domenica, marzo 08, 2009

Il punto sulla ventiseiesima giornata.

Real Madrid-Atlético Madrid 1-1: Forlán 38'(A); Huntelaar 57'(R).

Barcelona-Athletic Bilbao 2-0: Busquets 17'; Messi, rig. 31'.

Villarreal-Espanyol 1-0: Fuentes 19'.

È una giornata che sorride al Barça, su un piano forse ancor più psicologico che matematico (due partite rimane infatti la misura del vantaggio blaugrana, siano 4 o 6 i punti di vantaggio sul Madrid).
Il derby madrileno, come l’Atlético-Barça della scorsa giornata, si rivela una partita emozionantissima e condita da belle giocate, ma al tempo stesso di livello decisamente basso. Un mezzo disastro il Real Madrid in questa occasione, stravolto dalle scelte di Juande Ramos, che con l’antipaticissimo senno di poi suonano poco azzeccate. Se infatti gli equilibri di questo Madrid da remontada si sostenevano per unanime convinzione sulla diga Lass-Gago, la scelta di rinunciarvi ha rimesso tutto in discussione quando meno ce n'era bisogno: mentre l’unico “pivote” Lass nella gara con l’Espanyol era obbligato data l’assenza di Gago, in questo caso invece la pesantissima assenza di Pepe non costringeva necessariamente a schierare Sergio Ramos centrale, Lass terzino destro e Gago abbandonato davanti alla difesa in un modulo oscillante fra il 4-2-3-1 e il 4-3-3, con Raúl confermato come raccordo fra centrocampo e attacco in coppia con Guti, premiato per il gol decisivo a Montjuic.
Bastava inserire Metzelder, disponibile in panchina, accanto a Cannavaro, e (a costo di perdere rapidità nei recuperi su Forlán e Agüero) ogni giocatore avrebbe giocato nel proprio ruolo, formando l’undici più riconoscibile e più affidabile. Tanto più che questo derby non era di difficilissima lettura, essendo risaputi i pregi e i difetti dell’Atlético su cui fare leva. I quattro difensori più Gago-Lass avrebbero blindato la metacampo difensiva, togliendo all’Atlético il contropiede (unica situazione offensiva valida dei colchoneros), e assicurata la porta di Casillas non ci si sarebbe dovuti nemmeno preoccupare troppo di elaborare l’azione offensiva, posto che gli scompensi tattici dell’Atlético avrebbero di per sé garantito gli spazi per qualche sortita pericolosa, a maggior ragione con un Robben dalla propria parte (anche in quest’occasione l’elemento offensivo più destabilizzante, seppure vergogonosamente egoista e deficitario nella lettura del gioco: giocatore tanto devastante quanto al tempo stesso assai limitato nel proprio repertorio).
Invece il Real Madrid ha messo la gara sul sentiero desiderato dall’Atlético: nessun controllo in mezzo al campo e andirivieni da una porta all’altra, una roulette russa insomma. Senza capo né coda i merengues, privi di continuità e ordine nella manovra (Guti andrebbe preso per un orecchio e trascinato a forza fuori dal campo… e ha pure la faccia tosta di mandare a quel paese Juande quando viene sostituito nella ripresa…), slegati ed esposti alle folate avversarie sulla propria trequarti, come il magnifico contropiede post-calcio d’angolo orchestrato da Agüero e Forlán, concluso dall’uruguaiano per il vantaggio ospite.
Rispetto a un primo tempo modesto anche quanto a ritmo ed occasioni, i sussulti veri vengono dalla ripresa: il Real Madrid pareggia con Huntelaar (bello il movimento con cui l’olandese si libera alla conclusione, ma è avvantaggiato dalla posizione di partenza di netto fuorigioco), ma è l’Atlético ad avere i maggiori rimpianti per l’indicibile quantità di palle gol sciupate.
Una strage: Forlán colpisce il palo, Sinama-Pongolle (subentrato a Maxi: ormai il francese è visto più come esterno destro da Abel) calcia fuori una palla più difficile da sbagliare che da buttare in rete, Agüero supera se stesso, tanto bravo nel proteggere il pallone e fabbricarsi le azioni (1: tunnel a Cannavaro e rientro sul sinistro; 2: triangolazione stretta in area di rigore con Simão; 3: grande movimento spalle alla porta, fa scorrere il pallone eludendo Sergio Ramos) quanto sciagurato nel finalizzarle (1: il sinistro termina incredibilmente fuori; 2: sinistro sporco che non è né un tiro in porta né un tiro-cross per Forlán appostato sul secondo palo; 3: destro poco angolato a tu per tu con Casillas e con tutto lo specchio a disposizione). Non lo si conosceva ancora un Kun così compassionevole, francamente.
Il Real Madrid del secondo tempo ripristina la coppia Gago-Lass (implicita ammissione di colpa di Juande Ramos: se trovandoti in svantaggio fai un cambio del genere, togliendo Guti e optando per una soluzione apparentemente più difensiva, vuol dire che riconosci che quello è l’unico modo per rendere competitiva la tua squadra), passa praticamente alle quattro punte inserendo Higuaín e arretrando Marcelo, ancora una volta positivo da centrocampista, ma anche se acquista un po’ più di senso e pericolosità (Robben spreca di testa libero in area di rigore, Raúl sfiora il gol da cineteca in rovesciata) rimane sempre esposto alle controffensive di un Atlético per tutta la serata più pronto nei ripiegamenti (ebbene sì) e con le idee più chiare al momento di rilanciare l’azione. Un Atlético che deve rimproverare solo se stesso per aver buttato via tre punti accessibilissimi, mentre il Madrid dovrà riflettere su una partita impostata e gestita male dall’inizio alla fine.

Serata placida per il Barça, l’Athletic reduce dalla sbornia di Copa del Rey era l’avversario ideale per rimettersi in sesto e iniziare a ritrovare le geometrie perdute. Di geometrie si parla perché è proprio questo l’aspetto che ha funzionato meglio del Barça di ieri sera, un buon Barça che, pur spaventato dalla clamorosa occasione fallita da Yeste al quarto d’ora del primo tempo, ha creato una quantità di palle gol fra le più alte della stagione, una quantità che avrebbe potuto permettere una goleada in nulla diversa da quelle del girone d’andata.
Geometrie offerte dal trio Busquets-Xavi-Iniesta, attorno al quale il Barça ha costruito la propria superiorità. Non v’è alcun dubbio che fra quelli possibili sia questo l’assetto del centrocampo attraverso il quale la manovra assume la maggior fluidità. Impressionante in particolare la naturalezza con cui si muove Sergi Busquets, specie se confrontato con la tendenza a giocare in modo forzato e macchinoso di Yaya Touré, superiore per doti naturali ma molto inferiore quanto a lettura del gioco dalla posizione di vertice basso del centrocampo. Là dove l’ivoriano rimane eccessivamente rigido nella propria posizione o parte per improvvisazioni palla al piede fuori luogo, Busquets facilita l’azione dei compagni di reparto, liberandosi del pallone in uno-due tocchi e offrendosi costantemente in un nuovo spazio libero: lo scambio di posizione con Xavi e Iniesta è costante, e questi due, potendo nella maggior parte dei casi impostare fronte alla porta avversaria, imprimono alla circolazione del pallone la velocità desiderata.
Il trio di centrocampo blaugrana prende in ostaggio Yeste, Orbaiz e Javi Martínez, e fra le linee la mobilità di Messi crea i presupposti per accelerare e verticalizzare negli ultimi metri. Il ritorno di Iniesta arricchisce il centrocampo e, indirettamente, fa sentire meno il peso dell’assenza della capacità creativa di Alves (anzi, Puyol, sostituto del brasiliano sulla destra, si getta con profitto negli spazi che il quartetto Busquets-Xavi-Iniesta-Messi, accentrando le attenzioni dell’avversario, gli crea sulla fascia). Grande prestazione del manchego, che si procura il rigore (a dire il vero generoso se non del tutto inesistente: uno dei casi in cui la velocità normale inganna, perché sembra che Iniesta venga steso mentre invece vedendo il replay tira indietro la gamba prima del contatto) che chiude la partita, con la trasformazione dagli undici metri che fa seguito al colpo di testa di Busquets dell’1-0.
Barça che gioca fluido, che schiaccia l’avversario nella sua metacampo e recupera palla con molta più facilità rispetto alle ultime pessime uscite; Barça che potrebbe straripare nella ripresa, se non fosse per la sfortuna (tre pali, uno di Iniesta e due di Eto’o), per Iraizoz (serie di salvataggi spettacolari, ma incertezza nel gestire l’area piccola sul gol di Busquets) e per una certa imprecisione, simboleggiata da un Eto’o evidentemente colpito da un maleficio. Alla ricerca spasmodica del gol, il camerunese vede immancabilmente respinto ogni proprio tentativo, e finisce addirittura con Iraizoz che va a consolarlo dopo aver colpito il palo…

Il Villarreal invece archivia con fare burocratico una vittoria ottenuta col minimo sforzo e il massimo demerito. Pellegrini riserva Rossi per Atene, e il Villarreal visto ieri invita necessariamente a pensare che il pensiero fosse rivolto al dentro o fuori di martedì. Non fosse così, ci sarebbe infatti ben poco da sperare: l’1-0 finale infatti porta la firma di Fuentes (Kameni a farfalle, non una novità), ma è quasi da ascrivere interamente a Diego López, eccezionale nel salvare i tre punti sui tentativi sempre più disperati dell’Espanyol, che lamenta pure un rigore sbagliato da Luis García (stagione che più storta non si può per l’asturiano).
C’è solo l’imprecisione sotto porta (hai detto poco…) da rimproverare all’Espanyol, autore di una prestazione indubbiamente superiore, assai efficace nell’inaridire la manovra villarrealense nel primo tempo (con Pochettino questa squadra fa un buon pressing, lo si è notato sin dall’esordio nella Copa contro il Barça), coraggioso e continuo nello sforzo offensivo della ripresa (si segnala sempre Nené, giocatore che vive in un mondo tutto suo ma che nelle serate di vena fa molto male col dribbling), ma se pure Tamudo si mette a sbagliare una deviazione facile sottomisura…È indubbio che questa squadra sia viva e che voglia a tutti i costi dimostrarlo, ma ormai il gap con le concorrenti a fondo classifica rischia di ingigantirsi, e questo rischia di dare un colpo duro anche all’autostima.

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2 Comments:

Blogger mandalaybay said...

partita deludente del real contro l'atletico ,disastroso juande nel
disegnare la squadra,bastava mettere heintze al centro e torres a sinistra
e il gioco era fatto....misteri
io sono abbastanza ottimista per domani,nel senso che vedo qualche possibilita di passare,ma a patto
che si metta in campo una squadra equilibrata e non ci si lasci prendere troppo dalla frenesia,i gol possoro arrivare anche alla fine.bisognera cercare di non essere prevedibili domani,non bisogna dare punti di riferimento
alla didesa reds...io giocherei con un 4-5-1 alternando continuamente
il giocatore piu avanzato e tentando incursioni con i centrocampisti

6:03 PM  
Blogger valentino tola said...

Giusto, non dare punti di riferimento, cercare giocate tra le linee... quindi la mia scelta sarebbe per Sneijder finto esterno sinistro e Marcelo terzino... bisogna mettere tutto quello che si ha in termini di potenziale offensivo e doti di palleggio.
Peccato però che una variante interessante come Van der Vaart sia quasi inutilizzabile ora come ora, visto il morale attuale dell'olandese; Guti potrebbe tornare utile a partita in corso, ma solo come trquartista puro, niente doble pivote o robe del genere che sennò la squadra si sfascia come sabato.

7:42 PM  

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