martedì, gennaio 31, 2012

GUERIN SPORTIVO: Adrián López, l'apriscatole.

Il mio nuovo pezzo per il sito del Guerin Sportivo.

http://blog.guerinsportivo.it/ilmondosiamonoi/2012/01/31/adrian-lopez-
l%E2%80%99apriscatole/

Qui invece il link al "38Ecos" sull'ultima giornata di Liga, al quale ho partecipato.
http://www.ecosdelbalon.com/2012/01/30/38-ecos-jornada-21/

lunedì, gennaio 16, 2012

Loro soffrono, lo spettatore gode.

La Liga scozzese ma livellata verso l’alto offre un nuovo capitolo. Madrid e Barça vincono, non sia mai, ma vedono i sorci verdi contro Mallorca e Betis che ribadiscono come, dopo il derby di Barcellona della scorsa settimana, il dominio delle prime due non sia certo demerito delle altre diciotto.

Stranissima partita quella del Barcelona, che non dava la sensazione di controllo totale nemmeno sul 2-0 dopo dieci minuti. Strana come strano era il centrocampo di Guardiola. Con la difesa a tre è FONDAMENTALE che il centrocampista del lato opposto a quello dove si trova il pallone si allarghi per ricevere il cambio di gioco. Poi può pure accentrarsi, ma deve sempre offrire questo riferimento iniziale. Solo così il Barça può concretizzare il vantaggio della difesa a tre e creare superiorità, perché se l’avversario difende con un 4-4-2/4-2-3-1 può coprire sulle fasce solo con due giocatori (perché il doble pivote è già impegnato da Messi e Fàbregas), il terzino e l’esterno, mentre il Barça ne aggiunge un terzo.
Quindi, se sul lato destro porta palla Puyol, Iniesta si allarga sul lato opposto, quasi un terzo esterno fra Abidal e Alexis. Se l’avversario si sposta verso Puyol, scopre Iniesta, se non si sposta verso nessun lato ha troppo campo da difendere in ampiezza e magari lascia più spazio centralmente per Messi e Fàbregas. È questa la “superiorità di posizione” che cerca sempre il Barça, e che il modulo con la difesa a 3 dovrebbe esaltare. L’ha esaltata in altre partite, ma non in quella di ieri.
Iniesta è forse il più bravo di tutti nell’interpretare questo movimento, allontanarsi un po’ da chi porta palla per smarcarsi negli spazi intermedi, “zone di nessuno”. Per questo ha sorpreso la sua posizione ieri, molto accentrata, troppo accentrata, non si sa se per preciso volere di Guardiola o per ispirazione sua (e bisogna dire che se tatticamente ha lasciato questi dubbi, col pallone fra i piedi è stato ispiratissimo, anche se una sua palla persa ha avviato il 2-2 del Betis); a un certo punto del primo tempo si è pure scambiato con Xavi, che è passato a sinistra e per sue caratteristiche ha accentrato ancora di più la manovra.
Troppo schiacciato il rombo (o pentagono) blaugrana centrale, e se a questo aggiungiamo che Alexis tagliava troppo presto, si capisce come il Barça non riuscisse a distendersi col massimo ordine. Cesc Fàbregas è il “meno peggio” in questo contesto tattico: più di una volta è lui a compensare questi squilibri allargandosi negli spazi che dovrebbero essere di Iniesta, Xavi e soprattutto Messi (male, nonostante i tre gol).
Nonostante questo, il Barça riesce a passare in vantaggio e creare occasioni ugualmente, perché pur restringendoseli da solo, in quegli spazi risibili è capace di cose che voi umani non potete immaginare, e perché qualche pecca nella sua fase difensiva il Betis come sempre la mostra (Salva Sevilla ripiega poco e sceglie male quando temporeggiare e quando accorciare su chi porta palla; la difesa gioca alta e si fa sorprendere alle sue spalle, sulle verticalizzazioni).
Il Barça non si distende bene e quando perde palla non è ben piazzato per la transizione difensiva. Il Betis, dopo la crisi di fede e le tentazioni difensiviste di Mel, è tornato al modulo e allo stile di gioco tipico della promozione e della striscia positiva di inizio campionato. Due punte (Rubén Castro e Jorge Molina) bloccano i tre difensori blaugrana, e con Jefferson Montero largo a destra creano spazio al falso esterno Salva Sevilla, che in più di un’occasione può ricevere palla fra le linee e rifinire. Valdés impegnato più del solito (basta dire che prima di ieri il Barça in casa aveva subito zero gol).
Guardiola ha raddrizzato la rotta nella ripresa, passando alla difesa a 4 dopo il pareggio del Betis. Questa non è la parola ultima definitiva inappellabile sulla questione “difesa a 3 o difesa 4?”, vuol dire soltanto che ieri ha funzionato meglio la difesa a 4. Con Alves e Messi (solo in partenza) sulla destra e Iniesta (lui più largo di Messi) e Abidal sulla sinistra, i blaugrana hanno avuto più riferimenti per allargare il gioco e quindi anche le maglie del Betis, creando perciò più spazio pure al centro, questo anche prima dell’espulsione di Mario.
Da centravanti, Alexis ha tolto le castagne dal fuoco con uno dei suoi generosi e incisivi movimenti ad allungare la difesa avversaria. Il problema del cileno è l'eccessiva precipitazione nelle scelte effettuate con e senza palla.

Se guardiamo al numero di occasioni non è così, ma nel rapporto fra mezzi e gioco prodotto si può dire che il Mallorca di sabato meritava di vincere. Caparrós si conferma un animale da bassifondi: limitato quando ha giocatori di talento che richiedono qualcosa di più elaborato, bravo come pochi a fare le nozze coi fichi secchi. Nel caso del Mallorca sono secchissimi, quindi scommetto che si salverà. Giocando un calcio così, tanto pragmatico, intenso e determinato, l’esito è per forza quello.
Il problema iniziale contro il Real Madrid è come affrontare la sua prima linea di tre, con Xabi Alonso che si abbassa ad aiutare Pepe e Ramos in fase di possesso per poi aggiungersi al centrocampo. Pressarla è difficile perché apre il campo e da qualche parte filtra, allora l’idea di Caparrós è stata semplicemente di ignorare questa prima linea, non studiare nessuna marcatura specifica su Xabi Alonso (in un periodo evidente di calo, a dir la verità) e concentrarsi semmai sulle linee di passaggio che il Real Madrid poteva creare più avanti, sulla trequarti. Quindi i due attaccanti Víctor e Hemed ripiegano nella loro metacampo, mentre i centrocampisti centrali Tissone (gran prestazione) e Joao Victor si abbassavano vicino ai difensori centrali (bassissimi per non lasciare a Ronaldo & C. l’opportunità di scattare alle proprie spalle), “intrappolando” Özil, Cristiano Ronaldo e Benzema, senza spazi per ricevere tra le linee. Michael Pereira, esterno destro, seguiva Marcelo, mentre l’esterno sinistro Castro tendeva più a stringere vicino a Tissone e Joao Victor che a coprire la fascia.
In tal modo il Mallorca inaridiva le fonti di gioco principali del Real Madrid e lasciava relativamente scoperta la fascia destra, dove però i merengue possono produrre ben poco. Arbeloa può sorprendere solo una volta che gli viene liberato lo spazio per sovrapporsi, non certo portando palla, mentre Callejón non è un riferimento sul quale allargare il gioco per cercare poi il fondo, come invece avverrebbe con l’assente Di María. L’ex Espanyol è un esterno portato a tagliare centralmente, ma non per fare il rifinitore, al massimo per cercare l’inserimento in area. Non può creare gioco.
Il Mallorca così controlla e riparte alla perfezione, appoggiandosi sul gran lavoro in appoggio di Víctor (non vedrebbe la porta nemmeno se la allargassero fino alle bandierine, però ha un certo senso del gioco) che libera le ripartenze di Castro e Pereira, i quali hanno una certa facilità di corsa in campo aperto. Tutto molto da Caparrós.
Mourinho reagisce alla sua maniera, aggiungendo giocatori offensivi fino a restare con soli tre dietro, uno dei quali è Coentrão (sostituito Marcelo, anche lui in calo come Xabi). Più che Kaká è una buona mossa l’arretramento di Özil al posto di Lassana Diarra: il tedesco se non altro riceve più libero dalle marcature che lo soffocavano dalla trequarti e imposta qualche passaggio un po’ più verticale e incisivo di Lass. Gioca con un 3-3-4 il Madrid, non molto ordinato, si sbilancia e rischia anche un gol in contropiede (Víctor scatta dietro la linea di metacampo, lì il fuorigioco non vale ancora: erroraccio) ma alla fine più con la caparbietà (si scrive caparbietà si legge Higuaín) che con il gioco ottiene tre punti potenzialmente molto pesanti.

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