Riquelme se ne va, la fine di un ciclo.
Alla fine, la notiziaccia è arrivata: Riquelme saluta il Villarreal e la Liga. Se ne torna al Boca Juniors (prestito per i prossimi 6 mesi), mica una squadretta qualunque, ma ritengo questa, così come l’ abbandono della nazionale per “motivi familiari” che a dire il vero in Argentina hanno convinto pochi, una comoda via di fuga, un’ altra scappatoia, per questo grande campione cui i limiti di personalità, ma non solo quelli (dal punto di vista meramente tecnico, la lentezza e un gioco troppo orizzontale, privo di cambi di ritmo e di verticalizzazioni palla al piede, rappresentano pecche non da poco), hanno impedito di consacrarsi fuoriclasse assoluto. Assoluto nel senso letterale del termine, “libero da ogni limite”,che ha carattere universale”, insomma indipendente da qualsivoglia contesto.
Difficile, nell’ ambito del calcio europeo, pensare Riquelme fuori da una realtà come quella del Villarreal, dove tutti i compagni si sacrificavano per lui, dove era esentato da compiti di copertura, dove poteva giocare dove voleva, come voleva e anche quando voleva, vista la tolleranza dimostrata dalla società villarrealense nei confronti di certi suoi comportamenti un po’ capricciosi e di certe sue “assenze strategiche”, almeno finchè continuavano ad arrivare risultati e prestazioni di grande livello. Una sorta di Re Sole in una realtà costruita su sua misura, al riparo dalle grandi pressioni, non certo come quel Barça che, una volta scaduto l’ iniziale prestito biennale al Villarreal, non si era nemmeno posto il problema di far tornare alla base l’ argentino e tentare un’ inconcepibile coesistenza con Ronaldinho e Deco.
Anche Pekerman, suo grande estimatore sin dai tempi delle nazionali giovanili, ne aveva fatto il fulcro indiscusso della sua nazionale, sbaragliando o defilando (Tevez e Messi) ogni possibile concorrenza. Nonostante non si possano dimenticare prestazioni esaltanti come quelle contro il Brasile nelle qualificazioni mondiali o contro la Germania nella Confederations Cup, la scommessa è stata indiscutibilmente persa, Pekermkan si è giocato tutto il suo credito e Riquelme è diventato l’ imputato principale, il simbolo della deludente esperienza tedesca.
Passati in doverosa rassegna i limiti temperamentali (ma Roman ha tutto il diritto di avere il suo carettere introverso, non tutti per fortuna possono sfoggiare il sorriso “Mastercard” di un Pelé. Il fatto stesso che un Riquelme a suo tempo già idolo dei tifosi del Boca avesse preferito continuare ad abitare nello stesso quartiere in cui era cresciuto invece che trasferirsi nel lussuoso Belgrano, testimonia una sensibilità complessa ma al tempo stesso ammirevole), resta uno dei giocatori più particolari del calcio mondiale, il cui inconfondibile stile, lo confesso, mi ha del tutto stregato.
Non è uno di quei numeri 10 che, nella retorica calcistica più classica (giustamente denigrata da Sacchi), son soliti fare scena muta per 89 minuti per poi risolvere tutto con la singola giocata, bensì uno di quei trequartisti sempre al centro del gioco (un enganche, detto all’ argentina, molto più centrocampista che seconda punta) che, alla maniera di Zidane, hanno il rarissimo pregio di far giocare meglio i compagni che hanno intorno e, nelle serate migliori, sembra tengano in pugno da soli lo sviluppo di un’ intera partita, controllandone i ritmi con visibile godimento.
Inimitabile il suo rapporto con la sfera, controllato e accarezzato magari con eccessiva insistenza ma in maniera comunque funzionale e al tempo stesso artisticamente sublime, con la pisada (in spagnolo “pestata”, il controllo con la suola) come grande cavallo di battaglia. E il piedone destro, che meraviglia: lanci millimetrici (mitico quello che, in maglia Boca, ispirò l’ 1-0 di Palermo nella vittoriosa finale di Coppa Intercontinentale col Real Madrid) e passaggi filtranti talvolta imprevedibili per i suoi stessi compagni, che lo hanno consacrato fra i migliori uomini-assist in questi anni di Liga. Destro potente e calibratissimo che si esalta sui calci da fermo, caricando d’ effetto traiettorie che spesso hanno impensierito i portieri addirittura dal calcio d’ angolo (anche un gol direttamente dal corner nella scorsa Liga, d’ altronde cercava spessissimo lo schema con Sorin in anticipo sul primo palo).
Insomma, lo adoro, anche con tutti i suoi difetti. Indovinate quindi per chi farò il tifo nel prossimo campionato Clausura e nella prossima Copa Libertadores?
Riquelme arriva in Spagna nell’ estate 2002, carico di trofei ottenuti in maglia xeneize, ed ha l’ indubbia sfortuna di piombare nel periodo più nero della storia blaugrana recente, in pieno tardo-gaspartismo, cioè alla fine della traiettoria di uno dei presidenti peggiori di tutta la storia del Barça, un ultrà dalle mani bucate e dall’ inesistente saggezza gestionale. Inoltre capita con un grande allenatore ma non certo ideale per le sue caratteristiche, ovvero Louis Van Gaal, tecnico dalla mentalità offensiva ma in maniera certo diversa da quella ad esempio di un Basile, dato che ama il talento ma esige che si esprima all’ interno di un’ organizzazione tattica ferrea, richiedendo ai suoi giocatori la massima applicazione con e senza palla, lavoro che Riquelme ha sempre detestato.
Inizio interessante dell’ argentino, buon precampionato e golazo nel preliminare di Champions col Legia Varsavia, ma nel 3-4-3 di Van Gaal il posto sulla sinistra del tridente è del grande Luis Enrique. Quando Riquelme gioca, lo fa partendo eccessivamente defilato sulla fascia sinistra, e fatica a rendere, venendo poi travolto come tutti i suoi compagni dal tracollo di Van Gaal che, ai limiti della zona retrocessione, è costretto a dare le dimissioni ad inizio 2003 (seguito in breve tempo da Gaspart). Arriva Antic, i risultati migliorano nettamente ma non per Riquelme, che nel 4-4-2 del tecnico serbo trova spazio al massimo come rincalzo di Motta sulla fascia sinistra o addirittura al posto di Overmars sulla destra, per lo più in anonimi spezzoni.
Nell’ estate seguente, la grande rivoluzione: arriva Laporta, arriva Rijkaard, nuove idee, nuovi programmi e un nuovo idolo come Ronaldinho. Per Roman non c’è spazio, ecco allora la cessione in prestito al Villarreal, della durata di due anni, per tenerselo lontano per un po’ quell’ avanzo di Gaspart che non è altro.
Prima stagione al Madrigal d’ ambientamento: partenza così così, crescita progressiva. Benito Floro, allora tecnico del Submarino, ha la cattiva idea di scontrarsi col non disciplinatissimo Riquelme, e ovviamente la sua panchina salterà a metà stagione, con il traghettatore Paquito, uomo di fiducia del club, che porterà il Villarreal, dopo le eliminazioni prestigiose di Roma e Celtic, a una storica semifinale di Coppa Uefa contro il Valencia, primo serio avvertimento all’ Europa calcistica.
La stagione successiva, 2004-2005, è l’ apogeo di Riquelme, autore di una Liga soprannaturale (già dalla prima giornata è bello carico, magnifica prestazione in casa del Valencia, con due pali impressionanti su altrettante punizioni) nella quale trascina il Villarreal a uno storico quarto posto che frutta i preliminari di Champions League. Tutto gira attorno a lui, il Villarreal gioca il miglior calcio della Liga dopo il Barça e Riquelme è il primatista assoluto degli assist (15 invece i gol, niente male), fornendo un consistente aiuto a Forlan, uno cui di solito tremano le gambe davanti al portiere avversario, nel conseguimento del titolo di Pichichi e della Scarpa d’ Oro. Uno dei punti più esaltanti della stagione è la vendetta dell’ ex, trionfo casalingo con tanto di sontuosa prestazione personale contro un Barça umiliato per 3-0. In Coppa Uefa il Villarreal si ferma ai quarti, al termine di una doppia sfida un po’ sfortunata contro un comunque grande Az Alkmaar. Nella gara d’ andata, pesante sconfitta per 1-2, Riquelme, già autore di un gran gol e solitamente infallibile dagli undici metri, sbaglia un rigore determinante, e non sarà l’ ultima volta, come ben sappiamo.
Intanto, Pekerman ne ha fatto il punto di riferimento dell’ Argentina post-Bielsa (tecnico che non andava matto per Riquelme, giudicato troppo lento), ricavandone ottime prestazioni nelle qualificazioni mondiali e una partecipazione convincente nella Confederations Cup disputata nel Giugno 2005, anche se la finale, quel 4-1 per il Brasile fin troppo sopravvalutato dalla critica (che invece aveva ignorato la lezione di calcio che solo qualche settimana prima i verdeoro avevano subito al Monumental nelle qualificazioni mondiali, 3-1 e Riquelme Dio in campo), non è certo andata bene.
La stagione successiva (nella quale il Villarreal acquisisce la proprietà del giocatore dopo i due anni di prestito) è quella della Champions, quella che creerà il mito dell’ EuroVillarreal. Brillante affermazione esterna, 2-1 al Goodison Park, nei preliminari, poi un girone equilibratissimo con Manchester, Benfica e Lille, risoltosi solo all’ ultima giornata col primo posto per la matricola spagnola. Riquelme gioca pochissimo nel girone (salta le due sfide col Manchester), a causa di ricorrenti problemi fisici. Torna negli ottavi contro i Rangers: ad Ibrox nell’ andata guida da par suo la squadra, che impone il suo calcio e che solo per due clamorose autoreti si deve accontentare di un 2-2 bugiardissimo. Al ritorno il Villarreal e Riquelme non brillano, ma insomma, seppure tra sofferenze inattese, i quarti di finale, traguardo storico, sono ora una realtà. Riquelme viene risparmiato spesso in campionato, gioca col contagocce (saranno comunque 12 i gol alla fine) e si tiene caldo per la doppia sfida con l’ Inter che segnerà l’ apoteosi.
In sede di sorteggio, l’ accoppiamento era stato accolto in Italia con improvvidi sorrisini, Forlan però non ci mette neanche un minuto a mettere in guardia anche gli osservatori più distratti e ad ammutolire San Siro. Nel prosieguo del match, il Villarreal, un po’ rimaneggiato, regge dignitosamente l’ urto dell’ Inter limitando il passivo ad un 2-1 più che rimediabile al ritorno, e anzi sfiorando il pareggio con una magnifica punizione proprio di Riquelme che si stampa sulla traversa. Al Madrigal il primo tempo è sostanzialmente di studio, con una perfetta tenuta difensiva di un Villarreal attentissimo su Adriano (a dire il vero ben disposto già di suo ad annullarsi da solo) ma poco disposto a rischiare, tranne nelle occasioni in cui è Romancito nostro ad accendere la lampadina.
Il secondo tempo è quello che davvero regala gloria al Villarreal e fa arrossire l’ Inter: c’è una punizione sulla trequarti, ovviamente si incarica Riquelme della battuta. Traiettoria morbida, di quelle a spiovere al centro dell’ area tipiche del suo repertorio, non si sa di chi è, Toldo rimane a metà strada, abbozza un’ uscita, ma il vecchio Arruabarrena è il più lesto di tutti e insacca di testa. L’ Inter solo per dovere tenta una reazione, ma è il Villarreal, ormai completamente sciolto ed euforico, ad andare vicino al raddoppio in più occasioni, trascinato da un Riquelme al massimo dell’ ispirazione, come dimostra anche il quasi-gol-quasi-dalla-linea di fondo con cui stava per sorprendere Toldo, optando per una bordata tesissima invece che per un “banale” cross dalla destra. Futbol sontuoso che oltrettutto legittima, nell’ impietoso confronto a distanza con Veron, la preminenza acquisita da Riquelme in nazionale ai danni anche della “Brujita”.
La semifinale con l’ Arsenal è un di più da affrontare con l’ incoscienza di chi non ha nulla da perdere. L’ andata, l’ ultima serata europea del magico Highbury, è però una sofferenza continua, con l’ Arsenal che pressa e martella dall’ inizio alla fine e cancella Riquelme dalla partita, ulteriore dimostrazione di come certi ritmi risultino insostenibili per il nostro eroe. Però un po’ di fortuna e una grande capacità di saper soffrire, ribadita ancora una volta, permettono al Villarreal di uscire vivo da Highbury con un passivo di 1-0, quasi una vittoria visto l’ andazzo del match.
Al ritorno il copione si ribalta: è l’ Arsenal a difendere ad oltranza, il Villarreal stradomina giocando forse la miglior partita di tutta la sua Champions, ma la scarsa mira di Guille Franco e il fiuto annacquato di Forlan negano il meritato vantaggio. Allo scadere, quando la spinta si stava ormai affievolendo, un rigore molto dubbio di Clichy su José Mari regala la chance più ghiotta possibile. Sul dischetto va doverosamente Riquelme, fin lì sufficiente ma nulla di più: il destro è a mezza altezza e non molto angolato, Lehmann si tuffa alla sua sinistra e blocca. Villarreal a casa, è stato bello finchè è durato.
L’ episodio segna simbolicamente uno spartiacque nella carriera di Riquelme che, detto in termini aulici, da qui in poi non ne imbrocca più una. Arriva il Mondiale e l’ Argentina, potenzialmente la squadra più forte del mondiale (con una rosa fin troppo abbondante per una competizione di massimo sette partite), è nelle sue mani. Il girone, il più difficile in assoluto, viene superato in maniera agevole anche se con prestazioni alterne: bruttina quella contro una grande Costa d’ Avorio, straripante il 6-0 a una derelitta Serbia, ininfluente passerella lo 0-0 con l’ Olanda. Riquelme gioca complessivamente da 6,5, grande assist per Saviola contro la Costa d’ Avorio, divertita partecipazione al torello contro la Serbia, prove tecniche di coesistenza con Messi e Tevez contro l’ Olanda.
La partitaccia contro il Messico, vittoria immeritata col golden-gol(azo) di Maxi Rodriguez, coinvolge in pieno anche lui, invischiato nella ragnatela di La Volpe. Il quarto con la Germania è un’ incredibile occasione persa per l’ Argentina (con Pekerman che si ritrae eccessivamente e inspiegabilmente dopo il vantaggio di Ayala, quasi si adeguasse all’ adagio che vuole che alla fine in ogni grande competizione debbano spuntarla per forza i padroni di casa, cosa sulla quale Lippi evidentemente non ha concordato) e una solenne bocciatura per Riquelme, chiamato al ruolo di leader e invece nascostosi nelle pieghe della partita, meritandosi ampiamente la sostituzione con Cambiasso (magari Pekerman poteva inserire un giocatore dello stesso ruolo ma in grado di ribaltare l’ azione con maggiore velocità, che poteva essere Aimar, Messi o addirittura un attaccante come Palacio, di certo non doveva affrontare i supplementari giocandosi Cruz come ultima cartuccia).
Pekerman riconosce le sue colpe e rassegna le dimissioni, arriva il Coco Basile, un adoratore della tecnica, che quindi logicamente conferma al suo posto Riquelme, al centro della trequarti alle spalle di Messi e Tevez, nel 4-3-1-2 “stile Boca” che Basile presenta all’ Emirates Stadium nella prestigiosa amichevole col Brasile di inizio Settembre. Prestazione penosamente sottoritmo, come quella di tutta l’ Argentina, travolta dal Brasile di Robinho, Elano e Kakà. Piovono copiose altre critiche su Riquelme, che a questo punto si chiama fuori. Dice che le critiche non fanno tanto male a lui quanto piuttosto a sua madre, e allora preferisce rinunciare alla nazionale piuttosto che continuare così. La decisione, e nello specifico la sincerità delle motivazioni, scatena manco a dirlo altri infiniti dibattiti sul giocatore argentino in assoluto più discusso, cui ora rimane il solo Villarreal.
Anche lì però c’è poco da gioire: l’ inizio della stagione del Submarino è quantomai scialbo, Riquelme un fantasma che al massimo riesce ad incidere solo su palla ferma (riuscendo a collezionare 6 assist). Il rapporto con Pellegrini e con la società si incrina sempre di più, fino a quando il tecnico cileno decide di non convocarlo per tutte le partite di quest’ inizio 2007, segnale di una rottura ormai irreparabile. Il Villarreal cerca di piazzarlo nel mercato invernale, ma è lo stesso Riquelme a rifiutare le offerte sia di un club del Qatar (e te credo) che di due club di Champions non meglio specificati. Il Boca ci prova, ma Riquelme inizialmente non accetta la soluzione del prestito, venendo poi evidentemente convinto in questi giorni.
Si apre ora un’ altra pagina per il Villarreal (difficile che scaduti i sei mesi del prestito al Boca, Riquelme possa tornare felice e contento), che non rinuncia alle sue ambizioni di crescita ma le affida ad altri uomini, a cominciare da Matias Fernandez. Già si muove la società in vista dell’ anno prossimo, avendo acquistato Ayala dal Valencia, 33enne ma campione in grado di dare un salto di qualità in termini di esperienza a leadership a un reparto arretrato che si preannuncia fra i più interessanti della prossima stagione, col ritorno in pianta stabile di Gonzalo Rodriguez, uno dei più forti stopper in assoluto, e l’ acquisto dell’ uruguaiano Martin Caceres, eletto miglior difensore dell’ ultimo Sudamericano Under 20, un vero talento. Lo “Juventud de America” ha portato anche l’ ingaggio di un altro trequartista cileno, il 19enne, Mathias Vidangossy, che molto probabilmente verrà girato in prestito.
Difficile, nell’ ambito del calcio europeo, pensare Riquelme fuori da una realtà come quella del Villarreal, dove tutti i compagni si sacrificavano per lui, dove era esentato da compiti di copertura, dove poteva giocare dove voleva, come voleva e anche quando voleva, vista la tolleranza dimostrata dalla società villarrealense nei confronti di certi suoi comportamenti un po’ capricciosi e di certe sue “assenze strategiche”, almeno finchè continuavano ad arrivare risultati e prestazioni di grande livello. Una sorta di Re Sole in una realtà costruita su sua misura, al riparo dalle grandi pressioni, non certo come quel Barça che, una volta scaduto l’ iniziale prestito biennale al Villarreal, non si era nemmeno posto il problema di far tornare alla base l’ argentino e tentare un’ inconcepibile coesistenza con Ronaldinho e Deco.
Anche Pekerman, suo grande estimatore sin dai tempi delle nazionali giovanili, ne aveva fatto il fulcro indiscusso della sua nazionale, sbaragliando o defilando (Tevez e Messi) ogni possibile concorrenza. Nonostante non si possano dimenticare prestazioni esaltanti come quelle contro il Brasile nelle qualificazioni mondiali o contro la Germania nella Confederations Cup, la scommessa è stata indiscutibilmente persa, Pekermkan si è giocato tutto il suo credito e Riquelme è diventato l’ imputato principale, il simbolo della deludente esperienza tedesca.
Passati in doverosa rassegna i limiti temperamentali (ma Roman ha tutto il diritto di avere il suo carettere introverso, non tutti per fortuna possono sfoggiare il sorriso “Mastercard” di un Pelé. Il fatto stesso che un Riquelme a suo tempo già idolo dei tifosi del Boca avesse preferito continuare ad abitare nello stesso quartiere in cui era cresciuto invece che trasferirsi nel lussuoso Belgrano, testimonia una sensibilità complessa ma al tempo stesso ammirevole), resta uno dei giocatori più particolari del calcio mondiale, il cui inconfondibile stile, lo confesso, mi ha del tutto stregato.
Non è uno di quei numeri 10 che, nella retorica calcistica più classica (giustamente denigrata da Sacchi), son soliti fare scena muta per 89 minuti per poi risolvere tutto con la singola giocata, bensì uno di quei trequartisti sempre al centro del gioco (un enganche, detto all’ argentina, molto più centrocampista che seconda punta) che, alla maniera di Zidane, hanno il rarissimo pregio di far giocare meglio i compagni che hanno intorno e, nelle serate migliori, sembra tengano in pugno da soli lo sviluppo di un’ intera partita, controllandone i ritmi con visibile godimento.
Inimitabile il suo rapporto con la sfera, controllato e accarezzato magari con eccessiva insistenza ma in maniera comunque funzionale e al tempo stesso artisticamente sublime, con la pisada (in spagnolo “pestata”, il controllo con la suola) come grande cavallo di battaglia. E il piedone destro, che meraviglia: lanci millimetrici (mitico quello che, in maglia Boca, ispirò l’ 1-0 di Palermo nella vittoriosa finale di Coppa Intercontinentale col Real Madrid) e passaggi filtranti talvolta imprevedibili per i suoi stessi compagni, che lo hanno consacrato fra i migliori uomini-assist in questi anni di Liga. Destro potente e calibratissimo che si esalta sui calci da fermo, caricando d’ effetto traiettorie che spesso hanno impensierito i portieri addirittura dal calcio d’ angolo (anche un gol direttamente dal corner nella scorsa Liga, d’ altronde cercava spessissimo lo schema con Sorin in anticipo sul primo palo).
Insomma, lo adoro, anche con tutti i suoi difetti. Indovinate quindi per chi farò il tifo nel prossimo campionato Clausura e nella prossima Copa Libertadores?
Riquelme arriva in Spagna nell’ estate 2002, carico di trofei ottenuti in maglia xeneize, ed ha l’ indubbia sfortuna di piombare nel periodo più nero della storia blaugrana recente, in pieno tardo-gaspartismo, cioè alla fine della traiettoria di uno dei presidenti peggiori di tutta la storia del Barça, un ultrà dalle mani bucate e dall’ inesistente saggezza gestionale. Inoltre capita con un grande allenatore ma non certo ideale per le sue caratteristiche, ovvero Louis Van Gaal, tecnico dalla mentalità offensiva ma in maniera certo diversa da quella ad esempio di un Basile, dato che ama il talento ma esige che si esprima all’ interno di un’ organizzazione tattica ferrea, richiedendo ai suoi giocatori la massima applicazione con e senza palla, lavoro che Riquelme ha sempre detestato.
Inizio interessante dell’ argentino, buon precampionato e golazo nel preliminare di Champions col Legia Varsavia, ma nel 3-4-3 di Van Gaal il posto sulla sinistra del tridente è del grande Luis Enrique. Quando Riquelme gioca, lo fa partendo eccessivamente defilato sulla fascia sinistra, e fatica a rendere, venendo poi travolto come tutti i suoi compagni dal tracollo di Van Gaal che, ai limiti della zona retrocessione, è costretto a dare le dimissioni ad inizio 2003 (seguito in breve tempo da Gaspart). Arriva Antic, i risultati migliorano nettamente ma non per Riquelme, che nel 4-4-2 del tecnico serbo trova spazio al massimo come rincalzo di Motta sulla fascia sinistra o addirittura al posto di Overmars sulla destra, per lo più in anonimi spezzoni.
Nell’ estate seguente, la grande rivoluzione: arriva Laporta, arriva Rijkaard, nuove idee, nuovi programmi e un nuovo idolo come Ronaldinho. Per Roman non c’è spazio, ecco allora la cessione in prestito al Villarreal, della durata di due anni, per tenerselo lontano per un po’ quell’ avanzo di Gaspart che non è altro.
Prima stagione al Madrigal d’ ambientamento: partenza così così, crescita progressiva. Benito Floro, allora tecnico del Submarino, ha la cattiva idea di scontrarsi col non disciplinatissimo Riquelme, e ovviamente la sua panchina salterà a metà stagione, con il traghettatore Paquito, uomo di fiducia del club, che porterà il Villarreal, dopo le eliminazioni prestigiose di Roma e Celtic, a una storica semifinale di Coppa Uefa contro il Valencia, primo serio avvertimento all’ Europa calcistica.
La stagione successiva, 2004-2005, è l’ apogeo di Riquelme, autore di una Liga soprannaturale (già dalla prima giornata è bello carico, magnifica prestazione in casa del Valencia, con due pali impressionanti su altrettante punizioni) nella quale trascina il Villarreal a uno storico quarto posto che frutta i preliminari di Champions League. Tutto gira attorno a lui, il Villarreal gioca il miglior calcio della Liga dopo il Barça e Riquelme è il primatista assoluto degli assist (15 invece i gol, niente male), fornendo un consistente aiuto a Forlan, uno cui di solito tremano le gambe davanti al portiere avversario, nel conseguimento del titolo di Pichichi e della Scarpa d’ Oro. Uno dei punti più esaltanti della stagione è la vendetta dell’ ex, trionfo casalingo con tanto di sontuosa prestazione personale contro un Barça umiliato per 3-0. In Coppa Uefa il Villarreal si ferma ai quarti, al termine di una doppia sfida un po’ sfortunata contro un comunque grande Az Alkmaar. Nella gara d’ andata, pesante sconfitta per 1-2, Riquelme, già autore di un gran gol e solitamente infallibile dagli undici metri, sbaglia un rigore determinante, e non sarà l’ ultima volta, come ben sappiamo.
Intanto, Pekerman ne ha fatto il punto di riferimento dell’ Argentina post-Bielsa (tecnico che non andava matto per Riquelme, giudicato troppo lento), ricavandone ottime prestazioni nelle qualificazioni mondiali e una partecipazione convincente nella Confederations Cup disputata nel Giugno 2005, anche se la finale, quel 4-1 per il Brasile fin troppo sopravvalutato dalla critica (che invece aveva ignorato la lezione di calcio che solo qualche settimana prima i verdeoro avevano subito al Monumental nelle qualificazioni mondiali, 3-1 e Riquelme Dio in campo), non è certo andata bene.
La stagione successiva (nella quale il Villarreal acquisisce la proprietà del giocatore dopo i due anni di prestito) è quella della Champions, quella che creerà il mito dell’ EuroVillarreal. Brillante affermazione esterna, 2-1 al Goodison Park, nei preliminari, poi un girone equilibratissimo con Manchester, Benfica e Lille, risoltosi solo all’ ultima giornata col primo posto per la matricola spagnola. Riquelme gioca pochissimo nel girone (salta le due sfide col Manchester), a causa di ricorrenti problemi fisici. Torna negli ottavi contro i Rangers: ad Ibrox nell’ andata guida da par suo la squadra, che impone il suo calcio e che solo per due clamorose autoreti si deve accontentare di un 2-2 bugiardissimo. Al ritorno il Villarreal e Riquelme non brillano, ma insomma, seppure tra sofferenze inattese, i quarti di finale, traguardo storico, sono ora una realtà. Riquelme viene risparmiato spesso in campionato, gioca col contagocce (saranno comunque 12 i gol alla fine) e si tiene caldo per la doppia sfida con l’ Inter che segnerà l’ apoteosi.
In sede di sorteggio, l’ accoppiamento era stato accolto in Italia con improvvidi sorrisini, Forlan però non ci mette neanche un minuto a mettere in guardia anche gli osservatori più distratti e ad ammutolire San Siro. Nel prosieguo del match, il Villarreal, un po’ rimaneggiato, regge dignitosamente l’ urto dell’ Inter limitando il passivo ad un 2-1 più che rimediabile al ritorno, e anzi sfiorando il pareggio con una magnifica punizione proprio di Riquelme che si stampa sulla traversa. Al Madrigal il primo tempo è sostanzialmente di studio, con una perfetta tenuta difensiva di un Villarreal attentissimo su Adriano (a dire il vero ben disposto già di suo ad annullarsi da solo) ma poco disposto a rischiare, tranne nelle occasioni in cui è Romancito nostro ad accendere la lampadina.
Il secondo tempo è quello che davvero regala gloria al Villarreal e fa arrossire l’ Inter: c’è una punizione sulla trequarti, ovviamente si incarica Riquelme della battuta. Traiettoria morbida, di quelle a spiovere al centro dell’ area tipiche del suo repertorio, non si sa di chi è, Toldo rimane a metà strada, abbozza un’ uscita, ma il vecchio Arruabarrena è il più lesto di tutti e insacca di testa. L’ Inter solo per dovere tenta una reazione, ma è il Villarreal, ormai completamente sciolto ed euforico, ad andare vicino al raddoppio in più occasioni, trascinato da un Riquelme al massimo dell’ ispirazione, come dimostra anche il quasi-gol-quasi-dalla-linea di fondo con cui stava per sorprendere Toldo, optando per una bordata tesissima invece che per un “banale” cross dalla destra. Futbol sontuoso che oltrettutto legittima, nell’ impietoso confronto a distanza con Veron, la preminenza acquisita da Riquelme in nazionale ai danni anche della “Brujita”.
La semifinale con l’ Arsenal è un di più da affrontare con l’ incoscienza di chi non ha nulla da perdere. L’ andata, l’ ultima serata europea del magico Highbury, è però una sofferenza continua, con l’ Arsenal che pressa e martella dall’ inizio alla fine e cancella Riquelme dalla partita, ulteriore dimostrazione di come certi ritmi risultino insostenibili per il nostro eroe. Però un po’ di fortuna e una grande capacità di saper soffrire, ribadita ancora una volta, permettono al Villarreal di uscire vivo da Highbury con un passivo di 1-0, quasi una vittoria visto l’ andazzo del match.
Al ritorno il copione si ribalta: è l’ Arsenal a difendere ad oltranza, il Villarreal stradomina giocando forse la miglior partita di tutta la sua Champions, ma la scarsa mira di Guille Franco e il fiuto annacquato di Forlan negano il meritato vantaggio. Allo scadere, quando la spinta si stava ormai affievolendo, un rigore molto dubbio di Clichy su José Mari regala la chance più ghiotta possibile. Sul dischetto va doverosamente Riquelme, fin lì sufficiente ma nulla di più: il destro è a mezza altezza e non molto angolato, Lehmann si tuffa alla sua sinistra e blocca. Villarreal a casa, è stato bello finchè è durato.
L’ episodio segna simbolicamente uno spartiacque nella carriera di Riquelme che, detto in termini aulici, da qui in poi non ne imbrocca più una. Arriva il Mondiale e l’ Argentina, potenzialmente la squadra più forte del mondiale (con una rosa fin troppo abbondante per una competizione di massimo sette partite), è nelle sue mani. Il girone, il più difficile in assoluto, viene superato in maniera agevole anche se con prestazioni alterne: bruttina quella contro una grande Costa d’ Avorio, straripante il 6-0 a una derelitta Serbia, ininfluente passerella lo 0-0 con l’ Olanda. Riquelme gioca complessivamente da 6,5, grande assist per Saviola contro la Costa d’ Avorio, divertita partecipazione al torello contro la Serbia, prove tecniche di coesistenza con Messi e Tevez contro l’ Olanda.
La partitaccia contro il Messico, vittoria immeritata col golden-gol(azo) di Maxi Rodriguez, coinvolge in pieno anche lui, invischiato nella ragnatela di La Volpe. Il quarto con la Germania è un’ incredibile occasione persa per l’ Argentina (con Pekerman che si ritrae eccessivamente e inspiegabilmente dopo il vantaggio di Ayala, quasi si adeguasse all’ adagio che vuole che alla fine in ogni grande competizione debbano spuntarla per forza i padroni di casa, cosa sulla quale Lippi evidentemente non ha concordato) e una solenne bocciatura per Riquelme, chiamato al ruolo di leader e invece nascostosi nelle pieghe della partita, meritandosi ampiamente la sostituzione con Cambiasso (magari Pekerman poteva inserire un giocatore dello stesso ruolo ma in grado di ribaltare l’ azione con maggiore velocità, che poteva essere Aimar, Messi o addirittura un attaccante come Palacio, di certo non doveva affrontare i supplementari giocandosi Cruz come ultima cartuccia).
Pekerman riconosce le sue colpe e rassegna le dimissioni, arriva il Coco Basile, un adoratore della tecnica, che quindi logicamente conferma al suo posto Riquelme, al centro della trequarti alle spalle di Messi e Tevez, nel 4-3-1-2 “stile Boca” che Basile presenta all’ Emirates Stadium nella prestigiosa amichevole col Brasile di inizio Settembre. Prestazione penosamente sottoritmo, come quella di tutta l’ Argentina, travolta dal Brasile di Robinho, Elano e Kakà. Piovono copiose altre critiche su Riquelme, che a questo punto si chiama fuori. Dice che le critiche non fanno tanto male a lui quanto piuttosto a sua madre, e allora preferisce rinunciare alla nazionale piuttosto che continuare così. La decisione, e nello specifico la sincerità delle motivazioni, scatena manco a dirlo altri infiniti dibattiti sul giocatore argentino in assoluto più discusso, cui ora rimane il solo Villarreal.
Anche lì però c’è poco da gioire: l’ inizio della stagione del Submarino è quantomai scialbo, Riquelme un fantasma che al massimo riesce ad incidere solo su palla ferma (riuscendo a collezionare 6 assist). Il rapporto con Pellegrini e con la società si incrina sempre di più, fino a quando il tecnico cileno decide di non convocarlo per tutte le partite di quest’ inizio 2007, segnale di una rottura ormai irreparabile. Il Villarreal cerca di piazzarlo nel mercato invernale, ma è lo stesso Riquelme a rifiutare le offerte sia di un club del Qatar (e te credo) che di due club di Champions non meglio specificati. Il Boca ci prova, ma Riquelme inizialmente non accetta la soluzione del prestito, venendo poi evidentemente convinto in questi giorni.
Si apre ora un’ altra pagina per il Villarreal (difficile che scaduti i sei mesi del prestito al Boca, Riquelme possa tornare felice e contento), che non rinuncia alle sue ambizioni di crescita ma le affida ad altri uomini, a cominciare da Matias Fernandez. Già si muove la società in vista dell’ anno prossimo, avendo acquistato Ayala dal Valencia, 33enne ma campione in grado di dare un salto di qualità in termini di esperienza a leadership a un reparto arretrato che si preannuncia fra i più interessanti della prossima stagione, col ritorno in pianta stabile di Gonzalo Rodriguez, uno dei più forti stopper in assoluto, e l’ acquisto dell’ uruguaiano Martin Caceres, eletto miglior difensore dell’ ultimo Sudamericano Under 20, un vero talento. Lo “Juventud de America” ha portato anche l’ ingaggio di un altro trequartista cileno, il 19enne, Mathias Vidangossy, che molto probabilmente verrà girato in prestito.
Etichette: Giocatori, Villarreal
5 Comments:
Veramente meraviglioso questo ritratto di Riquelme...si vede che lo adori!
Io personalmente non l'ho mai amato troppo: pur riconoscendone la tecnica e la fantasia, trovo che i suoi limiti caratteriali siano troppo evidenti per farne un campione assoluto.
E' probabile che con l'affetto della Bombonera tornerà a deliziarci con giocate sopraffine, ma temo che sarà dura rivederlo ad alto livello, qui in Europa come in Nazionale.
Poi oh, con un talento del genere non si sa mai!
Grazie, purtroppo non posso che darti ragione: per quanto mi possa piacere il suo stile, Riquelme, come dico anche nel post, ha indiscutibilmente fallito quel salto che ne avrebbe potuto fare un campione assoluto.
La Bombonera tornerà a spellarsi le mani, ne sono sicuro, ma per inquadrare meglio il tipo credo che lui per primo non avrà nessuna voglia di tornare in Europa una volta tornato a casa sua.
il vero limite di riquelme è la lentezza, eccessiva. ma aveva sviluppato questo stile di gioco attirando su di se 3 giocatori liberando i compagni. ma appunto poteva andare bene per una squadra del livello del villareal non per un club di primissimo piano come il Barca.
KUBALA
Giusto Kubala, la lentezza incide tantissimo, però è vero che quando è in serata non perde palla, e quando non perde palla, come dici tu, attira gli avversari e permette ai suoi compagni di salire e smarcarsi (il 4-3-1-2 di Pellegrini, senza esterni veri, era basato in gran parte su questo meccanismo della "calamita").
Non si poteva pensare proprio Riquelme nel Barça, lo stesso Cruijff a suo tempo aveva detto che ci sarebbero voluti tre palloni, uno per lui, uno per Rivaldo e uno per il resto della squadra...
Aggiungici i maggiori lavori di copertura e la posizione in campo probabilmente più rigida e defilata rispetto al Villarreal, e si capisce perchè Riquelme non è un fuoriclasse assoluto. Ha bisogno di una squadra costruita tutta attorno a lui, che sopporti la sua lentezza e tutti i suoi altri limiti, elevandolo al rango di stella rispetto al resto dell' organico. Impossibile questo nel Barça.
guarda in astratto Riquelme nel Barca ci poteva pure stare, ma siccome è un giocatore poco adattabile bisognava adattare la squadra a lui.
quando stava al barca mancavano i laterali che spingessero (se giochi senza ali...), poi sono arrivati ronaldinho, deco, messi, è cresciuto iniesta... non solo diventava difficile la convivenza, ma anche rischiosa o controproducente. però per esempio in un Arsenal o in un Valencia che sono squadre di livello ci sarebbe potuto stare. insomma il problema non è che riquelme non è abbastanza forte , ma che era incompatibile con la plantilla del Barca.
KUBALA
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