Considerazioni sparse sulla tredicesima giornata.
Doctor Jekyll-Real e Mister Hyde-Madrid. Non ci faremo mai l’abitudine all’inquietante schizofrenia di questo Real Madrid. Non si fa a tempo a metabolizzare il primo tempo, che ha appena offerto la miglior versione stagionale dei merengues (anche meglio del Camp Nou) che subito si aprono le porte di una ripresa sconcertante, che addirittura offre a un banale Almería (l’aggettivo che meglio si addice agli andalusi da quando li ha presi in consegna Hugo Sánchez, il quale ha fatto compiere una discreta involuzione al gioiellino che fu di Emery) la possibilità concreta della vittoria. La contro-rimonta madridista, comunque strameritata, arriva con un finale tutto impeto che ricorda più che altro l’ultimo Madrid di Capello, e non è certo un complimento.
Ma, prima che la squadra si perdesse in giocate contorte e si allungasse come da consuetudine dei secondi tempi, nei primi 45 minuti avevamo visto per la prima volta il vero modello di gioco cui aspira Pellegrini. Un Villarreal ultra-velocizzato, senza riferimenti fissi per l’avversario sulla trequarti e sulle fasce, ma nel quale il ritmo lo fanno non il valzer di Marcos Senna e Riquelme, ma il rock di Cristiano Ronaldo e Xabi Alonso. In Spagna dicono “ver, tocar y mover”, ed è proprio questo che i madridisti fanno finalmente con la coordinazione giusta. Ogni giocatore occupa uno spazio solo momentaneamente per lasciarlo subito a un compagno che subentrando in corsa crea per questo molte più difficoltà di marcatura all’avversario. Se aggiungete che si gioca costantemente ad uno-due tocchi, capirete quanto sia difficile per il sistema difensivo dell’Almería stare dietro a tutto ciò e occupare il campo per tempo.
Partecipano tutti nel Real Madrid, a partire dai terzini e da Marcelo, passando per la coppia Granero-Van der Vaart che da mezzeali lasciano Xabi Alonso solo davanti alla difesa, appoggiando i portatori di palla con grande intelligenza e inserendosi poi a rimorchio degli attaccanti (l’olandese va ri-valorizzato, Granero invece fa finalmente quello che sa fare da sempre e che in questo suo ritorno alla base non aveva mostrato ancora, troppo irrigidito in una posizione di esterno destro statico). Partecipa di più persino Higuaín, che in attacco fa coppia con Cristiano Ronaldo, mina vagante fra le linee.
Un attacco succede all’altro senza respiro, difesa e centrocampo accorciano benissimo a palla persa a partire da una posizione di vantaggio (perché tutta la squadra attacca in blocco e ordinatamente nella metacampo avversaria, e quindi guadagna già le posizioni migliori per recuperare palla), e in un bombardamento continuo verso la porta del fortissimo Diego Alves, la cosa che sorprende è che il gol del vantaggio di Sergio Ramos arrivi solo al 30’. La ripresa poi è tutta un’altra storia, e ci mette il marchio pure Cristiano Ronaldo con un’espulsione stupida che lo priverà di una partita-clou come quella di Valencia.
La legge di Messi. Autorevolissimo Barça al Riazor, risultato in bilico fino all’ultimo quarto di partita, ma il pari sarebbe stato decisamente bugiardo. Il Barça è parso avere le idee più chiare già dai primi istanti del match. Non ho ben capito l’atteggiamento del Deportivo, se l’intenzione fosse quella di arroccarsi oppure di giocarsela alla pari. Ne è uscita una via di mezzo che ha spianato la strada agli ospiti.
Con le due punte del Depor Adrián e Mista molto passive in fase di non possesso (nel secondo tempo Lotina cercherà di rimediare allargando Adrián a destra e spostando Juan Rodríguez nella zona di Busquets, dal 4-4-2 al 4-2-3-1), il Barça si è trovato sempre con un uomo in più a centrocampo, e con la possibilità di far girare il pallone agevolmente. Molto decisi anche nel pressing, gli uomini di Guardiola nel primo tempo hanno trovato con molta facilità sia le giocate in profondità che la superiorità numerica sulle fasce.
Si segnala in particolare un magnifico Messi, forse galvanizzato dal Pallone d’Oro: l’argentino si inserisce tra le linee con una puntualità e un’efficacia impressionanti. A partire da qui, l’intesa con Ibrahimovic si fa sempre più solida: lo svedese non può offrire quella verticalità diretta che offriva Eto’o, ma apre altri spazi interessanti, facendo da sponda oppure creando varchi centrali con dei leggeri spostamenti laterali, nella zona fra il centrale e il terzino avversario. Sono loro due alla fine ad assicurare al Barça tre punti più sofferti del dovuto (il mezzo-gollonzo di Adrián a fine primo tempo era evitabile come quello di Toquero alla Catedral).
I quasi cinque attaccanti dell’Atlético. Come Abel poco prima dell’esonero, anche Quique nelle ultime due partite contro Espanyol e Xerez si è reso conto di un fatto: Jurado, al di là delle sue capacità assolute, è l’unica arma a disposizione del centrocampo dell’Atlético per uscire dalla trappola dell’orizzontalità. Quindi, un solo centrocampista davanti alla difesa, Assunção, e Jurado qualche metro davanti. Con Jurado ci sono anche i soliti Agüero e Forlán davanti e Simão e Reyes (che da promessa mancata cerca perlomeno di tornare alla dimensione di normale professionista) larghi rispettivamente a sinistra e a destra. Non cinque attaccanti, ma cinque sempre proiettati verso la fase offensiva sì. È attorno a questi cinque che l’Atlético deve trovare degli equilibri. Contro il povero Xerez non son costate nulla quelle fasi in cui l’Atlético si è spezzato fra questi cinque e il resto della squadra, ma sarà questo il problema che Quique dovrà risolvere per restituire davvero competitività ai colchoneros.
A mio avviso la soluzione non passa per avvicinare i cinque talenti offensivi al resto della squadra, ma viceversa. Sono difesa e centrocampo che devono accorciare in avanti: è lo stesso discorso dell’attaccare in blocco che si faceva per il Madrid del primo tempo di sabato e che si fa per ogni secondo di partita del Barça. Solo a partire da una manovra che coinvolga tutti l’Atlético potrà guadagnare posizioni nella metacampo avversario e anche difendere bene in blocco. Insomma, nessuno lo avrebbe mai detto, ma Quique insistendo su questa scelta sarà costretto da ragioni di equilibrio a giocare un calcio in tutto e per tutto offensivo. Sempre che la scelta rimanga questa, visto che il primo proposito una volta subentrato era di coprirsi con un baricentro più basso rispetto alla disastrosa difesa alta proposta da Abel.
Spazio gratuito di propaganda pro-Tenerife. Giuro che nessuno mi paga per dirlo, ma fatti una serie di calcoli (un Barça che si dosa di più rispetto alla passata stagione, i prolungati lavori in corso del Madrid, la relativa sproporzione fra i mezzi di partenza), è la squadra di Oltra quella che a mio avviso ad oggi gioca il calcio più bello di questa Liga. Tre punti fondamentali per tenersi a galla sopra la zona-retrocessione, tre punti conditi da una netta superiorità di gioco su una squadra che pure ha offerto anch’essa finora uno degli spettacoli migliori, ovvero il più che mai credibile Sporting Gijón.
In genere vedere sempre lo stesso film annoia, ma qui è l’esatto contrario: osservare la macchina macinare gioco indipendentemente dall’avversario, coi giocatori che si trovano a memoria e la palla (rigorosamente a terra) che si muove a mille all’ora per tutti i novanta minuti con un’intensità tremenda è osservare calcio allo stato puro.
Certo, è un calcio che presenta i suoi rischi (col baricentro alto se sbagli il tempo o la misura del pressing l’avversario può verticalizzare con grande facilità: è il caso del gol del vantaggio realizzato in apertura dallo Sporting, che un Diego Castro col colpo in canna ce l’ha sempre) però a lungo andare il Tenerife impone la logica del suo calcio. Anzi, c’è pure da fare i complimenti a uno Sporting che conferma l’enorme crescita difensiva rispetto alla passata stagione (la coppia di centrali Botía-Gregory è uno dei must di questa Liga): non è facile passare un’ora a rincorrere il pallone senza perdere mai l’ordine, eppure lo Sporting per lungo tempo ha concesso poche occasioni, con coperture e interventi difensivi sempre precisi.
Va aggiunto che i suoi gol il Tenerife se li deve sempre sudare sino all’ultima goccia, e questo è un handicap che ahinoi lo manterrà in zona-pericolo fino alla fine della stagione. Si conferma la carenza di talento negli ultimi metri e di giocatori che attacchino con convinzione nell’area avversaria: assoluta delusione rispetto agli standard della scorsa Segunda è stato finora l’atteso Alejandro Alfaro, innocuo tra le linee e inesistente in fase conclusiva: non a caso il Tenerife migliora e trova il gol decisivo con Nino solo quando l’ex sevillista viene spostato a destra e in attacco viene aggiunto peso affiancando a Nino un'altra punta di ruolo, il vivace Ángel. È un problema quello offensivo che andrà se non risolto attenuato (magari anche con interventi sul mercato a gennaio) per valorizzare appieno la straordinaria mole di lavoro in mediana della coppia Mikel Alonso-Ricardo, autentiche colonne portanti, e i colpi da ala vecchio stampo del divertentissimo mancino Omar.
Valencia in rampa di lancio. Al di là della prestazione, i tre punti del San Mamés offrono al Valencia l’opportunità d’oro di misurare tutta la sua credibilità di grande squadra. La prossima è in casa col Real Madrid, a soli tre punti e con la possibilità quindi di essere agguantato.
Partita strana alla Catedral, né Athletic né Valencia entrano mai appieno in gara: il Valencia ha un certo predominio territoriale e nel possesso-palla, ma scarsissima profondità; l’Athletic riesce ad andare solo a fiammate, non riesce a costruirsi i presupposti per una buona partita in contropiede (ammesso che il proposito fosse questo) e perde anche la “stampella” Llorente, sostituito in corsa da De Marcos, che per quanto interessante di ruolo è un esterno o al massimo una seconda punta.
La partita si sblocca solo nella ripresa: in una delle sue fiammate l’Athletic trova il gol (con Muniain, che oltre al gol da opportunista propone un paio di spunti favolosi: questo qui puzza di fenomeno lontano un miglio… guardate l’occasione nel finale in cui scarta Miguel: non è che lo dribbla, semplicemente lo ignora e passa oltre, che è ben diverso), ma il Valencia risponde subito con una prodezza di Villa (Pablo Hernández, che per tutta la partita si era spostato dalla sinistra verso il centro ristagnando in una posizione molto poco produttiva, fa finalmente quello che deve: tagliare senza palla per creare superiorità assieme a Joaquín, e liberarsi per il cross dal fondo). Per l’Athletic si aggiungono un secondo giallo rigoroso se non ingiusto a Koikili, e il pasticcio di Iraizoz che consegna a Mathieu la palla del gol decisivo. I baschi senza aver mai trovato davvero il filo del gioco si tengono comunque in piedi col loro enorme orgoglio, e pure in dieci si conquistano l’occasionissima per pareggiare dagli undici metri, ma la conclusione di David López (il cui impiego in assenza di Gurpegi ha ripristinato il 4-4-2 classico con due esterni di ruolo messo da parte nelle ultime giornate) si stampa sul palo.
Ma, prima che la squadra si perdesse in giocate contorte e si allungasse come da consuetudine dei secondi tempi, nei primi 45 minuti avevamo visto per la prima volta il vero modello di gioco cui aspira Pellegrini. Un Villarreal ultra-velocizzato, senza riferimenti fissi per l’avversario sulla trequarti e sulle fasce, ma nel quale il ritmo lo fanno non il valzer di Marcos Senna e Riquelme, ma il rock di Cristiano Ronaldo e Xabi Alonso. In Spagna dicono “ver, tocar y mover”, ed è proprio questo che i madridisti fanno finalmente con la coordinazione giusta. Ogni giocatore occupa uno spazio solo momentaneamente per lasciarlo subito a un compagno che subentrando in corsa crea per questo molte più difficoltà di marcatura all’avversario. Se aggiungete che si gioca costantemente ad uno-due tocchi, capirete quanto sia difficile per il sistema difensivo dell’Almería stare dietro a tutto ciò e occupare il campo per tempo.
Partecipano tutti nel Real Madrid, a partire dai terzini e da Marcelo, passando per la coppia Granero-Van der Vaart che da mezzeali lasciano Xabi Alonso solo davanti alla difesa, appoggiando i portatori di palla con grande intelligenza e inserendosi poi a rimorchio degli attaccanti (l’olandese va ri-valorizzato, Granero invece fa finalmente quello che sa fare da sempre e che in questo suo ritorno alla base non aveva mostrato ancora, troppo irrigidito in una posizione di esterno destro statico). Partecipa di più persino Higuaín, che in attacco fa coppia con Cristiano Ronaldo, mina vagante fra le linee.
Un attacco succede all’altro senza respiro, difesa e centrocampo accorciano benissimo a palla persa a partire da una posizione di vantaggio (perché tutta la squadra attacca in blocco e ordinatamente nella metacampo avversaria, e quindi guadagna già le posizioni migliori per recuperare palla), e in un bombardamento continuo verso la porta del fortissimo Diego Alves, la cosa che sorprende è che il gol del vantaggio di Sergio Ramos arrivi solo al 30’. La ripresa poi è tutta un’altra storia, e ci mette il marchio pure Cristiano Ronaldo con un’espulsione stupida che lo priverà di una partita-clou come quella di Valencia.
La legge di Messi. Autorevolissimo Barça al Riazor, risultato in bilico fino all’ultimo quarto di partita, ma il pari sarebbe stato decisamente bugiardo. Il Barça è parso avere le idee più chiare già dai primi istanti del match. Non ho ben capito l’atteggiamento del Deportivo, se l’intenzione fosse quella di arroccarsi oppure di giocarsela alla pari. Ne è uscita una via di mezzo che ha spianato la strada agli ospiti.
Con le due punte del Depor Adrián e Mista molto passive in fase di non possesso (nel secondo tempo Lotina cercherà di rimediare allargando Adrián a destra e spostando Juan Rodríguez nella zona di Busquets, dal 4-4-2 al 4-2-3-1), il Barça si è trovato sempre con un uomo in più a centrocampo, e con la possibilità di far girare il pallone agevolmente. Molto decisi anche nel pressing, gli uomini di Guardiola nel primo tempo hanno trovato con molta facilità sia le giocate in profondità che la superiorità numerica sulle fasce.
Si segnala in particolare un magnifico Messi, forse galvanizzato dal Pallone d’Oro: l’argentino si inserisce tra le linee con una puntualità e un’efficacia impressionanti. A partire da qui, l’intesa con Ibrahimovic si fa sempre più solida: lo svedese non può offrire quella verticalità diretta che offriva Eto’o, ma apre altri spazi interessanti, facendo da sponda oppure creando varchi centrali con dei leggeri spostamenti laterali, nella zona fra il centrale e il terzino avversario. Sono loro due alla fine ad assicurare al Barça tre punti più sofferti del dovuto (il mezzo-gollonzo di Adrián a fine primo tempo era evitabile come quello di Toquero alla Catedral).
I quasi cinque attaccanti dell’Atlético. Come Abel poco prima dell’esonero, anche Quique nelle ultime due partite contro Espanyol e Xerez si è reso conto di un fatto: Jurado, al di là delle sue capacità assolute, è l’unica arma a disposizione del centrocampo dell’Atlético per uscire dalla trappola dell’orizzontalità. Quindi, un solo centrocampista davanti alla difesa, Assunção, e Jurado qualche metro davanti. Con Jurado ci sono anche i soliti Agüero e Forlán davanti e Simão e Reyes (che da promessa mancata cerca perlomeno di tornare alla dimensione di normale professionista) larghi rispettivamente a sinistra e a destra. Non cinque attaccanti, ma cinque sempre proiettati verso la fase offensiva sì. È attorno a questi cinque che l’Atlético deve trovare degli equilibri. Contro il povero Xerez non son costate nulla quelle fasi in cui l’Atlético si è spezzato fra questi cinque e il resto della squadra, ma sarà questo il problema che Quique dovrà risolvere per restituire davvero competitività ai colchoneros.
A mio avviso la soluzione non passa per avvicinare i cinque talenti offensivi al resto della squadra, ma viceversa. Sono difesa e centrocampo che devono accorciare in avanti: è lo stesso discorso dell’attaccare in blocco che si faceva per il Madrid del primo tempo di sabato e che si fa per ogni secondo di partita del Barça. Solo a partire da una manovra che coinvolga tutti l’Atlético potrà guadagnare posizioni nella metacampo avversario e anche difendere bene in blocco. Insomma, nessuno lo avrebbe mai detto, ma Quique insistendo su questa scelta sarà costretto da ragioni di equilibrio a giocare un calcio in tutto e per tutto offensivo. Sempre che la scelta rimanga questa, visto che il primo proposito una volta subentrato era di coprirsi con un baricentro più basso rispetto alla disastrosa difesa alta proposta da Abel.
Spazio gratuito di propaganda pro-Tenerife. Giuro che nessuno mi paga per dirlo, ma fatti una serie di calcoli (un Barça che si dosa di più rispetto alla passata stagione, i prolungati lavori in corso del Madrid, la relativa sproporzione fra i mezzi di partenza), è la squadra di Oltra quella che a mio avviso ad oggi gioca il calcio più bello di questa Liga. Tre punti fondamentali per tenersi a galla sopra la zona-retrocessione, tre punti conditi da una netta superiorità di gioco su una squadra che pure ha offerto anch’essa finora uno degli spettacoli migliori, ovvero il più che mai credibile Sporting Gijón.
In genere vedere sempre lo stesso film annoia, ma qui è l’esatto contrario: osservare la macchina macinare gioco indipendentemente dall’avversario, coi giocatori che si trovano a memoria e la palla (rigorosamente a terra) che si muove a mille all’ora per tutti i novanta minuti con un’intensità tremenda è osservare calcio allo stato puro.
Certo, è un calcio che presenta i suoi rischi (col baricentro alto se sbagli il tempo o la misura del pressing l’avversario può verticalizzare con grande facilità: è il caso del gol del vantaggio realizzato in apertura dallo Sporting, che un Diego Castro col colpo in canna ce l’ha sempre) però a lungo andare il Tenerife impone la logica del suo calcio. Anzi, c’è pure da fare i complimenti a uno Sporting che conferma l’enorme crescita difensiva rispetto alla passata stagione (la coppia di centrali Botía-Gregory è uno dei must di questa Liga): non è facile passare un’ora a rincorrere il pallone senza perdere mai l’ordine, eppure lo Sporting per lungo tempo ha concesso poche occasioni, con coperture e interventi difensivi sempre precisi.
Va aggiunto che i suoi gol il Tenerife se li deve sempre sudare sino all’ultima goccia, e questo è un handicap che ahinoi lo manterrà in zona-pericolo fino alla fine della stagione. Si conferma la carenza di talento negli ultimi metri e di giocatori che attacchino con convinzione nell’area avversaria: assoluta delusione rispetto agli standard della scorsa Segunda è stato finora l’atteso Alejandro Alfaro, innocuo tra le linee e inesistente in fase conclusiva: non a caso il Tenerife migliora e trova il gol decisivo con Nino solo quando l’ex sevillista viene spostato a destra e in attacco viene aggiunto peso affiancando a Nino un'altra punta di ruolo, il vivace Ángel. È un problema quello offensivo che andrà se non risolto attenuato (magari anche con interventi sul mercato a gennaio) per valorizzare appieno la straordinaria mole di lavoro in mediana della coppia Mikel Alonso-Ricardo, autentiche colonne portanti, e i colpi da ala vecchio stampo del divertentissimo mancino Omar.
Valencia in rampa di lancio. Al di là della prestazione, i tre punti del San Mamés offrono al Valencia l’opportunità d’oro di misurare tutta la sua credibilità di grande squadra. La prossima è in casa col Real Madrid, a soli tre punti e con la possibilità quindi di essere agguantato.
Partita strana alla Catedral, né Athletic né Valencia entrano mai appieno in gara: il Valencia ha un certo predominio territoriale e nel possesso-palla, ma scarsissima profondità; l’Athletic riesce ad andare solo a fiammate, non riesce a costruirsi i presupposti per una buona partita in contropiede (ammesso che il proposito fosse questo) e perde anche la “stampella” Llorente, sostituito in corsa da De Marcos, che per quanto interessante di ruolo è un esterno o al massimo una seconda punta.
La partita si sblocca solo nella ripresa: in una delle sue fiammate l’Athletic trova il gol (con Muniain, che oltre al gol da opportunista propone un paio di spunti favolosi: questo qui puzza di fenomeno lontano un miglio… guardate l’occasione nel finale in cui scarta Miguel: non è che lo dribbla, semplicemente lo ignora e passa oltre, che è ben diverso), ma il Valencia risponde subito con una prodezza di Villa (Pablo Hernández, che per tutta la partita si era spostato dalla sinistra verso il centro ristagnando in una posizione molto poco produttiva, fa finalmente quello che deve: tagliare senza palla per creare superiorità assieme a Joaquín, e liberarsi per il cross dal fondo). Per l’Athletic si aggiungono un secondo giallo rigoroso se non ingiusto a Koikili, e il pasticcio di Iraizoz che consegna a Mathieu la palla del gol decisivo. I baschi senza aver mai trovato davvero il filo del gioco si tengono comunque in piedi col loro enorme orgoglio, e pure in dieci si conquistano l’occasionissima per pareggiare dagli undici metri, ma la conclusione di David López (il cui impiego in assenza di Gurpegi ha ripristinato il 4-4-2 classico con due esterni di ruolo messo da parte nelle ultime giornate) si stampa sul palo.
Etichette: Almeria, Athletic Bilbao, Barcelona, Deportivo, Liga, Real Madrid, Sporting Gijon, Tenerife, Valencia
12 Comments:
Ciao Vale, il post è ottimo ma mi sento di condividere soprattutto la parte che riguarda il Tenerife: se avessero una punta di peso, magari anche un onesto mestierante a fine carriera, potrebbero salvarsi molto tranquillamente.
In ogni caso, noto che la Liga di quest'anno è ancora peggiore, qualitativamente parlando, rispetto allo scorso campionato. Ci sono squadre impresentabili (cosa i fa lo Xerez in Primera? Mi ricorda l'Ancona o il Treviso di qualche stagione fa...), altre mediocrissime (povera Almeria, dallo champagne di Emery al Tavernello di Hugo) e altre, tra cui l'Athletic, che si trovano nella parte alta della classifica senza avere fatto granché.
Ieri baschi sfortunati, comunque: il pareggio sarebbe stato sacrosanto. Muniain è davvero eccezionale, non capisco come non sia riuscito a fare la differenza con l'under-17.
Al di là delle qualità squisitamente tecniche, la cosa che mi impressiona davvero in Munian è la solidità nel contrasto. Nonostante la bassa statura, ha un'elasticità e una resistenza al contatto con il difensore impressionante (mi rendo conto di essere blasfemo e non voglio azzardare paragoni insensati ma, per intenderci, Maradona aveva questa dote incredibile). A volte, prima di andarsene in dribbling, sembra quasi che lo cerchi, il contrasto, esibendo una sicurezza di non subirlo spaventosa in un ragazzo così giovane.
Marcello
Sono solo io a trovare Villa la punta più in forma in Europa, al momento? Peraltro sta segnando dei gol bellissimi... Mi dispiace davvero che Cristiano e Kakà non siano della partita contro il Valencia, sarebbe stata proprio una bella sfida.
Tommaso.
@ Edo
Ahahah, "dallo Champagne al Tavernello" è bella, potrebbe diventare il titolo di un prossimo articolo sull'Almeria :D
Veramente, dal pressing, dai movimenti offensivi spettacolari e dal centinaio di schemi sui calci piazzati l'Almeria è passato (pur mantenendo in gran parte gli stessi giocatori) a un calcio proprio scarno, dal sapore arcaico.
Già alla guida del Messico Hugo mi sembrava sopravvalutato: nell'ultima Copa America si trattava soltanto di coprirsi e lasciare metri in contropiede che tanto ci pensava Nery Castillo. Niente a che vedere con la nazionale di La Volpe immeritatamente eliminata dall'Argentina al mondiale tedesco.
All'Almeria stessa musica: il più delle volte difesa bassa, in mediana doble pivote ultra-rigido M'Bami-Bernardello, e la velocità di Crusat, Uche e Piatti nel gioco di rimessa come unica arma.
Alcune "invenzioni" di Hugo poi mi lasciano alquanto perplesso: da Soriano trequartista (anche se al Bernabeu ha segnato non si può vedere comunque... poi con Corona a marcire in panchina...) all'ormai celeberrimo marcatura a uomo di Chico (difensore centrale di ruolo) su Xavi al Camp Nou. Non è servito a nulla che Xavi durante la partita dicesse all'avversario: "Chico, guarda che così ci annoiamo a morte". Lui, come tutti i soldati che perpetrano certe atrocità, rispose: "Eseguo soltanto gli ordini".
Una mossa soltanto (fastidiosamente) appariscente e di nulla utilità: con tutti i giocatori capaci di impostare il gioco del Barça non serviva marcarne stretto uno, è bastato che Xavi retrocedesse per lasciare a Marquez lo spazio per salire e fare gioco al suo posto; in più quelle volte che recuperava palla, Chico si trovava completamente spesato nella metacampo avversaria, indebolendo tutto il contropiede dell'Almeria.
Il bello però è che Hugo in conferenza stampa si vantava, dicendo che forse aveva indicato la via per fermare il Barça (sbagliato, quel giorno il Barça senza faticare troppo pur giocando una partita orribile, al 30% come massimo), e che magari gli altri allenatori gli avrebbero potuto pagare il copyright per questa sua fantastica scoperta...
@ Edo2
Comunque, io per ora non sono negativo come te sulla Liga di quest'anno, non perchè sia chissà che cosa, ma per i livelli dell'anno scorso...
Una cosa positiva almeno fino a questo punto è che le partite di Barça e Real Madrid finora non son state dei semplici allenamenti, anzi in un caso, Barça-Osasuna, ne è venuta fuori una signora gara. Ma insomma, mi rendo conto che mi sto accontentando di poco... più ancora dell'Athletic mi sorprende la posizione di alta classifica di Deportivo e Mallorca, due squadre veramente normalissime (per quanto l'abilità di Manzano nel fare le nozze coi fichi secchi meriti ogni lode).
Direi che di cose buone finora si sono viste oltre al Tenerife lo Sporting e qualcosina (troppo poco, comincia a irritarmi la loro mancanza di personalità) del Getafe. C'è poi il caso del Villarreal che non ha cambiato una virgola del proprio gioco ma ha avuto un inizio sfigatissimo ed è destinato a riprendersi.
Il vero cancro di questa Liga però è che squadre come Sevilla e soprattutto Atlético producano un calcio così al di sotto delle loro possibilità. Sono queste le squadre che dovrebbero dare un valore aggiunto alla Liga, le squadre medio-piccole mi sembra facciano il loro lavoro di squadre medio-piccole più o meno come in tutti i campionati. Ora voglio attendere il Valencia, che diverte solo a tratti ma che comunque vedo in crescita, perchè sembra aver trovato più equilibrio.
Per due squadre mi dispiace abbastanza, perchè credo avessero del potenziale ma ora vanno malissimo: il Zaragoza (Marcelino è a rischio esonero, ma secondo me è anche molto penalizzato dagli infortuni) e l'Espanyol, che in estate e nei primi impegni stagionali faceva intravvedere un gioco davvero interessante ma che si sta arenando in malo modo. Spero che Pochettino possa salvare la pellaccia anche dopo il derby, superare questo momentaccio e ricomporre le cose, perchè di idee ne ha.
Sicuro, l'Athletic meritava il pareggio.
Il mondiale Under 17 tra l'altro ha fatto saltare il pezzo che avevo in mente tutto su Muniain...
@ Marcello
Vero. Magari se gli va addosso uno di due metri lo può battere per una semplice questione di stazza, però Muniain resiste alle cariche perchè ha una stabilità notevole, resta sempre coi piedi attaccati al terreno anche in equilibrio precario, poi il baricentro basso gli permette movimenti sul breve che non tutti si possono permettere.
In più ha esplosività muscolare per cambiare ritmo e andare via.
@ Tommaso
Il problema di Villa è che è così in forma da quattro anni :-)
Credo sia normale in un un momento come questo avere un Madrid due facce: negli ultimi anni nessun allenatore (a parte Capello in qualche gara ma non sempre) era riuscito a dare un proprio stile di gioco al Madrid, lasciando le cose al caso e alle individualità dei giocatori. Pellegrini al di là delle critiche dei giornalai (la tifoseria mi sembra ancora abbastanza tranquilla) sta cercando invece di impostare il Madrid secondo il suo credo e quindi è fisiologico che la squadra non riesca ancora a seguirlo fino in fondo per 90'. Ad ogni modo se dopo 4 mesi di lavoro, è già riuscito a far giocare il Madrid come si deve senza creare solo 2 tronconi è già un buon risultato che mi lascia speranzoso per il futuro. Anche in Champions (non ho visto la partita) dai commenti che ho sentito in giro si direbbe che il Madrid ha fatto una buona gara tenendo il pallino del gioco, anche se deve ringraziare la traversa di Lucho poi il rientro di CR9 in formato monster potrà fare la differenza. Da sottolineare come la pubalgia di Kakà possa aiutare la ripresa del più grande oggetto misterioso tra gli uomini di Pellegrini: van der Vaart. Messo finalmente nel ruolo che gli compete e senza temere ormai la concorrenza di Guti, a Marsiglia il giocatore ha fatto vedere buone cose indice che anche in futuro un uomo così potrebbe essere molto utile. Purtroppo a Valencia mancherà CR9 e attualmente il suo sostituto più probabile (Benzema) non offre affatto le stesse garanzie... Da sottolineare un articolo che ho letto oggi con alcune dichiarazioni del Capitan che si dimostra ancora una volta grande uomo prima che grande giocatore, visto che ha sottolineato come non ci siano problemi tra lui e Pellegrini, che si sta divertendo a Madrid pur non essendo titolare e come abbia voglia di continuare a darsi da fare in allenamento per mettere in crisi le scelte del tecnico. Gente come Guti e -in misura minore- Kakà e Benzema forse dovrebbero imparare da lui invece di mugugnare con i giornalisti.
Beh, la professionalità e lo stile di Raul sono fuori dalla portata della maggior parte dei giocatori attuali (l'unica cosa che non mi son mai spiegato è quella porcheria di gol di mano che fece anni fa al Leeds, inspiegabile perchè non trova altri riscontri nella carriera di un giocatore che tra le altre cose ha quasi sempre rifiutato la simulazione, caso raro nel calcio latino in generale).
No, dai l'ultimo Real Madrid di Capello (sempre che ti riferisca a quello, nel '96-'97 seguivo ancora pochissimo la Liga, ricordo solo l'esplosione di Ronaldo all'epoca) aveva di tutto, ma un proprio stile di gioco no. è una delle squadre vincenti più improbabili che mi sia mai capitato di vedere.
Quello di Schuster è stato un po'meglio, anche se non ha mai risolto del tutto certi problemi di equilibrio.
Son d'accordo comunque: se il Real Madrid è ancora irregolare ma comunque dimostra di poter giocare alla grande come nel primo tempo con l'Almeria (qui contava relativamente l'avversario, era proprio il Madrid che giocava bene), l'ottimismo deve prevalere.
Neanche io ho visto la partita di Marsiglia (ho visto Juve-Bayern), quindi non posso aggiungere nulla.
@Valentino: come ho sottolineato nel mio precedente post solo in qualche gara l'ultimo Madrid di Capello giocava in maniera discreta (vedi lo mi pare di ricordare 2-0 interno contro il Barca) per il resto solo assalti disperati e gol all'ultimo minuto. Quello del '97 lo ricordo bene: era il primo campionato di Liga che seguivo come si deve grazie anche alla fu TMC2 che dava gli anticipi in chiaro. Fino a dicembre era una squadra tipo quello attuale, un cantiere in corso poi da dicembre ingranò sia come gioco che come risultati e voolò fino alla fine (credo perse solo 4 partite o qualcosa di simile). Anche perchè a gennaio ebbe un innesto non male come Panucci (che tolse il posto a Secretario), comunque era una bella squadra che contava su un doble pivote in cui alla regia di Redondo si univa il vigore fisico di Seedorf e con due esterni come Victor (scoperto proprio da Capello) e Raul che partiva da esterno sinistro per poi tagliare al centro. Davanti poi Mijatovic e Suker pur non eseendo due caratteri facili garantirono un ottimo bottino di gol. Bella difesa con Hierro e Alkorta in mezzo supportati da Panucci e Roberto Carlos, peccato che la panca fosse in parte ignobile (gente come Milla, Amavisca, Lasa, Alvaro e Fernando Sanz...). Ricordo vagamente l'episodio di cui parli su Raul, unica macchia ma credo non la ricordi nessuno di una carriera impeccabile.
Sì, il 2-0 casalingo al Barça fu effettivamente un ottima partita (credo sia stata anche l'unica buona partita di Emerson con la maglia del Real Madrid, quindi fu davvero qualcosa di epocale...).
Riguardo all'episodio di Raul col Leeds, la cosa che mi diede più fastidio non fu il gol di mano in sè, ma che subito dopo si mettesse a ridacchiare con Figo come a dire "gliel' abbiamo fatta a questi babbei". Non da Raul, decisamente.
Squadrone il Madrid '96-'97! La formazione la ricordo bene, anche se delle partite ho un ricordo vaghissimo (mi sa che vidi i due Clasicos, e finita lì... comunque in rete si può sempre recuperare qualcosa, e non è da escludere che prima o poi possa scrivere qualcosa su quella come su altre squadre spagnole del passato...). Alcune immagini però ce le ho impresse, tipo il golazo di Raul nel derby con l'Atlético al Vicente Calderon, con serie di dribbling stretti in area di rigore e conclusione a rete praticamente dalla linea di fondo.
Certo, ti dà l'idea della bontà del lavoro di Capello quell'anno il fatto che fossero riusciti ad arrivare davanti a un Barça che aveva Ronaldo, Figo, Luis Enrique, Stoichkov, Guardiola etc. e che riuscì a segnare più di 100 gol solo in campionato.
L'1-4 (il gol di cui parli tu fu quello del vantaggio che portò il Madrid sul 1-2) al Calderon è una delle più belle partite che abbia mai visto del Madrid soprattutto perchè ad inizio ripresa sull'1-1 perse Mijatovic per espulsione ma riuscì comunque a sbancare il campo con un finale da applausi in cui il gol di Raul fu la ciliegina (ma pure quello di Victor per l'1-4 merita). Il problema di quella squadra era la panca (non a caso i cambi di Capello si concentravano negli ultimi minuti, e di solito toglieva Suker, perchè non si fidava dei panchinari) e che aveva tutti giocatori piccoli (tolto Hierro). Ma nonostante questi aspetti fece una signora Liga contro un Barca superiore nella qualità globale (ottima difesa con Sergi, Ferrer e Nadal, Guardiola in mezzo con anche Pizzi oltre a quelli che citi tu come punte). Il gesto di Raul sono quei raptus che possono capitare, ricordo anche Roberto Carlos (altro giocatore sempre correttissimo) quando irrise (giustamente visto il personaggio dal mio punto di vista) Kahn per un gol da lontanissimo subito in Champions facendo il verso della papera (credo venne anche squalificato per quello).
Ah, ma Roberto Carlos quella volta fece benissimo! Se c'era uno che se lo meritava era proprio Kahn... grande portiere a suo tempo (fino al mondiale 2002) ma arrogante e presuntuoso come pochi, uno scimmione.
Sulla Liga '96-'97 ho trovato su Internet l'almanacco di Don Balon in pdf... mamma mia che giocatori c'erano!
La cosa curiosa poi è che in Segunda quell'anno era pieno di squadre filiali... c'erano Real Madrid B, Barça B, Atlético Madrid B e Athletic Bilbao B. Fu l'ultima stagione di una Primera ipertrofica, a 22 squadre.
Concordo, Kahn è stato uno dei calciatori più odiosi della storia moderna, infatti quella sera aumentò la mia stima già enorme per il brasiliano.
La Liga del '97 era fantastica se non sbaglio c'erano pure Romario al Valencia, e il Depor alla brasiliana con Djalminha e Mauro Silva (forse Rivaldo arrivò l'anno dopo). Senza contare le due squadre principali.
Come giustamente disse Castagnere (che era il commentatore tecnico di TMC2) era un campionato che non finiva mai con 42 giornate... Se mi potessi mandare il pdf sarebbe un bel tuffo nel passato (mandalo a rondoltieri@yahoo.it) oppure mandami il link, gracias!
Posta un commento
<< Home