Come giocano le squadre della Liga/1
Cerco di tenere meno possibile conto delle congiunture (oddio, sembra stia parlando di una roba seria...) e del rendimento delle squadre: provo a descrivere come giocano ma, anche quando fanno acqua da tutte le parti o non riescono comunque ad applicare in pieno il loro gioco classico (come il Barça quest’ anno), provo anche a descrivere come vorrebbero giocare nelle intenzioni. Le formazioni sono un riassunto degli schieramenti finora adottati, non posso per forza di cose tenere sotto controllo tutti i cambiamenti, anche piccoli (infortuni, squalifiche etc.). Mi scuso se nelle prossime puntate le informazioni saranno dettagliate, ma purtroppo alcune squadre le ho viste giocare molto meno.
BARCELONA (4-3-3): Il 4-3-3, nonostante le discutibili scappatelle col 3-4-3, resta ancora il marchio di fabbrica del Barça, così come il suo stile di gioco, votato all’ attacco, quello tipico sin dai tempi di Cruijff. Possesso-palla insistito e ipnotizzante, rapida circolazione del pallone da una fascia all’ altra in attesa che sulla trequarti si apra il varco giusto per imprimere l’ accelerazione decisiva. Meglio se si gioca a uno-due tocchi per non dare alla difesa avversaria tempo prezioso per piazzarsi (con l’ arrivo sulla panchina di Cruijff, il rondo, cioè il nostro “torello”, è diventato una parte importantissima degli allenamenti del Barça).
Il gioco del Barça si basa sostanzialmente su un’ alternanza fra lanci in diagonale verso le ali (eseguite da Marquez, dal centro-destra della difesa verso la fascia di Ronaldinho, oppure da Edmilson, che può lanciare anche verso la fascia destra in direzione di Giuly o Messi) e triangolazioni palla a terra in zona centrale. In fase d’ impostazione, per facilitare il rilancio dell’ azione ed evitare di offrire punti di riferimento agevoli al pressing avversario, i tre centrocampisti si scambiano spesso la posizione: ad esempio, quando Xavi si abbassa a ricevere il pallone dai difensori, Edmilson avanza all’ altezza del cerchio di centrocampo, mentre Deco si inserisce nella trequarti, nello spazio fra centrocampo e difesa avversario.
La fase difensiva invece è organizzata in vista di un obiettivo molto preciso: riconquistare il pallone prima possibile e possibilmente già nella metacampo avversaria, in modo da poter ricominciare subito l’ azione d’ attacco e non obbligare Xavi e Deco (e anche Ronaldinho, non proprio portato a coprire le avanzate dei terzini avversari) a scomodi ripiegamenti fino al limite della propria area. Difendersi attaccando, questa la soluzione per sostenere un undici con caratteristiche così offensive. Per questo, il pressing deve cominciare, intenso, già sui difensori avversari, in modo da favorire l’ immediato recupero del pallone da parte dei centrocampisti, pronti a raddoppiare, oppure da parte della difesa, schierata molto alta.
La presenza di Eto’o incide tantissimo sia sulla fase offensiva che su quella difensiva: a differenza di Saviola e Gudjohnsen, che la vogliono soprattutto sui piedi e in ogni caso non hanno la sua velocità, dà grande profondità all’ attacco, permettendo di allungare la difesa avversaria e favorendo così gli inserimenti dalla seconda linea dei suoi compagni (anche se nella rosa del Barça, dopo la cessione di Van Bommel, mancano veri e propri centrocampisti incursori). Il camerunese poi è molto determinato nel pressare i difensori avversari, ciò che rende difficile a questi ultimi il disimpegno e che consente alla sua squadra di mantenere alto il proprio baricentro.
Nella scelta degli uomini e conseguentemente del carattere della squadra, Rijkaard si barcamena fra alcune alternative principali: per quanto riguarda i terzini può scegliere diverse combinazioni a seconda della maggiore o minore propensione offensiva (Belletti-Silvinho i più offensivi, Zambrotta-Gio più equilibrati, Oleguer, tornato importante da terzino destro, decisamente difensivo); a centrocampo, soprattutto quando occorre rimontare, rinuncia al centrocampista di contenimento (Edmilson, Motta o Marquez) e schiera assieme Xavi, Iniesta e Deco; sulla fascia destra dell’ attacco, l’ alternativa è fra Messi, che va quasi esclusivamente palla al piede, e Giuly, più propenso al gioco senza palla e agli scatti in profondità, ma anche Iniesta si è rivelato un’ alternativa utiliissima per questa posizione, assicurando maggiore controllo del possesso-palla e combinazioni più imprevedibili tagliando da destra verso il centro della trequarti.
Le palle inattive sono un aspetto sempre più importante per gli allenatori odierni, però il Barça, rigonfio di talento, è meno portato a curare quest’ importantissimo aspetto strategico rispetto alle altre squadre. Ciò comporta qualche ricorrente disattenzione quando si tratta di difendere sui calci piazzati avversari, mentre, esclusi i micidiali tiri diretti di Ronaldinho, i blaugrana preferiscono in genere rimettere in gioco il pallone corto più che lanciarlo al centro dell’ area.
Sui calci d’ angolo, l’ unico schema elaborato è quello che vede il taglio di Marquez (che ha un’ eccellente scelta di tempo) sul primo palo, per concludere direttamente in porta oppure per prolungare la traiettoria. Comunque, per informazioni più dettagliate, vi rimando a questo articolo della scorsa estate.
---------------------------Valdés--------------------------------
Oleguer---------Marquez----------Puyol-------------Zambrotta
-------------------------Edmilson-------------------------------
-------------------Xavi------------Deco-------------------------
-Messi--------------------Eto’o---------------------Ronaldinho--
SEVILLA (4-4-2): A differenza del clichè tipico della squadra spagnola, il Sevilla prescinde dal dominio del possesso palla e basa il suo gioco su un’ intensità senza eguali nella Liga, pressing e transizioni superveloci (e ho detto superveloci). Un gioco molto verticale e diretto. Recuperata palla, si punta subito dritti verso la porta con determinazione e ferocia.
Nelle serate buone, crea occasioni su occasioni (anche più del Barça), gli avversari non hanno neanche il tempo di ricomporsi che già devono raccogliere il pallone in fondo al sacco, quando invece le cose non girano (per via di cali atletici o a causa di avversari blindatissimi) ti viene da dire “ma perché vanno così di fretta?”, “fermate il treno !”.
Ereditata da Caparros l’ organizzazione difensiva e l’ intensità, con Juande Ramos e la crescita dell’ organico c’è stata chiaramente un’ evoluzione più offensiva ed ambiziosa, ma ancora fa difetto al Sevilla la capacità di abbassare i ritmi e ragionare quando gli sviluppi del gioco lo richiedono. Da quando questa squadra è diventata ufficialmente una “grande”, trova molte più difficoltà a costruire gioco contro squadre che pensano solo a difendersi attestandosi nella loro metacampo.
Classico 4-4-2. In difesa un terzino che spinge costantemente a destra (Alves) e uno a sinistra che resta più bloccato. A centrocampo due esterni molto offensivi e due centrali che in fase di possesso non giocano sulla stessa linea: sul centro-destra Poulsen resta vicino alla difesa per coprire, mentre sul centro-sinistra Renato (o Maresca) appoggia frequentemente l’attacco e si inserisce sulla trequarti. Due punte pure, una che tendenzialmente viene incontro in appoggio, fa da boa e svaria su tutto il fronte d’attacco (Kanouté), e un’altra che cerca più la profondità (Luis Fabiano, Chevanton o Kerzhakov).
Il Sevilla ama attaccare soprattutto dalle fasce, specialmente con le continue sovrapposizioni sulla fascia destra (fra Daniel Alves e Jesus Navas, che si scambiano costantemente la zona: uno si allarga, l’ altro va all’ interno. Può succedere anche che uno dei centrali di centrocampo, o uno degli attaccanti, allargandosi li aiuti a creare la superiorità numerica sulla fascia), dalla quale piovono cross a getto continuo, oppure con immediate verticalizzazioni a favorire i movimenti in profondità degli attaccanti quando ha a diposizione il contropiede. Quando c’è troppo traffico a centrocampo, i difensori ricorrono spesso al lancio lungo verso Kanouté che mette giù e fa da sponda per i compagni (è probabilmente il più bravo di tutta la Liga nello svolgere questo lavoro). Principalmente è Daniel Alves a incaricarsi di questi lanci, coi quali in altre occasioni (talvolta ossessivamente) cerca di servire direttamente lo scatto di Kanouté e Luis Fabiano alle spalle della linea di difesa avversaria.
-----------------------------Palop----------------------------
Daniel Alves------Javi Navarro-------Escudé-----------David
Jesus Navas---------Poulsen---------Renato----------Adriano
-------------------Kanouté-------Luis Fabiano----------------
Principali cambi: Coppia centrale di difesa: Aitor Ocio-Dragutinovic per Javi Navarro-Escudé; Martì (pivote, per Poulsen); Maresca (mezzala, per Renato); Puerta (centrocampista di fascia sinistra, per Adriano, o terzino sinistro, per David); Kerzhakov (prima punta, per Luis Fabiano).
VALENCIA (4-4-2): Il calcio ideale di Quique Sanchez Flores: pallone regalato all’ avversario, attirato in blocco nella metacampo di Cañizares in modo da lasciare la restante metà a totale disposizione della velocità di Villa, delle cavalcate palla al piede di Joaquin, delle scorribande di Vicente e degli inserimenti “a rimorchio” di Angulo. Micidiale il contropiede del Valencia, il più letale della Liga, però son pochini gli avversari che se la giocano a viso aperto e ti offrono il fianco. Estrememamente competitivo contro le altre grandi, il Valencia soffre tremendamente contro le piccole squadre ben chiuse che la obbligano a manovrare. E dire che materiale per scardinare e aggirare una difesa schierata ce ne sarebbe in abbondanza (giocatori rapidi e abili negli spazi stretti, esterni di altissimo livello, terzini con grandi doti di spinta e anche un ariete classico come Morientes), però manca l’ impronta decisiva di un allenatore con una filosofia di gioco che possa valorizzare al meglio queste grandi risorse. Puntare tutto sul contropiede, sulle azioni da calcio piazzato e sul “cinismo” è troppo poco per vincere una Liga di 38 partite.
Il punto forte è l’ organizzazione difensiva, marchio di fabbrica già dai tempi di Ranieri e Cuper : difesa in linea, due linee molto ravvicinate di quattro uomini l’ una (importantissimo, e altrettanto dispendioso, il lavoro di ripiegamento, ben dietro la loro metacampo, degli esterni di centrocampo), impeccabili nello scivolare in blocco da una parte all’ altra del campo, a seconda di dove l’ avversario sta giocando il pallone. Generalmente, a differenza del Valencia di Benitez, Quique preferisce mantenere basso il baricentro, in modo da crearsi, come detto, più spazio per il contropiede nella metacampo avversaria, ma ovviamente quest’ atteggiamento varia a seconda dell’ avversario.
E’ logico che quando di fronte si è trovato un Barça privo di profondità e senza gioco aereo, ha lasciato tranquillamente che le iniziative blaugrana, tutte palla al piede, si arenassero al limite dell’ area di Cañizares, mentre la sfida contro l’ Inter, formazione molto meno offensiva e con altre prerogative, ha imposto una difesa molto più alta e aggressiva che evitasse il più possibile mischie in area di rigore, dove i nerazzurri contavano su un peso nettamente superiore nel gioco aereo. Altrettanto logico che, volenti o nolenti, giocare contro squadre di livello inferiore imponga una presenza più costante nella metacampo avversario, non più ridotta a pochi fulminei ribaltamenti, più possesso-palla e sovrapposizioni più frequenti da parte dei terzini.
In fase offensiva, determinanti i movimenti di Villa (si può parlare tranquillamente di dipendenza, non solo per i gol, e ciò si ripercuote negativamente sul rendimento realizzativo dello stesso Villa, sovraccaricato di compiti e di responsabilità). In profondità, ma anche sulle fasce: il Valencia infatti effettua molti dei suoi attacchi sfruttando il movimento verso le fasce da parte di uno dei due attaccanti (quasi sempre Villa): l’ obiettivo è togliere punti di riferimento alle difese avversarie, creando superiorità numerica sugli esterni e favorendo sia la sovrapposizione del terzino che i tagli in zona centrale degli esterni di centrocampo.
Un’ azione tipica del Valencia è quella che si sviluppa a partire dalla fascia sinistra, dove Villa si allarga (la sinistra è di gran lunga la sua fascia preferita, anche per tentare l’ uno contro uno), attira i difensori avversari e può così servire la sovrapposizione del terzino, il taglio tra le linee di Silva o, quando gioca Vicente, lo scatto di Vicente alle spalle del terzino avversario. Analoga situazione di superiorità numerica (3 contro 2 nei confronti del terzino e dell’ esterno avversario), può essere creata sull’ altra fascia, quando Villa si allarga e crea spazi per Angulo (o Joaquin) e per le sovrapposizioni di Miguel. Una soluzione, questa, che Quique Sanchez Flores si porta dietro sin dalla sua esperienza al Getafe, quando era Riki la punta che si allargava eVivar Dorado il centrocampista offensivo che partiva dalla sinistra per poi accentrarsi.
L’ alternativa al 4-4-2 di base è un 4-4-1-1 con Silva alle spalle dell’unica punta Villa, modulo adottato soprattutto fuori casa in partite più di copertura. Un’ altra variazione possibile resta sempre all’ interno del 4-4-2, ma con uomini e movimenti diversi: prevede Angulo accanto a Villa in attacco e Silva che parte dalla fascia destra. E’ una soluzione che ha funzionato bene in alcune partite, più imprevedibile del 4-4-1-1 con Silva trequartista e Angulo sulla fascia destra. Con questa sistema infatti il peso da sostenere per la difesa avversaria è maggiore, dato che le punte che si possono muovere in profondità sono ora due (Angulo e Villa), mentre Silva, accentrandosi dalla destra, può continuare ad agire sulla trequarti, lasciando la fascia alle avanzate di Miguel. Con gli stessi uomini, ma disposti diversamente, una soluzione più offensiva.
I tanti infortuni hanno costretto Quique a un continuo balletto per poter scegliere i centrali di centrocampo: inamovibile Albelda come centrocampista difensivo, l’ infortunio di Baraja ad inizio stagione aveva aperto le porte ad Edu. Infortunatosi gravemente Edu, torna Baraja, ma siccome ora anche Baraja dovrà perdersi la parte finale della stagione, le scelte possibili rimangono due: Hugo Viana, regista con grande capacità di cambiare gioco verso le fasce ma scarso peso in interdizione e concentrazione che va e viene, oppure Marchena, un doppione di Albelda.
---------------------------Cañizares-----------------------------
Miguel----------------Albiol--------Ayala----------------Moretti
-Angulo------------Albelda-------Marchena---------------Silva-
---------------------Morientes-------Villa-----------------------
Principali cambi: Joaquín (fascia destra del centrocampo, per Angulo); Vicente quando è sano gioca, Silva allora si sposta sulla trequarti al posto di Morientes, oppure sulla destra al posto di Angulo.
REAL MADRID (4-2-3-1/4-4-2): Un pasticcio senza capo né coda. Costruito in estate sulla base di una molto presunta impenetrabilità difensiva (la famosa “diga” Emerson-Diarra, obbrobrio tecnico che verrà ricordato nei secoli), il Madrid di Capello si è dimostrato invece una squadra slegata e facilmente perforabile (di fatto ammucchia soltanto i giocatori dietro la linea della palla). Spesso divisa in due tronconi, 5 che difendono e 5 che restano oltre la linea del pallone, in questo non molto diversa dal Madrid di Queiroz e Luxemburgo.
Dopo Gennaio si è tentata, con nuovi acquisti ed esclusioni eccellenti, un virata verso un calcio nelle intenzioni più elaborato, più “di possesso”, in discreta contraddizione con le scelte estive e la filosofia storica di Capello. “Effetto-Gago” lo definirei, un placebo che è durato lo spazio di un paio di partite, inevitabilmente condannato dalle basi di estrema improvvisazione e scarsa convinzione di fondo sulle quali è stato costruito.
Il fatto di avere un parco attaccanti molto limitato e, con la cessione di Ronaldo (anche se parliamo di un Ronaldo obeso e statico), privo di contropiedisti (Higuain è abbastanza veloce, ma non è quel tipo di giocatore), consente agli avversari del Real Madrid di godere di un importantissimo vantaggio strategico: essi possono infatti alzare tranquillamente la linea di difesa, senza preoccuparsi di lasciare tanto spazio fra il portiere e l’ ultimo difensore, e andare a pressare molto alto il Real Madrid, direttamente alla fonte e dove più difficoltà ha a costruire gioco (così si raggiunge anche l’ obiettivo-chiave dell’ isolamento di Guti, unico centrocampista, fino all’ arrivo di un peraltro ancora acerbo Gago, dotato di “criterio” nella rosa del Real Madrid, e per questo bersaglio fin troppo facile): lo abbiamo visto in una serie innumerevole di partite quest’ anno, su tutte i due derby con l’ Atlético, la disfatta casalinga col Recreativo e quella del Riazor, il primo tempo del recente 1-1 casalingo col Getafe.
Con l’ arrivo di Gago son diminuiti i lanci lunghi dei difensori, ma non c’ è da stappare nessuna bottiglia di champagne. C’ è soltanto che Gago è solito abbassarsi per prendere palla dai difensori (mentre l’ altro centrale, Emerson o Diarra, gioca qualche metro più avanti, cosa che ha forse creato qualche problema al maliano, che non ricopre assolutamente lo stesso ruolo di Lione), però la manovra rimane molto lenta, orizzontale, statica per la mancanza di movimento senza palla e priva di sbocchi sulle fasce.
Higuain si è mostrato abbastanza utile come trait d’ union fra centrocampo e attacco, ma l’ isolamento rimane una realtà dura per Van Nistelrooy. In fase offensiva, l’ unico movimento apprezzabile è il taglio dalla fascia verso il centro di Raul (che per il resto deve inciucchirsi nell’ aiutare il terzino a coprire la fascia), favorito ora dal lavoro di boa di Van Nistelrooy ora dai passaggi filtranti di Guti. Una soluzione che Capello ha ripescato dai tempi della sua precedente esperienza madridista, quando convertì Raul in finto esterno sinistro di centrocampo.
Purtroppo in questa mia analisi prevale il taglio polemico su quello meramente descrittivo, ma davvero non si può fare in altro modo quando una squadra dopo mesi dall’ inizio del campionato non riesce ancora ad assumere un’ identità chiara e riconoscibile.
-----------------------------Casillas---------------------------
Sergio Ramos-------Helguera-----Cannavaro-----------Torres
---------------------------------------Gago--------------------
--------------------Emerson-----------------------------------
-Reyes------------------------Guti-----------------Robinho---
---------------------------Van Nistelrooy----------------------
Principali cambi: Roberto Carlos (terzino sinistro, Torres va a destra e Sergio Ramos slitta al centro al posto di Helguera); Diarra (centrocampista centrale, per Emerson); Beckham (fascia destra del centrocampo, per Reyes oppure pet Robinho quando Reyes va sulla sinistra); Higuain (seconda punta, il 4-2-3-1 diventa 4-4-2, Guti o arretra a centrocampo vicino all’ altro centrale oppure prende e va in panchina senza fiatare); Raul (seconda punta-esterno di centrocampo, tutte e tre le posizioni della trequarti, entra spessissimo fra i titolari).
BARCELONA (4-3-3): Il 4-3-3, nonostante le discutibili scappatelle col 3-4-3, resta ancora il marchio di fabbrica del Barça, così come il suo stile di gioco, votato all’ attacco, quello tipico sin dai tempi di Cruijff. Possesso-palla insistito e ipnotizzante, rapida circolazione del pallone da una fascia all’ altra in attesa che sulla trequarti si apra il varco giusto per imprimere l’ accelerazione decisiva. Meglio se si gioca a uno-due tocchi per non dare alla difesa avversaria tempo prezioso per piazzarsi (con l’ arrivo sulla panchina di Cruijff, il rondo, cioè il nostro “torello”, è diventato una parte importantissima degli allenamenti del Barça).
Il gioco del Barça si basa sostanzialmente su un’ alternanza fra lanci in diagonale verso le ali (eseguite da Marquez, dal centro-destra della difesa verso la fascia di Ronaldinho, oppure da Edmilson, che può lanciare anche verso la fascia destra in direzione di Giuly o Messi) e triangolazioni palla a terra in zona centrale. In fase d’ impostazione, per facilitare il rilancio dell’ azione ed evitare di offrire punti di riferimento agevoli al pressing avversario, i tre centrocampisti si scambiano spesso la posizione: ad esempio, quando Xavi si abbassa a ricevere il pallone dai difensori, Edmilson avanza all’ altezza del cerchio di centrocampo, mentre Deco si inserisce nella trequarti, nello spazio fra centrocampo e difesa avversario.
La fase difensiva invece è organizzata in vista di un obiettivo molto preciso: riconquistare il pallone prima possibile e possibilmente già nella metacampo avversaria, in modo da poter ricominciare subito l’ azione d’ attacco e non obbligare Xavi e Deco (e anche Ronaldinho, non proprio portato a coprire le avanzate dei terzini avversari) a scomodi ripiegamenti fino al limite della propria area. Difendersi attaccando, questa la soluzione per sostenere un undici con caratteristiche così offensive. Per questo, il pressing deve cominciare, intenso, già sui difensori avversari, in modo da favorire l’ immediato recupero del pallone da parte dei centrocampisti, pronti a raddoppiare, oppure da parte della difesa, schierata molto alta.
La presenza di Eto’o incide tantissimo sia sulla fase offensiva che su quella difensiva: a differenza di Saviola e Gudjohnsen, che la vogliono soprattutto sui piedi e in ogni caso non hanno la sua velocità, dà grande profondità all’ attacco, permettendo di allungare la difesa avversaria e favorendo così gli inserimenti dalla seconda linea dei suoi compagni (anche se nella rosa del Barça, dopo la cessione di Van Bommel, mancano veri e propri centrocampisti incursori). Il camerunese poi è molto determinato nel pressare i difensori avversari, ciò che rende difficile a questi ultimi il disimpegno e che consente alla sua squadra di mantenere alto il proprio baricentro.
Nella scelta degli uomini e conseguentemente del carattere della squadra, Rijkaard si barcamena fra alcune alternative principali: per quanto riguarda i terzini può scegliere diverse combinazioni a seconda della maggiore o minore propensione offensiva (Belletti-Silvinho i più offensivi, Zambrotta-Gio più equilibrati, Oleguer, tornato importante da terzino destro, decisamente difensivo); a centrocampo, soprattutto quando occorre rimontare, rinuncia al centrocampista di contenimento (Edmilson, Motta o Marquez) e schiera assieme Xavi, Iniesta e Deco; sulla fascia destra dell’ attacco, l’ alternativa è fra Messi, che va quasi esclusivamente palla al piede, e Giuly, più propenso al gioco senza palla e agli scatti in profondità, ma anche Iniesta si è rivelato un’ alternativa utiliissima per questa posizione, assicurando maggiore controllo del possesso-palla e combinazioni più imprevedibili tagliando da destra verso il centro della trequarti.
Le palle inattive sono un aspetto sempre più importante per gli allenatori odierni, però il Barça, rigonfio di talento, è meno portato a curare quest’ importantissimo aspetto strategico rispetto alle altre squadre. Ciò comporta qualche ricorrente disattenzione quando si tratta di difendere sui calci piazzati avversari, mentre, esclusi i micidiali tiri diretti di Ronaldinho, i blaugrana preferiscono in genere rimettere in gioco il pallone corto più che lanciarlo al centro dell’ area.
Sui calci d’ angolo, l’ unico schema elaborato è quello che vede il taglio di Marquez (che ha un’ eccellente scelta di tempo) sul primo palo, per concludere direttamente in porta oppure per prolungare la traiettoria. Comunque, per informazioni più dettagliate, vi rimando a questo articolo della scorsa estate.
---------------------------Valdés--------------------------------
Oleguer---------Marquez----------Puyol-------------Zambrotta
-------------------------Edmilson-------------------------------
-------------------Xavi------------Deco-------------------------
-Messi--------------------Eto’o---------------------Ronaldinho--
SEVILLA (4-4-2): A differenza del clichè tipico della squadra spagnola, il Sevilla prescinde dal dominio del possesso palla e basa il suo gioco su un’ intensità senza eguali nella Liga, pressing e transizioni superveloci (e ho detto superveloci). Un gioco molto verticale e diretto. Recuperata palla, si punta subito dritti verso la porta con determinazione e ferocia.
Nelle serate buone, crea occasioni su occasioni (anche più del Barça), gli avversari non hanno neanche il tempo di ricomporsi che già devono raccogliere il pallone in fondo al sacco, quando invece le cose non girano (per via di cali atletici o a causa di avversari blindatissimi) ti viene da dire “ma perché vanno così di fretta?”, “fermate il treno !”.
Ereditata da Caparros l’ organizzazione difensiva e l’ intensità, con Juande Ramos e la crescita dell’ organico c’è stata chiaramente un’ evoluzione più offensiva ed ambiziosa, ma ancora fa difetto al Sevilla la capacità di abbassare i ritmi e ragionare quando gli sviluppi del gioco lo richiedono. Da quando questa squadra è diventata ufficialmente una “grande”, trova molte più difficoltà a costruire gioco contro squadre che pensano solo a difendersi attestandosi nella loro metacampo.
Classico 4-4-2. In difesa un terzino che spinge costantemente a destra (Alves) e uno a sinistra che resta più bloccato. A centrocampo due esterni molto offensivi e due centrali che in fase di possesso non giocano sulla stessa linea: sul centro-destra Poulsen resta vicino alla difesa per coprire, mentre sul centro-sinistra Renato (o Maresca) appoggia frequentemente l’attacco e si inserisce sulla trequarti. Due punte pure, una che tendenzialmente viene incontro in appoggio, fa da boa e svaria su tutto il fronte d’attacco (Kanouté), e un’altra che cerca più la profondità (Luis Fabiano, Chevanton o Kerzhakov).
Il Sevilla ama attaccare soprattutto dalle fasce, specialmente con le continue sovrapposizioni sulla fascia destra (fra Daniel Alves e Jesus Navas, che si scambiano costantemente la zona: uno si allarga, l’ altro va all’ interno. Può succedere anche che uno dei centrali di centrocampo, o uno degli attaccanti, allargandosi li aiuti a creare la superiorità numerica sulla fascia), dalla quale piovono cross a getto continuo, oppure con immediate verticalizzazioni a favorire i movimenti in profondità degli attaccanti quando ha a diposizione il contropiede. Quando c’è troppo traffico a centrocampo, i difensori ricorrono spesso al lancio lungo verso Kanouté che mette giù e fa da sponda per i compagni (è probabilmente il più bravo di tutta la Liga nello svolgere questo lavoro). Principalmente è Daniel Alves a incaricarsi di questi lanci, coi quali in altre occasioni (talvolta ossessivamente) cerca di servire direttamente lo scatto di Kanouté e Luis Fabiano alle spalle della linea di difesa avversaria.
-----------------------------Palop----------------------------
Daniel Alves------Javi Navarro-------Escudé-----------David
Jesus Navas---------Poulsen---------Renato----------Adriano
-------------------Kanouté-------Luis Fabiano----------------
Principali cambi: Coppia centrale di difesa: Aitor Ocio-Dragutinovic per Javi Navarro-Escudé; Martì (pivote, per Poulsen); Maresca (mezzala, per Renato); Puerta (centrocampista di fascia sinistra, per Adriano, o terzino sinistro, per David); Kerzhakov (prima punta, per Luis Fabiano).
VALENCIA (4-4-2): Il calcio ideale di Quique Sanchez Flores: pallone regalato all’ avversario, attirato in blocco nella metacampo di Cañizares in modo da lasciare la restante metà a totale disposizione della velocità di Villa, delle cavalcate palla al piede di Joaquin, delle scorribande di Vicente e degli inserimenti “a rimorchio” di Angulo. Micidiale il contropiede del Valencia, il più letale della Liga, però son pochini gli avversari che se la giocano a viso aperto e ti offrono il fianco. Estrememamente competitivo contro le altre grandi, il Valencia soffre tremendamente contro le piccole squadre ben chiuse che la obbligano a manovrare. E dire che materiale per scardinare e aggirare una difesa schierata ce ne sarebbe in abbondanza (giocatori rapidi e abili negli spazi stretti, esterni di altissimo livello, terzini con grandi doti di spinta e anche un ariete classico come Morientes), però manca l’ impronta decisiva di un allenatore con una filosofia di gioco che possa valorizzare al meglio queste grandi risorse. Puntare tutto sul contropiede, sulle azioni da calcio piazzato e sul “cinismo” è troppo poco per vincere una Liga di 38 partite.
Il punto forte è l’ organizzazione difensiva, marchio di fabbrica già dai tempi di Ranieri e Cuper : difesa in linea, due linee molto ravvicinate di quattro uomini l’ una (importantissimo, e altrettanto dispendioso, il lavoro di ripiegamento, ben dietro la loro metacampo, degli esterni di centrocampo), impeccabili nello scivolare in blocco da una parte all’ altra del campo, a seconda di dove l’ avversario sta giocando il pallone. Generalmente, a differenza del Valencia di Benitez, Quique preferisce mantenere basso il baricentro, in modo da crearsi, come detto, più spazio per il contropiede nella metacampo avversaria, ma ovviamente quest’ atteggiamento varia a seconda dell’ avversario.
E’ logico che quando di fronte si è trovato un Barça privo di profondità e senza gioco aereo, ha lasciato tranquillamente che le iniziative blaugrana, tutte palla al piede, si arenassero al limite dell’ area di Cañizares, mentre la sfida contro l’ Inter, formazione molto meno offensiva e con altre prerogative, ha imposto una difesa molto più alta e aggressiva che evitasse il più possibile mischie in area di rigore, dove i nerazzurri contavano su un peso nettamente superiore nel gioco aereo. Altrettanto logico che, volenti o nolenti, giocare contro squadre di livello inferiore imponga una presenza più costante nella metacampo avversario, non più ridotta a pochi fulminei ribaltamenti, più possesso-palla e sovrapposizioni più frequenti da parte dei terzini.
In fase offensiva, determinanti i movimenti di Villa (si può parlare tranquillamente di dipendenza, non solo per i gol, e ciò si ripercuote negativamente sul rendimento realizzativo dello stesso Villa, sovraccaricato di compiti e di responsabilità). In profondità, ma anche sulle fasce: il Valencia infatti effettua molti dei suoi attacchi sfruttando il movimento verso le fasce da parte di uno dei due attaccanti (quasi sempre Villa): l’ obiettivo è togliere punti di riferimento alle difese avversarie, creando superiorità numerica sugli esterni e favorendo sia la sovrapposizione del terzino che i tagli in zona centrale degli esterni di centrocampo.
Un’ azione tipica del Valencia è quella che si sviluppa a partire dalla fascia sinistra, dove Villa si allarga (la sinistra è di gran lunga la sua fascia preferita, anche per tentare l’ uno contro uno), attira i difensori avversari e può così servire la sovrapposizione del terzino, il taglio tra le linee di Silva o, quando gioca Vicente, lo scatto di Vicente alle spalle del terzino avversario. Analoga situazione di superiorità numerica (3 contro 2 nei confronti del terzino e dell’ esterno avversario), può essere creata sull’ altra fascia, quando Villa si allarga e crea spazi per Angulo (o Joaquin) e per le sovrapposizioni di Miguel. Una soluzione, questa, che Quique Sanchez Flores si porta dietro sin dalla sua esperienza al Getafe, quando era Riki la punta che si allargava eVivar Dorado il centrocampista offensivo che partiva dalla sinistra per poi accentrarsi.
L’ alternativa al 4-4-2 di base è un 4-4-1-1 con Silva alle spalle dell’unica punta Villa, modulo adottato soprattutto fuori casa in partite più di copertura. Un’ altra variazione possibile resta sempre all’ interno del 4-4-2, ma con uomini e movimenti diversi: prevede Angulo accanto a Villa in attacco e Silva che parte dalla fascia destra. E’ una soluzione che ha funzionato bene in alcune partite, più imprevedibile del 4-4-1-1 con Silva trequartista e Angulo sulla fascia destra. Con questa sistema infatti il peso da sostenere per la difesa avversaria è maggiore, dato che le punte che si possono muovere in profondità sono ora due (Angulo e Villa), mentre Silva, accentrandosi dalla destra, può continuare ad agire sulla trequarti, lasciando la fascia alle avanzate di Miguel. Con gli stessi uomini, ma disposti diversamente, una soluzione più offensiva.
I tanti infortuni hanno costretto Quique a un continuo balletto per poter scegliere i centrali di centrocampo: inamovibile Albelda come centrocampista difensivo, l’ infortunio di Baraja ad inizio stagione aveva aperto le porte ad Edu. Infortunatosi gravemente Edu, torna Baraja, ma siccome ora anche Baraja dovrà perdersi la parte finale della stagione, le scelte possibili rimangono due: Hugo Viana, regista con grande capacità di cambiare gioco verso le fasce ma scarso peso in interdizione e concentrazione che va e viene, oppure Marchena, un doppione di Albelda.
---------------------------Cañizares-----------------------------
Miguel----------------Albiol--------Ayala----------------Moretti
-Angulo------------Albelda-------Marchena---------------Silva-
---------------------Morientes-------Villa-----------------------
Principali cambi: Joaquín (fascia destra del centrocampo, per Angulo); Vicente quando è sano gioca, Silva allora si sposta sulla trequarti al posto di Morientes, oppure sulla destra al posto di Angulo.
REAL MADRID (4-2-3-1/4-4-2): Un pasticcio senza capo né coda. Costruito in estate sulla base di una molto presunta impenetrabilità difensiva (la famosa “diga” Emerson-Diarra, obbrobrio tecnico che verrà ricordato nei secoli), il Madrid di Capello si è dimostrato invece una squadra slegata e facilmente perforabile (di fatto ammucchia soltanto i giocatori dietro la linea della palla). Spesso divisa in due tronconi, 5 che difendono e 5 che restano oltre la linea del pallone, in questo non molto diversa dal Madrid di Queiroz e Luxemburgo.
Dopo Gennaio si è tentata, con nuovi acquisti ed esclusioni eccellenti, un virata verso un calcio nelle intenzioni più elaborato, più “di possesso”, in discreta contraddizione con le scelte estive e la filosofia storica di Capello. “Effetto-Gago” lo definirei, un placebo che è durato lo spazio di un paio di partite, inevitabilmente condannato dalle basi di estrema improvvisazione e scarsa convinzione di fondo sulle quali è stato costruito.
Il fatto di avere un parco attaccanti molto limitato e, con la cessione di Ronaldo (anche se parliamo di un Ronaldo obeso e statico), privo di contropiedisti (Higuain è abbastanza veloce, ma non è quel tipo di giocatore), consente agli avversari del Real Madrid di godere di un importantissimo vantaggio strategico: essi possono infatti alzare tranquillamente la linea di difesa, senza preoccuparsi di lasciare tanto spazio fra il portiere e l’ ultimo difensore, e andare a pressare molto alto il Real Madrid, direttamente alla fonte e dove più difficoltà ha a costruire gioco (così si raggiunge anche l’ obiettivo-chiave dell’ isolamento di Guti, unico centrocampista, fino all’ arrivo di un peraltro ancora acerbo Gago, dotato di “criterio” nella rosa del Real Madrid, e per questo bersaglio fin troppo facile): lo abbiamo visto in una serie innumerevole di partite quest’ anno, su tutte i due derby con l’ Atlético, la disfatta casalinga col Recreativo e quella del Riazor, il primo tempo del recente 1-1 casalingo col Getafe.
Con l’ arrivo di Gago son diminuiti i lanci lunghi dei difensori, ma non c’ è da stappare nessuna bottiglia di champagne. C’ è soltanto che Gago è solito abbassarsi per prendere palla dai difensori (mentre l’ altro centrale, Emerson o Diarra, gioca qualche metro più avanti, cosa che ha forse creato qualche problema al maliano, che non ricopre assolutamente lo stesso ruolo di Lione), però la manovra rimane molto lenta, orizzontale, statica per la mancanza di movimento senza palla e priva di sbocchi sulle fasce.
Higuain si è mostrato abbastanza utile come trait d’ union fra centrocampo e attacco, ma l’ isolamento rimane una realtà dura per Van Nistelrooy. In fase offensiva, l’ unico movimento apprezzabile è il taglio dalla fascia verso il centro di Raul (che per il resto deve inciucchirsi nell’ aiutare il terzino a coprire la fascia), favorito ora dal lavoro di boa di Van Nistelrooy ora dai passaggi filtranti di Guti. Una soluzione che Capello ha ripescato dai tempi della sua precedente esperienza madridista, quando convertì Raul in finto esterno sinistro di centrocampo.
Purtroppo in questa mia analisi prevale il taglio polemico su quello meramente descrittivo, ma davvero non si può fare in altro modo quando una squadra dopo mesi dall’ inizio del campionato non riesce ancora ad assumere un’ identità chiara e riconoscibile.
-----------------------------Casillas---------------------------
Sergio Ramos-------Helguera-----Cannavaro-----------Torres
---------------------------------------Gago--------------------
--------------------Emerson-----------------------------------
-Reyes------------------------Guti-----------------Robinho---
---------------------------Van Nistelrooy----------------------
Principali cambi: Roberto Carlos (terzino sinistro, Torres va a destra e Sergio Ramos slitta al centro al posto di Helguera); Diarra (centrocampista centrale, per Emerson); Beckham (fascia destra del centrocampo, per Reyes oppure pet Robinho quando Reyes va sulla sinistra); Higuain (seconda punta, il 4-2-3-1 diventa 4-4-2, Guti o arretra a centrocampo vicino all’ altro centrale oppure prende e va in panchina senza fiatare); Raul (seconda punta-esterno di centrocampo, tutte e tre le posizioni della trequarti, entra spessissimo fra i titolari).
Etichette: Barcelona, Liga, Real Madrid, Sevilla, Valencia
2 Comments:
É un bravissimo post,e c'e molta ragione in quello che dici.
Da tante anni fa,in Spagna se ha cominciato a giocare nelle "seconde squadre"(valencia,deportivo,atletico,seviglia...)come si ha fatto sempre in Italia,pensando quasi sempre nel gioco senza palla e prima di tutto in lasciare il marcatore in 0.
Oggi posso dire,che calcio ofesivo lo fa il Barcellona e anche il saragossa,l'altre squadre forse ti possono fare una bella partita in casa sua,ma quando giocanno fuora diventanno tutti in grandi difesori.Per questa ragione mi da tanto fastidio quando nella stampa si parla del gioco della nostra nazionale...sempre parlano di catennaccio e altre schiochezze,per non riconoscere la verittá...que siamo i campioni del mondo,e che i nostro giocatori,e nostra raccia ha piu coglioni che i altri!!!
Un saluto Vale,e scusi miei errori grammaticale...¡Forza ita!
Barça e Zaragoza interpretano il tipo di calcio che preferisco, anche il Sevilla mi piace: non fa "tikitaka", però è divertente da vedere, perchè non pensa solo a difendersi e gioca ad una velocità incredibile. Vanno fatti i complimenti anche a Getafe e Recreativo.
Non c'è nulla di male nel sapersi difendere, l' importante è che quando hai il pallone fra i piedi sappia proporre qualcosa, e non buttarlo via subito.
Un paio di anni fa, mi piacevano il gioco del Deportivo di Irureta e quello del Valencia di Benitez, e anche il Villarreal, ora c'è stato un abbassamento preoccupante della qualità di gioco e un eccesso di tatticismo (che alla lunga diventa controproducente).
Ti dirò, non mi piace come si gioca in Italia, a parte alcune eccezioni (tipo la Roma).
Sui giornali spagnoli certamente esagerano con gli stereotipi, ma un bel fondo di verità c'è eccome, basta vedere come giocano i club italiani in Europa la maggior parte delle volte.
La Nazionale però, ai Mondiali ma anche altre volte, ha dimostrato una capacità di saper competere che pochissimi altri hanno. Se prendi la Spagna ad esempio, agli ultimi mondiali non era certo inferiore come giocatori all' Italia, però al primo ostacolo serio si è sciolta come neve al sole. L' Italia invece, più si fa dura più si esalta, questo è impagabile.
Avrai letto quell' intervista di Perarnau a Golobart, dove quest' ultimo dice una verità sacrosanta, e cioè che la maggior parte dei club attualmente basa la propria fase offensiva quasi esclusivamente sugli errori dell' avversario. Non mi scopro, rubo palla e vado in rete.
E' veramente triste tutto questo (soprattutto quando rappresenta l' unica ricetta di squadre con organici faraonici), e io avrò sempre particolare ammirazione per quelle squadre che, al di là dei momenti di forma, cercano sempre di imporre il loro gioco all' avversario, come fanno Barça, Manchester, Arsenal, Werder Brema e Az Alkmaar.
La paura principale di molti allenatori è quella di perdere palla in una zona pericolosa e di farsi trovare scoperti. Per questo chiedono ai loro giocatori di lanciare subito lungo, in modo da non dover avanzare in blocco e rischiare di scoprirsi. Lanciano lungo, due-tre giocatori offensivi si disputano la palla coi difensori avversari e nel frattempo la loro difesa si mantiene schierata. Che spaettacolo!
Il calcio non è un gioco a somma zero, è fatto di rischi (rischi consapevoli), e più qualità hai più hai la possibilità (e il dovere, aggiungo io) di rischiare, senno questo gioco lo uccidiamo.
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