Spagna Campione d' Europa Under 17.
Son due settimane che la Spagna ha vinto l' Europeo Under 17, ma solo adesso posso pubblicare questo pezzo. Chiedo scusa per il ritardo.
Chissà cosa mangiano i ragazzi spagnoli sotto i vent’ anni, vai a capire il segreto, fatto sta che le selezioni Under 17 e Under 19 mostrano da anni una competitività senza eguali fra i loro pari età europei. Una competitività che richiama quasi quella tipica di Italia e Germania a livello di nazionali maggiori: saper competere, saper stare in campo, saper soffrire e, nella maggior parte dei casi, saper vincere in maniera relativamente indipendentemente dalla quantità di talento posseduta (l’ Under 19 della scorsa estate ad esempio non fu nulla di trascendentale) e dalle difficoltà di percorso (in tre partite nel corso di quest’ Europeo l’ Under 17 è andata in svantaggio, recuperando sempre).
Soprattutto nella finale stravinta 4-0 con la Francia si è apprezzata una maturità e uno spessore collettivo superiore alla media della categoria, qualità che hanno cancellato dal campo una Francia non certo inferiore come talento puro (pensiamo a elementi come Fofana, Tafer e Kakuta su tutti) ma molto più acerba come collettivo.
Probabilmente una maturità simile è troppo prematura, ma testimonia dell’ eccellente preparazione dei giovani spagnoli (rafforzata dal fatto di giocare nelle serie inferiori con giocatori di età anche molto maggiori: punto di forza che però rischia di venire annullato dalla probabile istituzione della “Liga Promesas”, una sorta di Campionato Primavera spagnolo, decisione errata che rischia di frenare la maturazione di questi talenti), ancora una volta e per l’ ultima volta guidata da Juan Santisteban: merita una menzione speciale il 72enne tecnico federale (sempre accompagnato comunque da Ginés Meléndez, solitamente incaricato dell’ Under 19: è una tradizione consolidata quella di coinvolgere tutti i tecnici delle nazionali giovanili in ogni spedizione, compreso il coordinatore e tecnico dell’ Under 21 Iñaki Saez), grande uomo di calcio e anche grande educatore. Dopo 20 anni di straordinario lavoro con le nazionali giovanili, lascerà un bel vuoto.
Il cammino di questa Under 17 prima della finale senza storia non è stato certo una marcia tronfale, la squadra ha vissuto un’ altalena di gioco e di risultati sofferti nel quale proprio la maturità e la capacità di mantenere i punti di riferimento essenziali anche nelle situazioni più difficili le ha permesso di passare indenne ogni ostacolo.
Dopo il tranquillo esordio nel girone contro la Svizzera (2-0, doppietta di Sergi: partita però non trasmessa in tv), il pirotecnico 3-3 con la Francia, partita nella quale la Spagna è riuscita con le azioni da palla inattiva (gol di testa di Rochina su punizione a spiovere di Thiago Alcantara, 2-2 di Pulido su azione da calcio d’ angolo e infine il definitivo 3-3 di Thiago, punizione tutt’ altro che irresistibile trasformata in gol dalla paperaccia del portiere francese Mezui) a mantenersi sempre in vita nonostante la mancanza di un controllo stabile del gioco cui costringeva la superiorità atletica francese a centrocampo. Una partita con non pochi errori e segnali di vulnerabilità difensiva, ma anche importante per dimostrare la tenacia di questo gruppo, per tre volte sotto e per tre volte capace di rimontare nonostante le difficoltà di gioco.
L’ ultima gara del girone con l’ Eire è una semi-formalità (basterebbe un pareggio) che i ragazzi di Santisteban prendono colpevolmente sottogamba in un primo tempo orribile, zero spaccato in quanto a concentrazione e in quanto a ritmo e sbocchi della manovra: Hourihane punisce questa mollezza, ma nel secondo tempo la Spagna cambia completamente registro e, complici i cambi azzeccati di Santisteban (Rochina scuote l’ attacco, Canales dà più fluidità a un centrocampo parso un po’ piatto nella coppia titolare di partenza Sielva-Álvaro), chiude con un autorevole 3-1 (doppietta di Rochina e gol di Keko).
La semifinale con l’ Olanda è un’ altra gara in salita: primo tempo di totale soggezione tattica: tagliati i collegamenti fra centrocampo e attacco, quasi impossibile avvicinarsi all’ area degli Oranje, che dettano legge col loro 4-3-3 imperniato sul talentuoso centravanti-boa Castillion e concretizzano la loro netta superiorità nel vantaggio di Rodney Sneijder, fratello del Wesley madridista.
Il secondo tempo non vede una Spagna brillante, ma perlomeno lo spirito è diverso, la palla resta un po’ di più tra i piedi degli iberici che ancora una volta si dimostrano abili nello sfruttare l’ episodio, quando in un uscita da un calcio d’ angolo la difesa olandese si fa sorprendere e sull’ assist di Thiago tiene in gioco Pulido, ancora una volta difensore-goleador. Il secondo tempo evidenzia un netto calo atletico degli olandesi, che hanno speso tanto nel loro intenso primo tempo, la partita si fa decisamente più equilibrata con una lieve sensazione di vantaggio spagnolo, talmente lieve che però i rigori sembrano a tutti il finale più logico: invece l’ imprevedibilità del calcio incarica il terzino sinistro Ángel Martínez, entrato in corsa al posto del suo pari-ruolo Planas per quello che sembrava un cambio puramente conservativo, del ruolo di match-winner con un favoloso sinistro che dalla lunga distanza si insacca sotto la traversa regalando il gol decisivo a pochissimi minuti dai supplementari. L’ espanyolista non è però l’ unico eroe della serata: come dimenticare infatti il salvataggio impossibile sulla linea di Pulido che nei minuti finali rimedia all’ uscita a vuoto del terrificante portiere Alex?
L’ altalena però finisce qui: la finale infatti, teoricamente la gara più incerta, risulta un assoluto monologo, un vero e proprio show delle giovani Furie. Francia slegata, con le individualità offensive abbandonate a loro stesse, incapace di aggredire a centrocampo (errore sottrarre Fofana al centrocampo arretrandolo in difesa) e dal primo all’ ultimo minuto soggiogata dalla manovra spagnola finalmente fluida e continua. Álvaro, scalzato da Canales nelle due partite precedenti, torna titolare accanto a Sielva imponendo le sue geometrie: la Spagna gioca col baricentro stabilmente alto nella metacampo avversaria e la continuità di manovra permette ora di sollecitare con la dovuta continuità Thiago Alcantara (più intermittente nelle partite precedenti) tra le linee, il quale trova un’ ottima sponda nei movimenti intelligenti di Sergi, preferito da Santisteban a Rochina per questa finale. Proprio da una triangolazione fra Thiago e Sergi nasce il vantaggio spagnolo nelle ultime fasi del primo tempo, con Keko che sul secondo palo appoggia in rete il traversone radente del figlio di Mazinho.
Segnato il primo gol, il resto viene di conseguenza: magistrale secondo tempo della Spagna per la capacità di gestire a piacimento il pallone, i ritmi e le misure della partita, dando il colpo di grazia quando opportuno alla disunita difesa francese: l’ indemoniato Keko si scatena palla al piede negli spazi, e Sergi chiude i conti concludendo il contropiede con un sinistro incrociato a dire il vero assolutamente parabile dall’ ancora una volta goffo Mezui. Il rigore di Thiago e il definitivo 4-0 del subentrato Gavilán danno al risultato i contorni più rotondi possibili.
Complessivamente, si è trattato di un gruppo di buon talento (con assenti comunque importanti: Molero e Muniesa al centro della difesa, Dani Pacheco, considerato uno dei più dotati di questa generazione, in attacco), con picchi minori ma forse meglio distribuito rispetto all’ Under 17 dell’ anno passato (quella dei Bojan, Fran Mérida, Iago Falqué, Camacho, Rochela e De Gea). Solite potenzialità di rilievo dal centrocampo in su, ha stavolta lasciato un po’ perplessi la linea difensiva (e non parliamo del portiere…). Caratteristica è stata la politica di rotazioni di Santisteban: pur essendo riconoscibile nel suo classico 4-2-3-1 un nucleo di titolari, alcuni ruoli come quelli soprattutto di terzino sinistro, regista e prima punta non hanno avuto un chiaro padrone, data la forte concorrenza e prossimità di valori presente più o meno in tutta la rosa.
Domina la componente blaugrana, ben 7 giocatori del Barça nel gruppo dei 18 che ora andiamo ad analizzare uno per uno.
Formazione-tipo (4-2-3-1): Alex; Montoya, Pulido, Oriol Romeu (Gaztañaga), Planas (Ángel Martínez); Sielva, Álvaro (Canales); Keko, Thiago Alcántara, Carmona; Sergi (Rochina).
Il canonico 4-2-3-1 delle nazionali giovanili spagnole: difesa a 4 con due terzini che a turno supportano con moderazione l’ azione offensiva; “doble pivote” composto da un cursore (Sielva) e un regista (Álvaro o Canales); una punta, un trequartista a supporto e due esterni larghi incaricati di conquistare il fondo. La ricetta è la solita di sempre: ricerca del possesso-palla per fini non solo offensivi, ma anche difensivi(se la palla ce l’ abbiamo noi, non ce l’ hanno gli avversari). Perfetta in tal senso la gestione del vantaggio nella finale con la Francia, addormentando il gioco, non cedendo mai metri, non incoraggiando mai l’ avversario e mantenendo sempre il colpo in canna (infatti è finita 4-0). Strategia che ha tolto pressione a una linea difensiva difesa parsa tutt’ altro che impeccabile, abbastanza insicura nella difesa dei traversoni dalle fasce e poco aggressiva nell’ accorciare sulla sua trequarti.
Alejandro Sánchez Benítez “Alex”(Barcelona): Detto anche “Bogeyman” per la tranquillità che infonde ai compagni della difesa, ha costituito palesemente il punto debole di questa nazionale. Avendo come elemento d’ analisi quattro sole partite e a maggior ragione trattandosi di un ragazzo di 17 anni, bisogna andarci piano con le sentenze, però è certo che ha trasmesso sensazioni preoccupanti e denunciato lacune tecniche drammatiche. Avventuroso e sempre incerto nelle uscite alte, una sua gaffe clamorosa (rimediata miracolosamente da Pulido) ha rischiato di costare carissimo nei supplementari della semifinale con l’ Olanda, e questa sua carenza ha spesso indotto i suoi compagni a difendere molto bassi a ridosso della porta sui calci piazzati, accrescendo la sensazione di vulnerabilità generale di una difesa nel complesso non esaltante. Discutibile anche il suo posizionamento fra i pali, come testimonia il provvisorio 2-1 del francese Grenier nella gara del girone, una punizione sicuramente ben eseguita ma nemmeno troppo angolata.
Ángel Diez Ibañez (Racing Santander): Non giudicabile, utilizzato solo nella gara con l’ Eire, dove ha dovuto incolpevolmente raccogliere un pallone in fondo al sacco per poi trascorrere in relativa tranquillità il resto della gara.
Martín Montoya Torralba (Barcelona): Davvero convincente questo ragazzo, penso abbia futuro. Un terzino destro di rendimento e personalità elevati: rapido, reattivo, inesauribile, concentratissimo sull’ uomo, sempre pronto ad anticipare, cerca di non far girare l’ avversario e poi prendere di sorpresa gli avversari ripartendo palla al piede. Difficile da superare in velocità, prezioso nei recuperi.
La sua specialità è la fase difensiva, non è certo un terzino-ala, ma quando si spinge in attacco come detto sa soprendere la difesa avversaria, sceglie bene il tempo nelle sovrapposizioni e nelle incursioni palla al piede, talvolta riuscendo anche a incunearsi nell’ area avversaria, dove però le carenze di tocco limitano la sua efficacia al momento del cross o della conclusione. Nel mirino di club inglesi (te pareva), restasse al Barça potrebbe venirne fuori una riedizione del “Chapi” Ferrer.
Jorge Pulido Mayoral (Atlético Madrid): Un po’ l’ eroe della spedizione, ha dato quasi l’ impressione di beneficiare di un momento magico che, volente o nolente, lo metteva sempre al centro degli episodi decisivi per la propria squadra. Due gol importanti, e un miracoloso salvataggio sulla linea che, sempre nella semifinale con l’ Olanda nella quale aveva realizzato il pareggio, ha garantito l’ accesso alla finale negli ultimi minuti dei supplementari.
Non aveva disputato le qualificazioni, ma una volta inserito in questa fase finale si è rivelato inamovibile per Santisteban. Centrale slanciato, discretamente agile ed elastico, ha buon senso della posizione, non è molto aggressivo sull’ uomo ma realizza buone chiusure, potendo anche contare su un tackle deciso e al tempo stesso pulito. Forte di testa, quando va nell’ area avversaria lo stacco e la buona scelta di tempo lo rendono piuttosto pericoloso (si vede che è uno che “sente” il gol nelle situazioni di palla inattiva). Hanno colpito favorevolmente la personalità e la buona disposizione ad assumersi importanti responsabilità: spesso incaricato di iniziare l’ azione dalla difesa, ha mostrato cambi di gioco ben calibrati col suo destro e all’ occorrenza ha proposto pure autorevoli uscite palla al piede (soluzione interessante per aprire varchi quando centrocampisti e attaccanti sono tutti marcati).
Oriol Romeu Vidal (Barcelona): Centrocampista centrale adattato a difensore in quest’ europeo, non ha pienamente convinto: incerto nella partita del girone con la Francia, un po’ meglio con l’ Olanda, ma nella finale Gaztañaga gli ha sottratto il posto. Fisicamente c’è tutto, ha stazza, un tackle vigoroso e anche buona personalità, inoltre non butta mai via il pallone (pur ricadendo su Pulido buona parte della responsabilità di iniziare l’ azione), però non sempre è parso puntuale e concentrato nella marcatura e nell’ applicazione dei movimenti difensivi.
Carles Planas Antolinez (Barcelona): Terzino sinistro, titolare nella prima gara con la Svizzera e in semifinale e finale. Elemento di spiccato agonismo e attitudini difensive. Grintoso, attento e deciso nelle chiusure diagonali, reattivo ed energico negli interventi, non brilla per stile ma è affidabile e bada al sodo. Pressochè nulle le sue doti offensive, tecnicamente è molto modesto e quando il pallone capita sui suoi piedi tende a sparacchiarlo compromettendo le geometrie della squadra.
Jon Gaztañaga Arrospide (Real Sociedad): Due presenze, con l’ Eire e in finale, onestamente poco per valutarlo (visto oltrettutto che si è trattato di due gare nelle quali la Spagna è stata impegnata molto poco sul piano difensivo). Abbozzando, in attesa di rivederlo all’ opera, pare un centrale sobrio e discretamente attrezzato per il corpo a corpo.
Ángel Martínez Ortega (Espanyol): Ha conteso la maglia da titolare a Planas, soccombendo nlle ultime due gare ma rendendosi decisivo col golazo (una volta nella vita) nei supplementari con l’ Olanda. Golazo inusuale per un giocatore che fa del basso profilo la sua bandiera: sobrio e tatticamente disciplinato, raramente si fa sorprendere fuori posizione, ha una buona prestanza fisica ma risulta vagamente legnoso nei suoi movimenti. Parsimonioso ma abbastanza puntuale nell’ appoggiare l’ azione d’ attacco, ha però scarsa profondità, tutt’ al più porta via l’ uomo al compagno di fascia. Più preciso e razionale nella gestione del pallone rispetto a Planas, rispetto al quale è meno aggressivo ma forse più completo.
Óscar Sielva Moreno (Espanyol): Ha disputato tutte le gare dal primo all’ ultimo minuto (come Pulido e Montoya), assolutamente imprescindibile per Santisteban, e si fa presto a capirlo. Dove serve, lui c’è: un giocatore che nonostante la sua età ha già una concezione assai matura del gioco di squadra. Cursore infaticabile, elemento di grande quantità, sempre pronto a garantire il raddoppio al compagno e di seguito a proporsi per rilanciare l’ azione. Non c’è un momento di pausa nel suo gioco: porta palla e se vede lo spazio propone anche la transizione rapida o l’ inserimento (con un ottimo raid ad esempio ha procurato il rigore del 3-0 nella finale). Gioca la palla con discreta precisione, non ci sono errori di misura rilevanti, anche se, non avendo i tempi di gioco e le geometrie adeguate, la sua dimensione resta quella del gregario, dello “scudiero” per un compagno dalla visione di gioco più ampia. Dinamico, generoso, fondamentale uomo-squadra.
Álvaro López Bermejo (Real Madrid): Unico esponente madridista e capitano, in difficoltà nelle partite del girone con Francia ed Eire, ha perso il posto a favore di Canales in semifinale per poi tornare in sella nella finale con un’ ottima prestazione, da bussola del centrocampo. Centrocampista non molto dinamico, tiene la posizione e funge da punto di riferimento per l’ impostazione della manovra, non ha particolari illuminazioni ma offre geometrie, continuità d’ azione e un buon senso della posizione che lo rendono puntuale anche in copertura. Compassato e preciso, non è un mostro di reattività, può soffrire un pressing insistito.
Sergio Canales Madrazo (Racing Santander): Mancino di qualità da piazzare al centro della trequarti o nel doble pivote, utilizzato prevalentemente a partita in corso (notevole il secondo tempo con l’ Eire), titolare solo con l’ Olanda. Gioca con molta calma, ragiona e sceglie di volta in volta la migliore opzione, preferendo utilizzare pochi tocchi e far correre il pallone piuttosto che trattenerlo in eccesso. Elegante, ha ottime doti di palleggiatore e visione di gioco, col suo sinistro calibrato sa indifferentemente aprire il campo o pescare l’ uomo in profondità col passaggio nello spazio. Trasmette una certa sensazione di freddezza, rifugge un po’ il contatto fisico e non è un mostro di agonismo, la sua calma a volte può correre il rischio di trasformarsi in apatia e mancanza di coraggio. Personalmente lo vedo più da regista che da mezzapunta, sulla trequarti gli manca il cambio di ritmo per fare la differenza (un difetto abbastanza tipico di molti di questi palleggiatori spagnoli).
Sergio Gontán Gallardo “Keko” (Atlético Madrid): La scheggia impazzita di questa selezione, un po’ alterno nelle gare del girone e in semifinale, ha letteralmente tracimato nella finale. Esterno destro (spesso però scambiatosi di fascia con Carmona durante i 90 minuti) dinamico e sempre attivo, possiede talento individuale ma anche una notevole capacità di intendere il gioco collettivo (lui e Sielva i migliori in questo senso), è frizzante nello spunto e nell’ uno contro uno ma sa anche offrire sbocchi importanti senza palla, attaccando lo spazio in profondità o proponendo ficcanti tagli in diagonale verso l’ area di rigore. Vivacissimo, non ha nessuna paura ad affrontare l’ uomo in dribbling quando la situazione lo richiede (mi ricorda un po’ il Sisi del Valladolid), è molto rapido sul breve e scappa via con facilità. Non molto elegante nella corsa, il fisico lo penalizza nel corpo a corpo, tuttavia quando trova campo aperto e ribalta l’ azione palla al piede diventa imprendibile (esemplare l’ azione di contropiede che in finale ha ispirato il 2-0 di Sergi).
I suoi movimenti senza palla son sempre interessanti, non di rado crea favorevoli opportunità offensive, ma va detto che una volta arrivato nell’ area avversaria il buon Keko abbastanza frequentemente ci si perde: spesso gli mancano idee chiare su come finalizzare l’ azione, e finisce con l’ impappinarsi. Inoltre qualche miglioramento nel primo controllo e nel tocco di palla potrebbero aiutarlo a rendere ulteriormente più incisiva la sua azione.
Thiago Alcantara Do Nascimento (Barcelona): Sarà una questione genetica, ma un brasiliano lo riconosci subito. Una maniera diversa di toccare il pallone e in senso lato di approcciarsi al gioco. Thiago Alcantara, l’ ultima perla della cantera blaugrana, non gioca a calcio, danza. La sua mentalità, a differenza di quella del Bojan dell’ anno scorso, è ancora prettamente “giocherellona”, da calcio giovanile, ancora i difetti da limare son parecchi e la continuità all’ interno dei 90 minuti scarseggia, ma ciò non può nascondere le potenzialità realmente sensazionali del giocatore, che vanno molto al di là delle alterne prestazioni offerte in quest’ Europeo.
Raramente ho visto un’ abilità simile nel controllare il pallone, nel piegare in ogni momento la sfera ai propri voleri, nel domarla con ogni parte del corpo e con la massima eleganza e apparente semplicità. Ha iniziato col futbol-sala, ciò traspare in più di un’ occasione dai suoi movimenti: spesso, forse troppo spesso, rimane surplace per attirare su di sè l’ avversario e liberarsene di colpo mediante spettacolari finte di corpo, giochi con la suola ed “elastici” vari. A volte un po’ troppo consapevole di questa sua abilità e tentato dall’ indugiarvi in eccesso, deve imparare a liberarsi del pallone nei tempi giusti, a scegliere di volta in volta l’ opzione più utile e ad incidere con maggior continuità e concretezza sugli sviluppi del match.
Ama muoversi tra le linee (per alcuni minuti con la Francia nel girone si è trovato defilato a sinistra), ha le intuizioni del numero 10 classico, se trova lo spazio sulla trequarti ha la visione intuitiva dell’ ultimo passaggio e la capacità di tagliare a fette un’ intera difesa smarcando il compagno davanti al portiere, qualità che potrebbe mettere ancora più a frutto se come ricordato sopra migliorasse i tempi di gioco.
Destro dalla notevolissima sensibilità di tocco, taglia traiettorie millimetriche indifferentemente con l’ interno e l’ esterno del piede, abile esecutore di calci piazzati, alterna soluzioni secche e molto tagliate (i cross dalla trequarti pericolosissimi non appena trovano la minima deviazione) alla classica “foglia morta” (soprattutto nelle punizioni dal limite).
Adriá Carmona Pérez (Barcelona): L’ unico classe ’92 della spedizione, forse proprio per questo il più acerbo. Sicuramente talentuoso (personalmente più dotato sul piano della tecnica pura rispetto a Keko), ha regalato tuttavia apparizioni sporadiche e decisamente intermittenti, col secondo tempo con l’ Eire come acuto più rilevante. Tutto mancino, classico esterno che vive dell’ uno contro uno, si intravedono possibilità notevoli da questo punto di vista: il controllo di palla ottimo anche in corsa, lo spunto brillante sul breve, il gioco di gambe rapido e la capacità di cambiare direzione lo rendono un cliente difficile, giunto sul fondo o in area riesce molto spesso a prendere il tempo al terzino e liberare il cross, veloce e tagliato fra i centrali e il portiere avversario (dove più fa male), o la conclusione incrociata, secca ed insidiosa, altri due pezzi del suo repertorio da tenere d’ occhio.
Manuel Gavilán Morales (Betis): Primo ricambio per la linea dei trequartisti, è entrato in corsa in ogni partita (segnando pure un gol nella finale con un colpo di testa in torsione niente male) piazzandosi indifferentemente al centro o sulle due fasce, soprattutto a sinistra. Non si è potuto ovviamente apprezzare tantissimo, diciamo che si è intravisto un giocatore dal fisico prestante ma al tempo stesso dalla discreta agilità nei movimenti, buone doti di palleggio, gioco semplice, movimenti senza palla interessanti e buona capacità di dialogo coi compagni e partecipazione alla manovra.
Gerardo Alfredo Bruna Blanco (Liverpool): Argentino di nascita, cresciuto in Spagna, ha già conosciuto la ribalta mediatica per il solito trasferimento-scippo oltre Manica, dal Real Madrid al Liverpool; tuttavia, in quest’ Europeo è stato un attore non protagonista, il meno utilizzato da Santisteban, solo 16 minuti nel 3-3 (schierato esterno sinistro) con la Francia per questo esile trequartista mancino, da alcune parti addirittura paragonato a Messi.
Sergio García Mut “Sergi” (Valencia): Meno classe del concorrente Rochina (cui ha sottratto il posto in finale), ma forse più maturità tattica. Gioca semplice, conosce e applica i movimenti della punta centrale in un 4-2-3-1: in particolare non brilla in nessuna specialità, però offre la profondità, taglia dal centro verso le fasce, viene incontro, appoggia spalle alla porta e apre spazi, insomma garantisce sempre uno sfogo all’ azione offensiva. Mancino, non ha la grande azione individuale in canna né incanta con giocate ricercate, però non è nemmeno un asino dal punto di vista tecnico, ha dimostrato di saper giocare di prima e triangolare con qualità, rivelandosi un’ ottima sponda per le incursioni dei trequartisti (esemplare l’ uno-due con Thiago nell’ azione del primo gol in finale). In più vede la porta, conclude senza cincischiare col suo mancino, ha istinto e buon calcio.
Rubén Rochina Naixes (Barcelona): Forse l’ elemento di maggior qualità dopo Thiago, un attaccante in prospettiva interessantissimo, unisce fisico e doti di palleggio di assoluto rilievo. Mancino pieno, difficile sottrargli il pallone, perché combina un ottimo uso del corpo per difendere palla a una notevole capacità di districarsi in dribbling anche nello stretto. Spalle alla porta è un incubo, protegge palla e quasi sempre riesce a girarsi e liberarsi per la conclusione o comunque per ottenere falli preziosi. Elegante, raffinato e coordinato nei movimenti, ha grande facilità di calcio, sia da fermo (spesso incaricato di battere le punizioni dal centro-destra, di potenza sul palo del portiere o morbide sopra la barriera) che in corsa, e un repertorio di soluzioni che va dalla fucilata alla carezza con l’ esterno.
Lontanissimo dallo stereotipo del centravanti statico, è molto più una seconda punta che ama entrare in frequante contatto col pallone, abbassarsi sulla trequarti o svariare sulle fasce per ricevere palla e puntare l’ avversario. Non intende molto il gioco senza palla, e questa sua tendenza ad allontanarsi dall’ area può risultare controproducente se in un modulo come il 4-2-3-1 è incaricato di fare l’ unica punta. Velocità media, gli manca del tutto l’ accelerazione secca che lascia sul posto l’ avversario e non è rapidissimo nell’ esecuzione: per dare un’ idea, lo si potrebbe definire un Tristán mancino (ovviamente il Tristán dei tempi belli).
Squalificato nella prima gara con la Svizzera, ottimo con la Francia nel girone, devastante nel secondo tempo con l’ Eire, non ne ha azzeccata una nella semifinale con l’ Olanda, perdendo così il posto per la finale, nella quale ha raccolto solo alcuni spiccioli nelle ultime fasi.
Chissà cosa mangiano i ragazzi spagnoli sotto i vent’ anni, vai a capire il segreto, fatto sta che le selezioni Under 17 e Under 19 mostrano da anni una competitività senza eguali fra i loro pari età europei. Una competitività che richiama quasi quella tipica di Italia e Germania a livello di nazionali maggiori: saper competere, saper stare in campo, saper soffrire e, nella maggior parte dei casi, saper vincere in maniera relativamente indipendentemente dalla quantità di talento posseduta (l’ Under 19 della scorsa estate ad esempio non fu nulla di trascendentale) e dalle difficoltà di percorso (in tre partite nel corso di quest’ Europeo l’ Under 17 è andata in svantaggio, recuperando sempre).
Soprattutto nella finale stravinta 4-0 con la Francia si è apprezzata una maturità e uno spessore collettivo superiore alla media della categoria, qualità che hanno cancellato dal campo una Francia non certo inferiore come talento puro (pensiamo a elementi come Fofana, Tafer e Kakuta su tutti) ma molto più acerba come collettivo.
Probabilmente una maturità simile è troppo prematura, ma testimonia dell’ eccellente preparazione dei giovani spagnoli (rafforzata dal fatto di giocare nelle serie inferiori con giocatori di età anche molto maggiori: punto di forza che però rischia di venire annullato dalla probabile istituzione della “Liga Promesas”, una sorta di Campionato Primavera spagnolo, decisione errata che rischia di frenare la maturazione di questi talenti), ancora una volta e per l’ ultima volta guidata da Juan Santisteban: merita una menzione speciale il 72enne tecnico federale (sempre accompagnato comunque da Ginés Meléndez, solitamente incaricato dell’ Under 19: è una tradizione consolidata quella di coinvolgere tutti i tecnici delle nazionali giovanili in ogni spedizione, compreso il coordinatore e tecnico dell’ Under 21 Iñaki Saez), grande uomo di calcio e anche grande educatore. Dopo 20 anni di straordinario lavoro con le nazionali giovanili, lascerà un bel vuoto.
Il cammino di questa Under 17 prima della finale senza storia non è stato certo una marcia tronfale, la squadra ha vissuto un’ altalena di gioco e di risultati sofferti nel quale proprio la maturità e la capacità di mantenere i punti di riferimento essenziali anche nelle situazioni più difficili le ha permesso di passare indenne ogni ostacolo.
Dopo il tranquillo esordio nel girone contro la Svizzera (2-0, doppietta di Sergi: partita però non trasmessa in tv), il pirotecnico 3-3 con la Francia, partita nella quale la Spagna è riuscita con le azioni da palla inattiva (gol di testa di Rochina su punizione a spiovere di Thiago Alcantara, 2-2 di Pulido su azione da calcio d’ angolo e infine il definitivo 3-3 di Thiago, punizione tutt’ altro che irresistibile trasformata in gol dalla paperaccia del portiere francese Mezui) a mantenersi sempre in vita nonostante la mancanza di un controllo stabile del gioco cui costringeva la superiorità atletica francese a centrocampo. Una partita con non pochi errori e segnali di vulnerabilità difensiva, ma anche importante per dimostrare la tenacia di questo gruppo, per tre volte sotto e per tre volte capace di rimontare nonostante le difficoltà di gioco.
L’ ultima gara del girone con l’ Eire è una semi-formalità (basterebbe un pareggio) che i ragazzi di Santisteban prendono colpevolmente sottogamba in un primo tempo orribile, zero spaccato in quanto a concentrazione e in quanto a ritmo e sbocchi della manovra: Hourihane punisce questa mollezza, ma nel secondo tempo la Spagna cambia completamente registro e, complici i cambi azzeccati di Santisteban (Rochina scuote l’ attacco, Canales dà più fluidità a un centrocampo parso un po’ piatto nella coppia titolare di partenza Sielva-Álvaro), chiude con un autorevole 3-1 (doppietta di Rochina e gol di Keko).
La semifinale con l’ Olanda è un’ altra gara in salita: primo tempo di totale soggezione tattica: tagliati i collegamenti fra centrocampo e attacco, quasi impossibile avvicinarsi all’ area degli Oranje, che dettano legge col loro 4-3-3 imperniato sul talentuoso centravanti-boa Castillion e concretizzano la loro netta superiorità nel vantaggio di Rodney Sneijder, fratello del Wesley madridista.
Il secondo tempo non vede una Spagna brillante, ma perlomeno lo spirito è diverso, la palla resta un po’ di più tra i piedi degli iberici che ancora una volta si dimostrano abili nello sfruttare l’ episodio, quando in un uscita da un calcio d’ angolo la difesa olandese si fa sorprendere e sull’ assist di Thiago tiene in gioco Pulido, ancora una volta difensore-goleador. Il secondo tempo evidenzia un netto calo atletico degli olandesi, che hanno speso tanto nel loro intenso primo tempo, la partita si fa decisamente più equilibrata con una lieve sensazione di vantaggio spagnolo, talmente lieve che però i rigori sembrano a tutti il finale più logico: invece l’ imprevedibilità del calcio incarica il terzino sinistro Ángel Martínez, entrato in corsa al posto del suo pari-ruolo Planas per quello che sembrava un cambio puramente conservativo, del ruolo di match-winner con un favoloso sinistro che dalla lunga distanza si insacca sotto la traversa regalando il gol decisivo a pochissimi minuti dai supplementari. L’ espanyolista non è però l’ unico eroe della serata: come dimenticare infatti il salvataggio impossibile sulla linea di Pulido che nei minuti finali rimedia all’ uscita a vuoto del terrificante portiere Alex?
L’ altalena però finisce qui: la finale infatti, teoricamente la gara più incerta, risulta un assoluto monologo, un vero e proprio show delle giovani Furie. Francia slegata, con le individualità offensive abbandonate a loro stesse, incapace di aggredire a centrocampo (errore sottrarre Fofana al centrocampo arretrandolo in difesa) e dal primo all’ ultimo minuto soggiogata dalla manovra spagnola finalmente fluida e continua. Álvaro, scalzato da Canales nelle due partite precedenti, torna titolare accanto a Sielva imponendo le sue geometrie: la Spagna gioca col baricentro stabilmente alto nella metacampo avversaria e la continuità di manovra permette ora di sollecitare con la dovuta continuità Thiago Alcantara (più intermittente nelle partite precedenti) tra le linee, il quale trova un’ ottima sponda nei movimenti intelligenti di Sergi, preferito da Santisteban a Rochina per questa finale. Proprio da una triangolazione fra Thiago e Sergi nasce il vantaggio spagnolo nelle ultime fasi del primo tempo, con Keko che sul secondo palo appoggia in rete il traversone radente del figlio di Mazinho.
Segnato il primo gol, il resto viene di conseguenza: magistrale secondo tempo della Spagna per la capacità di gestire a piacimento il pallone, i ritmi e le misure della partita, dando il colpo di grazia quando opportuno alla disunita difesa francese: l’ indemoniato Keko si scatena palla al piede negli spazi, e Sergi chiude i conti concludendo il contropiede con un sinistro incrociato a dire il vero assolutamente parabile dall’ ancora una volta goffo Mezui. Il rigore di Thiago e il definitivo 4-0 del subentrato Gavilán danno al risultato i contorni più rotondi possibili.
Complessivamente, si è trattato di un gruppo di buon talento (con assenti comunque importanti: Molero e Muniesa al centro della difesa, Dani Pacheco, considerato uno dei più dotati di questa generazione, in attacco), con picchi minori ma forse meglio distribuito rispetto all’ Under 17 dell’ anno passato (quella dei Bojan, Fran Mérida, Iago Falqué, Camacho, Rochela e De Gea). Solite potenzialità di rilievo dal centrocampo in su, ha stavolta lasciato un po’ perplessi la linea difensiva (e non parliamo del portiere…). Caratteristica è stata la politica di rotazioni di Santisteban: pur essendo riconoscibile nel suo classico 4-2-3-1 un nucleo di titolari, alcuni ruoli come quelli soprattutto di terzino sinistro, regista e prima punta non hanno avuto un chiaro padrone, data la forte concorrenza e prossimità di valori presente più o meno in tutta la rosa.
Domina la componente blaugrana, ben 7 giocatori del Barça nel gruppo dei 18 che ora andiamo ad analizzare uno per uno.
Formazione-tipo (4-2-3-1): Alex; Montoya, Pulido, Oriol Romeu (Gaztañaga), Planas (Ángel Martínez); Sielva, Álvaro (Canales); Keko, Thiago Alcántara, Carmona; Sergi (Rochina).
Il canonico 4-2-3-1 delle nazionali giovanili spagnole: difesa a 4 con due terzini che a turno supportano con moderazione l’ azione offensiva; “doble pivote” composto da un cursore (Sielva) e un regista (Álvaro o Canales); una punta, un trequartista a supporto e due esterni larghi incaricati di conquistare il fondo. La ricetta è la solita di sempre: ricerca del possesso-palla per fini non solo offensivi, ma anche difensivi(se la palla ce l’ abbiamo noi, non ce l’ hanno gli avversari). Perfetta in tal senso la gestione del vantaggio nella finale con la Francia, addormentando il gioco, non cedendo mai metri, non incoraggiando mai l’ avversario e mantenendo sempre il colpo in canna (infatti è finita 4-0). Strategia che ha tolto pressione a una linea difensiva difesa parsa tutt’ altro che impeccabile, abbastanza insicura nella difesa dei traversoni dalle fasce e poco aggressiva nell’ accorciare sulla sua trequarti.
Alejandro Sánchez Benítez “Alex”(Barcelona): Detto anche “Bogeyman” per la tranquillità che infonde ai compagni della difesa, ha costituito palesemente il punto debole di questa nazionale. Avendo come elemento d’ analisi quattro sole partite e a maggior ragione trattandosi di un ragazzo di 17 anni, bisogna andarci piano con le sentenze, però è certo che ha trasmesso sensazioni preoccupanti e denunciato lacune tecniche drammatiche. Avventuroso e sempre incerto nelle uscite alte, una sua gaffe clamorosa (rimediata miracolosamente da Pulido) ha rischiato di costare carissimo nei supplementari della semifinale con l’ Olanda, e questa sua carenza ha spesso indotto i suoi compagni a difendere molto bassi a ridosso della porta sui calci piazzati, accrescendo la sensazione di vulnerabilità generale di una difesa nel complesso non esaltante. Discutibile anche il suo posizionamento fra i pali, come testimonia il provvisorio 2-1 del francese Grenier nella gara del girone, una punizione sicuramente ben eseguita ma nemmeno troppo angolata.
Ángel Diez Ibañez (Racing Santander): Non giudicabile, utilizzato solo nella gara con l’ Eire, dove ha dovuto incolpevolmente raccogliere un pallone in fondo al sacco per poi trascorrere in relativa tranquillità il resto della gara.
Martín Montoya Torralba (Barcelona): Davvero convincente questo ragazzo, penso abbia futuro. Un terzino destro di rendimento e personalità elevati: rapido, reattivo, inesauribile, concentratissimo sull’ uomo, sempre pronto ad anticipare, cerca di non far girare l’ avversario e poi prendere di sorpresa gli avversari ripartendo palla al piede. Difficile da superare in velocità, prezioso nei recuperi.
La sua specialità è la fase difensiva, non è certo un terzino-ala, ma quando si spinge in attacco come detto sa soprendere la difesa avversaria, sceglie bene il tempo nelle sovrapposizioni e nelle incursioni palla al piede, talvolta riuscendo anche a incunearsi nell’ area avversaria, dove però le carenze di tocco limitano la sua efficacia al momento del cross o della conclusione. Nel mirino di club inglesi (te pareva), restasse al Barça potrebbe venirne fuori una riedizione del “Chapi” Ferrer.
Jorge Pulido Mayoral (Atlético Madrid): Un po’ l’ eroe della spedizione, ha dato quasi l’ impressione di beneficiare di un momento magico che, volente o nolente, lo metteva sempre al centro degli episodi decisivi per la propria squadra. Due gol importanti, e un miracoloso salvataggio sulla linea che, sempre nella semifinale con l’ Olanda nella quale aveva realizzato il pareggio, ha garantito l’ accesso alla finale negli ultimi minuti dei supplementari.
Non aveva disputato le qualificazioni, ma una volta inserito in questa fase finale si è rivelato inamovibile per Santisteban. Centrale slanciato, discretamente agile ed elastico, ha buon senso della posizione, non è molto aggressivo sull’ uomo ma realizza buone chiusure, potendo anche contare su un tackle deciso e al tempo stesso pulito. Forte di testa, quando va nell’ area avversaria lo stacco e la buona scelta di tempo lo rendono piuttosto pericoloso (si vede che è uno che “sente” il gol nelle situazioni di palla inattiva). Hanno colpito favorevolmente la personalità e la buona disposizione ad assumersi importanti responsabilità: spesso incaricato di iniziare l’ azione dalla difesa, ha mostrato cambi di gioco ben calibrati col suo destro e all’ occorrenza ha proposto pure autorevoli uscite palla al piede (soluzione interessante per aprire varchi quando centrocampisti e attaccanti sono tutti marcati).
Oriol Romeu Vidal (Barcelona): Centrocampista centrale adattato a difensore in quest’ europeo, non ha pienamente convinto: incerto nella partita del girone con la Francia, un po’ meglio con l’ Olanda, ma nella finale Gaztañaga gli ha sottratto il posto. Fisicamente c’è tutto, ha stazza, un tackle vigoroso e anche buona personalità, inoltre non butta mai via il pallone (pur ricadendo su Pulido buona parte della responsabilità di iniziare l’ azione), però non sempre è parso puntuale e concentrato nella marcatura e nell’ applicazione dei movimenti difensivi.
Carles Planas Antolinez (Barcelona): Terzino sinistro, titolare nella prima gara con la Svizzera e in semifinale e finale. Elemento di spiccato agonismo e attitudini difensive. Grintoso, attento e deciso nelle chiusure diagonali, reattivo ed energico negli interventi, non brilla per stile ma è affidabile e bada al sodo. Pressochè nulle le sue doti offensive, tecnicamente è molto modesto e quando il pallone capita sui suoi piedi tende a sparacchiarlo compromettendo le geometrie della squadra.
Jon Gaztañaga Arrospide (Real Sociedad): Due presenze, con l’ Eire e in finale, onestamente poco per valutarlo (visto oltrettutto che si è trattato di due gare nelle quali la Spagna è stata impegnata molto poco sul piano difensivo). Abbozzando, in attesa di rivederlo all’ opera, pare un centrale sobrio e discretamente attrezzato per il corpo a corpo.
Ángel Martínez Ortega (Espanyol): Ha conteso la maglia da titolare a Planas, soccombendo nlle ultime due gare ma rendendosi decisivo col golazo (una volta nella vita) nei supplementari con l’ Olanda. Golazo inusuale per un giocatore che fa del basso profilo la sua bandiera: sobrio e tatticamente disciplinato, raramente si fa sorprendere fuori posizione, ha una buona prestanza fisica ma risulta vagamente legnoso nei suoi movimenti. Parsimonioso ma abbastanza puntuale nell’ appoggiare l’ azione d’ attacco, ha però scarsa profondità, tutt’ al più porta via l’ uomo al compagno di fascia. Più preciso e razionale nella gestione del pallone rispetto a Planas, rispetto al quale è meno aggressivo ma forse più completo.
Óscar Sielva Moreno (Espanyol): Ha disputato tutte le gare dal primo all’ ultimo minuto (come Pulido e Montoya), assolutamente imprescindibile per Santisteban, e si fa presto a capirlo. Dove serve, lui c’è: un giocatore che nonostante la sua età ha già una concezione assai matura del gioco di squadra. Cursore infaticabile, elemento di grande quantità, sempre pronto a garantire il raddoppio al compagno e di seguito a proporsi per rilanciare l’ azione. Non c’è un momento di pausa nel suo gioco: porta palla e se vede lo spazio propone anche la transizione rapida o l’ inserimento (con un ottimo raid ad esempio ha procurato il rigore del 3-0 nella finale). Gioca la palla con discreta precisione, non ci sono errori di misura rilevanti, anche se, non avendo i tempi di gioco e le geometrie adeguate, la sua dimensione resta quella del gregario, dello “scudiero” per un compagno dalla visione di gioco più ampia. Dinamico, generoso, fondamentale uomo-squadra.
Álvaro López Bermejo (Real Madrid): Unico esponente madridista e capitano, in difficoltà nelle partite del girone con Francia ed Eire, ha perso il posto a favore di Canales in semifinale per poi tornare in sella nella finale con un’ ottima prestazione, da bussola del centrocampo. Centrocampista non molto dinamico, tiene la posizione e funge da punto di riferimento per l’ impostazione della manovra, non ha particolari illuminazioni ma offre geometrie, continuità d’ azione e un buon senso della posizione che lo rendono puntuale anche in copertura. Compassato e preciso, non è un mostro di reattività, può soffrire un pressing insistito.
Sergio Canales Madrazo (Racing Santander): Mancino di qualità da piazzare al centro della trequarti o nel doble pivote, utilizzato prevalentemente a partita in corso (notevole il secondo tempo con l’ Eire), titolare solo con l’ Olanda. Gioca con molta calma, ragiona e sceglie di volta in volta la migliore opzione, preferendo utilizzare pochi tocchi e far correre il pallone piuttosto che trattenerlo in eccesso. Elegante, ha ottime doti di palleggiatore e visione di gioco, col suo sinistro calibrato sa indifferentemente aprire il campo o pescare l’ uomo in profondità col passaggio nello spazio. Trasmette una certa sensazione di freddezza, rifugge un po’ il contatto fisico e non è un mostro di agonismo, la sua calma a volte può correre il rischio di trasformarsi in apatia e mancanza di coraggio. Personalmente lo vedo più da regista che da mezzapunta, sulla trequarti gli manca il cambio di ritmo per fare la differenza (un difetto abbastanza tipico di molti di questi palleggiatori spagnoli).
Sergio Gontán Gallardo “Keko” (Atlético Madrid): La scheggia impazzita di questa selezione, un po’ alterno nelle gare del girone e in semifinale, ha letteralmente tracimato nella finale. Esterno destro (spesso però scambiatosi di fascia con Carmona durante i 90 minuti) dinamico e sempre attivo, possiede talento individuale ma anche una notevole capacità di intendere il gioco collettivo (lui e Sielva i migliori in questo senso), è frizzante nello spunto e nell’ uno contro uno ma sa anche offrire sbocchi importanti senza palla, attaccando lo spazio in profondità o proponendo ficcanti tagli in diagonale verso l’ area di rigore. Vivacissimo, non ha nessuna paura ad affrontare l’ uomo in dribbling quando la situazione lo richiede (mi ricorda un po’ il Sisi del Valladolid), è molto rapido sul breve e scappa via con facilità. Non molto elegante nella corsa, il fisico lo penalizza nel corpo a corpo, tuttavia quando trova campo aperto e ribalta l’ azione palla al piede diventa imprendibile (esemplare l’ azione di contropiede che in finale ha ispirato il 2-0 di Sergi).
I suoi movimenti senza palla son sempre interessanti, non di rado crea favorevoli opportunità offensive, ma va detto che una volta arrivato nell’ area avversaria il buon Keko abbastanza frequentemente ci si perde: spesso gli mancano idee chiare su come finalizzare l’ azione, e finisce con l’ impappinarsi. Inoltre qualche miglioramento nel primo controllo e nel tocco di palla potrebbero aiutarlo a rendere ulteriormente più incisiva la sua azione.
Thiago Alcantara Do Nascimento (Barcelona): Sarà una questione genetica, ma un brasiliano lo riconosci subito. Una maniera diversa di toccare il pallone e in senso lato di approcciarsi al gioco. Thiago Alcantara, l’ ultima perla della cantera blaugrana, non gioca a calcio, danza. La sua mentalità, a differenza di quella del Bojan dell’ anno scorso, è ancora prettamente “giocherellona”, da calcio giovanile, ancora i difetti da limare son parecchi e la continuità all’ interno dei 90 minuti scarseggia, ma ciò non può nascondere le potenzialità realmente sensazionali del giocatore, che vanno molto al di là delle alterne prestazioni offerte in quest’ Europeo.
Raramente ho visto un’ abilità simile nel controllare il pallone, nel piegare in ogni momento la sfera ai propri voleri, nel domarla con ogni parte del corpo e con la massima eleganza e apparente semplicità. Ha iniziato col futbol-sala, ciò traspare in più di un’ occasione dai suoi movimenti: spesso, forse troppo spesso, rimane surplace per attirare su di sè l’ avversario e liberarsene di colpo mediante spettacolari finte di corpo, giochi con la suola ed “elastici” vari. A volte un po’ troppo consapevole di questa sua abilità e tentato dall’ indugiarvi in eccesso, deve imparare a liberarsi del pallone nei tempi giusti, a scegliere di volta in volta l’ opzione più utile e ad incidere con maggior continuità e concretezza sugli sviluppi del match.
Ama muoversi tra le linee (per alcuni minuti con la Francia nel girone si è trovato defilato a sinistra), ha le intuizioni del numero 10 classico, se trova lo spazio sulla trequarti ha la visione intuitiva dell’ ultimo passaggio e la capacità di tagliare a fette un’ intera difesa smarcando il compagno davanti al portiere, qualità che potrebbe mettere ancora più a frutto se come ricordato sopra migliorasse i tempi di gioco.
Destro dalla notevolissima sensibilità di tocco, taglia traiettorie millimetriche indifferentemente con l’ interno e l’ esterno del piede, abile esecutore di calci piazzati, alterna soluzioni secche e molto tagliate (i cross dalla trequarti pericolosissimi non appena trovano la minima deviazione) alla classica “foglia morta” (soprattutto nelle punizioni dal limite).
Adriá Carmona Pérez (Barcelona): L’ unico classe ’92 della spedizione, forse proprio per questo il più acerbo. Sicuramente talentuoso (personalmente più dotato sul piano della tecnica pura rispetto a Keko), ha regalato tuttavia apparizioni sporadiche e decisamente intermittenti, col secondo tempo con l’ Eire come acuto più rilevante. Tutto mancino, classico esterno che vive dell’ uno contro uno, si intravedono possibilità notevoli da questo punto di vista: il controllo di palla ottimo anche in corsa, lo spunto brillante sul breve, il gioco di gambe rapido e la capacità di cambiare direzione lo rendono un cliente difficile, giunto sul fondo o in area riesce molto spesso a prendere il tempo al terzino e liberare il cross, veloce e tagliato fra i centrali e il portiere avversario (dove più fa male), o la conclusione incrociata, secca ed insidiosa, altri due pezzi del suo repertorio da tenere d’ occhio.
Manuel Gavilán Morales (Betis): Primo ricambio per la linea dei trequartisti, è entrato in corsa in ogni partita (segnando pure un gol nella finale con un colpo di testa in torsione niente male) piazzandosi indifferentemente al centro o sulle due fasce, soprattutto a sinistra. Non si è potuto ovviamente apprezzare tantissimo, diciamo che si è intravisto un giocatore dal fisico prestante ma al tempo stesso dalla discreta agilità nei movimenti, buone doti di palleggio, gioco semplice, movimenti senza palla interessanti e buona capacità di dialogo coi compagni e partecipazione alla manovra.
Gerardo Alfredo Bruna Blanco (Liverpool): Argentino di nascita, cresciuto in Spagna, ha già conosciuto la ribalta mediatica per il solito trasferimento-scippo oltre Manica, dal Real Madrid al Liverpool; tuttavia, in quest’ Europeo è stato un attore non protagonista, il meno utilizzato da Santisteban, solo 16 minuti nel 3-3 (schierato esterno sinistro) con la Francia per questo esile trequartista mancino, da alcune parti addirittura paragonato a Messi.
Sergio García Mut “Sergi” (Valencia): Meno classe del concorrente Rochina (cui ha sottratto il posto in finale), ma forse più maturità tattica. Gioca semplice, conosce e applica i movimenti della punta centrale in un 4-2-3-1: in particolare non brilla in nessuna specialità, però offre la profondità, taglia dal centro verso le fasce, viene incontro, appoggia spalle alla porta e apre spazi, insomma garantisce sempre uno sfogo all’ azione offensiva. Mancino, non ha la grande azione individuale in canna né incanta con giocate ricercate, però non è nemmeno un asino dal punto di vista tecnico, ha dimostrato di saper giocare di prima e triangolare con qualità, rivelandosi un’ ottima sponda per le incursioni dei trequartisti (esemplare l’ uno-due con Thiago nell’ azione del primo gol in finale). In più vede la porta, conclude senza cincischiare col suo mancino, ha istinto e buon calcio.
Rubén Rochina Naixes (Barcelona): Forse l’ elemento di maggior qualità dopo Thiago, un attaccante in prospettiva interessantissimo, unisce fisico e doti di palleggio di assoluto rilievo. Mancino pieno, difficile sottrargli il pallone, perché combina un ottimo uso del corpo per difendere palla a una notevole capacità di districarsi in dribbling anche nello stretto. Spalle alla porta è un incubo, protegge palla e quasi sempre riesce a girarsi e liberarsi per la conclusione o comunque per ottenere falli preziosi. Elegante, raffinato e coordinato nei movimenti, ha grande facilità di calcio, sia da fermo (spesso incaricato di battere le punizioni dal centro-destra, di potenza sul palo del portiere o morbide sopra la barriera) che in corsa, e un repertorio di soluzioni che va dalla fucilata alla carezza con l’ esterno.
Lontanissimo dallo stereotipo del centravanti statico, è molto più una seconda punta che ama entrare in frequante contatto col pallone, abbassarsi sulla trequarti o svariare sulle fasce per ricevere palla e puntare l’ avversario. Non intende molto il gioco senza palla, e questa sua tendenza ad allontanarsi dall’ area può risultare controproducente se in un modulo come il 4-2-3-1 è incaricato di fare l’ unica punta. Velocità media, gli manca del tutto l’ accelerazione secca che lascia sul posto l’ avversario e non è rapidissimo nell’ esecuzione: per dare un’ idea, lo si potrebbe definire un Tristán mancino (ovviamente il Tristán dei tempi belli).
Squalificato nella prima gara con la Svizzera, ottimo con la Francia nel girone, devastante nel secondo tempo con l’ Eire, non ne ha azzeccata una nella semifinale con l’ Olanda, perdendo così il posto per la finale, nella quale ha raccolto solo alcuni spiccioli nelle ultime fasi.
Etichette: Calcio giovanile, Seleccion
5 Comments:
http://calciorusso.blogspot.com/2008/05/la-russia-agli-europei-2008.html
Ciao Vale, ero in Spagna durante l'Europeo under 17 e mi sono potuto vedere semifinale con l'Olanda e metà finale (là sono un paese civile e certe cose le tv le fanno vedere in chiaro...).
Bruttini contro gli oranje, che hanno avuto il demerito di non affondare nel primo tempo e di arretrare troppo nella ripresa (nonostante gli avversari fossero parecchio confusi in attacco), gli spagnoli mi sono ovviamente piaciuti molto contro la Francia, letteralmente annichilita. Per quel che ho visto, mi sono piaciuti molto Pulido e Sielva, meno Thiago Alcantara, che per adesso mi sembra più un bel giocoliere che un giocatore vero e proprio. Nelle fila avversarie, mi ha impressionato il centravanti dell'Olanda di cui sinceramente non ricordo il nome, fisico da ventenne almeno e tecnica non disprezzabile.
Una domanda: sai per quale motivo non c'era nessun giovane dell'Athletic convocato? Munian fa parte della generazione successiva?
PS Visto che sto facendo le pagelle dell'Athletic sul mio blog, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi, anche se so che non hai visto molte partite dei Leoni quest'anno.
Eh sì, quella con l' Olanda è stata una partita mediocre, sbrogliata con mestiere e un pizzico di fortuna. A mio avviso l' Olanda ha arretrato il baricentro nel secondo tempo anche perchè avevano speso tanto nel primo, giocato con grande intesnità. Il centravanti olandese è Castillion (dell' Ajax, ma nelle mire dell' Arsenal), è piaciuto parecchio anche a me in quella partita (per il resto l' ho visto solo distrattamente nel primo tempo con la Scozia nel girone), incredibilmente bravo spalle alla porta.
Su Thiago Alcantara non hai torto, in questo torneo non è stato certo il giocatore più determinante quanto a prestazioni, però nel post ho preferito sottolineare le prospettive a lungo termine, e cioè che se il figlio di Mazinho lima quei difetti sottolineati (e che possono essere anche comprensibili in un diciassettenne) può diventare veramente un giocatore mostruoso. Deve imparare a giochicchiare meno sul posto e affondare con più decisione.
Sielva è uno di quei giocatori che più li vedi giocare più li apprezzi, il più maturo di questa squadra (questo però può anche non essere un fatto positivo), ha offerto una continuità di rendimento eccezionale.
Pulido ha giocato un gran torneo, però un po' mi è rimasta la sensazione che questo fosse quasi il suo torneo, che anche al di là delle pur buone qualità individualità gli dovesse girare tutto bene, un po' tipo il Materazzi del Mondiale.
Già che ci sono stilo un paio di classifiche, la prima dei giocatori di miglior rendimento di questa Spagna Under 17, la seconda con quelli di maggior prospettiva.
RENDIMENTO:
1) Sielva
2) Pulido
3) Montoya
4) Keko
PROSPETTIVE:
1) Thiago
2) Keko
3, 4 e 5) Rochina, Carmona e Montoya (scegli l' ordine che vuoi)
Non so dell' Athletic, non c'erano nomi dell' Athletic nemmeno fra quelli scartati all' ultimo.
Munain penso proprio ci sarà l' anno prossimo: quest' anno era una delle stelle (anche se non partiva sempre titolare) dell' Under 16 che ha vinto un torneo stracciando in finale il Portogallo per 7-0. Cioè la squadra che l' anno prossimo sarà l' Under 17, e che a quanto leggo dovrebbe avere un grandissimo potenziale.
Su Munain ho letto da qualche parte che era stato in corsa già per quest' Europeo Under 17 (del resto Carmona è del '92), ma che alla fine pare sia stato trascurato perchè ritenuto non ancora pronto caratterialmente. Non ci metto la mano sul fuoco, mi sembra di averla letta in qualche commento su un blog, sempre che la cosa stesse realmente in questi termini.
Passerò volentieri sul tuo blog, purtroppo in questo periodo sono un po' indaffarato e mi sono lasciato dietro parecchi arretrati sui vari blog che son solito leggere (Kerzha, passo anche sul tuo, non ti preoccupare).
Dell' Athletic non he ho visto pochissime (dovrei essere arrivato alle 15 partite, all' incirca), però rispetto all' anno scorso ne ho commentate meno su questo blog: comunque una mezza idea me la sono fatta, ovviamente meno approfondita della tua.
Thiago effettivamente non ha entusiasmato,però ogni volta che toccava palla si capiva subito che è di un'altra categoria rispetto a tutti gli altri.
Anche Keko mi ha fatto una bella impressione,speriamo non faccia la fine dei vari Toni Calvo e company.
Dei non spagnoli chi ti ha colpito Vale?
Castillion non mi è sembrato niente male(stranamente lo segue l'Arsenal...).
Bona impressione anche i turchi Cek(non sono sicuro del nome),Gokhan e Karadeniz.
Prox
All' infuori della Spagna ho visto soprattutto la Francia, cito quindi Kakuta che mi sembra molto estroso e assai rapido, Tafer che ha forza, mobilità, qualità, freddezza e carisma per diventare davvero un grande centravanti, poi anche Fofana, che mi è piaciuto molto a centrocampo nel 3-3 del girone.
Nell' Olanda oltre a Castillion Sneijderino non mi è parso male, però ho visto troppo poco gli Oranje. La Turchia invece mi dispiace ma non ho avuto proprio modo di vederla, anche se ho sentito che era un' ottima squadra.
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