lunedì, novembre 23, 2009

Lotta a tre?

Importanti responsi dalla giornata di sabato. Il Barça fermato alla Catedral sul pareggio cede la leadership al Real Madrid, che così potrà giocare su due risultati favorevoli il Clásico della prossima giornata al Camp Nou. Nel mentre a Tenerife nel pomeriggio il Sevilla ottiene il massimo risultato: i tre punti di distacco dal Real Madrid obbligano a tenere in considerazione anche gli andalusi (il Valencia a –4 richiede invece un esame ulteriore).


Dio benedica il risultato. Mai come in questa occasione il Real Madrid può nascondersi dietro il responso del tabellone. La prestazione, assai deludente, passa in secondo piano stavolta, perché momentaneamente la pressione si sposta dalle spalle di Pellegrini al Barça, e perché anche una vittoria striminzita e grigia come quella di ieri può fungere da trampolino data la prossimità del match del Camp Nou. Passare di colpo da una situazione di totale indefinitezza, di mormorii e di ansia attorno al nuovo progetto a un possibile vantaggio addirittura di quattro punti sul Barça potrebbe comportare una svolta radicale nella stagione madridista. Potrebbe subentrare l’ottimismo, e il dato psicologico retroagirebbe anche su quello tecnico, favorendo il consolidamento di un progetto, sinora rimasto solo sulla carta, che fra l’altro proprio a partire dal Clásico tornerà a contare su Cristiano Ronaldo.

A fronte dei discorsi sul valore potenzialmente molto elevato di questo risultato rimane però l’immagine di squadra davvero inconsistente che offre questo Real Madrid incapace di condurre il gioco con continuità per 90 minuti. Ancora una volta si vede qualcosa di buono soltanto nel primo quarto d’ora/mezzora del match: ci mette del suo anche il Racing appena affidato a Portugal dopo l’esonero di Mandiá.
Timidissimo nel suo 4-2-3-1, sprofonda ai limiti della propria area senza pressare l’inizio dell’azione madridista: strana passività per una squadra che della disciplina e dell’intensità in fase di non possesso aveva fatto il suo cavallo di battaglia negli ultimi anni. Senza doversi preoccupare alle sue spalle davanti a un Racing con troppa poca qualità per ripartire in spazi così estesi, il Real Madrid può far circolare palla con buona continuità (Pellegrini propone una nuova combinazione a centrocampo nel suo consueto 4-4-2 ibrido: Xabi Alonso vertice basso, Granero che un po’lo accompagna al centro e un po’ tende alla fascia destra coordinando i suoi movimenti con quelli di Kaká), con la possibilità sempre presente di inquietare coi suoi tiratori dal limite dell’area (palo di Xabi Alonso). Albiol acciaccato e Sergio Ramos squalificato portano Garay accanto a Pepe (dominante contro gli attaccanti del Racing) e Arbeloa a destra, con Marcelo di nuovo terzino a comporre una catena di sinistra con Drenthe che lavora discretamente nel primo tempo.
Come al solito però il gol di vantaggio (Higuaín d’opportunismo) intorpidisce gli uomini di Pellegrini. Il film di sempre: giocatori che cominciano a portare palla disordinatamente, squadra che non attacca più in blocco, si allunga e comincia a perdere palla in zone del campo sempre meno avanzate e a faticare nel recuperarla. Così succede che nella ripresa anche il Racing come il Tenerife, il Xerez e il Valladolid guadagna metri e possesso-palla.

Contro una squadra normale il Madrid avrebbe sicuramente pagato, ma la sua fortuna è di trovare sulla sua strada una delle più ferme candidate alla retrocessione. Indebolito rispetto all’anno scorso, il Racing continua a patire la scarsissima creatività del doble pivote Colsa-Lacen e in più perde chiaramente colpi in attacco. Le cessioni di Pereira e soprattutto di Zigic non sono state riassorbite: Tchité rapido e generoso nel cercare la profondità, ma con troppe carenze qualitative nel finalizzare l’azione; Geijo, che gli subentra, ha doti potenzialmente superiori come riferimento offensivo, ma è una pura incognita a livello realizzativo (l’ex Depor Xisco, la terza scelta, è invece elemento abbastanza modesto).
Così in una fase pure favorevole, il Racing non fa nemmeno sporcare i guanti a Casillas. Qualcosa di più sensato e ambizioso si intravvede soltanto con l’entrata del canterano Canales, unico vero rifinitore della rosa (non lo sono né il Munitis che parte da destra e che non ha più l’elettricità degli anni migliori, né quel Luis García davvero malinconico rispetto alle buone stagioni con Barça e Liverpool). Con lo spostamento di Luis García a sinistra Canales assume il comando tra le linee e lega di più centrocampo e attacco, propiziando combinazioni un minimo elaborate e segnando anche un gol ingiustamente annullato dall’arbitro. Nulla di sensazionale, ma in una squadra in cui i centrocampisti non vedono al di là del proprio naso e due attaccanti non fanno mezzo gol, il fatto di saper giocare a calcio dovrebbe porre in secondo piano le considerazioni anagrafiche che ne hanno finora ritardato il lancio in prima squadra (18 anni, campione d’Europa con l’Under 17 nel 2008, integrato nell’Under 19 già nell’ultimo Europeo).


¿Qué pasa, Pep? È un momento chiaramente delicato per il Barça, non tanto perché questa flessione sia irreversibile, ma perché il brevissimo termine presenta ostacoli forse non del tutto alla portata delle possibilità attuali del Barça. Giocarsi tutto con l’Inter non solo senza gli influenzati Abidal, Touré e Márquez, ma anche senza Messi e forse senza Ibrahimovic non rappresenta un handicap da poco, tanto più in un momento in cui il gioco e la condizione psicofisica sono ben lontani dai migliori standard. Quello che si nota è una certa carenza di cattiveria e intensità rispetto alla passata stagione: non è quel Barça che in tutte le partite e in ognuno dei 90 minuti impone il suo ritmo.

Caparrós infoltisce il centrocampo con tre centrali (Javi Martínez, Gurpegi, Orbaiz), in un 4-5-1 che vede Susaeta e Yeste larghi a supporto di Llorente. Il pregio dei padroni di casa in quest’occasione risiede nell’utilizzare più il cervello che quella foga un po’demagogica che alla lunga ne compromette le chances in numerose partite: Javi Martínez non si avventura nelle sue missioni impossibili ma tiene la posizione corretta vicino alla difesa, e così i suoi compari. Raggiunta la parità numerica con Xavi, Busquets e Keita, il peso della manovra blaugrana ricade nelle prime fasi del match sui difensori, in una misura anche eccessiva (ottimo comunque Chigrinskiy, alla sua miglior prestazione finora). Passati i minuti iniziali il Barça si riequilibra e coinvolge più giocatori, e in maniera più continua, nella manovra, garantendosi il dominio territoriale (e alcune buone occasioni), a partire soprattutto dalla posizione di Messi, in assenza di Ibra falso centravanti come in alcune delle migliori partite della passata stagione.
La fase migliore degli uomini di Guardiola si estende fino all’inizio della ripresa, quando Alves pescato magistralmente da Xavi si inserisce per lo 0-1. Ma è proprio dal vantaggio in poi che si apprezza tutta la differenza fra questo Barça e quello della scorsa stagione: i blaugrana non congelano né ammazzano la partita, improvvisamente cominciano a farsi trascinare dall’Athletic su un piano a loro completamente sgradito, e cioè quello dei ritmi spezzettati, delle palle contese, dei capovolgimenti da un fronte all’altro… Buonissima in ogni caso la reazione d’orgoglio dei baschi, che trovano il pareggio con il neo-entrato “Diego Armando” Toquero, che approfitta di una dormita fra Piqué ed Alves sugli sviluppi di un’azione tipicamente “made in Athletic”: rinvio del portiere, spizzata di Llorente e inserimento vincente della seconda punta.
Costretto a fare a meno di Messi, Guardiola si gioca il finale con l’onesto Henry e con Bojan, la cui panchina iniziale, pure in assenza di Ibra, fa davvero riflettere sulla scarsa considerazione in generale riservatagli da Pep. È un finale comunque giocato male, più sui nervi e le azioni individuali, con molte imprecisioni e scarsa continuità.


Il terzo incomodo. Intanto il Sevilla mette altro fieno in cascina, non importa se poco meritato. Il Tenerife infatti gioca una signora partita, confermandosi una delle squadre più interessanti di Primera in rapporto ai mezzi di partenza. Gli uomini di Oltra giocano un calcio veramente contagioso per lo spirito offensivo, l’intensità e il buon gusto estetico che lo caratterizzano. Non importa l’avversario, loro vogliono sempre fare la partita: pazzi scatenati che vanno a fare 56% di possesso-palla al Bernabeu (beccandosi uno 0-3 bugiardissimo), anche contro il Sevilla controllano il gioco per lunghi tratti, raccogliendo troppo poco. Schierati con un 4-2-3-1 nell’occasione (il 4-4-2 non si può fare perché la seconda punta titolare, Alfaro, è inutilizzabile perché prestato proprio dal Sevilla), pressano alto e fanno circolare il pallone con grande facilità da un lato all’altro. Mikel Alonso (gran pressing) e Ricardo (il regista) riciclano palloni su palloni, e l’organizzazione tattica offre sempre soluzioni facili al portatore di palla, che gioca a memoria. Sempre almeno due-tre opzioni di passaggio, con l’esterno vicino al portatore che stringe, il terzino che si sovrappone, l’attaccante o il trequartista che vengono incontro per fare da sponda, mentre l’esterno della fascia opposta si allarga prontamente per garantire il cambio di gioco.
Dopo una fase iniziale di predominio sevillista, il Tenerife si scioglie e attacca con continuità e a un ritmo alto (all’ala sinistra ancora una volta in evidenza la sfrontatezza del canterano Omar). Il problema però è che manca la capacità di fare la differenza negli ultimi metri: Nino, che nella scorsa Segunda ne ha fatti 29, fatica al di là dei buoni movimenti (anche se nel secondo tempo segnerà un gran gol), mentre mancano l’ultimo passaggio e l’imprevedibilità sulla trequarti, dato che Román Martínez è un semplice incursore adattato alle spalle dell’unica punta. Se la preparazione dell’azione è eccellente, la conclusione è deficitaria, con tiri dalla distanza spesso precipitosi e pochi giocatori a finalizzare in area.

E così se non mordi contro una squadra come il Sevilla, finisce che paghi. Al Sevilla al contrario basta un nulla per accendersi: una brutta palla persa da Bellvís, spazio in contropiede per Navas, e gol di Perotti. L’efficacia offensiva e le prestazioni affidabili sono in generale i grandi punti di forza del team di Jiménez. Ritmo, buona organizzazione difensiva (il reparto arretrato non risente delle assenze di Dragutinovic ed Escudé, buono l’apporto di Marc Valiente all’esordio assoluto in Primera), una fisicità alla portata di pochi nella Liga (impressionante Zokora), due frecce come Perotti e Navas a ribaltare il gioco e trovare il fondo, Kanouté, Luis Fabiano e ora anche Negredo capaci non solo di finalizzare come pochi ma anche di crearsi le occasioni da soli in area di rigore. Una volta che passa in vantaggio questo Sevilla è difficilissimo da riagguantare: si chiude e, per le necessità dell’avversario, vengono da sé quegli spazi in cui fa tanto male.
Una rosa logicamente molto inferiore per qualità assoluta a quelle di Barça e Real Madrid, ma una rosa completa. Il grande dubbio rimane il gioco, tendenzialmente più di quantità che di qualità. Alla grande capacità di gestire e concretizzare non si accompagna una pari capacità nel sapersi creare le situazioni favorevoli. La fisicità superiore frutta una grande pressione sul centrocampo avversario, molti palloni macinati, spesso anche dominio territoriale, ma questo dominio non si traduce facilmente in situazioni di superiorità numerica. È un Sevilla meno legato, con più movimento fra i reparti rispetto a quello inguardabile dell’anno scorso che come alternativa fondamentale aveva quella fra il possesso-palla orizzontale e il lancio a casaccio, però è un Sevilla che accusa sempre una certa prevedibilità. Navas e Perotti rappresentano l’unica via per la superiorità numerica, e uno schieramento con baricentro basso e raddoppi puntuali sulle fasce può irretire oltre misura il Sevilla, basti pensare allo 0-0 casalingo contro un Espanyol ridotto in dieci.
Mancano alternative perché a centrocampo prevalgono gli uomini che corrono col pallone rispetto a quelli che fanno correre il pallone (con Romaric inesploso e Maresca ceduto, Renato è sempre più indispensabile anche perché può creare più linee di passaggio coi suoi movimenti senza palla rispetto a centrocampisti bloccati come Zokora, Duscher e Lolo), e perché manca anche imprevedibilità sulla trequarti. Tutto ciò può costare qualche pareggio di troppo a fronte di avversarie come Barça e Madrid la cui tendenza prevalente è quella di andare di tre punti in tre punti.

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16 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Non so te Valentino, ma io sto trovando questo Valencia molto interessante. Se il progetto sarà solido (ovvero se Villa rimarrà alla base anche dopo gennaio, e io me lo auguro) questo potrà essere un anno di soddisfazioni dopo le altalene della scorsa annata...
Tommaso

2:01 PM  
Blogger Unknown said...

C'è chi ci mette 5 anni a vincere quello che il Barça ha vinto in un anno e mezzo..non dico che un ciclo sia finito, assolutamente, ma di sicuro una flessione ci può stare dopo l'"anno perfetto".

Guardiola troverà varianti di gioco e soluzioni diverse al classico spartito, credo che ancora loro saranno campioni di Spagna.

4:58 PM  
Anonymous Hincha Madridista said...

Sono riuscito a vedere solo il secondo (sonnolente) tempo della gara del Madrid, mi è sembrato in crescita Kakà che finalmente poteva accentrasi con più regolarità con un Drenthe abbastanza frizzante (insisto nel dire che il quel ruolo con magari CR9 sulla sx e Kakà al centro pur non essendo un fenomeno puà fare delle buone cose) mentre Higuain continua ad essere avulso (ma maledettamente implacabile in zona gol). Interessante l'idea del double Granero-Xabi magari utile per le squadre pericolanti ma di difficile attuazione nei big match. Bisogna dare atto a Pellegrini di avere comunque polso visto che ha rischiato quello che manco Capello aveva osato fare, relegare al ruolo a cui li condanna l'età due senatori come Guti e Raul. Mi sembra che nella tua analisi ti siano scappate il gol (ingiustamente) annullato a Benzema e la paratona di Toño su Higuain servito da Drenthe. Nel Racing si rivede Portugal, i più attenti lo ricorderanno qualche anno fa dirigente del Madrid che rischiò di allenare l'anno passato al posto di Juande.

5:17 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ciao Valentino, anche io, come Tommaso trovo interessante il cammino del Valencia (sempre se non verrà smantellata la squadra a gennaio), pensando anche ai 4 punti che la squadra ha letteralmente buttato praticamente allo scadere nel doppio 2-2 interno con Sporting e Atletico.
Soprattutto nelle ultime partite mi è sembrato più "quadrato" e meno soggetto alle amnesie difensive che lo avevano caratterizzato nelle ultime stagioni (a tal proposito pare che l'inserimento dei nuovi Bruno, Mathieu più Dealbert e la conferma di Cesar in porta abbia portato i frutti sperati).
Inoltre, la sensazione è che la presenza delle due "portaerei" madridista e azulgrana, destinate a vincere tutto e tutti, abbia permesso a squadre sulla carta inferiori, di affrontare il campionato a mente più serena, senza "obblighi di vittoria".
Proprio la serenità mi sembra caratterizzare le prestazioni dell'ultimo Valencia, che riesce a trovare la porta molto facilmente e gioca di fioretto con Mata, Silva, Villa e un P. Hernandez sorprendente. Un'ultima osservazione: con Banega ormai punto fermo del centrocampo, sono curioso di vedere il rientrante Fernandes. I due hanno piedi buoni e (soprattutto se stimolati adeguatamente da Emery), spero, spirito di sacrificio...
Roberto

5:59 PM  
Anonymous Anonimo said...

Ciao, innanzitutto scusate se cambio discorso. A Gennaio ho intenzione di andare al Camp Nou a vedere il Barcellona. A questo proposito, prima di comprare i biglietti vorrei ottenere, se possibile e se mi potete aiutare, alcuni chiarimenti.
E' pericoloso andare in curva (Gol Norte o Gol Sur)? Per guardare la partita senza problemi mi consigliate una delle due curve o è indifferente andare nella Norte o nella Sur?
E i posti numerati si rispettano o quando uno è nel suo settore poi si mette dove capita? Perchè dal sito mi pare molto difficile trovare due posti vicino.
Ultima cosa: in curva si sta in piedi o seduti

Grazie, scusate per le tante domande!

Mattia

6:44 PM  
Anonymous Hincha Madridista said...

@Antonio: spero che Pep trovi le varianti di cui parli giusto dopo il classico :)
@ Tommaso e Roberto: concordo per il gran campionato del Valencia, nonostante tutto Emery sta dimostrando di che stoffa è fatto e se non perderà pezzi a gennaio potrà lottare per un posto in Champions i cui denari sarebbero benedetti per le casse vuote del Mestalla. Non credevo che il vecchio Cesar se non sbaglio 38enne potesse ancora essere ad alti livelli, contento di essermi sbgliato. Spero che il Valencia faccia un buon campionato, una Liga di qualità e più viva è ovviamente la benvenuta anche per chi tifa per una portaerei...

11:45 PM  
Blogger valentino tola said...

@ Tommaso e Roberto
Non so, è indubbio che le potenzialità, anche di crescita, ci siano, ma a me ancora non convince appieno il Valencia, come gioco e come struttura. I buoni risultati però possono consolidare il progetto e permettere un ulteriore passo avanti che credo possa essere alla portata di tecnico e giocatori.

Comunque hai ragione Roberto nel segnalare un Valencia più solido: l'anno scorso le distanze fra i reparti erano sempre eccessive, è stato un grande handicap, quest'anno invece la musica sembra cambiata. E la difesa sta rendendo anche come individualità: la sorpresa maggiore a questo proposito è stato il declassamento di Alexis (il centrale sulla carta più dotato ma assolutamente fuori fase a inizio campionato) a favore della coppia David Navarro-Dealbert. Coppia umilissima, composta da un prodotto di casa più che altro riserva o sballottato in prestito gli anni passati, e da Dealbert che proviene dal Castellon di Segunda.
I due funzionano, son concentrati e badano al sodo, in particolare sta impressionando favorevolmente la maturità e la continuità di David Navarro (intendiamoci, non avrà mai un livello per giocare in nazionale, però diamo a Cesare quel che è di Cesare). Mathieu non è un giocatore malvagio, anche se a me qualche dubbio personalmente lo lascia sempre (per la fase difensiva e per una certa carenza di visione di gioco in quella offensiva). Affidabile anche Bruno come concorrente di Miguel o come terzino sinistro d'emergenza (per quanto si trovi scomodo, non commette sbavature). Un disastro invece Moyà, uno degli investimenti estivi, richiesto fortemente da Emery già la scorsa stagione, che ha già perso il posto fra i pali a favore per l'appunto di César.

Se il Valencia ha trovato distanze più corrette in fase di non possesso, ha ancora molto da migliorare la manovra.
Anche se la connessione Banega-Silva permette di elaborare molte più combinazioni, il Valencia fatica un po' a organizzare il gioco dalle retrovie (stanno provando a implementare un sistema come quello del Barça, coi difensori centrali molto larghi e un centrocampista che di tanto in tanto retrocede, ma funziona poco per la scarsa qualità tecnica dei difensori e anche perchè questa mossa ha ancora un carattere estemporanea, non essendo inserita in un impianto di gioco consolidato come può essere quello del Barça) e ad avere un controllo costante nelle partite contro squadre molto chiuse; dipende ancora troppo dai contropiedi dei 4 fenomeni offensivi.

Banega non è ancora così inamovibile: ieri, forse per aiutare di più la difesa nel contrastare il gioco diretto verso le punte dell'Osasuna, ha giocato un doble pivote Albelda-Marchena, e ne son successe di tutti i colori: un assist in pallonetto di Marchena per il gol di Villa (!), poi un gol sempre in pallonetto di Albelda (!!), e infine un altro golazo da fuori area di Marchena (!!!). Non era il primo di Aprile, giuro...

Per Fernandes la vedo dura: il miglior Banega serve sicuramente di più a questo Valencia, mentre Albelda è in un ottimo momento di forma. Lui e Marchena in partenza paiono a Emery delle soluzioni più affidabili a breve termine. è un giocatore ancora troppo irrisolto il portoghese.

12:13 AM  
Blogger valentino tola said...

@ Antonio
Ci sta la flessione, hai ragione, il problema è che capita nel momento peggiore, quando ti giochi già mezza stagione.

In realtà le varianti al modello Guardiola le ha già trovate. La flessione non è figlia di una crisi dello spartito classico, ma del fatto che in questo momento lo spartito non viene applicato al meglio. Succede, ma succede anche che all'Inter gliene freghi pochino di tutto ciò...

@ Hincha
Pellegrini è un tecnico di personalità, da sempre. Però nessun tecnico di personalità può vincere senza un sostegno convinto della società e dell'ambiente. Il problema, Barça a parte, credo stia tutto lì, siamo d'accordo su questo.

Il gol (di tacco... golazo!) di Benzema io l'ho visto in fuorigioco, di poco, non facilissimo da cogliere ma in fuorigioco, e così sostenevano anche i telecronisti spagnoli.

Riguardo all'occasione di Higuain, chiarisco che lo schema che seguo è più quello di un'analisi generale della partita che di una cronaca, quindi capita che volutamente tralasci alcune occasioni (del resto gli highlights e le cronache delle partite le trovi appena finiscono, quindi devo proporre qualcosa di diverso se voglio mantenere la pretesa di poter scrivere con più di un giorno di ritardo).

12:13 AM  
Blogger valentino tola said...

@ Mattia
Ciao, figurati, cambia pure discorso.

In curva al Camp Nou è pericolosissimo... specie se ci vai vestito di bianco e cominci a gridare "Hala Madrid!" :D

Scherzi a parte, purtroppo il Camp Nou l'ho visto solo da turista, l'unica partita cui ho assistito dal vivo a Barcellona era a Montjuic (era un derby comunque), quindi non ti posso aiutare purtroppo. Spero che qualche frequentatore del Camp Nou possa farsi vivo e darti una mano.

Per quanto riguarda i posti numerati, io ho assistito in tribuna al Vicente Calderon oltre che a Montjuic, e lì li rispettavano.
In curva magari vanno allo stato brado... non so, io sono andato in curva qui a Cagliari qualche volta, e non c'erano storie per i posti numerati... inoltre si sta in piedi, non so poi al Camp Nou.

12:22 AM  
Anonymous Manuel said...

Davvero un ottimo inizio per il valencia,ma come valentino lo vedo un attimo sotto alle due big e al sevilla,se non altro per la continuità e le aspettative diverse.
Comunque c'è da dire che villa-silva-mata è un potenziale offensivo che vale tranquillamente quello delle due big.
Il problema è il resto della rosa,e soprattutto i famosi equilibri (movimenti,distanze tra i reparti,fase di possesso-circolazione della palla...).
A questa squadra manca a mio avviso uno "xavi",un giocatore capace di dettare i tempi e di far girare il pallone.
Marchena-Albelda,in mezzo,sono davvero brutti da vedere.

Sul barcellona...c'è da dire che una squadra così non può che fare la corsa su se stessa e il paragone con l'anno scorso,comunque vada,è inevitabile...certo,se rivincessero tutto ancora una volta...
Un momento di appannamento è anche comprensibile,bisognerebbe magari cercarne i motivi,magari nella preparazione atletica,in alcune battute a vuoto,soprattutto in europa,che possono essere state più dolorose del previsto...

Su pellegrini ho ancora qualche dubbio,non tanto per lui,ma per l'ormai famoso ambiente madridista...ma probabilmente se salverà le piume al camp nou e il primato solitario partirà il processo di santificazione. :D

Ciao


Manuel.

2:11 PM  
Blogger Vojvoda said...

Il Barca ha un calo fisiologico, non andrei a cercare troppe spiegazioni se non negli infortuni e nell'inserimento di Ibrahimovic.
Il girone di Champions era ed è complesso ma la gara di San Siro aveva già spazzato tutti i dubbi su chi fosse la candidata alla successione sul trono d'Europa (Chelsea permettendo...).
I due inciampi col Rubin hanno fortificato ancor più le impressioni sul gruppo F.
Sarei molto sorpreso se questo (e ribadisco questo) Real se la giocasse sino in fondo per la Liga, anche se è vero che Cr.Ronaldo può fare i miracoli da solo...
Piuttosto sembra che in Europa la stiano facendo da padrone gli acciacchi e gli infortuni: Ribery, Robben, Petric, Guerrero, Torres, Gerrard, C.R., Bosingwa ed in ultimo Van Persie, Bendtner, Lampard, Messi, Ibrahimovic, Gourcuff, Chamakh stanno condizionando l'autunno di molte delle compagini più forti del vecchio Continente.
Il Valencia può essere la terza forza del torneo, forse anche più del Siviglia e colpisce la difficoltà "Che" nel trovare un portiere affidabile.
In ordine cronologico inverso sono arrivati Moyà, Renan, Hildebrand, Butelle, Palop (poi consacratosi a Siviglia come uno dei migliori nel ruolo) e tutti hanno reso sotto le attese e si rimpiange sempre il buon Canizares. Quest'aspetto l'accomuna al Milan che da anni transita per i campi d'Europa e d'Italia senza la certezza di un numero 1 adeguato.

4:38 PM  
Anonymous Anonimo said...

Grazie lo stesso Valentino. Io sono stato in curva in Italia e in Francia e si sta in piedi senza rispettare i posti. Magari sarà così anche in Spagna...

Mattia

5:49 PM  
Blogger Vojvoda said...

E' stata una mattanza al Camp Nou, e meno male che mancavano Yaya Tourè, Ibrahimovic e un signorino che dicono si chiami Messi...!
E' comunque PIQUE' è gigantesco...davvero incredibile sto ragazzo, i passi in avanti che ha fatto: la maestria tecnica, il lancio lungo, il gioco nel breve, la sapienza tattica, la naturale predisposizione a capire le cose in anticipo, la fisicità, il carattere, il saper sempre cosa fare e che posizione tenere.
Se ricordi, già ad inizio dell'anno scorso ti dissi che a me questo faceva davvero paura per le qualità che possedeva.
CLASSE 1987!!!

11:17 PM  
Anonymous Anonimo said...

Non ho visto il match, ma se si tratta di parlar bene di Pique, mi accodo volentieri! Centrale strepitoso, giovanissimo e dotatissimo. Ha un solo neo, la scarsa velocità sul breve (sia nei movimenti laterali che in quelli verticali), peraltro più che parzialmente compensata da un senso del piazzamento davvero importante in un '87. Quello che sorprende, piuttosto, è che Ferguson abbia avallato la sua cessione. Evans, sul quale sir Alex ha preferito puntare, è un buon giocatore, ma non ha certo le doti dello spagnolo. Anche considerando l'età e i costanti acciacchi di Ferdinand, al Man Utd uno come Piquè avrebbe fatto terribilmente comodo. Misteri del calcio...
Marcello.

1:20 AM  
Blogger valentino tola said...

@ Manuel
Ciao,
in realtà il Valencia ce l'ha un Xavi, e cioè Banega, giocatore che per caratteristiche gli somiglia, forse con un tocco più di fantasia ma meno continuità e affidabilità. è un giocatore che deve ancora farsi ma è potenzialmente un grandissimo giocatore, come ha fatto già vedere soprattutto nelle prime giornate.

@ Vojvoda e Marcello
Parlando di Piqué con me non sfondate una porta aperta, di più!
Miglior difensore centrale della Liga di gran lunga, l'ho detto e lo ripeto più che volentieri. Io ho sempre creduto nelle sue qualità (lo vedevo come partner di Puyol nella nazionale maggiore già dall'Europeo Under 19 del 2006 se non ricordo... così come ora vedo già Muniesa suo partner fra qualche anno), però è risultata sbalorditiva anche per me la maturazione avvenuta nel corso della passata stagione. I primi mesi furono veramente titubanti, poi però è avvenuta a una crescita esponenziale che l'ha portato a diventare un giocatore decisivo, penso anche alla prestaizone nella finale con lo United.

Ora come ora, sfido chiunque a trovare in Europa un difensore centrale che incide nella sua stessa misura in entrambe le transizioni.
In transizione difensiva per i motivi che espone Vojvoda. Saper leggere le azioni in anticipo, guidare il reparto... è diventato indipendente da Marquez. Questo è il vero, purissimo talento difensivo, qualcosa che va oltre le semplici qualità tecniche o atletiche (come dici tu Marcello, a questo punto diventa quasi irrilevante la lentezza o la macchinosità nei movimenti, che pure sono evidentissime. Il Barça gioca con la difesa altissima a metacampo ma Piqué non soffre quasi mai).
In transizione offensiva invece Piqué incide per i motivi che spero di aver sottolineato in maniera efficace in quel mattone di post che vi ho propinato qualche settimana fa :D

2:16 PM  
Blogger valentino tola said...

Riguardo alla sua esperienza con il Manchester United, cerco di comprenderne un po' i motivi. Il contesto era innanzitutto diverso, meno familiare per Piqué e più difficile. Per crescere aveva bisogno di giocare e nessuno glielo poteva garantire, perchè allora era ancora un giocatore inferiore e molto meno affidabile rispetto a Ferdinand e Vidic. La dimensione di Evans è diversa, è quella di un buon complemento per i centrali titolari più che quella di un progetto di grandissimo centrale. Inoltre èun giocatore del vivaio, più facile per lui adattarsi.

2:20 PM  

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