Celta, avanti con personalità (e parecchia qualità).
L’indomito Tedesco e il diabolico Brienza hanno rischiato di comprometterla, ma non ottenere la qualificazione sarebbe stata una vera beffa per un Celta davvero convincente, a tratti perfetto, in grado di dare per buona parte del match lezione di calcio al Palermo sul suo campo.
Esibizione di sontuoso futbol de toque, manifesto del calcio che chiede Vazquez: palla nascosta per lunghissimi tratti (a un certo punto una grafica ha indicato 6 minuti in più di possesso palla per il Celta, un’ enormità!) a un Palermo assolutamente disorientato. “Se la palla ce l’abbiamo noi, gli avversari non ce l’hanno, quindi non possono farci gol”: massima di Liedholm che è valsa più che mai per un Celta che però rispetto alla deriva rinunciataria di Newcastle è sceso in campo con la chiara intenzione di fare la partita e vincerla, chiudendo il Palermo nella sua metacampo e inquietando sin dall’ inizio Agliardi con le conclusioni soprattutto di Nené e Canobbio.
Grande facilità di palleggio e controllo del gioco ottenuto grazie a uno schieramento foltissimo a centrocampo, che offriva sempre una o due soluzioni al portatore di palla. Il resto lo hanno fatto la qualità tecnica generale e la predisposizione a giocare ad uno-due tocchi senza farsi mai prendere dalla fretta. Se poi sulla trequarti disponi di mancini come Canobbio, Nené e Gustavo Lopez (grande sicurezza anche da Iriney, quest’anno su livelli notevoli) in grado di addormentare la sfera, temporeggiare, resistere agli attacchi avversari e far salire la loro squadra con quella fluidità, sei a cavallo.
Stavolta la concentrazione e la tenuta delle occasioni più importanti non sono mancate: il gol decisivo (seppure fortunoso) è stato segnato, gli errori sulle palle alte son stati limitati (il gol del Palermo è nato semmai da un eccesso di leziosità di Nené, altra faccia della medaglia di questo tipo di giocatori) e l’avversario è stato tenuto lontano dalla porta di Esteban, a parte alcuni sussulti in un finale in cui l’attacco non ce la faceva più a tenere su palla e Vazquez ha speso tutti i suoi cambi per far passare il tempo fino al fischio finale.
Esibizione di sontuoso futbol de toque, manifesto del calcio che chiede Vazquez: palla nascosta per lunghissimi tratti (a un certo punto una grafica ha indicato 6 minuti in più di possesso palla per il Celta, un’ enormità!) a un Palermo assolutamente disorientato. “Se la palla ce l’abbiamo noi, gli avversari non ce l’hanno, quindi non possono farci gol”: massima di Liedholm che è valsa più che mai per un Celta che però rispetto alla deriva rinunciataria di Newcastle è sceso in campo con la chiara intenzione di fare la partita e vincerla, chiudendo il Palermo nella sua metacampo e inquietando sin dall’ inizio Agliardi con le conclusioni soprattutto di Nené e Canobbio.
Grande facilità di palleggio e controllo del gioco ottenuto grazie a uno schieramento foltissimo a centrocampo, che offriva sempre una o due soluzioni al portatore di palla. Il resto lo hanno fatto la qualità tecnica generale e la predisposizione a giocare ad uno-due tocchi senza farsi mai prendere dalla fretta. Se poi sulla trequarti disponi di mancini come Canobbio, Nené e Gustavo Lopez (grande sicurezza anche da Iriney, quest’anno su livelli notevoli) in grado di addormentare la sfera, temporeggiare, resistere agli attacchi avversari e far salire la loro squadra con quella fluidità, sei a cavallo.
Stavolta la concentrazione e la tenuta delle occasioni più importanti non sono mancate: il gol decisivo (seppure fortunoso) è stato segnato, gli errori sulle palle alte son stati limitati (il gol del Palermo è nato semmai da un eccesso di leziosità di Nené, altra faccia della medaglia di questo tipo di giocatori) e l’avversario è stato tenuto lontano dalla porta di Esteban, a parte alcuni sussulti in un finale in cui l’attacco non ce la faceva più a tenere su palla e Vazquez ha speso tutti i suoi cambi per far passare il tempo fino al fischio finale.
Etichette: Celta, Spagnole nelle coppe
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