repertorio più classico: difensore messo a sedere e rasoiata imparabile sul secondo palo).
Luccin cresce visibilmente nel corso della partita, e serve ad Agüero l’assist dell’ 1-1. Sicuramente uno dei giocatori più continui ed importanti dell’ Atlético quest’anno.
I PEGGIORI: Torres stavolta non veste i panni del Distruttore. Se lo aspettavano in molti, dati i precedenti e date le condizioni tattiche favorevoli alla sua velocità debordante. Invece, solo qualche piccolo accenno ad inizio partita, per il resto tanta corsa e sacrificio ma senza acuti. Jurado un po’ timido, fallisce una buona occasione per farsi spazio, dato che Aguirre non è molto generoso con lui, ritenendolo troppo gracile e poco compatibile col suo 4-4-2. E’ un talento potenzialmente formidabile, però, arrivato un paio di volte al limite dell’ area blaugrana, non incide, forse un po’ sopraffatto dal “miedo escenico”. Tanta corsa a vuoto e poche idee per Galletti.
Puyol non gioca male in generale, però è lui che sbaglia il fuorigioco e apre la strada ad Agüero sull’1-1. Poco mordente e scarsa reattività da Gudjohnsen, scarso peso da Ezquerro che non può fare l’uomo-gol (il cambio non l’ho condiviso anch’io, però che il pubblico lo fischi al primo pallone toccato è davvero ingiusto e sgradevole).
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Belletti 6, Thuram 6 (60'), Puyol 5,5, Oleguer 6; Xavi 7, Motta 6, Deco 6; Iniesta 7, Gudjohnsen 5,5 (67'), Ronaldinho 7.
In panchina: Jorquera, Olmo, Crosas, Giuly 6 (60'), Saviola, Ezquerro 5,5 (67')
Atlético (4-4-2): Leo Franco 5,5; Seitardis s.v. (19'), Pablo 7, Zé Castro 7, A. López 6; Galletti 5 (85'), Maniche 5,5, Luccin 6,5, Jurado 5,5 (46'); Agüero 7, F. Torres 5,5.
In panchina: Cuéllar, Valera 6 (19'), Azcárate, Pernía s.v. (85'), Gabi, Víctor Bravo, Mista 6 (46')
Goles: 1-0 (41'): Ronaldinho, de falta por el poste del portero; 1-1 (59'): Agüero marca tras un gran pase de Luccin.
Árbitro: Medina Cantalejo, del Colegio Andaluz. Amonestó a Seitaridis (7'), Belletti (19'), Motta (25'), Luccin (47'), Maniche (51'), Mista (70'), Deco (70'), Galletti (81') y Ronaldinho (93'+).
Incidencias: Camp Nou. 53.685 espectadores. Minuto de silencio por los seguidores del Recre fallecidos.
Rijkaard deve fare a meno, chi per acciacchi chi per affaticamento, di Zambrotta, Gio, Marquez, Sylvinho ed Edmilson ed è costretto quindi ad inventarsi una difesa che vede la curiosa presenza di Oleguer sulla fascia sinistra. Giuly non è indisponibile ma resta in panchina per scelta tecnica e così, soluzione ripescata quest’anno da Rijkaard dopo averla adottata già nella Liga 2004-2005, va Iniesta a completare il tridente, ala destra più finta che mai in un modulo che in realtà si avvicina molto di più a un 4-4-2, senza posizioni fisse da metacampo in su a parte quella di Motta davanti alla difesa.
Necessariamente carente di spinta sulle fasce, col solo Belletti ad attaccare sulla destra (perché Oleguer già è brocco di suo e giocando, lui che è destro, a sinistra, ancora più difficilmente può sovrapporsi), il Barça però funziona con questa specie di minestrone cui dà vita sulla trequarti: Iniesta parte da destra per svariare su tutta la trequarti, Xavi gli si associa con successo, Deco fa il suo solito lavoro e anche Ronaldinho si accentra spesso e volentieri per rifinire.
Aguirre, che ha confermato Jurado dopo la discreta prestazione col Getafe, pianta come prevedibile le sue due linee ravvicinate con pressing sul portatore di palla per ingolfare il motore blaugrana e facilitare le micidiali sgroppate in contropiede di Torres, però la verità è che il piano non gli riesce granchè. Il Barça è ben messo, ha la superiorità numerica a centrocampo e monopolizza il possesso del pallone. Se non può creare tanti pericoli dalle ali, arriva al tiro appoggiando direttamente su Gudjohnsen, con l’islandese che fa da sponda e favorisce gli inserimenti dei centrocampisti. Deco una volta e Xavi due (una di testa) impegnano Leo Franco, confermando però che lo scarso contributo realizzativo dei centrocampisti resta una delle lacune di questo Barça (soprattutto Xavi e Iniesta, formidabili nel nascondere il pallone ma scarsini nel tiro).
Il gol però arriva con l’ormai solita punizione di Ronaldinho, procurata da un Iniesta che palla al piede è sempre una tremenda seccatura. Ormai fra Ronaldinho e i portieri avversari si è scatenata una sorta di battaglia psicologica: dopo aver segnato sul palo lungo contro il Zaragoza e dopo essersi inventato la punizione sotto la barriera contro il Werder, stavolta frega Leo Franco sul suo palo, facendo leva sia sulla crescente fiducia nella propria abilità da fermo sia sull’ incertezza che inevitabilmente coglie i portieri avversari di fronte a un repertorio così ampio. Gran momento per i padroni di casa, che potrebbero pure chiudere il conto se Gudjohnsen, smarcato da un assist di petto (!) di Ronaldinho, non si incartasse al momento della deviazione volante.
Nell’ intervallo Aguirre si rende conto che occorre cambiare qualcosa, perché il suo Atlético non riesce né ad ingabbiare gli avversari né a inquietarli di rimessa (un tiro fuori di Maniche in avvio e una punizione centrale di Antonio Lopez il misero bilancio). Quindi, fuori un titubante Jurado e dentro Mista, cambio apparentemente spregiudicato ma che invece bilancia meglio la squadra. Mista va a fare da enganche fra centrocampo e attacco e la mediana dell’ Atlético si restringe e si compatta, andando a comporre più un 4-3-1-2 che un 4-4-2 classico. Nulla di trascendentale, perché anche all’ inizio del secondo tempo il Barça sembra avere un discreto controllo della situazione, però, inaspettato e non proprio meritatissimo, arriva il gol del pareggio: Luccin, cresciuto col passare dei minuti, vede il varco giusto e allora i blaugrana si accorgono sulla loro pelle che Agüero era effettivamente fra i 22 in campo, perché il Kun scappa sul filo del fuorigioco a Puyol e con naturalezza disarmante fulmina Valdés con l’esterno.
La reazione del Barça, perlomeno con l’orgoglio, c’è, però cominciano a mancare le energie e a crollare vistosamente la lucidità. Rijkaard approfitta dell’ infortunio occorso a Thuram nell’ occasione del pareggio per inserire Giuly e arretrare Motta al centro della difesa (meglio qui che da “pivote”, dove si è beccato l’immancabile cartellino giallo), con Iniesta che torna a fare la mezzala accanto a Xavi e Deco.
Squadre lunghe ora, date le tre punte dell’ Atlético e la stanchezza del Barça, peraltro meno protetto coi tre piccoletti a centrocampo. Rijkaard, dopo averlo già proposto nel finale di Yokohama, trova modo di deliziarci ancora con il cambio Gudjohnsen-Ezquerro, quando la logica avrebbe piuttosto suggerito l’ingresso di Saviola (Rijkaard a fine partita dirà che l’argentino, appena reduce dall’ infortunio, non era ancora pronto per giocare, nonostante fosse a disposizione in panchina). Sempre molto possesso-palla per il Barça, ma l’arrosto è poco.
In generale, manca in questo momento concretezza sotto porta: tanto volume di gioco produce relativamente poche occasioni perché manca il killer: Gudjohnsen è inappuntabile come arma tattica e come boa, però in ogni partita arriva al tiro molte poche volte e la sua alternativa principale attualmente è Ezquerro, che proprio per la sua poca freddezza anni fa aveva cambiato la sua posizione da quella di centravanti a quella di esterno o seconda punta comunque di manovra.
Certamente i sostituti si son comportati finora in maniera egregia e i gol sono arrivati in quantità, però l’assenza di Eto’o proietta la sua ombra al di là del mero dato numerico: il camerunese oltre ai gol permette una marea di possibili soluzioni tattiche (pressing alto, attacchi in campo aperto, appoggi sulle fasce…) e condiziona le difese avversarie destandovi grande allarme. Comunque, con o senza Eto’o, il Barça l’occasione buona la crea, ma Ezquerro, smarcato da un gran velo di Deco, la sciupa tirando a lato dopo essersi liberato per il sinistro.
Non succede più nulla fino alla fine, con la salda difesa dell’ Atlético che, soprattutto con le chiusure di un autorevole Zé Castro, sventa gli ultimi attacchi dei padroni di casa, affidati soprattutto agli scatti di Giuly, e con un Barça che non ha successo nei suoi tentativi, davvero poco sportivi, di mettere sotto pressione l’arbitro Medina Cantalejo invocando ora il calcio di rigore ora il cartellino per gli avversari (e invece le ammonizioni se le son beccate Deco e Ronaldinho, che salteranno per squalifica la prossima col Getafe, così come Luccin e Maniche salteranno la partita col Nàstic, inguaiando parecchio Aguirre a centrocampo).
I MIGLIORI: Non ha quella brillantezza e quello spunto che gli permettono di bruciare l’avversario nell’ uno contro uno (se notate, quando ha l’avversario di fronte sulla fascia, preferisce arrestarsi e cercare l’assist, perché se prova ad aggirarlo per andare sul fondo, quasi sempre viene recuperato), però anche da fermo e non al massimo della forma Ronaldinho ha ormai assunto un peso e un’ incisività eccezionalmente determinanti, dato che una tecnica simile non va certo via col poco allenamento o il fuso orario. Altro gol su punizione, specialità nella quale tempo fa lasciava parecchio a desiderare e che col tempo ha affinato fino a diventare un cecchino. Poi, quell’assist di petto per Gudjohnsen è stato non solo meraviglioso esteticamente, ma anche di un’efficacia geniale, perché solo con quel colpo poteva bucare la difesa e smarcare il compagno. Qualunque altro giocatore avrebbe messo la palla giù e pensato dopo al da farsi, dando nel mentre il tempo di piazzarsi alla difesa avversaria, ecco la differenza fra Ronaldinho e i giocatori normali.
Ronaldinho il mago, Xavi senza dubbio il migliore nel complesso. Lavoro enorme e di grande qualità: nel primo tempo, scambia spesso la posizione con Iniesta, col quale dialoga di prima e in spazi stretticon grande facilità. Sempre l’appoggio più sicuro per i compagni, un vero peccato la panchina nelle ultime partite per un campione come lui. Anche Iniesta, a fronte di un Deco un po’ alterno e talvolta svagato, trascina la squadra, creando patemi all’ Atlético col suo movimento continuo sulla trequarti e facendo sfoggio della consueta disarmante sicurezza col pallone fra i piedi.
Ottimi i centrali dell’ Atlético: in progressiva crescita Zé Castro, giovane centrale portoghese davvero interessante per la personalità, l’agilità e le chiusure coraggiose e pulite. Due stagioni fa Pablo giocò al Camp Nou (grande 0-2 in contropiede dell’ Atlético) una delle sue migliori partite da colchonero: da un po’ di tempo mostra difficoltà, ma ieri è stato una sicurezza in quasi tutti i suoi interventi, ottimi anticipi e letture azzeccate sulle chiusure.
Agüero ha davanti a sé due possibili modelli: Saviola e Romario. Ripercorrere le orme del primo significherebbe non essersi adattato al meglio al calcio europeo, imitare il secondo significherebbe dare ragione a Menotti che lo definì proprio “Romarito”: ieri una partita un po’ da Baixinho, totale latitanza fino alla zampata dell’ 1-1. Gol d’autore, non da tutti: tocco d’esterno con la nonchalance degli attaccanti più spietati. Gol tipico del Kun, che ha tutto il tempo davanti a sé e per il quale questa stagione deve essere prima di tutto d’ambientamento, senza che nessuno gli chieda miracoli da salvatore della patria (intanto, contro il Levante, ha già mandato avanti l’Atlético in Copa del Rey, con un’ altra perla del suo repertorio più classico: difensore messo a sedere e rasoiata imparabile sul secondo palo).
Luccin cresce visibilmente nel corso della partita, e serve ad Agüero l’assist dell’ 1-1. Sicuramente uno dei giocatori più continui ed importanti dell’ Atlético quest’anno.
I PEGGIORI: Torres stavolta non veste i panni del Distruttore. Se lo aspettavano in molti, dati i precedenti e date le condizioni tattiche favorevoli alla sua velocità debordante. Invece, solo qualche piccolo accenno ad inizio partita, per il resto tanta corsa e sacrificio ma senza acuti. Jurado un po’ timido, fallisce una buona occasione per farsi spazio, dato che Aguirre non è molto generoso con lui, ritenendolo troppo gracile e poco compatibile col suo 4-4-2. E’ un talento potenzialmente formidabile, però, arrivato un paio di volte al limite dell’ area blaugrana, non incide, forse un po’ sopraffatto dal “miedo escenico”. Tanta corsa a vuoto e poche idee per Galletti.
Puyol non gioca male in generale, però è lui che sbaglia il fuorigioco e apre la strada ad Agüero sull’1-1. Poco mordente e scarsa reattività da Gudjohnsen, scarso peso da Ezquerro che non può fare l’uomo-gol (il cambio non l’ho condiviso anch’io, però che il pubblico lo fischi al primo pallone toccato è davvero ingiusto e sgradevole).
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Belletti 6, Thuram 6 (60'), Puyol 5,5, Oleguer 6; Xavi 7, Motta 6, Deco 6; Iniesta 7, Gudjohnsen 5,5 (67'), Ronaldinho 7.
In panchina: Jorquera, Olmo, Crosas, Giuly 6 (60'), Saviola, Ezquerro 5,5 (67')
Atlético (4-4-2): Leo Franco 5,5; Seitardis s.v. (19'), Pablo 7, Zé Castro 7, A. López 6; Galletti 5 (85'), Maniche 5,5, Luccin 6,5, Jurado 5,5 (46'); Agüero 7, F. Torres 5,5.
In panchina: Cuéllar, Valera 6 (19'), Azcárate, Pernía s.v. (85'), Gabi, Víctor Bravo, Mista 6 (46')
Goles: 1-0 (41'): Ronaldinho, de falta por el poste del portero; 1-1 (59'): Agüero marca tras un gran pase de Luccin.
Árbitro: Medina Cantalejo, del Colegio Andaluz. Amonestó a Seitaridis (7'), Belletti (19'), Motta (25'), Luccin (47'), Maniche (51'), Mista (70'), Deco (70'), Galletti (81') y Ronaldinho (93'+).
Incidencias: Camp Nou. 53.685 espectadores. Minuto de silencio por los seguidores del Recre fallecidos.
Etichette: Atlético Madrid, Barcelona, Liga
3 Comments:
ciao a tutti ragazzi!!
complimenti x il blog!!
volevo chiedervi una cosa: conoscete un sito dove si possono trovare i voti delle partite della liga???
ho cercato dappertutto ma nn ho trovato nulla..possibile che gli spagnoli nn facciano il fantacalcio???
sergio
Grazie per i complimenti.
Sì, lo fanno il Fantacalcio, su Marca credo, mi pare si chiami "Liga Fantastica".
Purtroppo sui siti dei giornali non si trovano i voti. Nella versione cartacea i voti ci sono, ma su Marca vanno da 0 a 4 e non da 1 a 10. Su "Mundo Deportivo" vanno da 1 a 4 asterischi.
Su Internet però non si trova nulla, al massimo sul sito del Mundo Deportivo, ma solo per le partite del Barça e poche altre.
solo 2 appunti. Oleguer è un fior di difensore altro che brocco. mi sembra che il Barca staia resistendo bene agli infortuni, in particolare a quello di Eto'o che mi sembrava il più importante. tuttavia ritengo che al Barca manchi un centravanti vero come per esempio Huntelaar. tanto eto' può anche giocare in fascia e Guddy a centrocampo.
KUBALA footballart.iobloggo.com
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