lunedì, dicembre 31, 2007

Guida al mercato invernale.

In attesa che le trattative entrino nel vivo, valutiamo quali possono essere le necessità e le esigenze delle 20 squadre della Liga, in alcuni casi anche con un’ occhiata alle prospettive per la prossima estate.


Almeria
Se Negredo si fa male, sono guai: non esiste nella rosa un centravanti di riserva. Vidangossy e Dos Santos non rientrano nei piani di Emery, dovrebbero partire.

Athletic Bilbao
Ion Vélez si è dimostrato inadeguato al calcio di Primera, e va all’ Hercules: serve un altro attaccante di riserva, ma trovarne uno valido e al tempo stesso accessibile sul mercato basco è un’ impresa.

Atlético Madrid
Maniche è stato messo sul mercato, pare in rotta con Aguirre che non lo ha nemmeno convocato nelle ultime partite: in caso di cessione, tre centrali di centrocampo (uno dei quali, Motta, a perenne rischio infortunio) per due competizioni sarebbero forse un po’ pochi.

Barcelona
Servirebbe urgentemente un terzino destro di grande propensione offensiva, visto il rendimento ogni giorno più deludente di Zambrotta (che comunque sarebbe una follia cedere a Gennaio) e la presenza di due alternative non di ruolo come Puyol e Oleguer. Difficile immaginare interventi sensibili sul mercato adesso, ma la prossima estate, con le probabili partenze di Ronaldinho e Rijkaard, bisognerà ripensare il modello: serviranno un attaccante esterno (a destra o a sinistra, ma meglio a sinistra perché a destra domina Messi) in grado di attaccare lo spazio senza palla, e giocatori più in generale in grado di modificare il disegno del 4-3-3 che gli avversari conoscono fino alla noia e sul quale Rijkaard accusa tutta la propria mancanza di reattività.

Betis
Anche qui, vale il discorso dell’ Almeria: Pavone unico centravanti senza sostituti veri (lo abbiamo visto ampiamente quando Cuper si era ridotto a schierare coppie d’ attacco tipo Sobis-Fernando…)

Deportivo
Ci sono grosse lacune qualitative in tutta la rosa, individuiamo solo i punti più scoperti: a centrocampo, accanto a De Guzman serve un organizzatore di gioco di qualità, perché Sergio non ha mai avuto quelle caratteristiche ma soprattutto è un giocatore ampiamente finito, uno dei punti deboli principali nell’ undici titolare di Lotina.
In attacco poi, fra Xisco (che pure ha mostrato qualche segnale interessante), Bodipo, Taborda e Riki (non si capisce bene invece che fine avesse fatto Adrian, rispuntato solo per uno spezzone nell’ ultima partita) è già un miracolo se riescono a ricavare più di 10 gol: serve un predatore consumato.
La fascia destra del centrocampo è un’ altra zona sensibile di aggiustamenti: né Cristian, né Lafita né tantomeno il mediano Juan Rodriguez si son dimostrati all’ altezza (tanto che in alcune occasioni Lotina ha spostato su questa fascia mancini puri come Guardado o Riki).

Espanyol
Manca solo il bomber di scorta, quel ruolo che l’ anno scorso interpretava alla perfezione Pandiani e che quest’ anno meno si attaglia a Jonathan Soriano. Per il resto, un blocco collaudatissimo e che gira a memoria. In caso di storica qualificazione alla Champions, l’ estate prossima bisognerà contemperare le esigue risorse della società con le esigenze della competizione, che richiedrebbe almeno un rinforzo di alta qualità per ogni reparto. Intanto, peccato per Jonatas, tornato (in prestito) al Flamengo: giocatore stimato dalla critica e simpatico ai tifosi, ma mai entrato seriamente nei piani di Valverde.

Getafe
La rosa è sistemata con Gavilan, l’ esterno che mancava a sinistra (stanti lo scarso interesse di Laudrup per Nacho e l’ immaturità dle canterano Juanfran), talentuoso e in cerca di rilancio dopo il troppo tempo perso a Valencia.

Levante
Avrebbe bisogno di qualche santo in paradiso. De Biasi da poco ha detto in conferenza stampa che con questa rosa né Mourinho né Benitez potrebbero alcunchè: non gli si può dar torto nella sostanza, anche se l’ allenatore dovrebbe essere l’ ultimo a dire queste cose pubblicamente (oltrettutto verrebbe da chiedersi perché De Biasi abbia accettato l’ incarico se le sue idee sono queste). Se aggiungiamo poi che la società è sprofondata in una gravissima crisi economica, e che fatica a pagare gli stipendi, capiamo bene che gli unici rinforzi possibili possono essere quei giocatori poco o nulla impiegati fino a questo momento, come Arveladze, ancora in attesa dell’ esordio dopo un grave infortunio, o come quell’ Emilio Viqueira riapparso in un buon spezzone nell’ ultima contro il Depor dopo essere stato messo da parte con l’ arrivo di De Biasi.

Mallorca
La rosa in linea di massima è a posto, però il grave infortunio che terrà fuori Webó fino ad Aprile accresce la dipendenza da Guiza in attacco.

Murcia
Per un undici che predilige il gioco di rimessa, gli attaccanti (Baiano, Goitom, Inigo) son fin troppo lenti e pesanti, per cui una seconda punta rapida e abile nell’ uno contro uno amplierebbe le soluzioni di una squadra che fatica parecchio ad andare in gol e creare occasioni, perché l’ attacco tende a rimanere isolato dal resto della squadra, anche se a partire dall’ 1-1 col Real i ritocchi di Alcaraz hanno un po’ migliorato le cose da questo punto di vista.
Mancava un po’ un centrocampista di qualità da affiancare a Pablo Garcia e Movilla, dal Corinthians è arrivato Rosinei. Su ottimi livelli un paio di anni fa, caduto in disgrazia con la drammatica retrocessione del Timao: qualità, dinamismo e duttilità sulla carta ci sono tutte, potrà essere utilizzato come centrale nel 4-4-2 o, secondo me in maniera più appropriata, da mezzala nel centrocampo a rombo spesso proposto da Alcaraz nelle ultime uscite. Tutto da valutare però l’ impatto che potrà avere sulla realtà spagnola.

Osasuna
Organico completo e ben assortito, nessun bisogno di ulteriori investimenti.

Racing
Marcelino non ha mai avuto grosse pretese, chiedeva giusto un esterno destro per assicurarsi un minimo di ricambio: accontentato con Pablo Alvarez, snobbato da Lotina al Depor ma già allenato dal tecnico racinguista nella sua esperienza allo Sporting Gijon. A mio avviso poi farebbe comodo un centrocampista centrale con doti di regia in alternativa ora a Colsa ora a Duscher (Jordi Lopez mi convince poco): l’ ho buttata lì con Marc Crosas, non sarebbe male lavorare su questo interessante talento che nelle movenze e nello stile di gioco ricorda un grande come Pep Guardiola.

Real Madrid
Diarra partirà per la Coppa d’ Africa, e Gago rimarrà l’ unico centrocampista arretrato della rosa, peraltro con caratteristiche ben diverse rispetto al maliano. Anche se Sergio Ramos copre da solo tutta la fascia, potrebbe sempre servire un esterno destro di ruolo, fiugura assente nell’ attuale organico.
C’è poi il caso Soldado: nonostante Schuster non lo calcoli nemmeno, il giocatore spinge logicamente per la cessione: c’è Camacho che batte i pugni per averlo al Benfica, e ci sono nella Liga squadre come Betis, Deportivo e Recreativo che avrebbero estremo bisogno di un giocatore con le sue caratteristiche. Rimane comunque l’ esigenza in casa merengue di un rimpiazzo valido nella catastrofica eventualità di un’ assenza di Van Nistelrooy, sul cui successore si comincia già a lavorare per la prossima estate. Il fenomenale Benzema è la miglior pista possibile, ma bisognerà affrontare i soliti club inglesi, senza escludere nemmeno un possibile inserimento del Barça.

Recreativo
L’ attacco rimane un problema spinosissimo (13 gol, solo due in più del Levante delle vergogne, e a dispetto di un gioco tutto sommato discreto), potenziale causa di retrocessione. Gli acquisti d’ emergenza già effettuati dopo la chiusura del mercato estivo restano quello che sono, cioè acquisti d’ emergenza: Congo è un tappabuchi di discutibile valore, il gigante turco Ersen Martin rimane un oggetto misterioso anche a causa di un infortunio che continua a tenerlo appiedato. Serve, con la massima urgenza, una prima punta esperta capace di buttarla dentro.

Sevilla
Il vero problema son stati gli infortuni, che hanno costretto a continui e controproducenti rimaneggiamenti soprattutto nel reparto arretrato (dove sta pesando in particolare l’ assenza di Javi Navarro, prezioso leader difensivo). In una rosa costruita in maniera molto razionale, e che anzi della quasi perfetta intercambiabilità dei suoi elementi ha fatto una celebre prerogativa, l’ unica figura che manca è forse il rifinitore capace di fare la differenza tra le linee quando l’ avversario intasa la propria metacampo e rallenta scientificamente i ritmi.
Le ultime notizie danno Hinkel in partenza verso il Celtic.

Valencia
Se l’ idea di Koeman è quella di impostare un 4-3-3, occorre allora una mezzala capace di creare gioco e legare i reparti. Non c'è che dire, Banega, preso con un blitz dal Boca per 18 milioni, è un colpo di quelli veri, si tratta di un elemento dalla classe purissima e dalle prospettive enormi (nei prossimi giorni pubblicherò qualche riga a parte dedicata a questo grande talento), anche se va detto che non ha ancora completato la sua maturazione, avvertenza più che valida per un club che si è già permesso il lusso di bruciare Manuel Fernandes (acquistato per 18 milioni quest’ estate e già accantonato, perché a Koeman non va a genio: non commento, perché sennò mi dovrei autocensurare…).
Il Valencia è in piena rivoluzione, quindi per forza di cose sarà la squadra che cercherà di operare con maggior decisione ed incisività sul mercato: in difesa, in attesa del rientro di Albiol, occorre evitare il più possibile il rischio che rappresentano Marchena ed Helguera, quindi serve un centrale di spessore, mentre a sinistra Moretti non ha un sostituto di ruolo.

Valladolid
Due giocatori per ruolo, a parte il bomber Llorente che non ha un vero sostituto (Ogbeche è un attaccante di movimento e discreta confusione; il canterano, dicono molto promettente, Kike chiede invece un prestito per farsi le ossa).

Villarreal
Per centrare l’ obiettivo-Champions questa rosa va più che bene, poi l’ estate prossima ci si potrà dedicare a ritocchi di qualità, tipo un centravanti (anche se Pellegrini non ama gli attaccanti statici), un’ ala o comunque un terzino di grande propensione offensiva che, a destra o a sinistra, dia maggior profondità, e un difensore centrale rapido (ma qui è già pronto il rientro dal prestito al Recre di Martin Caceres, in prospettiva il meglio del meglio).

Zaragoza
Ha bisogno di stabilità più che di giocatori nuovi, comunque un paio di lacune ci sono: a centrocampo manca un esterno di ruolo, in difesa farebbe comodo un centrale rapido e aggressivo, perché Ayala e Sergio non sono proprio dei fulmini e tendono più a rinculare che a tenere alta la linea difensiva, cosa che in una squadra dalla forte propensione offensiva può causare pesanti squilibri (e di fatto li causa).
In dissidio con Victor Fernandez, D’ Alessandro ha chiesto la cessione in prestito al River Plate, ma la società si è opposta: non va a genio il caratteraccio del Cabezon, ma il suo talento, seppure espresso in maniera assai incostante, fa ancora comodo.



Ricordiamo infine un importante aspetto regolamentare: in Spagna possono essere trasferiti durante la stagione fra squadre di Primera soltanto i giocatori che hanno totalizzato meno di 5 presenze. Le possibilità più ampie le offrono quindi il mercato estero e quello delle serie inferiori, perché per i giocatori di Segunda ad esempio non esiste alcun limite di questo tipo.
In questa lista, tratta da marca.com, figurano (col numero di presenze totalizzate finora) tutti i giocatori trasferibili fra squadre della Liga: alcuni vi sono presenti solo perché infortuni o contrattempi di altro tipo gli hanno impedito di raggiungere le 5 fatidiche presenze, ma in realtà non sono sul mercato (vedi ad esempio Thiago Motta); in altri casi però ci sono delle occasioni piuttosto interessanti (ecco i nomi più appetibili a mio avviso: Dos Santos, Vidangossy, Mista, Ezquerro, lo sprecatissimo Ustari, Balboa, ovviamente Soldado).

Almería: D. Alves (4), Cabrera y Cisma (3), Dos Santos y Vidangossy (0).
Atlético: Motta, Valera y Mista (3), Falcón (1) y De las Cuevas (0).
Athletic: Cuéllar (4), Expósito (3), Prieto, Zubiaurre y Tiko (2), Garmendia (1) y Gurpegi (0).
Barcelona: Jorquera, Crosas y Ezquerro (1) y Edmílson (0).
Betis: Casto, Nano (3) y Doblas (0).
Deportivo: Munúa, Lopo (4), Aythami y Tomás (2), P. Álvarez (1), Valerón y Pablo Amo (0).
Espanyol: David García (2), Rufete y Lafuente (1).
Getafe: Ustari, Cotelo (4), Contra (3), Signorino y Tena (2).
Levante: Gaspar (3), Kujovic (1), Robusté y Arveladze (0).
Mallorca: Castro (4), Molinero, Ramis y Trejo (3) y Dorado (1).
Murcia: Curro Torres, Bruno (2), Carini, Cuadrado y Marañón (1).
Osasuna: Hugo Viana (4), Javier Flaño, Elía (3), Garde (0).
Real Madrid: Salgado y Balboa (3), Soldado (2), Dudek (1) y Codina (0).
Racing: Coltorti (2), César Navas, Szetela (1), Calatayud, Brian y Jonathan Valle (0).
Recreativo: Zahínos, Rosu (4), Barbosa (1), Luque y Ersen Martin (0).
Sevilla: De Sanctis (4), De Mul, Hinkel (3), Javi Navarro (0).
Valencia: Edu (3) y Mora (2).
Valladolid: Asenjo (4), Camacho (3), Iñaki Bea y Álvaro Antón (1).
Villarreal: Mavuba (4), Diego López (3), Josemi (1) y Gonzalo (0).
Zaragoza: Matuzalem, Pavón (4), Generelo (3), López Vallejo, Cuartero (2) y Miguel (0).

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martedì, dicembre 25, 2007

DICIASSETTESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Almeria-Getafe 0-2 (giocata sabato): Licht 37'; De la Red 85'.
Atlético Madrid-Espanyol 1-2: Simao 37' (A); Tamudo 52' (E); Luis García 85' (E).
Villarreal-Recreativo 1-1: Camuñas 37' (R); Nihat 38' (V).
Levante-Deportivo 0-1: Sergio, rig. 85'.
Osasuna-Mallorca 3-1: Héctor Font 8' (O); Plasil 46' (O); Güiza 48' (M); Hugo Viana 93' (O).
Valladolid-Betis 0-0

Pesantissima vittoria dell’ Espanyol al Calderon e sorpasso non solo ai danni dell’ Atlético ma anche del Villarreal fermato in casa dal Recreativo (tre pali e una grande prova di Sorrentino, uno dei migliori portieri della Liga l’ italiano): il terzo posto varrebbe la Champions, e il Barça ora è distante solo un punto!
Anche se la sfida con l’ Atlético è stata inevitabilmente segnata dalle due espulsioni ad Aguero (reazione sciocca e rosso diretto) e Pernia (seconda ammonizione inesistente, un disastro Fernandez Borbalan che non ha visto nemmeno un rigore macroscopico per l’ Espanyol nel primo tempo, quando Raul Garcia ha fatto il pallavolista in mezzo alla sua area), globalmente l’ Espanyol merita questo sorpasso sui colchoneros perché superiore per affiatamento e minuziosa organizzazione di gioco rispetto a un Atlético troppo lunatico e legato agli estri dei singoli.
Con l’ Espanyol sotto di un gol ma sopra di due uomini, tutto riverso nella metacampo altrui, è questione soltanto di aspettare che si apra il varco giusto nella retroguardia dell' Atlético: in tale contesto, è decisivo l’ ingresso di quel genio di De La Peña, con la sua inimitabile capacità di inventare il passaggio smarcante, creando spazi che per altri ingegni nemmeno esistono. “Lo Pelat” è il mandante, Luis Garcia il sicario.
Se si eccettua il derelitto Levante, che riesce a perdere anche quando l’ avversario è modesto e gioca male, si sta creando una situazione intricatissima in zona-salvezza: la quota si è fatta piuttosto alta, e dal Zaragoza in poi son tutte coinvolte: il Mallorca che sembrava tranquillissimo, il Getafe che gioca bene e vince d’ autorità sul campo di un Almeria nell’ occasione pessimo (ancora in evidenza però Negredo, che sfiora un gol da antologia in mezza rovesciata), l’ Athletic e anche Betis e Valladolid, protagoniste di uno scialbo 0-0.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 41
2 Barcelona 34
3 Espanyol 33
4 Villarreal 32
5 Atlético 31
6 Racing 26
7 Valencia 26
8 Sevilla 23
9 Zaragoza 21
10 Mallorca 21
11 Getafe 21
12 Osasuna 20
13 Recreativo 20
14 Athletic 19
15 Almería 19
16 Murcia 19
17 Valladolid 18
18 Betis 18
19 Deportivo 17
20 Levante 7

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano 10 (1 rig.)
Diego Milito 9 (4 rig.)
Raúl 8 (1 rig.)
Tamudo 8 (2 rig.)
Kanouté 8

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lunedì, dicembre 24, 2007

DICIASSETTESIMA GIORNATA: Barcelona-Real Madrid 0-1: Julio Baptista 35'.

Il responso è perentorio: ad oggi, solo una squadra è degna di aggiudicarsi questa Liga: veste di bianco e si chiama Real Madrid. Per il Barça invece la bocciatura è secca e inappellabile: tremendamente deludente la proposta dei blaugrana, timidi e mai capaci di imporsi o di sorprendere l’ avversario. E’ la sconfitta soprattutto di Rijkaard, pessimo, incapace di incidere sul copione del match soprattutto nel secondo tempo, quando i suoi cambi non hanno smosso di una virgola la situazione e anzi forse l’ hanno pure incancrenita. Ancora una volta l’ olandese dimostra tutti i suoi limiti quando la partita gli richiede decise variazioni strategiche in corsa: ha cambiato (male) gli uomini, ma non ha mai mutato la sostanza del suo 4-3-3 trito e ritrito, ha mantenuto immutati tutti quei punti di riferimento sui quali il Real Madrid si è concentrato nella preparazione della partita e sui quali i giocatori merengues hanno fatto affidamento per controllare tatticamente la gara dall’ inizio alla fine.
Per Schuster e i suoi è una consacrazione: se eccettuiamo qualche mancanza di cattiveria nel secondo tempo, quando gli spazi per chiudere la partita aumentavano, il Real Madrid ha svolto perfettamente tutto quello che era in suo dovere: non essendo consigliabile cercare di giocarsela sul piano del palleggio col Barça, la missione prevedeva una fase difensiva il più possibile diligente abbinata a contrattacchi rapidi che in pochi tocchi portassero dalle parti di Valdés, cercando di capitalizzare al massimo gli episodi favorevoli grazie alla potenza di fuoco dell’ attacco. Perfetto, non c’è che dire: abbiamo visto un undici con la concentrazione, la serenità e la maturità del leader, abile nel gestire i vari momenti della partita, mai realmente in sofferenza di fronte a tanto (sulla carta) avversario.
Merito dell’ applicazione collettiva e di una linea difensiva il cui affiatamento cresce ogni giorno di più, specie da quando il rientro di Pepe ha permesso ai merengues di trovare una coppia di centrali finalmente degna del proprio blasone in quella composta dal brasiliano e da Cannavaro. Una certezza questo muro difensivo, ora bisognerà soltanto verificare se questa grande prova di diligenza tattica in fase di non possesso resterà un’ eccezione determinata dal prestigio dell’ occasione o se realmente possa essere la premessa di un Real finalmente quadrato, coeso ed equilibrato. In tal caso, anche gli avversari fuori dalla Spagna dovrebbero cominciare a tremare.

Rijkaard scioglie tutti i dubbi della settimana: dentro sia Deco che Ronaldinho, quest’ ultimo alla grande occasione di riscatto, Iniesta un po’ a malincuore è costretto ad emigrare a destra; nessun cambio per Schuster, fedele al suo ibrido fra 4-3-3 e 4-4-2, oggi più tendente al secondo polo per una questione di prudenza.
La prima mezzora del match è nervosa, dominata dall’ agonismo e da una preoccupazione per la posta in palio che annebbia un po’ le idee e l’ ispirazione dei grandi talenti presenti in campo. Il Barça parte con l’ intenzione di aggredire, intenzione che prestissimo rimane solo sulla carta dei giornali stampati in settimana: il Real Madrid, a differenza di altre occasioni, è in partita sin dal primo minuto e, fatto anche questo insolito e sorprendente, è corto e messo bene in campo. Robinho ripiega con più frequenza del solito e Sneijder fa molta attenzione a non perdere la posizione, Pepe guida con grande autorevolezza la linea difensiva, spingendola ad accorciare e a ritardare o chiudere del tutto le linee di passaggio del centrocampo blaugrana, situazione che non agevola Eto’o, che viene anticipato e isolato dai rifinitori e, le poche volte che riesce a filtrare in profondità, costretto a cadere nel fuorigioco.
C’è grande rispetto e timore, e di conseguenza poco futbol (solo un colpo di testa centrale di Pepe nei primi 30 minuti): le due squadre si preoccupano principalmente di evitare di trovarsi in inferiorità numerica quando l’ avversario recupera palla, per cui le posizioni in campo rimangono estremamente rigide in fase di possesso. Discorso che riguarda soprattutto il 4-3-3 del Barça (che ha l’ onere di fare la partita), rendendone l’ azione offensiva facilmente leggibile da parte di un Madrid ben organizzato.
Ai padroni di casa servirebbe una variazione all’ interno del copione, qualcosa che smuova le maglie degli ospiti costringendoli a ripensare e riorganizzare i loro piani. Non è proprio il pezzo forte di Rijkaard, ma il discorso in qualche modo passa, se è vero che dalla mezzora Iniesta, fin lì sacrificato largo a destra, passa a svariare in zona più centrale, mossa utile a creare un “sovraccarico” nella zona di Diarra e ad aumentare le possibilità di combinare sulla trequarti e collegare il centrocampo con l’ attacco. Variazione che mostra di dare i suoi frutti, se è vero che proprio in questa fase il Barça opera i più decisi avvicinamenti alla porta di Casillas: prima proprio Iniesta sguscia sul centro-sinistra, serve in profondità Eto’o frenato da Casillas in uscita, Iniesta torna sul pallone, tenta la furbata per ottenere il rigore ma l’ arbitro non ci casca; poi l’ occasione più ghiotta di tutta la partita del Barça, ancora Iniesta, stavolta però sulla destra, scappa in accelerazione a Cannavaro, mette il pase de la muerte a centro area per l’ accorrente Ronaldinho ma la conclusione del brasiliano è ottimamente sventata da San Iker.
Ma proprio nel momento migliore del Barça, anzi l’ unico buono dell’ intera partita blaugrana, il Madrid passa ad incassare, gelando il sangue nelle vene a tutto il Camp Nou: la triangolazione fra Julio Baptista e Van Nistelrooy è magistrale, una combinazione ad alta velocità e precisione che riesce a prendere in contropiede la difesa alta blaugrana. Il passaggio di ritorno di Van Nistelrooy è perfetto, proprio sulla corsa di Baptista, ed anche la conclusione del brasiliano è tutto fuorchè banale, un collo-esterno destro che con un angolo non molto ampio a disposizione si insacca quasi all’ incrocio.
Il finale di primo tempo è caratterizzato dallo sconforto dei padroni di casa, che faticano a ricomporsi e lasciano anche spazio a una percussione di Robinho, conclusa però con un destro da fuori abbastanza insignificante.

In avvio di ripresa il Barça improvvisa un fugacissimo tentativo di reazione, con Iniesta che cerca ancora di inserirsi sulla trequarti per creare scompiglio (partorendo, dopo uno scambio con Eto’o, un sinistro dal limite troppo debole per impensierire Iker), ma è sin troppo evidente la prevedibilità e la staticità che il Barça accusa in attacco. Servirebbe una decisa modifica del disegno tattico, magari levando lo sgasato Ronaldinho per affiancare a Eto’o una punta più pura (Bojan o Henry): due punte che giocando più ravvicinate potrebbero offrire più appoggi per le triangolazioni in zona centrale e impegnare maggiormente Pepe e Cannavaro, inducendoli magari a uscire dalle loro zone e aprendo così gli spazi per gli inserimenti dagli altri reparti.
Invece il cambio di Rijkaard non cambia nulla: è vero che l’ ingresso di Giovani per Deco permette di portare Iniesta stabilmente in zona centrale, ma non altera minimamente la sostanza di un 4-3-3 rigido come gli omini del calciobalilla, letto e neutralizzato con molta facilità da un Real Madrid che ringrazia infinitamente Rijkaard per non avergli mai tolto tutti quei punti di riferimento sui quali ha impostato la sua chiara supremazia tattica.
Eto’o rimane risucchiato fra i due centrali, le linee interne di passaggio son tutte tagliate a meno che Iniesta non vada a creare la superiorità numerica palla al piede, e come al solito manca profondità sugli esterni dai terzini: se aggiungiamo poi che il Barça rispetto al primo tempo ha pure perso benzina, non pressa più e si allunga sul campo (a differenza del Real Madrid che, essendo sempre rimasto compatto dietro alla linea della palla, ha costretto i suoi giocatori ognuno a un dispendio energetico complessivamente minore), capiamo come in realtà sia molto più il Real Madrid a dare l’ impressione di poter raddoppiare più che il Barça quella di poter pareggiare.
Già Sergio Ramos e Robinho avevano inquietato con due discese (il brasiliano tenta anche la simulazione, ma Mejuto non ci casca), poi con l’ uscita di Deco ci aprono ancora più spazi, perché il Barça presenta ora la linea di mezzeali più fragile. Iniesta cercando le iniziative personali sulla trequarti tende per natura a perdere la posizione, Xavi la tiene di più ma è blando (eufemismo per non dire nullo) nel pressing, i blaugrana si allungano e cominciano a spezzarsi in due. In un’ azione in cui Xavi perde palla sulla trequarti ad esempio Julio Baptista trova la prateria per ribaltare l’ azione, ma Van Nistelrooy dalla sinistra mette in mezzo un pallone che non trova nessuno.
Il Real ha gli spazi ma non la cattiveria sufficiente per chiudere definitivamente i conti, e magari in questo contesto tattico Schuster avrebbe potuto anche togliere Raul e inserire Guti fra le linee per “matare” la partita. Il Barça spento e sfilacciato concede anche agli ospiti opportunità di addormentare il ritmo facendo girare il pallone senza fretta, ma non aver dato il colpo di grazia quando c’erano tutti i presupposti costringe i merengues a soffrire a denti stretti di fronte all’ inevitabile ritorno dei padroni di casa nelle ultime fasi del match.
Sofferenza comunque relativa, perché senza movimento e senza intuizioni valide dalla panchina (il secondo cambio di Rijkaard è Zambrotta per Puyol, altro bello sforzo di fantasia), al Barça restano soltanto i colpi delle individualità, questa la triste realtà. Entra anche Bojan per Xavi, Rijkaard ammassa attaccanti in mancanza d’ altre idee (Schuster risponde rimpolpando il centrocampo con Gago per Sneijder e Diarra spostato sulla destra): ovviamente l’ ispano-serbo va largo a sinistra, guai a toccare il Dio 4-3-3, ma comunque si mette subito in mostra con un destro rabbioso da fuori sventato in angolo da Casillas. Sugli sviluppi del corner, Yaya Touré calcia fuori in mezza girata, ed è chiaro che il Barça cerca ormai la mischia e la confusione nell’ area avversaria come ultima risorsa.
Eto’o prima tenta lo sfondamento dalla sinistra senza trovare la deviazione in area, poi all’ 87’ va vicino al gol su un’ altra mischia, quando la sua conclusione di destro viene deviata involontariamente da Pepe in calcio d’ angolo. Tentativi disperati che non mettono in discussione la pesantissima e strameritata vittoria madridista.


BARCELONA (4-3-3)

Victor Valdés: Deve intervenire pochissimo, o perché le conclusioni sono imparabili (il gol di Baptista), oppure perché il Madrid non finalizza le giocate. Voto: 6.
Puyol: Si becca un cartellino giallo nel primo tempo per una scivolata un po’ avventata su Robinho, poi in fase difensiva se la cava come sempre, prende le misure nell’ uno contro uno e chiude bene in diagonale. Nullo in fase offensiva, un po’ perché preoccupato da Robinho un po’ perché la sua squadra non riesce mai a prendere il controllo delle operazioni a centrocampo e a coinvolgere con continuità i laterali difensivi. Voto: 6. (dal 76’ Zambrotta s.v.)
Marquez: Non credo abbia colpe sul gol, viene preso sul tempo da Baptista perché la combinazione fra il brasiliano e Van Nistelrooy sfiora la perfezione per precisione e rapidità d’ esecuzione. Per il resto gioca una buona partita per senso della posizione e tempismo, e imposta l’ azione dalle retrovie con qualità ed eleganza. Voto: 6,5
Gabriel Milito
: Ancora stiamo attendendo il suo primo strafalcione in maglia blaugrana, sa sempre dove mettersi e come intervenire, soffre poco o nulla Raul che agisce soprattutto dalle sue parti. Voto: 6.
Abidal: Come sua consuetudine, nessuna sbavatura in fase difensiva, ma va detto che c’è ben poco da difendere nella sua zona. A differenza di Puyol, non ha un avversario diretto minaccioso come Robinho, quindi dovrebbe liberarsi per offrire ben altro apporto nelle sovrapposizioni, aspetto nel quale ieri sera ha latitato. Voto: 5,5.
Xavi: Prestazione mediocre. Il Barça è bloccato sulle sue posizioni, lui ha poche opzioni di passaggio per dare fludità alla manovra, e di per sé non è in grado di alzare i ritmi come fa Iniesta quando parte palla al piede. Sempre controllato, finisce con l’ essere annullato, e l’ azione del Barça non decolla mai. Voto: 5,5. (dall’ 81’ Bojan: Invece che seconda punta vicino ad Eto’o va largo a sinistra. Entra troppo tardi ma in quei pochi minuti fa più di Ronaldinho in tutto il resto della partita, più fresco, rapido e difficile da marcare. Voto: 6.)
Yaya Touré: Il suo davanti alla difesa lo fa sempre, con continuità e grande forza fisica, sradica e fa a spallate. In un paio di occasioni cerca la percussione a sorpresa, ed è una buona idea, perché costringe i giocatori del Real a seguirlo e a lasciare smarcati altri suoi compagni: infatti in queste due occasioni nascono un’ opportunità per Iniesta (il sinistro moscio dal limite) e un’ azione che il Real sbroglia affannosamente in calcio d’ angolo. Occasione nel finale in girata. Voto: 6,5.
Deco: Nel primo tempo gioca con molta aggressività in fase di non possesso, pressa e spende il fallo tattico, ruba buoni palloni ma quando riparte gli manca lo spunto e l’ intuizione decisiva nell’ ultimo passaggio. Nel secondo tempo esce perché probabilmente non ha i 90 minuti nelle gambe. Voto: 6. (dal 57’ Giovani: Cambio sbagliato di Rijkaard, che regala agli avversari soltanto una riedizione in tono minore di Messi invece che rimescolargli le carte dal punto di vista tattico. Ha uno sprazzo appena entrato, ma è solo fumo, perché Heinze ci mette poco a regolarsi e capire il gioco monotematico del messicano, cioè “rientro sul sinistro e tiro”. Voto: 5,5.)
Iniesta: L’ unico assieme ad Eto’o a battersi per scuotere dal torpore questo Barça, l’ unico in grado di regalare imprevedibilità e cambio di ritmo. Sprecato sulla fascia destra, comincia ad entrare in partita solo quando può venire a prendere palla nel mezzo e tentare l’ incursione palla al piede. Ispira le due azioni più pericolose nel primo tempo (fantastico quando brucia Cannavaro), nel secondo tempo con l’ ingresso di Giovani passa a fare la mezzala, tenta di districarsi negli spazi stretti con le sue graziose giravolte e ad andare in accelerazione, è sempre attivo e mobilissimo, ma non riesce a fare la differenza, perché non ha una squadra (e un tecnico) che lo assecondino nella maniera dovuta e anche perché, solito difetto, non riesce ad essere sufficientemente pericoloso quando va al tiro (nel secondo tempo scalda soltanto i guanti a Casillas con un sinistro dal limite e un destro a girare troppo centrale). Voto: 7.
Eto’o
: Si danna l’ anima, cerca disperatamente il pallone e lo spazio giusti, ma finisce fagocitato da Cannavaro e Pepe, che lo neutralizzano e lo isolano dal resto della squadra. Prova qualche spunto nel finale, ma avrebbe avuto bisogno di molta più assistenza e di più sponde per poter giocare come sa. Voto: 6.
Ronaldinho: Era giusto concedere un’ occasione di riscatto a un giocatore del suo spessore, magari pensando che le panchine nelle scorse partite lo avessero potuto stimolare. Invece niente, fallimento totale: fa tristezza vederlo puntare l’ avversario trotterellando sapendo che 9 volte su 10 non gli andrà via (solo in un’ occasione scappa a Sergio Ramos sulla linea di fondo, il confronto con Pepe invece è impietoso). A palla in movimento non ha lo spunto, su palla inattiva stavolta non ha l’ opportunità di incidere perché il Real Madrid riesce magistralmente a non concedere punizioni da zone pericolose. Voto: 5.

In panchina: Jorquera, Thuram, Gudjohnsen, Henry.


REAL MADRID (4-4-2)

Iker Casillas: Finchè Buffon resterà in vita, parlare di lui come il miglior portiere del mondo (come, sciovinisticamente, proclamano i giornali spagnoli) rimarrà una bestemmia, però rimane uno di quei pochi portieri che fanno la differenza, che ti fruttano 5-10 punti a campionato. Nulla di trascendentale in assoluto, nella sua carriera ha fatto parate più marziane, ma sempre pronto nelle occasioni chiave, come il colpo a botta sicura di Ronaldinho nel primo tempo. Poco prima era stata ottima, per coraggio e tempismo, anche l’ uscita in due riprese su Eto’ e Iniesta. Nel finale non si fa sorprendere da Bojan. Voto: 7.
Sergio Ramos
: Non sempre sceglie i tempi giusti per intervenire nell’ uno contro uno, ma a parte un paio di occasioni in cui il brasiliano gli scappa, alla lunga la sua superiore condizione atletica sovrasta Ronaldinho. Si sovrappone con parsimonia, ma con buona puntualità. Voto: 7. (dall’ 87’ Torres s.v.)
Pepe
: Che difensore! Carismatico, autoritario, concentrato, sempre ben piazzato, rapido e fisicamente debordante. Guida la linea difensiva, che finalmente accorcia e non rimane più troppo bassa, con perizia ed efficacia impareggiabili, chiude tutti i varchi e sventa ogni pericolo. Perentorio nei recuperi, insuperabile nell’ uno contro uno (le volte in cui si trova a fronteggiare il fantasma di Ronaldinho gli sradica il pallone fischiettando). Voto: 8.
Cannavaro
: In costante crescita, ha trovato finalmente il partner ideale in Pepe, la presenza del brasiliano lo rende più sicuro e gli dà maggiori punti di riferimento. Puntuale negli anticipi, concentrato e reattivo, gli scappa soltanto Iniesta nel primo tempo, nell’ occasione di Ronaldinho neutralizzata da Iker. Voto: 7.
Heinze: Saggiamente preferito a Marcelo, gioca una partita poco appariscente, per larghe fasi non ha avversario diretto, segue con attenzione e disciplina tattica i movimenti della linea difensiva, a differenza di Ramos non deve avanzare perché è compito esclusivo di Robinho attaccare su quella fascia. Giovani gli va via in un’ occasione, ma poi prende le misure con relativa facilità al messicano. Esperto e concreto, sull’ argentino si può sempre contare. Voto: 6. Sneijder: Gioca una partita di sacrificio, rispetto al solito ha meno opportunità di svariare in zona centrale ma deve preoocuparsi molto di più di coprire la fascia in fase di non possesso. Non brilla, non può proprio farlo, ma si applica. Voto: 6. (dal 78’ Gago s.v.)
Diarra
: Prestazione di sostanza come schermo davanti alla difesa. Finalmente la difesa accorcia, i compagni del centrocampo giocano ben raccolti e lui non è più costretto a sobbarcarsi chilometri fuori dalla portata di qualsiasi essere umano. Solo così si può vedere il vero Diarra. Voto: 6,5.
Julio Baptista
: Assieme al rientro di Pepe, una mossa-chiave nella crescita di questo Real Madrid. Un tipo strano, gioca a centrocampo ma non si fa notare particolarmente né per il lavoro di costruzione della manovra né in quello di interdizione, ma gira e rigira finisce sempre col farsi sentire. Questa era la partita ideale per lui: non era richiesto di tocchettare fino allo sfinimento, ma di colpire il Barça con azioni mordi e fuggi. Ha lo spazio per inserirsi di potenza dalla seconda linea, e fa molto male, la terra trema come con una mandria di bisonti. Si inserisce con tempismo e colpisce benissimo la palla in occasione del gol, nel secondo tempo prova a lanciare qualche contropiede negli spazi che il Barça comincia sempre più a lasciare. Voto: 7.
Robinho: Era un po’ lo spauracchio per il Barça con le sue galoppate, ma stavolta i pericoli sono arrivati dalle incursioni dell’ altro brasiliano, cioè Baptista. Poche iniziative veramente incisive da Robinho, anche se è risultata utile, oltre che assai apprezzabile, la sua disponibilità a sacrificarsi per il bene comune, ripiegando e coprendo la sua fascia in fase di non possesso. Voto: 6. (dall’ 84’ Robben s.v.)
Raul
: Gran lavoro di quantità, ripiega sempre dietro la linea della palla e aiuta in pressing, ma niente da ricordare in fase offensiva. Non entra in nessuna azione significativa, offre un contributo di esperienza giusto nel finale, quando tiene su qualche pallone per perdere tempo. Voto: 5,5.
Van Nistelrooy
: Come tutti, si applica e si muove in funzione delle esigenze della squadra. Insolitamente un po’ tenero nelle azioni di contropiede che il Barça concede nel finale, però è stupendo nell’ azione del gol, la mette giusta giusta perché Baptista possa calciare a rete. Voto: 6,5.

In panchina: Dudek, Marcelo, Guti, Saviola.

Gol: 0-1 (35'): Baptista recibe un pase de Raúl y cede a Van Nistelrooy, que le devuelve de espléndida pared, se planta ante Valdés y le supera con un espléndido derechazo por la escuadra.
Árbitro: Mejuto González, del Colegio Aragonés. Amonestó a Puyol (26'), Sergio Ramos (47'+), Milito (67') y Baptista (83').
Incidencias: Camp Nou. Lleno. 98.248 espectadores, de los que un millar eran del Madrid.

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DICIASSETTESIMA GIORNATA: Athletic Bilbao-Murcia 1-1: Koikili (A); Fernando Baiano, rig. (M).

Sto ancora preparando l' articolo, lungo e abbastanza faticoso, su Barça-Real Madrid. Nel frattempo vi lascio a questo gioiellino di partita.

Festival del calcio rustico fra due delle squadre più antiestetiche del campionato. L’ Athletic gioca un secondo tempo di mostruosa inconsistenza, e deve ringraziare soltanto la scarsa mira, e la sfortuna, del Murcia se non è arrivata una sconfitta casalinga che sarebbe stata tanto pesante (visto come si sta innalzando la quota-salvezza) quanto meritata.

Nell’ Athletic Exposito sostituisce Iraola, mentre nelle fila degli ospiti dopo l’ ottimo secondo tempo col Racing riconquista il posto Regueiro, inducendo Alcaraz ad abbandonare il rombo a centrocampo per tornare al vecchio 4-4-2, col trequartista Abel dirottato sulla destra.
L’ inizio è tutto dell’ Athletic, che domina ispirato da Orbaiz e Yeste, ma dopo il sussulto del palo colpito da Llorente di testa su cross di Gabilondo, la partita letteralmente evapora, l’ Athletic come al solito fa una fatica matta ad attaccare un avversario schierato tutto dietro. Il Murcia non ha nessun interesse ad elaborare gioco, cerca svogliatamente i poveri Goitom e Baiano con qualche lancio, attaccanti che, va detto, son tutto tranne che adatti a un gioco di rimessa. Nella squadra murciana mancano contropiedisti rapidi e abili nell’ uno contro uno che permettano di ribaltare l’ azione in pochi tocchi, e da quest’ incompatibilità fra lo stile di gioco della squadra e le caratteristiche degli attaccanti scaturisce a mio avviso la grande difficoltà ad andare in gol del Murcia (solo 14 gol), e gli stenti che stanno accusando attaccanti di valore come Goitom e soprattutto Baiano.
C’è però l’ arbitro Alvarez Izquierdo a dare quel pathos che, se fosse per i soli giocatori e tecnici, mancherebbe del tutto alla partita: punizione di Yeste murata con un fallo di mano (che dai replay disponibili non son riuscito ad apprezzare) da Movilla, rigore sbagliato da Orbaiz ma ribattuto in rete da Koikili, regalo di compleanno meritatissimo per questo ragazzo, festeggiatissimo da tutti i compagni per il suo primo gol in Primera.
Il secondo tempo è caratterizzato da continue interruzioni, ma cambiano i rapporti di potere: altra prodezza di Alvarez Izquierdo, rigore dubbio commesso da un Aitor Ocio comunque ingenuo su Abel, Baiano trasforma per il pareggio. L’ Athletic comincia praticamente a liquefarsi, le distanze fra i reparti aumentano e il Murcia comincia ad arrivare con eccessiva frequenza e facilità sulla trequarti. Caparros cerca più elettricità con Susaeta e più peso in attacco con Aduriz per Etxeberria, ma forse occorreva anche rinforzare il centrocampo con Javi Martinez per Yeste.
La partite e le occasioni son tutte del Murcia, che sfiora il vantaggio prima con una clamorosa traversa colpita da Baiano approfittando con un pallonetto dalla lunga distanza di un’ uscita fuori dai pali di Aranzubia, poi costringe alla paratona Aranzubia con un colpo di testa di Regueiro, e ancora sfiora il gol con un’ incornata di Ochoa di poco a lato su calcio d’ angolo.
Nel finale Íñigo per Goitom dà più sostanza all’ attacco, ed è proprio il neo-entrato a condurre le iniziative più pericolose, di fronte a un Athletic ancora più in affanno per l’ espulsione di Aitor Ocio (secondo giallo per fallo proprio su Íñigo lanciato sulla fascia destra), che quindi accoglie con sollievo il fischio finale, senza tuttavia scampare ai fischi di sonora disapprovazione del pubblico della Catedral.

I MIGLIORI: Bene la difesa del Murcia, soprattutto lo svettante Ochoa. Attento e reattivo Peña. Buono l’ ingresso di Íñigo, come Koikili pescato in Segunda B con discrete ricadute sul piano del rendimento: si offre, tiene su buoni palloni, sicuramente meglio di Goitom. Proprio Koikili festeggia il primo gol in Primera, soddisfazione che si merita tutta.
I PEGGIORI: Male Aitor Ocio: il rigore era dubbio, ma lui è comunque ingenuo, poi si becca anche il secondo giallo. Ancora una volta anonimo David Lopez, l’ acquisto finora più deludente per i baschi (come Goitom dall’ altra parte, inconcludente e pasticcione, al di là della bassissima qualità di gioco della sua squadra). Alla lunga si vede che quella di centrale di centrocampo non è la posizione di Yeste: parte bene, un paio di cambi di gioco magistrali, poi esce dal gioco, troppo lontano dalla zona prediletta e di scarsissima consistenza in interdizione.

Athletic Bilbao (4-4-2): Aranzubia 6,5; Exposito 6, Aitor Ocio 5,5, Amorebieta 6, Koikili 6,5; David Lopez 5 (dall’ 88’ Luis Prieto s.v.), Orbaiz 6, Yeste 5,5, Gabilondo 6 (dal 65’ Susaeta 5,5); Etxeberria 5 (dal 59’ Aduriz s.v.), Llorente 6.
In panchina: Raul Fernandez, Del Horno, Ustaritz, Javi Martinez.
Murcia (4-4-2): Notario 6; De Coz 6, Mejia 6,5, Ochoa 7, Peña 6,5; Abel 6 (dall’ 84’ De Lucas s.v.), Movilla 5,5, Pablo Garcia 6, Regueiro 6; Goitom 5,5 (dal 76’ Íñigo 6,5), Baiano 6 (dall’ 89’ Richi s.v.).
In panchina: Carini, Arzo, Jofre.

Gol: Koikili 47’ (A); Baiano 53’.
Arbitro: Alvarez Izquierdo. Ammoniti: Aranzubia, Amorebieta, Orbaiz ed Etxeberria per l’ Athletic; Ochoa e Goitom per il Murcia.

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domenica, dicembre 23, 2007

DICIASSETTESIMA GIORNATA: Sevilla-Racing 4-1: Kanouté (S); Garay (R); Chevanton (S); Jesus Navas (S); Adriano (S).

Vittoria importante per il Sevilla, 7 punti nelle ultime 3 partite indicano una chiara ripresa: quelle davanti, a parte ovviamente Real e Barça, non sono lepri, e quindi continuando la serie positiva si potrà tornare a parlare di zona-coppe. Non è ancora un Sevilla schiacciasassi, discontinuità e disattenzioni permangono, ma gli andalusi hanno pienamente legittimato la netta vittoria di ieri con alcuni sprazzi di grande intensità che hanno travolto l’ avversario.

Nel Sevilla, torna Escudé dal primo minuto, Maresca sostituisce Keita e anche Kerzhakov ritrova finalmente un po’ di minuti. Dall’ altra parte Marcelino lascia in panchina Serrano e sulla sinistra opta per il doppio terzino, Luis Fernandez-Ayoze in chiara funzione anti-Alves&Navas.
Le prime fasi evidenziano un Racing messo meglio in campo, le sue due linee da quattro imbrigliano la manovra sevillista, e i costanti raddoppi costringono i padroni di casa ad azioni forzate e a singhiozzo, in alcuni casi obbligandoli al lancio verso Kanouté come unica via. Ma appena riesce ad azionare la sua fascia destra, il Sevilla dà spettacolo: da applausi il gol del primo vantaggio, un’ azione che parte come sempre da Alves, passa per Kerzhakov (prestazione non vistosissima, ma utile come sponda), viene impreziosita dallo splendido colpo di tacco di Maresca, ancora per Alves che con grande freddezza dribbla il portiere, evita il rientro di un difensore e lascia a Kanouté l’ onore di infilare nella porta sguarnita.
Il gol sblocca il Sevilla, che ritrova le misure e gli appoggi giusti: Poulsen ruba più palloni, la difesa accorcia con maggior frequenza e l’ azione riacquista grande slancio sugli esterni, non solo a destra ma anche sulla fascia di un immarcabile Diego Capel. Il Sevilla si avvicina con frequenza alla porta di Coltorti, ci provano Navas, Kerzhakov con un tiro alto e ancora Navas che dal fondo mette un pallone che nell’ area piccola non trova la deviazione amica. Anche il Racing ha un’ occasione, ma è un regalo di Escudé, mal sfruttato dal piede sordo di Munitis, ovvero il destro.
Ad inizio ripresa però, la strada del Sevilla torna in salita: Garay ci illustra tutte le sue qualità di difensore-bomber. Prima su punizione tira una saetta da distanza chilometrica che, diretta sotto la traversa, costringe l’ attento De Sanctis al calcio d’ angolo, poi sul corner immediatamente successivo fa valere il suo gioco aereo incornando perfettamente a rete. Ancora un gol subito su calcio piazzato dal Sevilla, una cosa inammissibile, anche se stavolta più che la debolezza della marcatura di Escudé va sottolineata la bravura del colpitore avversario.
Qualche minuto di sconforto per i padroni di casa, che presto però ripartiranno all’ assalto: l’ uomo della serata è Chevanton, che entra per Kerzhakov e risolve su calcio di punizione (non irreprensibile Coltorti, si fa freddare sul suo palo), esplodendo in una gioia rabbiosa e incontenibile, nella quale scarica tutte le tensioni accumulate in questa sua difficile esperienza sevillista (Juande Ramos non lo voleva vedere nemmeno dipinto, e in estate era anche stato messo sul mercato). Con le squadre lunghe c’è spazio ormai solo per le discese del Sevilla, ancora di più quando Capel costringe alla doppia ammonizione Garay: nel finale si può arrotondare il risultato, con Navas che per una volta nella sua vita riesce a fare centro a tu per tu col portiere e con Adriano, intermittente nelle sue presenze per i continui acciacchi, che si regala la soddisfazione personale col permesso di un Racing che ha già rivolto i suoi pensieri al panettone.

I MIGLIORI: I ripescati di Jiménez, Chevanton e Maresca. L’ italiano sta garantendo nuova linfa al centrocampo sevillista, dà respiro alla manovra e inventiva quando si spinge sulla trequarti. Partecipazioni decisive nel primo gol, col colpo di tacco, e nel terzo, quando lancia Navas in contropiede.
Fantastica la partita di Diego Capel, manda al manicomio mezzo Racing, provocando quattro cartellini gialli su cinque, due dei quali valgono l’ espulsione di Garay. Esplosivo, sfrontato e velocissimo, magari deve imparare a guardare di più in mezzo prima di crossare. Solito trascinatore Alves, positivo Mosquera: ho deciso di adottarlo Aquivaldo, perché tutto sommato è un bravo ragazzo, un po’ goffo in alcuni momenti ma molto forte e deciso nei contrasti, sa farsi sentire.
I PEGGIORI: Pinillos soffre da matti Capel, rischia l’ espulsione già nel primo tempo, Coltorti fa rimpiangere Tono: un po’ fermo lo svizzero, pochi riflessi e una viva sensazione d’ insicurezza, oltre alla flagrante colpevolezza sul gol di Chevanton.. Non pervenuto Smolarek.
Al di là del gol, non mi ha fatto impazzire la partita di Kanouté, il maliano ha pesato sulla manovra meno di quanto dovrebbe. Incertezze da Escudé.

Sevilla (4-4-2): De Sanctis 6,5; Alves 7, Mosquera 6,5, Escudé 5,5, Drago 6 (90'+); Navas 6,5, Poulsen 6,5, Maresca 7, Capel 7,5 (81'); Kerzhakov 6 (60'), Kanouté 6.
In panchina: Vargas, Fazio, Martí s.v. (90'+), Poulsen, Chevanton 7 (60'), Adriano 6,5 (81'), Duda
Racing (4-4-2): Coltorti 5; Pinillos 5,5, Garay 6,5, Moratón 6, L. Fernández 5,5; J. López 5,5 (75'), Colsa 6, Duscher 6, Ayoze 5,5 (61'); Munitis 6, Smoralek 5 (84').
In panchina: Mario, C. Navas, S. Sánchez s.v. (84'), Tchité s.v. (75'), L. López, Serrano 6 (61'), I. Bolado.

Goles: 1-0 (25'): Kanouté. 1-1 (49'): Garay. 2-1 (65'): Chevantón. 3-1 (84'): Navas. 4-1 (90'): Adriano.
Árbitro: Lizondo Cortés, Colegio Valenciano. Expulsó a Garay por dos amarillas (72'). Amonestó a Pinillos (2'), J. López (40'), Chevantón (68') Kanouté (68'), Daniel Alves (70'), Jesús Navas (73') y Moratón (80').
Incidencias: Sánchez Pizjuán. 40.000 espectadores en el feudo sevillista.

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sabato, dicembre 22, 2007

DICIASSETTESIMA GIORNATA: Zaragoza-Valencia 2-2: Diego Milito, rig. (Z); Sergio Garcia (Z); Zigic (V); Silva (V).

Brutta e bizzarra partita: fino a un quarto d’ ora pareva la solita solfa, Valencia impotente e destinato immancabilmente alla sconfitta ogni qualvolta mette piede in campo. Due lampi, Zigic e Silva, e un’ iniezione di fiducia che potrebbe rivelarsi utile ai fini del progetto, oramai di ricostruzione a lungo termine, di Koeman, soprattutto dopo le roventi polemiche scatenate in settimana dalle epurazioni di Canizares, Albelda e Angulo (ha certamente colpito vedere Albelda in lacrime in conferenza stampa: la sua esclusione ci può stare sicuramente, ma la situazione che lui ha lamentato, cioè l’ assoluta freddezza nei suoi confronti da parte della società, non ci può proprio stare per uno che per quasi dieci anni ha dato il sangue e l’ anima per questa maglia).
Se il Valencia ha potuto tirare un sospiro di sollievo, e addirittura sfiorare il clamoroso 2-3 con Zigic nel finale, deve in ogni caso un bel ringraziamento alla bontà d’ animo del Zaragoza, squadra che proprio assieme ai levantini contende il titolo di grande delusione della stagione e che ancora una volta, grazie alla propria genetica instabilità, ha buttato via una vittoria che a tutti sembrava garantita.
Quella di Victor Fernandez è sempre stata una squadra afflitta da evidenti squilibri, ma l’ anno scorso riusciva spesso a supplire con l’ ambizione e l’ entusiasmo per il progetto, la disposizione al sacrificio e al compromesso di tutti i giocatori, e le prodezze delle individualità. Tutti elementi nettamente scemati in questa stagione (pensiamo ad esempio al rendimento men che mediocre che, per un motivo o per l’ altro, stanno offrendo pedine come Diogo ed Aimar), la squadra non è riuscita a trovare una sua maturità, una sua normalità, ed ecco il risultato: un altro pareggio che non sa di nulla, nel limbo di metà classifica e con la panchina di Victor Fernandez che torna a scricchiolare.

La rivoluzione di Koeman avanza: compiute le prime purghe, resistono (per ora) Marchena, Baraja e Joaquin, Caneira scalza Helguera al centro della difesa, Mora rileva l’ infortunato Hildebrand fra i pali, Montoro confermato mezzala, con Mata largo a sinistra e Arizmendi unica punta, ingiusto vincitore del ballottaggio con Zigic nonostante la bella doppietta del serbo mercoledì in Copa del Rey. Victor Fernandez, privo di Aimar e D’ Alessandro, sposta il mediano Zapater sulla destra cambiando di fascia Sergio Garcia.
Le prime battute sono confuse e dimenticabili: c’è traffico a centrocampo, scarse possibilità (o volontà?) di imbastire l’ azione e l’ opzione preferita diventa così il lancio a saltare il centrocampo. C’è una bella differenza però: il Valencia non sarebbe capace di fare del male nemmeno a un moscerino, il Zaragoza invece le volte in cui riesce a connettere Sergio Garcia con le due punte sfonda: proprio da una combinazione fra Sergio Garcia e Oliveira nasce il rigore dell’ 1-0, trasformato da Diego Milito. Ai padroni di casa sembra di poter vincere senza nemmeno sudare, e in poco tempo arriva la conferma: su un cross di Sergio Garcia Mora (troverà mai un portiere il Valencia?) la combina bella grossa, deviando goffamente in rete la traiettoria.
Al Zaragoza basta ora tenersi sulle sue posizioni, e lanciare di tanto in tanto qualche contrattacco coi tre uomini offensivi, tanto fa tutto il Valencia, con la sua incommensurabile imbranataggine offensiva. Statica, orizzontale e con una limitatissima varietà di soluzioni, la manovra ospite non va da nessuna parte: il trivote, cioè i tre centrali di centrocampo, servono forse a non andare in inferioriotà numerica e tamponare qualcosa in fase di non possesso, ma rimane una distanza enorme e un’ incomunicabilità totale fra mediana e attacco, dove Arizmendi unica punta non può garantire la benchè minima credibilità. Silva mezzala gioca sì in zona più centrale, ma troppo lontano dalla porzione di campo dove può veramente incidere, la trequarti, e anche l’ impiego di Mata largo a sinistra invece che seconda punta contribuisce ad annientare quasi del tutto il potenziale offensivo.
Finalmente Koeman si sveglia e nel secondo tempo dà spazio a Zigic, togliendo Mata (evidente che nessuno crede nel ragazzo, se lo si utilizza in questa maniera) e allargando Arizmendi sulla sinistra (entrano anche Helguera per Miguel, con Caneira che va momentaneamente a destra finchè non lo rimpiazza il giovane Lomban): il serbo dà un riferimento chiaro e di peso all’ attacco, anche se ciò si noterà molto più tardi, perché per la gran parte del secondo tempo non cambia affatto l’ impressione di un Zaragoza in pieno controllo della situazione, anzi più vicino al 3-0 che a subire gol da un Valencia pietoso.
Però a volte basta un episodio perché la storia svolti, soprattutto con due squadre come queste nelle quali è il discorso emotivo a farla da padrone: dalla sinistra l’ invito di Arizmendi è perfetto, Zigic sovrasta Juanfran e col suo bel crapone indirizza sul secondo palo. Ancora Zigic poco dopo sfiora la doppietta con un rasoterra, affannosamente sventato da Lopez Vallejo (subentrato all’ infortunato César nel primo tempo), segnale che la rimonta è matura: se ne incarica Silva, che mette la sua firma d’ artista su una vera perla di gol, che oltre a quelle del Valencia potrà servire a rilanciare le sue di quotazioni, ultimamente un po’ in ribasso.
Finale impazzito: Oscar sottomisura su una mischia manda clamorosamente alto di testa, Zigic allo scadere addirittura prende il palo su un’ azione nata da una fuga di Joaquin splendidamente imbeccato da Silva.

I MIGLIORI: Mi rallegro per Zigic, pesantemente ignorato fino all’ ultima settimana, ora si rilancia con tre gol nelle due partite. Chissà che gli infortuni di Morientes e Villa non possano portare inattese conseguenze positive, di certo se voglio un attacco che attacchi devo mettere lui, non Arizmendi. Decisivo Silva, che dal ruolo di promessa deve passare ora a quello di giocatore determinante e perno della squadra: finora non ci è riuscito, piuttosto in ombra la sua stagione, inevitabilmente travolto dal caos e secondo me penalizzato anche dal ruolo fin qui ritagliatogli da Koeman.
Nel Zaragoza del lunatico D’ Alessandro e del mai compiutamente espresso Aimar, occorre sottolineare chi della regolarità fa il suo punto di forza, cioè il solito Diego Milito e soprattutto un Sergio Garcia in grande spolvero. L’ ex blaugrana per l’ ennesima volta vivacizza il fronte offensivo con la sua rapidità e abilità: merita un’ occhiata da Aragones.
I PEGGIORI: Mora ci fa capire perché è il terzo portiere del Valencia.

Zaragoza (4-4-2): César s.v. (dal 16’ Lopez Vallejo s.v.); Diogo 6, Sergio Fernandez 6, Ayala 6, Juanfran 5,5; Zapater 6, Celades 6, Luccin 5,5 (dal 72’ Oscar 5,5), Sergio Garcia 7; Diego Milito 7, Ricardo Oliveira 6 (dal 79’ Valero s.v.).
In panchina: Gotor, Pavon, Burbu, Chus Herrero.
Valencia (4-1-4-1): Mora 4; Miguel 5,5 (dal 45’ Helguera 6); Marchena 6, Caneira 6 (dal 50’ Lomban 6), Moretti 6; Baraja 6; Joaquin 6, Montoro 6, Silva 7, Mata 5,5 (dal 45’ Zigic 7); Arizmendi 6.
In panchina: Guaita, Manuel Fernandes, Vicente, Sunny.

Gol: Diego Milito 18’ (Z); Sergio Garcia 29’ (Z); Zigic 79’ (V); Silva 81’ (V).
Arbitro: Paradas Romero. Ammoniti: Diogo, Ayala, Luccin per il Zaragoza; Mora, Marchena, Miguel, Caneira, Helguera e Zigic per il Valencia.

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venerdì, dicembre 21, 2007

Sorteggi Champions e Uefa.

OTTAVI CHAMPIONS LEAGUE
Celtic-Barcelona
Ol. Lyonnais-Manchester United
Schalke 04-Porto
Liverpool-Inter
Roma-Real Madrid
Arsenal-Milan
Olympiacos-Chelsea
Fenerbahçe-Sevilla

SEDICESIMI COPPA UEFA
Aberdeen-Bayern Monaco
Aek-Getafe
Bolton-Atlético Madrid
Zenit-Villarreal
Galatasaray-Bayer Leverkusen
Anderlecht-Bordeaux
Brann Bergen-Everton
Zurich-Amburgo
Rangers-Panathinaikos
Psv-Helsingborgs
Slavia Praga-Tottenham
Rosenborg-Fiorentina
Sporting-Basilea
Werder Brema-Braga
Benfica-Norimberga
Marsiglia-Spartak Mosca

Il bilancio globale, con qualche sfumature e puntualizzazione qua e là, è tutto sommato positivo per le squadre spagnole.
Chi non si può proprio lamentare è il Barça: dopo accoppiamenti infernali con Chelsea (due volte) e Liverpool negli anni passati, ecco un Celtic più che accessibile, forse la migliore possibile delle rivali, squadra in assoluto non malvagia ma dal rendimento molto prevedibile e dai giocatori per lo più pesanti e poco tecnici (con le eccezioni di Mc Geady e Nakamura, quest' ultimo però gioca da fermo), ideali per i palleggiatori blaugrana. Anche il fatto di giocare il ritorno al Camp Nou è un bel vantaggio per il Barça: occorrerà fare molta attenzione al Celtic Park (dove il Celtic è solito concedere poco), amministrare con calma, addormentare il gioco e cercare il golletto in trasferta per poi chiudere ogni conto fra le mura amiche.
Urna insidiosissima invece per il Real Madrid: parlavamo di grossi pericoli in Champions per i madridisti nel caso non fossero riusciti ad aggiustare i propri equilibri in fase di non possesso, e con la Roma ecco arrivare un avversario che può fare parecchio male col suo gioco d' attacco. Però anche il Real, logicamente, ha le sue carte da giocare: nemmeno i giallorossi sono impenetrabili sul piano difensivo, e va aggiunto che in alcune occasioni il loro gioco solitamente spavaldo e spumeggiante sul palcoscenico europeo si è tramutato, soprattutto in trasferta, in una proposta tutto sommato titubante e legata più che altro a una strategia di contenimento e di azione di rimessa (troppo facile citare il 7-1 di Manchester, quindi preferisco dirigermi verso il Furto di Lisbona o verso l' ultima trasferta di Manchester, partita ordinata ma giocata dalla Roma con lo spirito giusto soltanto dopo essersi trovata in svantaggio, peraltro meritandosi ampiamente il pareggio con le occasioni create nel finale). Insomma, dovendo fare un pronostico, è il più classico dei "cinquanta e cinquanta".
Sorride, ma con discrezione, il Sevilla: sulla carta è superiore al Fenerbahçe, ma occhio ai turchi, sanno il fatto loro. Gli uomini di Zico, con tanti brasiliani nella rosa, possiedono un ottimo tasso tecnico. Il centrocampo è folto, completo e in grado di proporre trame fitte ed eleganti, con quell' autentico genio di Alex (uno dei giocatori più tecnici di tutto il torneo, mi ricorda un po' Djalminha, stessa aria svogliata, stessa ridotta mobilità e analoga illogicità nelle giocate: Djalminha però era molto più "loco", Alex ha una personalità più introversa, uno dei suoi limiti) a dare il tocco di fantasia decisivo sulla trequarti.
Ottima anche la difesa, con giocatori di grande esperienza e consistenza: Roberto Carlos non è più la folgore dei tempi migliori, ma sa meglio di chiunque altro cosa voglia dire giocare in Champions e mantiene intatta una qualità che il tempo non è riuscito a cancellare, poi c'è la coppia Edu Dracena-Diego Lugano al centro, non molto rapida ma validissima sotto tutti gli altri aspetti. Lugano in particolare si troverebbe ai vertici nel suo ruolo se avesse anche la velocità: stopper o libero, concentrato e cattivo sull' uomo ma anche con ottimo senso della posizione nelle chiusure, oltre all' eccellente gioco aereo. In alcune occasioni più che cattivo è una vera e propria carogna, quando si tratta di arginare il pericolo bada poco alla forma, ma va detto che è anche bravo a controllarsi evitando di sommare cartellino giallo a cartellino giallo.
Il punto debole dei turchi è probabilmente rappresentato da un attacco di scarso peso ed efficacia realizzativa: il manovriero Deivid a svariare su tutto il fronte va bene, ma con ogni evidenza manca il grande finalizzatore.

Rivali da non sottovalutare ma accessibili in Uefa per le tre spagnole, tutte prime classificate nei rispettivi gironi: la più facile dovrebbe essere quella dell' Atlético, contro il Bolton di Anelka attualmente impelagato nei bassifondi della Premier, mentre Geta e Villarreal dovranno fare un po' più di attenzione.
L' Aek ha dei giocatori di qualità (su tutti i brasiliani, Julio Cezar e il prepensionato Rivaldo, ma anche i giovani greci Kone e Papastathopoulos non sono male) ma è vulnerabile per un Getafe che a calcio gioca molto bene (a patto però che là davanti la buttino dentro con un po' più di frequenza); lo Zenit, ambizioso neo-campione di Russia, è in una fase di transizione nella quale la società (di proprietà della Gazprom, quelli che se ci tagliano il gas noi europei ce la passiamo discretamente male) mira a costruire una squadra adatta anche al palcoscenico della prossima Champions.
Nel mentre i russi mostrano qualche problema di personalità contro grandi avversarie, un allenatore tutt' altro che formidabile come Advocaat, ma anche giocatori di interesse come Zyryanov, Lombaerts, Pogrebnyak e soprattutto Arshavin, forse il miglior giocatore russo attualmente. Il Villarreal dovrebbe avere una caratura superiore, e potrà sfruttare anche la diversità dei calendari con la Russia, dove a Febbraio è ancora pre-campionato e il gap di forma col resto dell' Europa incide pesantemente. Per saperne molto di più sullo Zenit, non posso che lasciarvi a quest' articolo dell' amico Kerzhakov 91 sul suo blog "Calcio Russo".
Già decisi anche gli eventuali avversari degli ottavi: all' Atlético toccherebbe la vincitrice di Sporting Lisbona-Basilea (tra l' altro ho una certa simpatia per i Leoni biancoverdi dell' Alvalade), al Getafe la vincitrice di Benfica-Norimberga e al Villarreal quella di Marsiglia-Spartak Mosca.

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martedì, dicembre 18, 2007

Koeman comincia a tagliare teste.

Dopo la figuraccia, l' ennesima, col Barça, avevamo invocato a chiare lettere un' opera di ristrutturazione radicale per il Valencia, ora le ultime notizie suggeriscono che Koeman sta muovendo i primi passi in questa direzione: per le prossime due partite, quella di domani in Copa del Rey contro la Real Union Irún e la sfida di campionato sabato a Zaragoza, il tecnico olandese ha deciso di non convocare due pesi massimi dello spogliatoio come Cañizares e Albelda, e tutto sembra indicare che la decisione verrà mantenuta ferma per lungo tempo a venire.
Per quanto riguarda "Cañete" si tratta di una sacrosanta e da troppo tempo attesa liberazione, per il capitano Albelda dispiace un po' visto il peso tattico e carismatico del giocatore, ma certo è che il rendimento di questi è calato tantissimo sin dagli ultimi mesi della scorsa stagione, sino ad arrivare a picchi negativi desolanti di recente.

Al Valencia serve un cambio di marcia netto dal punto di vista delle motivazioni, ciò che ha veramente sbalordito di questo periodo orribile è stato il fatto di vedere in campo giocatori svuotati, senza energia e senza voglia di risalire la corrente avversa. Per far fronte a questo andazzo pericolosissimo il rimedio più logico è solitamente quello di affidarsi ai giovani, a chi magari sbaglia per inespereienza ma ha entusiasmo da vendere e voglia di spaccare il mondo. Giocatori che fortunatamente possiede il Valencia, e anzi sui quali ha impostato con decisione la politica di mercato più recente.

Se però a centrocampo pronti all' uso ci sono Sunny, Manuel Fernandes e la new entry Montoro (giocatore da tenere d' occhio, al di là dell' imbarcata di sabato), e fra la trequarti e l' attacco chiede spazio Mata, in altri reparti la rivoluzione non è ancora possibile: in difesa ad esempio, la catastrofica coppia Helguera-Marchena rimane una scelta obbligata, stanti le assenze per infortunio di Alexis (che ne avrà più o meno per tutta la stagione) ed Albiol, e gli stessi pessimi Miguel e Moretti di questi tempi di fatto hanno pochissime possibilità di perdere il posto come meriterebbero.
Intanto in attacco si fa male Morientes, e il suo infortunio di un mese, aggiunto all' assenza di Villa, consegna l' attacco alla piena emergenza: chissà però che non sia l' occasione per dare finalmente una chance concreta a Nikola Zigic, finora più turista che giocatore del Valencia a tutti gli effetti.

E' chiaro quindi che la seconda parte del piano rivoluzionario andrà attuata in una intensissima sessione di mercato invernale (come se on bastassero tutti i soldi spesso scialacquati in questi ultimi anni, cito solo i 7 milioni per Arizmendi e i 18 per Zigic...): farebbero più che comodo un terzino sinistro capace di rilevare Moretti e un centrocampista centrale, intanto in settimana abbandonerà la barca Jaime Gavilan.
Mancino in esubero, mai avute opportunità concrete sia per gli infortuni che per il disinteresse dei tecnici (se, come ha fatto una volta Quique, quando ti mancano sia Vicente che Silva fai giocare Arizmendi a sinistra allora vuol dire che in Gavilan proprio non ci credi..), torna in prestito al Getafe, che di esterni di ruolo, soprattutto a sinistra (dove Laudrup adatta mezzepunte come Granero e Sousa, quest' ultimo per giunta infortunatosi per i prossimi tre mesi), aveva bisogno per completare la propria rosa.

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lunedì, dicembre 17, 2007

SEDICESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Valladolid-Sevilla 0-0

Getafe-Villarreal 1-3: Nihat 15' (V); Nihat 77' (V); Cazorla 82' (V); Kepa 85'.

Deportivo-Zaragoza 1-1: Diego Milito 16' (Z); Coloccini 52' (D).

Betis-Almeria 3-1: Negredo, rig. 10' (A); Edu, rig. 28' (B); Pavone 50' (B); Pavone 82' (B).

Mallorca-Athletic Bilbao 0-0

Murcia-Racing 2-1: Goitom 56' (M); Smolarek 62' (R); Baiano, rig. 83' (M).

Grande vittoria del Villarreal, che mette fine alla recente crisi di risultati. Zaragoza e Depor continuano a ristagnare nella rispettiva mediocrità, mentre il Sevilla propone ancora la sua scialba versione da campionato: finisce ad accontentarsi del punto, dato che le espulsioni di Fazio e Luis Fabiano lo costringono a un finale tutto in difesa.
In nove ci finisce anche l' Almeria a Siviglia, già dal 25' del primo tempo, cosa che inevitabilmente condiziona la partita, nonostante la condotta degna di ogni elogio degli ospiti, addirittura vicini al 2-2 in un paio di occasioni nel secondo tempo. Doppietta di Pavone, e questa è la notizia migliore possibile per il Betis, perchè possedere un bomber di razza può fare la differenza nella corsa-salvezza.
Inferiorità numerica anche per il Mallorca, ma nonostante l' espulsione di Nunes nel primo tempo sono i padroni di casa ad andare più vicino al gol rispetto a un Athletic criticato per il suo gioco rinunciatario.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 38
2 Barcelona 34
3 Atlético 31
4 Villarreal 31
5 Espanyol 30
6 Racing 26
7 Valencia 25
8 Mallorca 21
9 Sevilla 20
10 Zaragoza 20
11 Almería 19
12 Recreativo 19
13 Athletic 18
14 Getafe 18
15 Murcia 18
16 Osasuna 17
17 Valladolid 17
18 Betis 17
19 Deportivo 14
20 Levante 7

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano 10 (1 rig.)
Raúl 8 (1 rig.)
Diego Milito 8 (3 rig.)
Van Nistelrooy 8 (1 rig.)
Messi 8 (3 rig.)

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SEDICESIMA GIORNATA: Real Madrid-Osasuna 2-0: Van Nistelrooy; Sneijder.

Una partita come tante, si aggiunge alla lunga lista di quelle vinte giocando così così (o peggio) dal Madrid. Tutto è in discussione, tranne il risultato finale: questa la norma al Bernabeu. Rare volte ho visto ricavare da una squadra così imperfetta una simile regolarità di rendimento. Ad ogni modo, obiettivo raggiunto, il Real Madrid salva il cuscinetto di punti prima del Clasico col Barça: nella peggiore delle ipotesi, resterà comunque capolista, nella migliore potrà cominciare ad avanzare pretese serissime sulla vittoria finale (ancora di più col Gennaio complicato che attenderà il Barça).
L’ Osasuna ha giocato bene, a tratti benissimo, ma gli è mancata la capacità di finalizzare le sue azioni con qualche pericolo tangibile per il Real, ha tirato troppo poco in rapporto al chiaro dominio che ha esercitato in molte fasi della partita: ha pesato la solita differenza che passa fra le squadre grandi e quelle semplicemente normali.

Formazione-tipo per Schuster, idem per Ziganda, che però deve fare i conti con l’ assenza pesante di capitan Puñal, l’ equilibratore del centrocampo.
In settimana pensavo ad una condotta attendista da parte dei navarri, invece è l’ esatto contrario. Il discorso fatto in settimana sui primi 10 minuti della Lazio, cioè che il Real Madrid va attaccato e affrontato il più possibile cercando di giocare alla pari, l’ Osasuna lo recepisce e lo eleva all’ ennesima potenza, impadronendosi spudoratamente del centrocampo e manovrando a piacimento, con molta precisione e ordine, nelle prime fasi della partita. Tanto dominio però stringi stringi si concretizza in pericoli relativamente modesti, come una punizione di poco a lato di Plasil e un colpo di testa di Miguel Flaño su calcio piazzato che attraversa pericolosamente tutto lo specchio della porta di Casillas.
Proprio quando verso il quarto d’ ora la grafica segnala un 62% di possesso-palla per l’ Osasuna (al Bernabeu!), il Madrid colpisce. Inspiegabile la solitudine di Van Nistelrooy in mezzo all’ area osasunista sullo splendido calcio piazzato di Sneijder dalla trequarti: uno di quei dettagli che contro una grande squadra non ti puoi permettere di trascurare e che in un attimo ti mandano all’ aria quanto di buono puoi aver costruito nel resto del tempo.
Dopo il gol non cambiano gli atteggiamenti delle due squadre, l’ Osasuna continua a fare la partita ma perde coesione e anche qualche pallone in più, lasciando più spazi all’ azione prediletta del Real Madrid (che rimane tale nonostante il cambio di stile, molto più sbandierato che reale, da Capello a Schuster), ovvero la transizione rapida in contropiede, preferibilmente e anzi quasi obbligatoriamente condotto da Robinho.
Nel secondo tempo l’ Osasuna comincia a perdere anche il possesso-palla, e il Real Madrid va più volte vicino al 2-0, soprattutto con le iniziative del solito Robinho (clamorosa però anche l’ occasione fallita da Raul: Ricardo gliela rinvia sui piedi, ma col destro Raul fa fatica anche a porta semi-vuota, lo sappiamo). Stranamente (per le sue abitudini) però il Real grazia l’ avversario, incoraggiandone una nuova fase di offensiva aperta.
Una fase però ancor più improduttiva di quella del primo tempo, all’ Osasuna manca (a parte le giocate brillanti di Vela) proprio il peso e la capacità di sfondamento là davanti, dove è soprattutto Dady a deludere come terminale (per render l’ idea, il capoverdiano è più una boa alla Kanouté o un centravanti di manovra alla Kanu, non è né un ariete-rapinatore alla Van Nistelrooy e né un animale da profondità come Eto’o). Si imporrebbero dei cambi, tipo togliere un centrocampista e passare alle due punte (magari cambiando anche Dady con Sola, che in settimana ha fatto bene in Copa del Rey col Mallorca), il problema è che Ziganda li fa troppo tardi. Portillo infatti entra all’ 80’, quando già da cinque minuti il cannone di Sneijder ha fatto centro al termine di un’ azione contropiede partita manco a dirlo da Robinho e rifinita da Van Nistelrooy e Guti.

I MIGLIORI: Da Robinho parte la grande maggioranza delle azioni pericolose, è sempre la prima opzione per i compagni quando c’è da lanciare il contropiede. Sta tornando rovente il piede di Sneijder, mette un paio di palloni magici dalla destra e segna un gran gol (del quale aveva fatto le prove generali qualche minuto prima con un missile di poco a lato a Ricardo strabattuto). Perfetta, finalmente!, la prestazione di Cannavaro, che spezza numerose azioni con grande scelta di tempo negli anticipi e nei recuperi, merito ancora maggiore quando giochi senza rete di protezione a centrocampo, discorso che vale anche per il solito ottimo Pepe.
Sprazzi di grandissima classe da Vela (strepitoso il tunnel di tacco con cui nel primo tempo va via a Sergio Ramos, il quale lo ha sofferto da matti), giocatore per le cui movenze ho un debole: possiede quella combinazione di velocità (con e senza palla, fondamentale questo) e tecnica che nel calcio d’ oggi fa la differenza, peccato che noi appassionati di Liga potremo godercene solo alcuni assaggi, prima che l’ Arsenal se lo riprenda giocatore fatto e finito…
I PEGGIORI: Dady lo attendevo con molto interesse, ma ieri non ha dato proprio consistenza all’ attacco dell’ Osasuna. Erice, pur volenteroso e in assoluto non malvagio, fa sentire un po’ la mancanza di Puñal, in alcuni momenti perde la posizione e non misura al meglio gli interventi. Avverto tutti che d’ ora in poi prenderò di mira Margairaz: proprio perché lo svizzero è un giocatore che si vede che sa trattare benissimo il pallone, non accetto che affronti le partite con l’ aggressività di un pulcino.

Real Madrid (4-4-2): Casillas 6; Ramos 5,5, Pepe 6,5, Cannavaro 7, Marcelo 6 (78'); Sneijder 7, Diarra 6 (74'), Baptista 5,5 (59'), Robinho 7; Raúl 5,5, V. Nistelrooy 6,5.
Dudek, Heinze s.v. (78'), Gago s.v. (74'), Drenthe, Higuaín, Guti 6 (59'), Saviola.
Osasuna (4-1-4-1): Ricardo 5,5; Azpilicueta 6,5, M. Flaño 6, Josetxo 6, Monreal 6; Erice 5,5; Plasil 6,5 (72'), Héctor Font 6 (80'), Margairaz 5,5 (60’), Vela 7; Dady 5.
In panchina: Elía, J. Flaño, Echaide, Delporte s.v. (72'), H. Viana 6 (60'), Portillo s.v. (80'), K. Sola.

Goles: 1-0 (15'): Van Nistelrooy remata de cabeza dentro del área y sin oposición una falta botada por Sneijder. 2-0 (75'): Sneijder culmina un contragolpe del Madrid con un derechazo desde la frontal que entra pegado al palo derecho de Ricardo.
Árbitro: Teixeira Vitienes, del Colegio Cántabro. Amonestó a Van Nistelrooy (42') y a Marcelo (78').
Incidencias Santiago Bernabéu. Tres cuartos largos de entrada. 70.000 espectadores. El terreno de juego no estaba muy bien por las últimas heladas y en algunas zonas se levantaba con facilidad.

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domenica, dicembre 16, 2007

SEDICESIMA GIORNATA: Recreativo Huelva-Atlético Madrid 0-0

Deludente Atlético, perde l’ occasione dispiccare il volo dando la sensazione di non dolersene nemmeno più di tanto. Bene il Recre, al meglio delle sue possibilità: Victor Muñoz è un tecnico generalmente un po’ snobbato, ma la sua squadra è bene organizzata, e sta costruendo una serie positiva (le ultime 4 partite senza perdere) assai meritevole per una squadra che in estate era una delle maggiori indiziate alla retrocessione e deve arrabattarsi con uno degli attacchi più deboli della Liga, con 12 gol fatti secondo in inefficacia al solo attacco del Levante.

Aguirre deve fare a meno di Maniche, Motta e Antonio Lopez (quest’ ultimo in lutto per la morte della sorella: condoglianze), e così propone Perea terzino e Cléber Santana. Victor Muñoz sposta Camuñas sulla destra (non la posizione prediletta dal giocatore, che si sente più seconda punta) e opta per Marquitos in appoggio a Sinama Pongolle.
La partita sin dalle prime battute la fa l’ Atlético, ma devo dire che il Recre mi è piaciuto molto nella fase di non possesso, compatto e molto aggressivo nei raddoppi, messo in imbarazzo dall’ Atlético soltanto su una punizione di Simao e su un sinistro poderoso di Forlan dal limite dell’ area, entrambe le conclusioni ben neutralizzate da Sorrentino. Passata la metà del primo tempo, la manovra dell’ Atlético perde continuità, e i padroni di casa hanno l’ occasione di mettere il naso fuori dalla metacampo con più frequenza: gli uomini di Victor Muñoz generalmente non rinunciano a giocare, cercano di non buttare via il pallone e di distendersi in contropiede, anche se il loro attacco oltre che leggero e senza punti di riferimento è anche, come al solito, parecchio spuntato.
L’ avvio della ripresa va in controtendenza rispetto alla natura molto bloccata dell’ incontro, le squadre si allungano e cercano il colpo risolutivo, Agüero sbaglia due occasioni non da lui, mentre la palla-gol del Recre, ghiottissima, capita sui piedi di Camuñas, che approfitta di una dormita di Pernia ma si fa ipnotizzare a tu per tu con Abbiati.
L’ Atlético perde le redini, il controllo del centrocampo (infoltito con l’ ingresso di Barber, anche se la decisione di richiamare Marquitos è discutibile: comunque il successivo ingresso di Rosu per Carlos Martins riporterà il 4-4-2 di partenza) passa al Recre, che comunque non produce granchè di rilevante, se si escludono le iniziative dell’ attivissimo Camuñas, che si vede ancora una volta negare il gol da Abbiati su una girata.
Aguirre cerca di dare una rinfrescata sugli esterni, inserendo Reyes e Luis Garcia, che vanno vicini entrambi al gol, il primo con una percussione sventata di piede da Sorrentino, il secondo su una respinta repentina in un’ azione da calcio, conclusione che trova ancora prontissimo Sorrentino. Giusto così, l’ Atlético di stasera meritava ben poco.

I MIGLIORI: Benissimo i due portieri italiani: Sorrentino sempre molto sicuro, Abbiati determinante in un paio di occasioni, sta sfruttando bene la chance dell’ infortunio a Leo Franco. Molto vivace Camuñas, mobile e dotato nel dribbling, ma non proprio eccelso come finalizzatore. Sempre molto regolare Jesus Vazquez, continuo nello spezzare e rilanciare il gioco in mediana. A parte un fallo di mano sciocco nel primo tempo, bene Pablo, affidabile al centro della difesa assieme ad Eller.
I PEGGIORI: Cerca di lanciarsi negli spazi Sinama con la sua velocità, ma è generalmente impreciso e poco lucido nel condurre le sue azioni. Agüero mostra la solita straordinaria padronanza col pallone fra i piedi (ne ha sempre due o tre che gli si aggrappano da tutte le parti e non hanno altro rimedio che il fallo), ma cicca due occasioni non da lui (soprattutto la seconda, un pallonetto veramente insipido davanti a Sorrentino), esecutore solitamente tanto raffinato quanto freddo e spietato. Incidono poco sia Maxi Rodriguez che Simao, Pernia rischia di combinarla grossa nel secondo tempo.

Recreativo (4-4-1-1): Sorrentino 7; Calvo 6, Iago Bouzon 6,5, Caceres 6, Poli 6,5; Camuñas 6,5 (dall’ 88’ Varela s.v.), Carlos Martins 6 (dal 79’ Rosu s.v.), Jesus Vazquez 6,5, Aitor 6; Marquitos 6 (dal 66’ Barber 6); Sinama Pongolle 5,5.
In panchina: Luque, Dani Bautista, Quique Alvarez, Congo.
Atlético Madrid (4-4-2): Abbiati 7; Perea 6, Pablo 6,5, Eller 6,5, Pernia 6; Maxi Rodriguez 5,5, Raul Garcia 6, Cléber Santana 6, Simao 5,5 (dal 66’ Reyes 6); Forlan 6, Agüero 5,5 (dal 66’ Luis Garcia 6).
In panchina: Falcón, Antonio Lopez, Zé Castro, Miguel, Valera, Mista.

Arbitro: Daudén Ibañez. Ammoniti: Calvo, Iago Bouzon, Poli per il Recreativo; Perea, Pablo, Maxi Rodriguez e Reyes per l’ Atlético Madrid.

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SEDICESIMA GIORNATA: Valencia-Barcelona 0-3: Eto’o; Eto’o; Gudjohnsen.

Come per l’ 1-5 del Madrid su questo stesso campo, non sapremo mai la verità sulla partita di ieri sera, se si sia trattato di una prestazione fantastica del Barça o più semplicemente di una sessione di allenamento svolta nel migliore dei modi contro un avversario derelitto.
Espressa quest’ incognita, il Barça sembra comunque proseguire sulla strada giusta, sulla via di una crescita iniziata a Lione in Champions, proseguita nel derby del Montjuic e anche nel secondo tempo dell’ ultima sfida casalinga col Depor, nonostante tutti gli stenti e le sofferenze dell’ occasione. I blaugrana si stanno ritrovando come squadra, dal punto di vista della mentalità e dell’ ordine tattico.
Sembra soprattutto che chi occupa quella panchina sia tornato a fare bene il suo lavoro, dopo la “vacanza” dell’ anno scorso: Rijkaard insiste sulla formazione migliore possibile al momento attuale, senza cedere a compromessi e infischiandosene di eventuali polemiche giornalistiche come quella, troppo facile, riguardante il Ronaldinho panchinaro. Così, in attesa del pieno reintegro di Deco, Xavi-Gudjohnsen diventa la linea di mezzeali più completa, solida ed equilibrata, Iniesta a sinistra garantisce più resa offensiva e difensiva di “balon parado” Ronaldinho, Puyol terzino destro dà più ampiezza e profondità di Zambrotta, Marquez accanto all’ intoccabile Milito assicura grande personalità, senso della posizione e l’ indispensabile capacità di impostare con qualità e precisione il gioco sin dalle retrovie. Ma l’ elemento decisivo è sicuramente il ritorno in grande stile di Samuel Eto’o, il giocatore di gran lunga più insostituibile della rosa blaugrana, l’ unico in grado di fornire le accelerazioni e gli sbocchi decisivi al gioco blaugrana, troppo troppo dipendente dai movimenti dell’ asso camerunese.
Su questo panorama positivo in vista della resa dei conti col Real Madrid di domenica prossima, incombono però nuvoloni belli grossi: impossibile non fare i conti con l’ infortunio muscolare che al 40’ del primo tempo ha bloccato Messi, non solo per la partita col Madrid, ma per tutto il prossimo mese almeno, assenza che verrà a coincidere con quelle di Yaya Touré ed Eto’o, impegnati nella Coppa d’Africa, in una congiuntura assai delicata per il Barça nei mesi di Gennaio e Febbraio.

Del Valencia non si sa più cosa dire: tristezza infinita per un progetto che in questi anni ha portato con sé investimenti faraonici e grandi giocatori per un ciclo che in realtà non è mai nemmeno cominciato. E’ la società la prima responsabile, per aver ritardato i tempi della destituzione di Quique ed aver,col frettoloso ingaggio di Koeman consegnato così la squadra al disorientamento più totale.
Una transizione disastrosa: con Quique non si vedeva una squadra con grande futuro, ma perlomeno la vetta restava sempre a pochi punti di distanza, ora con Koeman è caduta libera: 10 punti dalla vetta, in 6 partite fra Champions e Liga una sola vittoria, una sola partita con gol all’ attivo (il 3-0 al Murcia), una devastante sensazione di spaesamento, coi giocatori che non sanno dove situarsi fra il vecchio calcio di Quique e i nuovi molto presunti principi di Koeman. Fra disquisizioni totalmente fuorvianti sul 4-4-2 o il 4-3-3 (che dovrebbe essere il nuovo modulo di Koeman, in realtà io non l’ ho visto proprio), il Valencia resta lo stesso: sempre lontantissimo dalla porta avversaria, la squadra che forse arriva meno al tiro di tutta la Liga, manovra asfittica ed improvvisata, e una spaventosa vulnerabilità difensiva.
Al di là di alcune comprensibili ma non pienamente legittime recriminazioni sulla situazione affidatagli (sull’ organico: “troppe punte, troppi mancini e pochi centrocampisti”; sulla preparazione atletica e sulla mentalità dei giocatori), aggravata dalla consueta serie di infortuni (assente Villa ieri, si è pure infortunato Morientes nel primo tempo: retaggio dlel’ era Quique questa facilità d’ infortunio, non può essere casuale), sarà bene che il tecnico olandese si assuma anche le sue di responsabilità, che cominciano ad affiorare tutte.
Personalmente troppi giocatori nella rosa valenciana mi paiono svuotati, invecchiati, senza più ambizioni e in grado di offrire ancora molto poco: discorso che inquadra in pieno le situazioni di Helguera, Marchena, Baraja (attualmente infortunato) e ovviamente anche Canizares, ma che rischia di coinvolgere anche il declinante Albelda e Morientes, trascinando nella depressione, in una sorta di reazione a catena, gente come Silva e Villa che avrebbe ancora tanto entusiasmo e buon calcio da offrire. Se aggiungiamo altri come Vicente, che lavora per tornare ad essere giocatore a tutti gli effetti, o Joaquin, che giocatore vero forse non lo diventerà mai, si ha un quadro della situazione delicatissimo.
Una fase della stagione che impone scelte drastiche, radicali: tutti gli obiettivi più importanti ormai sono sfumati, ritengo quindi opportuno un repulisti, una rivoluzione che parta dalle menti ancora non corrotte dei giocatori più giovani: recuperare il deludente Manuel Fernandes visto finora, lanciare Sunny in pianta stabile, inserire progressivamente Montoro (nonostante il regista del Valencia B ieri sia stato travolto dalla bufera, un po’ mandato allo sbaraglio da Koeman) e dare molto ma molto più spazio a Mata, che se lo merita. Una svolta simile non garantirà nulla a breve termine, mancheranno esperienza e malizia, ma di sicuro non verrà mai a mancare quell’ impegno e quell’ energia che brillano per la loro assenza nei bovini che deambulano attualmente per il Mestalla.

E’ dominio ospite sin dal primo minuto: il Valencia si cala perfettamente nei panni della vittima sacrificale senza speranza alcuna, e corre dietro alle ragnatele di passaggi blaugrana. Prima Eto’o, smarcato da Messi, fallisce un aggancio facile a tu per tu con Canizares (prova generale del gol), poi Touré inquieta di testa su calcio d’ angolo, infine ecco al 12’ il vantaggio del Barça, secondo logica cristallina: un capolavoro di Eto’o, che fa vedere in un colpo solo cosa il Barça perde irrimediabilmente senza di lui. Forza d’ urto, rapidità, istinto assassino, tecnica, c’è tutto nello 0-1: servito ancora una volta da Messi, che finchè è stato in campo non l’ ha mai smessa di sconquassare la trequarti accentrandosi della destra, il camerunese indugia un attimo, il tempo di mandare a vuoto Marchena e di evitare con un tunnel il rientro di Montoro, poi esplode un sinistro imprendibile all’ incrocio.
Il Barça è padrone a centrocampo, e qui si vede che razza di campione è Xavi quando la squadra si muove attorno a lui nella maniera più congeniale. Il Re del calcio di possesso trova finalmente appoggi in abbondanza per esprimere tutto il suo magistrale senso del gioco, scegliendo di volta in volta la migliore opzione, sempre col suo inconfondibile caracollare in mezzo al campo: i movimenti continui ed intelligenti di Gudjohnsen e Iniesta (che si scambiano ripetutamente la posizione) in zona centrale gli offrono le sponde per triangolare e far progredire l’ azione, i terzini accompagnano costantemente, e davanti l’ amicone Eto’o offre gli indispensabili sfoghi per dare profondità.
Proprio da Xavi parte l’ azione del 0-2, quella che meglio rappresenta il divario fra le due squadre: trama ipnotica, Valencia impotente, triangolazione Xavi-Eto’o, da Xavi a Messi, da questi in profondità per Eto’o, che brucia i centrali e fulmina di prima intenzione. Equivale a morte sicura contrapporre due centrali dell’ “agilità” di Marchena ed Helguera ad Eto’o, al camerunese basta un colpo sull’ acceleratore per prendergli le spalle e creare valanghe di opportunità.
La partita vera finisce qui, al 26’, l’ unico motivo di interesse sono gli infortuni, quello pesante di Morientes per Koeman (entra Vicente, il superbomber Arizmendi va a fare l’ unica punta…) e quello pesantissimo di Messi per Rijkaard, che sorprendendo tutti manda in campo Giovani invece di Ronaldinho. Sorpresa relativa, perché il messicano degli attaccanti è quello coi movimenti e le caratteristiche che maggiormente si avvicinano a quelle di Messi, fatte le debite proporzioni.
Giovani si mette in bella mostra nel secondo tempo, portato su toni più pacati dai blaugrana, che solitamente preferiscono dedicarsi al torello piuttosto che infierire sull’ avversario (a differenza del Real Madrid, di rara brutalità quando ha la partita in discesa): il messicano prima impegna Canizares in una bella parata su gran tiro a girare verso il secondo palo, poi entra in maniera decisiva nell’ azione del terzo gol, ancora avviata da Xavi, servendo Gudjohnsen per il tap-in a porta vuota, premio meritato alla partita dell’ islandese (Giovani invece si vedrà negata la gioia del gol da un salvataggio sulla linea).
E’ solo il 61’, ma non succederà più nulla di rilevante, tant’è che il pubblico del Mestalla comincia a prendere la strada di casa già con mezz’ora d’ anticipo sul fischio finale.

I MIGLIORI: Eto’o impagabile: oltre a bucare le reti con puntualità svizzera, si offre, appoggia, pressa, detta il passaggio… Da manuale. Fenomenale Xavi: non è e non sarà mai il giocatore decisivo, ma se c’è un’ orchestra valida lui la dirige come nessuno. Sempre meglio Gudjohnsen: l’ anno scorso deludente e in alcuni casi pure goffo, quest’ anno mostra una condizione migliore ed offre alternative importanti al centrocampo: ha resistenza atletica, forza e intelligenza tattica (ottimi meccanismi con Iniesta), non la finisce mai di proporsi ai compagni, giocando semplice e rendendosi pericoloso nell’ inserimento senza palla. Uno di quegli elementi che migliorano il gioco di una squadra.
Impeccabile la coppia Marquez-Milito, concentrazione (quando il messicano ha la testa nella partita è uno dei migliori in assoluto) e perfetto controllo dei tempi e degli spazi. Nel Valencia qualche sprazzo decorativo soltanto da Mata, affamato di minuti e voglioso di dimostrare quanto sia stato ingiustificato l’ ostracismo mostrato finora nei suoi confronti.
I PEGGIORI: Un disastro la coppia Helguera-Marchena, devastata (come era prevedibile viste le caratteristiche) da Eto’o. Sugli altri non mi esprimo nemmeno, sennò dovrei arrivare a coinvolgere l’ intero organigramma societario.
Nel Barça, ancora incerto Valdes dopo il Deportivo: chiude bene lo specchio sulla punizione di potenza di Vicente in pieno recupero, ma rischia di regalare un gol circa un quarto d’ora prima, ancora su un calcio piazzato a spiovere dalla lunga distanza, come quello di Juninho che lo aveva ingannato a Lione.

Valencia (4-3-3): Cañizares 6; Miguel 5,5, Marchena 4,5, Helguera 5, Moretti 5 (72'); Montoro 5, Albelda 5, Silva 5,5; Joaquín 5 (65') Morientes s.v. (41’), Arizmendi 5,5.
In panchina: Mora, Lombán s.v. (72'), Sunny Vicente 5 (41'), Zigic, Fernandes, Mata 6 (65').
Barcelona (4-3-3, questo sì): Víctor Valdés 5,5; Puyol 6,5, Márquez 7, Milito 7, Abidal 6,5; Xavi 7,5, Touré 6,5 (65'), Gudjohnsen 7; Messi 7 (44'), Eto’o 8 (67') Iniesta 6,5,
In parnchina: Jorquera, Bojan s.v. (67'), Deco s.v. (65'), Ronaldinho, Zambrotta, Giovani 6,5 (44'), Sylvinho.

Goles 0-1 (12'): Etoo engancha un fuerte disparo con la izquierda tras sentar con un regate a Marchena y Montoro. 0-2 (26'): Etoo culmina una gran jugada colectiva del Barça coronada con un pase de Messi. 0-3 (61'): Gudjohnsen, a pase de Giovani.
Árbitro Iturralde González, del Colegio Vasco. Amonestó a Montoro (56'), Arizmendi (59'), Helguera (68') y Deco (90').
Incidencias Mestalla. Alrededor de 45.000 espectadores. Terreno de juego en perfectas condiciones.

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sabato, dicembre 15, 2007

SEDICESIMA GIORNATA: Espanyol-Levante 1-0: Jarque.

Era forte in me la tentazione di non scrivere nulla su questa partita inguardabile, ma alla fine ha prevalso il dovere di informarvi che nel 2007, ebbene sì, capita ancora di vedere partite simili. Una cosa barbara.
L’ Espanyol, trovato subito il gol, ha finito col perdere ogni motivazione di fronte a un avversario così scarso, accontentandosi del minimo indispensabile e adeguandosi più che volentieri allo squallido contesto. Qualche timido fischio, pure comprensibile (del resto la gente paga il biglietto), dagli spalti semivuoti del triste Montjuic, ma ciò che conta sono i tre punti che sostengono sempre più saldamente le ambizioni europee di questa squadra, raramente spettacolare ma tremendamente solida ed efficace.

Il timore nemmeno troppo velato dei padroni di casa (privi di nomi eccellenti come Luis Garcia e Riera) era quello di essere costretti ad elaborare gioco contro un’ avversario tutto chiuso dietro, non proprio il pezzo forte di una squadra che si trova molto più a suo agio agendo di rimessa negli spazi piuttosto che facendo la partita. Timore sulla carta suffragato dalla scelta di De Biasi per un 5-4-1 super-abbottonato, extrema ratio sbandierata in settimana dal tecnico italiano di fronte ai continui disastri difensivi della propria squadra. Tutto però rimane solo sulla carta, otto minuti e al primo attacco serio, su un calcio d’ angolo, Jarque è liberissimo prima di colpire di testa addosso Storari poi di ribattere in rete.
Qui finisce la partita dell’ Espanyol e termina anche la partita in senso generale, perché la reazione degli ospiti, pur incoraggiati dall’ apatia espanyolista, rimane ancorata a una povertà di mezzi assoluta (Courtois si sgancia tantissimo sulla sinistra ma non ne azzecca una). Così anche il secondo tempo, Espanyol blando, lento e svogliato, De Biasi tenta in ogni modo di rimescolare le carte (prima Berson per Juanma, cambio poco comprensibile anche se il francese non farà male, poi Ettien per Tommasi col passaggio al 4-4-2 e Riga-Riganò di punta, cui poi si aggiungerà Geijo nel finale) ma nulla ottiene.

I MIGLIORI: Altra ottima prova di Zabaleta, sempre più convincente, giocatore che alla grinta e al dinamismo sta aggiungendo una maturazione tattica importante. Nel Levante si salva il solo Alvaro, esperto, vigoroso e autorevole, anche se al brasiliano è stata condonata nel secondo tempo una chiara espulsione su ancor più chiara occasione da gol per Tamudo lanciato a rete.
I PEGGIORI: Courtois pasticcione e più volte superato sulla sua fascia, Riga tanto per cambiare volenteroso ma confusionario.

Espanyol (4-4-1-1): Kameni 5,5; Zabaleta 6,5, Torrejon 6, Jarque 6,5, David Garcia 6; Valdo 5,5 (dal 77’ Smiljanic s.v.), Moisés Hurtado 6, Angel 6 (dal 91’ Lacruz s.v.), Moha 5,5 (dal 67’ De la Peña s.v.); Coro 5,5; Tamudo 6.
In panchina: Lafuente, Chica, Rufete, Jonathan Soriano.
Levante (5-4-1): Storari 5,5; Descarga 6, Cirillo 6, Alvaro 6,5, Serrano 5,5, Courtois 5 (dall’ 81’ Geijo s.v.); Juanma 6 (dal 56’ Berson 6), Tommasi 5,5 (dal 68’ Ettien s.v.), Javi Fuego 5,5, Riga 5,5; Riganò 5,5.
In panchina: Kujovic, David Castedo, Viqueira, Rubiales.

Gol: Jarque 8’.
Arbitro: Undiano Mallenco. Ammoniti: Valdo per l’ Espanyol; Serrano, Alvaro, Javi Fuego, Berson per il Levante.

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Analisi Racing.

A quest’ altezza della stagione, più che i contorni della squadra-rivelazione il Racing sta assumendo quelli della squadra-miracolo: sesto posto, 26 punti dopo quindici giornate spremuti dal bottino tutt’ altro che trascendentale di 15 gol fatti e 13 subiti, e da una rosa risicata negli effettivi e piuttosto limitata dal punto di vista qualitativo, che tutti indicavano in estate come una delle maggiori se non la prima candidata alla retrocessione (soprattutto per il fatto che i giocatori per completare la rosa sono arrivati tutti nelle ultimissime ore di mercato). Doveva però far già pensare il fatto che un tecnico come Marcelino avesse preferito comunque una piazza povera come Santander alle sicuramente maggiori disponibilità economiche del Betis: evidentemente al Racing hai quella possibilità di programmare e lavorare in piena tranquillità che col divora-allenatori Lopera e nell’ ambiente in costante ebollizione della metà verdiblanca di Siviglia ti puoi pure scordare…
Esattamente come l’ anno scorso al Recre, Marcelino si è visto arrivare all’ ultimo tutti i rinforzi (anche se la struttura di centrocampo e difesa era già pronta, le operazioni in extremis hanno riguardato l’ attacco, con Smolarek e Tchité, e le riserve che nei vari reparti potessero completare la rosa), e in ben poco tempo ha assemblato un collettivo che gira a memoria e che a molti avversari va di traverso, a partire dal Barça completamente annullato alla prima giornata, e giocando pure in 10 per buona parte del secondo tempo! L’ arma in più del Racing è proprio il suo tecnico: il suo 4-4-2 scolastico non si propone nessun intento rivoluzionario, ma è costruito sulle solide fondamenta dell’ umiltà, di un lavoro meticoloso sugli automatismi, sugli avversari e sulla psicologia dei propri giocatori, convinti che se ogni volta che scendono in campo svolgono minuziosamente ognuno le proprie mansioni, allora come minimo sarà difficile perdere.
A questo Racing dà un’ enorme sicurezza la propria solidità difensiva, l’ ancora di salvezza e il punto di partenza di ogni sua ambizione competitiva: Marcelino nella Liga è forse il tecnico in assoluto più bravo ad organizzare la fase di non possesso, un vero e proprio artista nello schierare la squadra “corta”.
Lo abbiamo già detto l’ anno scorso per il suo Recre, sembra quasi che i suoi giocatori si muovano come se fossero legati l’ uno all’ altro da una corda. Da una parte all’ altra del campo, scivolano con sincronismi e distanze sempre impeccabili, che rendono assai complicata l’ impostazione del gioco agli avversari. Il raddoppio è pressochè automatico in ogni zona del campo, e c’è sempre un terzo uomo che vigila nei pressi, pronto a recuperare il pallone e rilanciare l’ azione. Esempio: prende palla l’ esterno avversario, lo aspetta il terzino deputato, l’ esterno raddoppia e il centrale di centrocampo più vicino rimane pronto a “intrappolare” l’ avversario qualora decidesse di cercare spazio in zona centrale (pensate al tipo di esterni d’ attacco con cui gioca il Barça-che chiedono palla sul piede e amano accentrarsi-e capirete perché i blaugrana non hanno cavato un ragno dal buco nella loro visita al Sardinero).
Quella del Racing è una difesa forte non perché possieda fenomeni, ma perché difendono tutti, a partire dagli attaccanti. La strategia prediletta prevede un ripiegamento massiccio dietro la linea della palla: l’ avversario viene invitato ad avventurarsi nella propria metacampo, lo si induce a distendersi e a sguarnire così spazi sensibili nelle proprie retrovie, per poi colpirlo con contropiedi rapidi e il più possibile essenziali, sviluppati in pochi tocchi e con una ricerca insistita della profondità. Si cerca di favorire il recupero del pallone in determinati momenti e zone strategiche del campo, quando gli avversari magari cercano di portare avanti i propri terzini ed espongono così a situazioni di potenziale parità numerica con gli attaccanti del Racing i loro difensori.
Una volta riconquistato il pallone, Marcelino chiede una cosa soltanto in fase offensiva: velocità. Due punte estremamente mobili sono un ingrediente irrinunciabile del suo calcio (in questo senso la vendita estiva di Zigic non gli ha fatto né caldo né freddo, il serbo non sarebbe rientrato comunque nei suoi piani), e già nel Recre abbiamo imparato a conoscere il movimento tipico che anima il fronte offensivo delle sue squadre, una giocata che ha ormai il copyright: l’ esterno destro di centrocampo (ieri Cazorla, oggi Jorge Lopez) taglia verso il centro della trequarti, mentre i due attaccanti (ieri Sinama e Uche, oggi Munitis e uno fra Tchité e Smolarek) si dividono il compito di aprire la difesa avversaria nell’ azione di rimessa: solitamente uno dei due (preferibilmente Munitis) si sposta verso la fascia per allargare la difesa, mentre l’ altro (Tchité o Smolarek) attacca lo spazio fra i due centrali.
Transizioni dirette e con pochi fronzoli, interessa trovare la via più rapida e semplice verso la porta avversaria piuttosto che intrattenersi in manovre elaborate non alla portata delle esigenze e della possibilità di questa squadra, e si cerca in ogni caso di finalizzare l’ azione, per evitare di dare adito a perdite di palloni che possano trovare il resto della squadra impreparata nella fase di ripiegamento. Negli spazi aperti dal movimento degli attaccanti non di rado si verifica l’ inserimento a sorpresa di un centrocampista (Colsa è lo specialista) dalla seconda linea.
Una squadra anche piacevole per come si muove a memoria in entrambe le fasi, ma che ha certo un evidente limite nella natura esclusivamente meccanica, quasi robotizzata del suo gioco. Risponde soltanto a situazioni già studiate in precedenza, non sa affrontare variazioni in corsa. Non glielo permette la qualità della rosa: il centrocampo manca quasi completamente di creatività, l’ unica cosa che può fare (e che fa nella miglior maniera possibile) è reagire alla mosse avversarie, ma mai proporre o imporre.
Attaccare una difesa schierata o recuperare uno svantaggio diventa una fatica improba, tanto più che le possibilità di cambi e di variabili tattiche a partita in corso di cui può disporre Marcelino sono limitatissime (non a caso si parla di rinforzi per Gennaio, soprattutto per quanto riguarda gli esterni a centrocampo). Marcelino che sicuramente al Recreativo aveva la possibilità di offrire un calcio anche più brillante dal punto di vista offensivo, pensando alle caratteristiche di elementi di Viqueira e Cazorla, tipologie di giocatori drammaticamente assenti nella attuale rosa racinguista. E’ pensando quindi a simili difficoltà che si accresce lo stupore per la sbalorditiva efficienza mostrata finora da questo Racing.



-----------------------Toño-----------------------

Pinillos-------Garay-----Oriol-----Luis Fernandez

Jorge Lopez-----Colsa---Duscher----------Serrano

---------------Munitis----Smolarek---------------

Altri giocatori. Portieri: Coltorti, Calatayud. Difensori: Sergio Sanchez, Moraton, Samuel, Ayoze, Marcano, César Navas, Christian Fernandez. Centrocampisti: Jordi Lopez, Szetela, Portilla, Luisma, Sarmiento. Attaccanti: Tchité, Bolado, Jonatan Valle.


DIFESA
Mai e poi mai mi sarei aspettato di vedere un Toño su questi livelli. Il portiere che l’ anno scorso non tratteneva un pallone, che si accartocciava per le papere più inverosimili, che faceva quasi tenerezza per la sua goffaggine, quest’ anno sta giocando così da bene da proporsi addirittura come uno dei migliori portieri di queste prime 15 giornate di Liga. Sicuro, continuo, in alcuni casi pure decisivo, vedi la trasferta di La Coruña dove ha parato tutto il parabile. Marcelino lo aveva già avuto in Segunda al Recreativo, nell’ anno della promozione, ed è riuscito a riportarlo su quei livelli che a me, lo ammetto in tutta sincerità, erano assolutamente ignoti.
Pinillos (14 presenze, tutte da titolare) a destra è uno dei punti fermi e delle anime dello spogliatoio del Racing assieme a Colsa e Munitis. Decisamente anonimo sul piano offensivo, è invece molto diligente ed affidabile in fase difensiva, tatticamente attento, puntuale e aggressivo sull’ uomo, non facile da superare in uno contro uno per la buona rapidità e reattività.
Garay (15 presenze da titolare, 1 gol) è il giocatore che spicca, quello di maggior richiamo in sede di mercato, seguito da vicino dal Real Madrid. Il 21enne argentino brilla per la personalità e un’ abilità di lettura delle situazioni non comune. Dotato di ottimo senso della posizione, slanciato (1,89x83), fortissimo nel gioco aereo, non sembra avere i movimenti del pachiderma, anche se credo vada verificato in contesti tattici più delicati, dove gli spazi da coprire son più ampi, questo Racing così organizzato infatti semplifica molto il lavoro dei propri difensori. Alle abilità strettamente difensive Garay aggiunge poi il vizio del gol, che in un difensore non è mai necessario ma è pur sempre una bella ciliegina sulla torta: specialista dei calci di rigore, molto pericoloso anche quando va a staccare nell’ area avversaria. Tenta anche la botta su punizione (gran gol l’ anno scorso al Bernabeu), essendo dotato di un destro potente e calibrato, utile anche per lanci e cambi di gioco dalla difesa.
Accanto a Garay Oriol (10 presenze, 9 da titolare), giocatore poco appariscente ma efficace, bada al sodo e sta avendo un buon rendimento. A sinistra un veterano, Luis Fernandez (13 presenze, 12 da titolare), 35 anni, ex-bandiera del Betis, tornato l’ anno scorso in Cantabria per finire la carriera, proprio in quel Racing dove aveva mosso i primi passi. Terzino a suo tempo dalla chiara connotazione offensiva, ora con gli anni si limita a giocare d’ esperienza e a tenere la posizione, tanto più che il modulo di Marcelino richiede rare avanzate ai terzini, tutt’ al più qualche inserimento a sorpresa, ma mai un supporto costante all’ azione d’ attacco.
Le alternative, come per gli altri reparti, non sono certo esaltanti per profondità e qualità, Marcelino si stiene stretto il suo undici-base. Principale alternativa a Pinillos è Sergio Sanchez, impiegabile anche da centrale (dove ha giocato la maggior parte delle 10 presenze raccolte finora, 6 delle quali da titolare), scuola Espanyol, un semestre al Real Madrid Castilla l’ anno passato, un giocatore elegante e dai mezzi interessanti, ma ancora in secondo piano.
Al centro, dopo Sergio Sanchez, altre opzioni di fatto poco o nulla praticate: il racinguista di lungo corso Moraton (2 presenze, entrambe da subentrato); Samuel (1 sola presenza da sostituto), per il quale si parla di un prestito a Gennaio in Segunda al Las Palmas; il 20enne canterano Marcano, che ha avuto la somma sfortuna di infortunarsi seriamente al suo esordio assoluto in Primera, sul campo dell’ Almeria; il marcantonio César Navas (1,96x 89), esperienze abbastanza solide al Malaga e al Nàstic, ma finora nemmeno un minuto in campo, indisponibile per infortunio.
A sinistra il primo ricambio per Luis Fernandez è il canario Ayoze, utilizzato soprattutto a partita in corso (8 presenze da subentrato sulle 11 totali), uno dei cambi classici di Marcelino, che non di rado lo avanza come esterno di centrocampo quando deve blindare la fascia per conservare il risultato. Cristian Fernandez, prodotto della cantera locale, invece ha finora trovato spazio soltanto in due occasioni, a partita in corso per 21 minuti totali.

CENTROCAMPO
Duscher-Colsa è l’ asse portante del centrocampo, fondamentale per gli equilibri tattici. Coppia da 6 in pagella assicurato, di creatività nulla e geometrie banali ma di enorme sostanza, grande esperienza e quantità. Duscher (13 presenze da titolare, 1 gol) resta più basso, con compiti esclusivamente difensivi: giocatore non mobilissimo, ma navigato e sanamente malizioso, che in campo sa sempre dove stare, prezioso nello spezzare il gioco spendendo all’ occorrenza il fallo tattico. Gonzalo Colsa (15 presenze da titolare) risponde invece al prototipo classico del “tuttocampista”: copre una fetta di campo estremamente ampia e fonde il contachilometri ad ogni partita. All’ Atlético ha dimostrato di non avere la qualità per certi palcoscenici, ma rientrato alla casa madre è tornato il giocatore utile di sempre, che interpreta il gioco con la massima intensità, cercando di dare una mano ovunque ci sia bisogno: pressa, raddoppia, ruba palla, riparte, avvia il contropiede e si presenta spesso all’ inserimento a rimorchio degli attaccanti, bravo a scegliere il tempo per sorprendere le difese avversarie.
Jordi Lopez dovrebbe rappresentare un’ alternativa più portata alla costruzione della manovra, ma in realtà è un elemento che finora non ha mostrato alcunchè di rilevante, sia al Sevilla che al Mallorca l’ anno scorso, linea di rendimento che sta seguendo fedelmente anche al Racing (10 presenze, 2 sole da titolare). Non sarebbe un’ idea malvagia provvedere in questo senso nel mercato di Gennaio (un’ idea, ma è tutta personale, potrebbe essere quella di chidere il prestito di Crosas al Barça). Lo yankee Danny Szetela, 20enne centrocampista difensivo (buon protagonista all’ ultimo Mondiale Under 20), è invece chiaramente un investimento a lungo termine, visto che Marcelino finora non gli ha riservato nemmeno un minuto, anzi rare son state persino le presenze in panchina.
Sulle fasce, giocatori contatissimi, e infatti il primo rinforzo invernale sarà l’ esterno destro Pablo Alvarez, snobbato (eufemismo) da Lotina al Depor. A destra Jorge Lopez è il giocatore di maggior tasso tecnico, quello che più di tutti ha il compito di inventare. Non è mai stato un vero e proprio esterno, non ne ha il passo, ha sempre preferito venire nel mezzo per cercare la rifinitura o il destro da fuori, movimenti che si sposano benissimo proprio con ciò che Marcelino richiede al suo esterno destro (ricordate Cazorla al Recre).
Ventinove anni, troppi, davvero troppi persi per strada (il Valencia era diventato quasi un vicolo cieco), in Cantabria sta finalmente ricostruendosi, mezzala-centrocampista offensivo (utilizzabile volendo anche al centro, in una variante più offensiva del 4-4-2 ancora non sperimentata da Marcelino) dallo stile e dal trattamento del pallone sempre eleganti, ottimo tiratore (già 4 gol nelle 15 presenze totalizzate, 14 delle quali da titolare), ma con qualche limite di troppo sul piano della personalità e del ritmo, incapace di offrire accelerazioni destabilizzanti sulla trequarti. Una soluzione interessante per ovviare a ciò potrebbe essere lo spostamento di Munitis sulla destra, che permetterebbe di avere un’ azione offensiva più rapida e profonda, permettendo al contempo l’ utilizzo là davanti di due punte pure come Tchité e Smolarek.
A sinistra Oscar Serrano (14 presenze da titolare, 2 gol), mancino di grande corsa e generosità, aiuta sempre in copertura ed in fase offensiva attacca lo spazio con convinzione, discreto lo spunto nell’ uno contro, incrocia bene la conclusione mancina, secca e tesa. Non avendo a disposizione alternative di ruolo (il giovane Portilla, 19 anni, ancora non viene considerato), Marcelino si deve accontentare di proporre come cambi in corsa di volta in volta Munitis, quando c’è da aumentare il potenziale offensivo, oppure Ayoze, quando viceversa occorre coprirsi un po’.
Rimane un caso scottante il talento argentino 17enne Brian Sarmiento, ancora non impiegabile per problemi burocratici tuttora irrisolti riguardanti le modalità del suo trasferimento dall’ Estudiantes.

ATTACCO
Attacco leggero, veloce e mobile, per sfruttare l’ azione di rimessa senza dare punti di riferimento statici all’ avversario. Munitis (15 presenze da titolare, 3 gol) è il “capoccia”, giocatore del quale Marcelino non si stanca mai di sottolineare la straordinaria professionalità. Si muove in appoggio al centrocampo per poi andare palla al piede, oppure detta il passaggio tagliando verso le fasce per allargare le maglie della difesa avversaria. A 32 anni ha perso un po’ dello spunto imprendibile degli anni migliori, ma rimane un giocatore fastidiosissimo per la costante mobilità che offre su tutto il fronte d’ attacco, la rapidità di gambe nell’ uno contro uno e le velenose traiettorie tagliate che partono dal suo sinistro (sui calci piazzati dalla destra, tende a chiudere molto sul primo palo, basta una leggera deviazione per creare danni serissimi).
La punta più avanzata dell’ attacco se la contendono i due acquisti estivi di maggior richiamo, Tchité (12 presenze, 6 da titolare, 3 gol) e Smolarek (14 presenze, 9 da titolare, 1 gol), entrambi arrivati nelle ultime ore del mercato e ancora in grado di esprimersi possibilmente meglio rispetto al livello comunque non malvagio garantito finora.
Tchité (nato in Burundi, ma ha anche i passaporti belga, rwandese e congolese) ha ottimi movimenti senza palla, è intelligente nel dettare il passaggio ed efficace nel proporsi in profondità, oltreche veloce, agile ed esplosivo, ma gli manca qualcosina sul piano tecnico, ed ha mostrato talvolta una certa precipitazione in sede di finalizzazione. Smolarek, polacco che ha costruito una buona credibilità soprattutto nella sua esperienza al Broussia Dortmund, ha numeri migliori palla al piede, non ha paura di tentare la giocata elegante per superare l’ avversario in dribbling, ama andare in azione individuale, sia cercando lo sfondamento centrale sia cercando l’ uno contro uno sulle fasce. In area di rigore poi ha fiuto, non è un gran tiratore né ha doti di ariete, ma è svelto e opportunista sottomisura. In grande evidenza nell’ ultima contro il Mallorca, le quotazioni sono in ascesa e la maglia da titolare sempre più sua.
Completa l’ attacco il 18enne canterano Bolado, che Marcelino ha buttato nella mischia nelle prime due giornate contro Barça e Zaragoza (le uniche due da titolare delle 5 presenze totalizzate finora), quando ancora aveva l’ organico tutto per aria: una punta acerba, ma che non ha nascosto dei movimenti interessanti.

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