Il punto sulla seconda giornata di Champions.
In questo post non si parlerà di Atlético Madrid: ho visto la partita (e il gol del Kun mi ha fatto balzare dalla poltrona) ma senza riuscire a concentrarmi su di essa nella maniera che richiederebbe un' analisi credibile.
L' Europa dei Grandi continua a sorridere al calcio spagnolo: dopo due turni, il bilancio è di sette vittorie ed un pareggio e le chances di qualificazione agli ottavi sono già concretissime per tutte e quattro le rappresentanti, ovviamente con sfumature diverse addentrandoci nelle singole prestazioni: eccellente il Real Madrid, deludente il Barça, burocraticamente affidabile il Villarreal.
Spicca in questa giornata, per la difficoltà della partita, il peso della vittoria e il livello offerto, l' affermazione del Real Madrid a San Pietroburgo. Sebbene infatti un pareggio non sarebbe stato certo immeritato per lo Zenit, in considerazione soprattutto dell' assedio degli ultimi 20 minuti (con un palo di Arshavin e salvataggi nell' area piccola fra l' inspiegabile e il soprannaturale), bisogna dire che la prestazione del Real Madrid è stata per larghi tratti di grande spessore e rende in prospettiva decisamente credibile la candidatura merengue alla vittoria finale, o perlomeno al superamento dello scoglio minimo degli ottavi, abbattendo il controsenso storico degli ultimi 4 anni madridisti nella Champions.
Quando non sono stati spettacolari come nel primo quarto d'ora, gli uomini di Schuster son stati comunque solidi, concreti, convinti dei propri mezzi, consapevoli delle necessità della partita e disposti al sacrificio, oltre che forti di un potenziale offensivo devastante.
La sorpresa più piacevole è stato il piglio d' inizio partita: i primi 15 minuti son stati un vero show che, nonostante la passività di uno Zenit tramortito, hanno evidenziato la personalità e la cifra tecnica della grandissima squadra. Trovato subito il gol grazie all' autorete maldestra di Hubocan, i merengues hanno fatto quello che tutti si aspettavano avrebbe fatto lo Zenit ad inizio partita: chiudere l' avversario nella sua metacampo e costringerlo a inseguire il pallone, con una brillantezza che francamente non mi era mai capitato di vedere negli ultimi due anni madridisti. Baricentro avanzato, pressing sulla trequarti avversaria, circolazione di palla estremamente fluida (il terzetto Diarra-De la Red-Van der Vaart funziona splendidamente), sovvrapposizioni: proprio un bel vedere.
Svoltato il quarto d'ora, lo Zenit è rientrato in partita, costruendo i presupposti del pareggio a partire da una situazione tattica che in tutta la serata il Madrid non è riuscito a controllare: con Arshavin che da sinistra si accentrava "risucchiando" Ramos nelle zone interne, fra De la Red (mezzala destra) e Higuain (ala destra), non si è mai trovato il modo di chiudere le sovrapposizioni dell' ottimo Sirl, dalle quali son nati una buona maggioranza degli attacchi russi e il pareggio siglato da Danny. Nell' occasione è Sergio Ramos a farsi trovare fuori posizione (errore tutt' altro che nuovo per lui), a metà strada e tagliato fuori, con Arshavin che gli prende le spalle e pennella un bel cross mancino per la spaccata volante di Danny, il quale taglia sul secondo palo anticipando un Heinze un po' blando nella marcatura.
Non riesce a prendere pieno possesso della partita lo Zenit perchè sul più bello (per l' avversario, alla sua maniera), il Real Madrid torna in vantaggio con Van Nistelrooy, che segna come respira. Così il primo tempo trascorre fino alla fine in una situazione di maggior comodità per il Real Madrid, che ha anche la carta del suo micidiale contropiede contro uno Zenit un po' disordinato e vulnerabile (e Higuain al posto di Raul aiuta di certo a ribaltare il gioco in velocità). Comodità che si estende anche ai primi 20-25 minuti della ripresa, dove il Real Madrid non mantiene la condotta autoritaria e offensiva di inizio gara, ma controlla lo stesso il match in virtù di una fase di non possesso molto solida (è in questo aspetto che la squadra è cresciuta nettamente rispetto alla stessa fase della passata stagione: allora si spezzava in due tronconi, ora si muove come un blocco), con distanze giuste e solidarietà fra i reparti, la difesa sempre pronta ad accorciare (la coppia Pepe-Cannavaro tiene bene) e a stringere, a parte le persistenti difficoltà a chiudere la fascia destra, quella che lo Zenit attacca con Sirl e una delle mezzepunte fra Arshavin e Danny.
Conclusa questa, si chiude ogni possibile fase di controllo del Real Madrid, perchè l' ultimo quarto di gara è all' insegna del "si salvi chi può". Van der Vaart lascia il posto a Javi Garcia, Schuster vuole consolidare la protezione davanti alla difesa (e va detto che Van der Vaart, sublime in certe giocate e globalmente positivo nelle prestazioni, non sembra tenerli tutti i 90 minuti), ma, con i contemporanei cambi offensivi dello Zenit (che sacrifica il vertice basso davanti alla difesa arretrando Tymoschuk per fare spazio alla terza mezzapunta, Domiguez), ciò finisce con lo schiacciare il Real Madrid che, se si esclude un contropiede condotto ottimamente ma finalizzato male da Higuain (davanti a Malafeev dovrebbe usare il colpo sotto ma non lo fa) non riesce più nemmeno a proporsi di rimessa, dovendo fare sempre più artigianalmente muro davanti a Casillas, che oltre ad attivarsi di suo deve fare ricorso a salvataggi dei compagni (clamoroso Pepe su Danny a botta sicura) e alla fortuna (palo di Arshavin, espressosi ai livelli richiesti dalla sua classe).
Diversa la partita del Villarreal, molto più piatta, quasi priva di sussulti, coi gialli che hanno timbrato il cartellino senza mostrare certo la propria migliore versione. Squadra paziente e concreta quella di Pellegrini, capace di mantenere l' ordine, aspettare il proprio momento e fare risultato anche quando le circostanze della gara gli impediscono di imporre il calcio manovrato e propositivo che predilige.
Il primo tempo qualche brutto pensiero lo aveva fatto venire, col Celtic non solo disciplinato nella sua gara prettamente difensiva ma anche pronto a rilanciare il gioco col trio Mc Geady-Nakamura-Maloney alle spalle di Samaras e il Villarreal incapace di trovare il filo e vivacizzare l' azione sulla trequarti, su ritmi ancora più bassi di quanto già la propria indole e le proprie caratteristiche consigliano, e con un movimento senza palla un po' discontinuo, che ha portato Senna a conduzioni di palla prolisse assolutamente aliene a un giocatore come lui che è razionalità pura.
Il Villarreal ha fatto pesare il divario tecnico, decisamente palpabile, nel secondo tempo, quando pur senza entusiasmare ha alzato i ritmi e l' intensità di gioco il tanto sufficiente da forzare il vantaggio. Col Celtic sempre più affannoso nella difesa al limite della propria area, il gol è caduto come una pera matura, quando Llorente si è procurato la punizione magnificamente trasformata da Senna. Superfluo ricordare l' importanza capitale dell' ispano-brasiliano in questa squadra: con responsabilità ben più estese di quelle meramente difensive della nazionale, Senna è la guida della manovra, colui che dà tempi e continuità al possesso-palla. Abbiamo visto quanto asfittico sia stato da questo punto di vista il Villarreal dell' Old Traddord con il doble pivote Eguren-Edmilson (e vorrei che, data quest' esigenza, venisse considerato maggiormente anche un giocatore come Bruno, che però in questa stagione sembrerebbe una delle ultime ruote del carro).
Il finale è di gestione relativamente tranquilla (con le giocate sempre spettacolari del subentrato Ibagaza, con una grande occasione per Llorente e un intervento notevole del fortissimo Boruc suu rasoterra da fuori angolato di Cazorla), anche se non manca un brivido sulla conclusione al volo di Maloney di poco sopra la traversa, in una serata in cui la coppia di centrali Gonzalo-Godin, formidabile contro lo United, ha in qualche momento ballato (un clamoroso svarione di Godin ha rischiato di regalare il vantaggio nel primo tempo a Samaras, fermato da un Diego Lopez perfetto quando chiamato in causa).
Il Barça coglie un' altra vittoria "alla Real Madrid", in rimonta e allo scadere, stavolta senza rigori inesistenti, ma in compenso offrendo una prestazione davvero modesta. L' entusiasmo per la sperimentazione di Guardiola, coinvolgente ma eccessivo se speso quando sarebbe meglio puntare sul sicuro, porta stavolta a un 3-5-2, che con Iniesta e Alves sugli esterni a centrocampo, il solito trio centrale con il vertice basso e le due mezzeali (Touré; Xavi-Keita), lascia l' attacco alla coppia Henry-Eto'o (i movimenti di Puyol a sinistra e l' arretramento di Alves portano in certi momenti a ricomporre la difesa a 4, ma questa flessibilità non riguarda un attacco chiaramente impostato a due punte): una svolta quasi sacrilega, se pensiamo al dogma che nel Barça impone le tre punte e le ali larghissime all' olandese, e se pensiamo che l' ultimo a utilizzare le due punte nella storia blaugrana era stato Radomir Antic nel 2003.
La rivoluzione non dà i suoi frutti, e il Barça si contorce in un primo tempo sterile e meritatamente chiuso in svantaggio: Guardiola dirà nel dopopartita che il 3-5-2 gli serviva per impedire che i due esterni offensivi ucraini potessero pressare i terzini blaugrana ad inizio azione come sarebbe stato più facile con il solito 4-3-3, ma la mossa fallisce nel suo intento, come ha ammesso lo stesso Pep.
Il Barça ha una circolazione di palla stentatissima, perchè c'è poco movimento a centrocampo, la squadra è rigida e fatica a distendersi, mentre lo Shakhtar pressa bene l' inizio dell' azione costringendo pure il Barça a qualche lancio lungo di troppo, facilmente letto dai centrocampisti di Lucescu, sempre pronti ad accorciare ed anticipare e schierati quasi a uomo con Duljaj su Keita, Hubschman su Xavi e Fernandinho su Yaya Touré. In tutto ciò, il 3-5-2 toglie anche al Barça la possibilità di dare respiro sugli esterni, visto che con l' assetto scelto da Guardiola manca la possibilità di sovrapposizioni e due contro uno sulle fasce e Henry ed Eto'o rimangono prevalentemente in zona centrale, disattivati. Si aggiunge poi la consueta incertezza difensiva, quando Piqué tocca male di testa un rilancio del portiere e Puyol non chiude in tempo su Ilsinho, che così realizza scavalcando Valdés in uscita.
Guardiola torna sui suoi passi e nella ripresa recupera il 4-3-3, ma lo scarso movimento e il gioco orizzontale rimangono, e solo l' abilità individuale del subentrato Messi porta tre punti insperati, arrivati negli ultimissimi minuti, prima grazie a una papera di Pyatov su cross innocuo di Bojan che serve il pareggio a Messi (proteste furibonde dello Shakhtar e di Lucescu a fine partita, che lamenta la mancata restituzione di un pallone che il Barça ha inteso come rinvio della difesa ucraina e non come gesto di fair play per consentire il soccorso di un giocatore in realtà finito a terra solo un paio di secondi), poi ancora con Messi, ottimamente smarcato da Xavi per un elegante pallonetto sull' uscita del portiere, proprio a fil di sirena.
L' Europa dei Grandi continua a sorridere al calcio spagnolo: dopo due turni, il bilancio è di sette vittorie ed un pareggio e le chances di qualificazione agli ottavi sono già concretissime per tutte e quattro le rappresentanti, ovviamente con sfumature diverse addentrandoci nelle singole prestazioni: eccellente il Real Madrid, deludente il Barça, burocraticamente affidabile il Villarreal.
Spicca in questa giornata, per la difficoltà della partita, il peso della vittoria e il livello offerto, l' affermazione del Real Madrid a San Pietroburgo. Sebbene infatti un pareggio non sarebbe stato certo immeritato per lo Zenit, in considerazione soprattutto dell' assedio degli ultimi 20 minuti (con un palo di Arshavin e salvataggi nell' area piccola fra l' inspiegabile e il soprannaturale), bisogna dire che la prestazione del Real Madrid è stata per larghi tratti di grande spessore e rende in prospettiva decisamente credibile la candidatura merengue alla vittoria finale, o perlomeno al superamento dello scoglio minimo degli ottavi, abbattendo il controsenso storico degli ultimi 4 anni madridisti nella Champions.
Quando non sono stati spettacolari come nel primo quarto d'ora, gli uomini di Schuster son stati comunque solidi, concreti, convinti dei propri mezzi, consapevoli delle necessità della partita e disposti al sacrificio, oltre che forti di un potenziale offensivo devastante.
La sorpresa più piacevole è stato il piglio d' inizio partita: i primi 15 minuti son stati un vero show che, nonostante la passività di uno Zenit tramortito, hanno evidenziato la personalità e la cifra tecnica della grandissima squadra. Trovato subito il gol grazie all' autorete maldestra di Hubocan, i merengues hanno fatto quello che tutti si aspettavano avrebbe fatto lo Zenit ad inizio partita: chiudere l' avversario nella sua metacampo e costringerlo a inseguire il pallone, con una brillantezza che francamente non mi era mai capitato di vedere negli ultimi due anni madridisti. Baricentro avanzato, pressing sulla trequarti avversaria, circolazione di palla estremamente fluida (il terzetto Diarra-De la Red-Van der Vaart funziona splendidamente), sovvrapposizioni: proprio un bel vedere.
Svoltato il quarto d'ora, lo Zenit è rientrato in partita, costruendo i presupposti del pareggio a partire da una situazione tattica che in tutta la serata il Madrid non è riuscito a controllare: con Arshavin che da sinistra si accentrava "risucchiando" Ramos nelle zone interne, fra De la Red (mezzala destra) e Higuain (ala destra), non si è mai trovato il modo di chiudere le sovrapposizioni dell' ottimo Sirl, dalle quali son nati una buona maggioranza degli attacchi russi e il pareggio siglato da Danny. Nell' occasione è Sergio Ramos a farsi trovare fuori posizione (errore tutt' altro che nuovo per lui), a metà strada e tagliato fuori, con Arshavin che gli prende le spalle e pennella un bel cross mancino per la spaccata volante di Danny, il quale taglia sul secondo palo anticipando un Heinze un po' blando nella marcatura.
Non riesce a prendere pieno possesso della partita lo Zenit perchè sul più bello (per l' avversario, alla sua maniera), il Real Madrid torna in vantaggio con Van Nistelrooy, che segna come respira. Così il primo tempo trascorre fino alla fine in una situazione di maggior comodità per il Real Madrid, che ha anche la carta del suo micidiale contropiede contro uno Zenit un po' disordinato e vulnerabile (e Higuain al posto di Raul aiuta di certo a ribaltare il gioco in velocità). Comodità che si estende anche ai primi 20-25 minuti della ripresa, dove il Real Madrid non mantiene la condotta autoritaria e offensiva di inizio gara, ma controlla lo stesso il match in virtù di una fase di non possesso molto solida (è in questo aspetto che la squadra è cresciuta nettamente rispetto alla stessa fase della passata stagione: allora si spezzava in due tronconi, ora si muove come un blocco), con distanze giuste e solidarietà fra i reparti, la difesa sempre pronta ad accorciare (la coppia Pepe-Cannavaro tiene bene) e a stringere, a parte le persistenti difficoltà a chiudere la fascia destra, quella che lo Zenit attacca con Sirl e una delle mezzepunte fra Arshavin e Danny.
Conclusa questa, si chiude ogni possibile fase di controllo del Real Madrid, perchè l' ultimo quarto di gara è all' insegna del "si salvi chi può". Van der Vaart lascia il posto a Javi Garcia, Schuster vuole consolidare la protezione davanti alla difesa (e va detto che Van der Vaart, sublime in certe giocate e globalmente positivo nelle prestazioni, non sembra tenerli tutti i 90 minuti), ma, con i contemporanei cambi offensivi dello Zenit (che sacrifica il vertice basso davanti alla difesa arretrando Tymoschuk per fare spazio alla terza mezzapunta, Domiguez), ciò finisce con lo schiacciare il Real Madrid che, se si esclude un contropiede condotto ottimamente ma finalizzato male da Higuain (davanti a Malafeev dovrebbe usare il colpo sotto ma non lo fa) non riesce più nemmeno a proporsi di rimessa, dovendo fare sempre più artigianalmente muro davanti a Casillas, che oltre ad attivarsi di suo deve fare ricorso a salvataggi dei compagni (clamoroso Pepe su Danny a botta sicura) e alla fortuna (palo di Arshavin, espressosi ai livelli richiesti dalla sua classe).
Diversa la partita del Villarreal, molto più piatta, quasi priva di sussulti, coi gialli che hanno timbrato il cartellino senza mostrare certo la propria migliore versione. Squadra paziente e concreta quella di Pellegrini, capace di mantenere l' ordine, aspettare il proprio momento e fare risultato anche quando le circostanze della gara gli impediscono di imporre il calcio manovrato e propositivo che predilige.
Il primo tempo qualche brutto pensiero lo aveva fatto venire, col Celtic non solo disciplinato nella sua gara prettamente difensiva ma anche pronto a rilanciare il gioco col trio Mc Geady-Nakamura-Maloney alle spalle di Samaras e il Villarreal incapace di trovare il filo e vivacizzare l' azione sulla trequarti, su ritmi ancora più bassi di quanto già la propria indole e le proprie caratteristiche consigliano, e con un movimento senza palla un po' discontinuo, che ha portato Senna a conduzioni di palla prolisse assolutamente aliene a un giocatore come lui che è razionalità pura.
Il Villarreal ha fatto pesare il divario tecnico, decisamente palpabile, nel secondo tempo, quando pur senza entusiasmare ha alzato i ritmi e l' intensità di gioco il tanto sufficiente da forzare il vantaggio. Col Celtic sempre più affannoso nella difesa al limite della propria area, il gol è caduto come una pera matura, quando Llorente si è procurato la punizione magnificamente trasformata da Senna. Superfluo ricordare l' importanza capitale dell' ispano-brasiliano in questa squadra: con responsabilità ben più estese di quelle meramente difensive della nazionale, Senna è la guida della manovra, colui che dà tempi e continuità al possesso-palla. Abbiamo visto quanto asfittico sia stato da questo punto di vista il Villarreal dell' Old Traddord con il doble pivote Eguren-Edmilson (e vorrei che, data quest' esigenza, venisse considerato maggiormente anche un giocatore come Bruno, che però in questa stagione sembrerebbe una delle ultime ruote del carro).
Il finale è di gestione relativamente tranquilla (con le giocate sempre spettacolari del subentrato Ibagaza, con una grande occasione per Llorente e un intervento notevole del fortissimo Boruc suu rasoterra da fuori angolato di Cazorla), anche se non manca un brivido sulla conclusione al volo di Maloney di poco sopra la traversa, in una serata in cui la coppia di centrali Gonzalo-Godin, formidabile contro lo United, ha in qualche momento ballato (un clamoroso svarione di Godin ha rischiato di regalare il vantaggio nel primo tempo a Samaras, fermato da un Diego Lopez perfetto quando chiamato in causa).
Il Barça coglie un' altra vittoria "alla Real Madrid", in rimonta e allo scadere, stavolta senza rigori inesistenti, ma in compenso offrendo una prestazione davvero modesta. L' entusiasmo per la sperimentazione di Guardiola, coinvolgente ma eccessivo se speso quando sarebbe meglio puntare sul sicuro, porta stavolta a un 3-5-2, che con Iniesta e Alves sugli esterni a centrocampo, il solito trio centrale con il vertice basso e le due mezzeali (Touré; Xavi-Keita), lascia l' attacco alla coppia Henry-Eto'o (i movimenti di Puyol a sinistra e l' arretramento di Alves portano in certi momenti a ricomporre la difesa a 4, ma questa flessibilità non riguarda un attacco chiaramente impostato a due punte): una svolta quasi sacrilega, se pensiamo al dogma che nel Barça impone le tre punte e le ali larghissime all' olandese, e se pensiamo che l' ultimo a utilizzare le due punte nella storia blaugrana era stato Radomir Antic nel 2003.
La rivoluzione non dà i suoi frutti, e il Barça si contorce in un primo tempo sterile e meritatamente chiuso in svantaggio: Guardiola dirà nel dopopartita che il 3-5-2 gli serviva per impedire che i due esterni offensivi ucraini potessero pressare i terzini blaugrana ad inizio azione come sarebbe stato più facile con il solito 4-3-3, ma la mossa fallisce nel suo intento, come ha ammesso lo stesso Pep.
Il Barça ha una circolazione di palla stentatissima, perchè c'è poco movimento a centrocampo, la squadra è rigida e fatica a distendersi, mentre lo Shakhtar pressa bene l' inizio dell' azione costringendo pure il Barça a qualche lancio lungo di troppo, facilmente letto dai centrocampisti di Lucescu, sempre pronti ad accorciare ed anticipare e schierati quasi a uomo con Duljaj su Keita, Hubschman su Xavi e Fernandinho su Yaya Touré. In tutto ciò, il 3-5-2 toglie anche al Barça la possibilità di dare respiro sugli esterni, visto che con l' assetto scelto da Guardiola manca la possibilità di sovrapposizioni e due contro uno sulle fasce e Henry ed Eto'o rimangono prevalentemente in zona centrale, disattivati. Si aggiunge poi la consueta incertezza difensiva, quando Piqué tocca male di testa un rilancio del portiere e Puyol non chiude in tempo su Ilsinho, che così realizza scavalcando Valdés in uscita.
Guardiola torna sui suoi passi e nella ripresa recupera il 4-3-3, ma lo scarso movimento e il gioco orizzontale rimangono, e solo l' abilità individuale del subentrato Messi porta tre punti insperati, arrivati negli ultimissimi minuti, prima grazie a una papera di Pyatov su cross innocuo di Bojan che serve il pareggio a Messi (proteste furibonde dello Shakhtar e di Lucescu a fine partita, che lamenta la mancata restituzione di un pallone che il Barça ha inteso come rinvio della difesa ucraina e non come gesto di fair play per consentire il soccorso di un giocatore in realtà finito a terra solo un paio di secondi), poi ancora con Messi, ottimamente smarcato da Xavi per un elegante pallonetto sull' uscita del portiere, proprio a fil di sirena.
Etichette: Barcelona, Champions League, Real Madrid, Spagnole nelle coppe, Villarreal
6 Comments:
Sul Real Madrid ne abbiamo già discusso, comunque sia secondo me può fare ancora meglio e spero lo faccia contro la Juve perchè bramo una vendetta micidiale visto che per quel famigerato 1-3 probabilmente cacciarono Del Bosque, sul Villareal ho visto solo le azioni e devo dire che un paio di goals il celtic se li è mangiati, però mi sembra una squadra molto solida che se imposta la partita sui suoi ritmi può far male.
L'atletico bisogna vederlo queste settimane, non ha convinto contro il Sevilla però vediamolo contro Barca Madrid ecc.
Sul Barcelona permettimi di spezzare una lancia a favore di Guardiola.
Ho visto circa 35 minuti di match e debbo dire che queswto Barcelona non mi sembra così differente da quello di Rajkaard,però consentimi di dire che per modellare una squadra ci vuole molto tempo, almeno 4-5 mesi, per cambiara certi automatismi impiantati dall'allenatore precedente.
E comunque io credo che giocare contro lo Shaktar per il Barcelona sia una delle cose peggiori che gli potesse capitare, visto l'irritante gioco semi-catenacciaro della compagine di Lucescu.
A tal proposito voglio farti una domanda che stò facendo a molti
Come mai secondo te le squadre dei campionati inferiori hanno un rendimento così differente in Champions quando nei loro campionati sono divise da soli 2-3 punti?
Per dirti, perchè lo Zenit vince la coppa Uefa e rimedia 2 sconfitte giocando alla pari con Juve e Real Madrid mentre lo Spartak ne prende 8 dalla Dinamo Kiev in 2 partite di preliminare?
Perchè lo Shaktar arriva ad un passo dalla qualificazione mentre la Dinamo Kiev perde 6 partite su 6di girone???
Sembra che il Barca stia diventando più cinico.Questa gara recuperata alla fine,così come quella con l'Espanyol, possono essere la svolta psicologica della stagione blaugrana.
Bene il Depor che sebbene con un uomo in meno ha trascinato il Brann ai rigori,nei quali Aranzubia ha fatto il resto.
Valencia da brivido prolungamenti col Maritimo.
Comunque la pattuglia spagnola in Uefa è ancora compatta con una piccolissima differenza rispetto alla competizione maggiore:7 vittorie e una sconfitta,quella patita dai galiziani a Bergen...TUTTI PUNTI DA ACCUMULARE NEL RANKING UEFA...!!!!
Peccato per quel tentativo di Garzon di voler screditare una grande realtà come lo Zenit,che le sue vittorie se le è costruite sul campo,da grande squadra.
Ciao;-)
@ Madrid 7
Difficile rispondere a questa domanda, può dipendere da caso a caso dal fatto che il girone di Champions sia facile, o che una squadra decida di concentrarsi su una competizione piuttosto che un' altra. In ogni caso, campionato e Champions spesso pongono situazioni differenti dal punto di vista mentale e tattico.
Per quanto riguarda il Barça credo si debbano fare dei distinguo: quello di mercoledì era simile a quello di Rijkaard per i difetti mostrati, e lo stesso discorso vale per il Barça visto contro il Numancia, nel ritorno del preliminare col Wisla e nel Gamper. Dall' altra parte però, nel derby di sabato scorso, contro il Betis, i due Sporting, il Racing e nell' andata del preliminare, si è visto un gioco che, seppure con qualche discontinuità e aspetti da registrare in fase difensiva, è sicuramente incoraggiante e pure spettacolare in molti tratti. Questa seconda faccia del Barça è sicuramente diversa rispetto a quella dell' ultimo Barça di Rijkaard, se andiamo a vedere il numero di occasioni create, l' intensità di gioco e la fluidità di manovra. In particolare se uno va a vedere il posizionamento della squadra in fase di possesso ci sono delle novità importanti, su tutte il fatto che in occasione dei cross quasi sempre ci sono due giocatori a impegnare i difensori centrali avversari e uno che si inserisce dal centrocampo (Xavi o Keita) approfittando di questi spazi. Questo mentre nella passata stagione lamentavamo in maniera ricorrente la presenza del solo Eto'o a centro area in tali occasioni, situazione che rendeva paradossalmente spuntato un attacco teoricamente a tre punte.
Insomma, se escludiamo le brutte prestazioni con Shakhtar, Numancia, Wisla/ritorno e Boca, credo si stia vedendo un Barça maggiormente capace di arrivare al gol e alla creazione di occasioni attraverso meccanismi collettivi e movimenti senza palla, attraverso una fase di possesso sicuramente più organizzata rispetto a quella delle due stagioni passate, che prevedeva l' azione individuale come risorsa quasi esclusiva.
Per questo mi piace Guardiola, perchè sta lavorando sul gioco di squadra e sui dettagli tattici (vedi anche le palle inattive in attacco, con Rijkaard c'era un solo schema), e anche perchè non guarda in faccia nessuno al momento di fare la formazione (magari è un po' troppo indulgente con questo Henry crepuscolare), e tutto questo senza avere a mio avviso una rosa completa (la fascia sinistra è decisamente migliorabile). Mi piace meno quando invece si mette a sperimentare in situazioni che richiederebbero di andare magari più sul sicuro, come mercoledì.
Per quanto riguarda l' atteggiamento ultra-difensivo dell' avversario, io son sempre stato dell' idea che questo non debba costituire in nessun modo un alibi per squadre tipo il Barça o anche il Madrid, l' Arsenal etc. che storicamente hanno l' onere (ma io preferirei dire "onore") di dover fare sempre o quasi sempre la partita.
In particolare il Barça gioca praticamente ogni partita contro avversari ultra-coperti, soprattutto in casa, e il suo modulo e la sua filosofia di gioco storica nascono e rispondono precisamente all' esigenza del dover attaccare una difesa schierata. Se, come l' altra sera, giochi male, non devi lamentarti dell' avversario, ma devi chiederti in che cosa hai sbagliato nell' applicare questa tua filosofia di gioco. La mia convinzione è che qualunque difesa schierata possa essere attaccata se ci sono le risorse tecniche (capacità di palleggio) e i movimenti giusti. Per una difesa schierata è difficile resistere per 90 minuti se l' avversario propone continui scambi di posizione e sovrapposizioni. è molto più difficile contrastare un avversario che arriva ad occupare lo spazio in corsa piuttosto che uno che lo presidia in maniera statica fornendo un punto di riferimento, vedi anche lo Zenit (il Madrid non era certo schierato male, però ha sofferto perchè questi arrivavano da tutte le parti: assieme all' Arsenal hanno il miglior gioco senza palla del calcio europeo).
Con questo voglio dire che il Barça di mercoledì era troppo statico per fare male all' avversario, e si è ridotto a giocare in orizzontale o addirittura con palle lunghe in verticale che sono una specie di bestemmia nella sua filosofia di gioco. Anche l' Espanyol ha fatto catenaccio (ovviamente uso questo termine in senso generico e superficiale, non nel suo senso storico) sabato scorso, molto di più dello Shakhtar, però il Barça ha creato molto di più perchè si è mosso meglio.
@ Vojvoda
Ciao,
impresa notevole quella del Depor, era in dieci già dal 23' del primo tempo. Ha fatto doppietta Colotto, il difensore argentino che aveva avuto un esordio disastroso proprio nell' andata in Norvegia. Il Valencia ha rischiato, e vedendo la formazione di partenza ho capito il perchè: Emery ha scherzato col fuoco, con Maduro terzino destro e la coppia d' attacco Hugo Viana-Angulo (perfavore!).
Un attimo... a questa storia di Zenit-Bayern non ci credo molto neanch' io, spero vivamente sia una bufala e trovo ragionevoli le considerazioni di Kerzhakov sul suo blog... però insomma Garzon non è che stia lì a tramare contro lo Zenit, sta facendo un' indagine sulla mafia russa in Spagna, che è una cosa seria, e incidentalmente son venute fuori queste intercettazioni... lui fa il suo lavoro (e lo hanno fatto anche i giornali che hanno riferito la notizia), facciamo finire a lui e ai suoi colleghi questo lavoro e vedremo che finirà come una bolla di sapone. Nel mentre c'è un' ovvia presunzione d' innocenza per il Bayern Monaco (perchè la cosa in ogni caso non riguarderebbe direttamente lo Zenit). D' accordo?
"...ho visto la partita ma senza riuscire a concentrarmi su di essa nella maniera che richiederebbe un' analisi credibile". Cosa stavi combinando, Vale, mentre guardavi la partita dell'Atletico, per non essere concentrato?!? :-)
A parte tutto, Zenit-Real è stata davvero una splendida partita. Anch'io sono rimasto colpito dall'inizio del Real: gran circolazione di palla, aggressività e una consapevolezza nei propri mezzi che faticavo a ritrovare nelle merengues in tempi recenti. Il pari di Danny ha risvegliato lo Zenit, fino a quel momento in balia totale degli spagnoli. Da quel momento però la squadra di Advocaat ha dimostrato ancora una volta di essere una grande squadra (altro che mafia russa!): pur in una serata di non grande ispirazione, quasi al termine di una stagione infinita (campionato, uefa, europei, supercoppa e tutto il resto) è riuscita a tirar fuori una ripresa di grande intensità che solo per caso (la schiena di Pepe, ma non solo) non ha portato a un pareggio che sarebbe stato più che meritato.
Da juventino devo ammettere che il risultato non m'è dispiaciuto, anche se onestamente al momento la squadra di Ranieri non si esprime sui livelli di Real e Zenit, né dubito lo farà nei prossimi mesi. E' altresì vero che giocatori come Del Piero, Buffon, Nedved e Camoranesi (ma anche Poulsen, Iaquinta, Chiellini, Sissoko, Giovinco stesso) garantiscono ai bianconeri qualità ed esperienza tali da giustificare un approdo agli ottavi. Non mi stupirei che proprio nel doppio confronto con il Real la Juve non riesca a tirar fuori quanto "nascosto" con Zenit e Bate. L'anno scorso la squadra di Ranieri si era aggiudicata quasi tutti gli scontri diretti con le grandi, soffrendo molto con le piccole, per una questione di stimoli ma anche di attitudine di gioco.
Divagazione sudamericana: vista la condizione attuale di Aguero e Messi, come giudichi Vale l'impiego nella celeste di una punta come Milito? Io personalmente stravedo per lui, ma non sono convinto che la soluzione migliore per Basile sia il tridente, tanto più con Riquelme alle spalle.
Ehm, stavo mangiando... :)
Il primo tempo l' ho seguito con un occhio alla partita e uno alla pizza, non proprio l' ideale. Anche per questo preferisco vederle registrate generalmente.
Parlando di cose meno serie :), devo dire che l' Argentina (peraltro la nazionale per la quale simpatizzo dopo la Spagna) ho avuto modo di seguirla poco ultimamente. Diego Milito è un drago, da anni uno dei giocatori più sottovalutati del calcio europeo, però anch' io tre punte più Riquelme non le vedo tantissimo, non tanto e non solo per una questione di equilibri difensivi, ma anche per una questione di gestione degli spazi in attacco fra questi quattro giocatori (il discorso vale non solo per Milito ma anche per altri attaccanti potenziali titolari, come quel fenomeno di Zarate o Lavezzi: non a caso Batista alle olimpiadi aveva iniziato con Riquelme+Messi+Aguero+Lavezzi, e col trascorrere del torneo ha tolto Lavezzi per mettere Di Maria).
Quindi la cosa migliore a me sembra adattarsi a un trio un po' atipico Riquelme-Messi-Aguero, tatticamente non proprio da manuale (manca una vera e propria prima punta, perchè il Kun non è inquadrabile: ha caratteristiche tecniche e atletiche da seconda punta, però si miuove neglòi ultimi metri, ma anche così è difficile bollarlo come "centravanti") ma inevitabile visto il talento dei tre.
guarda, io ho un'occhio di riguardo sullo Zenit e devo dire che condivido appieno ciò che hai scritto sul match del PEtrovski. Lo Zenit ha assediato la porta di Casillas nel finale ma il Real è andato in Russia a fare un gran partita, che avrebbe potuto chiudere molto prima sfruttando i numerosi contropiedi. Spero vivamente che il REal batta la juve ;)
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