Poco calcio, nulla di fatto.
Quello che dovrebbe cambiare nella gara di ritorno è invece l'impostazione del Chelsea, necessariamente, per la spinta del pubblico di casa e per l'esigenza comunque di dover segnare. La proposta dei blues ieri sera è stata senza mezzi termini poverissima: lungi da me criticare la strategia difensivista scelta da Hiddink, sarebbe ingenuo farlo perchè NESSUNO va mai al Camp Nou a fare la partita, neppure il Manchester United, però ci sono differenze fra strategia difensivista e strategia difensivista.
Prendiamo ad esempio il confronto col Valencia di sabato scorso: nemmeno Emery aveva l'obiettivo di dominare il possesso-palla e passare tutto il tempo nella metacampo avversaria, però il suo Valencia ha giocato una partita completissima, di personalità in entrambe le fasi, pressando, chiudendo ma anche elaborando (sottolineo il verbo "elaborando") l'azione di contropiede ogni qualvolta se ne presentava l'opportunità.
Il Chelsea di ieri invece non ha giocato una partita completa nelle due fasi perchè molto semplicemente ha trascurato del tutto la fase offensiva. La distanza fra Drogba e il resto della squadra è stata per tutta la serata eccessiva, e ha impedito ogni tipo di appoggio da parte del centrocampo e di contropiede manovrato (Lampard scomparso dalla carta geografica), e il tutto si è ridotto al retropassaggio verso Cech e al rinvio lungo su Drogba, troppo solo (anche lui che è un fenomeno nel gioco aereo) per poter rendere fruttuosi quei pochi palloni che, stretto fra Piqué e Márquez, riusciva a catturare. Esemplare a questo proposito che l'unica azione pericolosa, pericolosissima, degli ospiti (oltre a un colpo di testa alto di Ballack su un calcio piazzato nella ripresa) sia venuta da un regalo del Barça, un retropassaggio errato di Márquez che lancia Drogba verso Valdés, formidabile nel doppio intervento (soprattutto il secondo: il portiere blaugrana ha sempre posseduto un talento notevole nelle uscite basse e nell'uno contro uno con gli attaccanti).
Favorito anche da questo atteggiamento del Chelsea, il Barça non ha dovuto guardarsi troppo alle spalle, e ha avuto il merito di disputare una gara corretta e concentrata in fase di non possesso, aggredendo nella metacampo avversaria e recuperando palla più lontano possibile da Valdés. Scacciato il maggior timore della vigilia, quello cioè di concedere palle alte nella propria area e calci piazzati nella propria trequarti, dove il Chelsea avrebbe potuto far valere un peso nettamente preponderante.
Dove il Barça non ha fatto appieno il proprio dovere è stato quando aveva il pallone tra i piedi. Il fatto che sia stata delle due l'unica squadra a provare a giocare non vuol dire che ci sia riuscito al meglio. Gli uomini di Guardiola sono un po'caduti nella trappola: la strategia di Hiddink ha puntato ad accumulare uomini a centrocampo, specialmente per togliere al Barça gli spazi per agire fra le linee. Essien a destra per aiutare Ballack (centro-destra) su Iniesta e Ivanovic su Henry; Mikel sul centro-sinistra per controllare Xavi e raddoppiare in aiuto a Bosingwa, praticamente a uomo su Messi; Lampard staccato, teoricamente trequartista ma in pratica aggiunto in copertura, con Malouda incaricato di disturbare Alves.
Va detto che il Chelsea ha giocato sicuramente più corto e aggressivo del Bayern, ma anche il Barça ha fatto poco per uscire da una certa prevedibilità. C'è stata solo una breve fase nel primo tempo in cui i padroni di casa hanno cercato di muovere il pallone con pazienza e ad allargare le maglie del Chelsea con movimenti coordinati fra centrocampo e attacco (del tipo Eto'o viene incontro, Xavi o Iniesta va nello spazio lasciato dal camerunese, Henry taglia etc...), gli unici che possono creare delle crepe in una difesa così chiusa; per il resto, il 4-3-3 blaugrana ha accusato una certa staticità, facilitando il compito del Chelsea: con pochi movimenti che creassero dubbi, ogni difensore del Chelsea ha mantenuto saldo il proprio punto di riferimento in fase difensiva, l'uomo da controllare (che fosse l'uomo nella propria zona o l'uomo da controllare dovunque andasse, come nel caso di Bosingwa su Messi), e così si è spesso giocato sul tentativo individuale e sul corpo a corpo, dove chiaramente dal punto di vista fisico il Chelsea era favorito.
Il Barça doveva far correre il pallone per aggirare questa eventualità, ma non c'è riuscito e non ha occupato razionalmente il campo, talvolta intestardendosi in tentativi impossibili al centro (Alves non ha giocato una partita particolarmente intelligente, solo nell'ultimo quarto d'ora ha affondato sulla fascia), facendosi prendere pure da un certo nervosismo (qui ancora si segnala Alves, con le sue classiche scenate, insopportabili sin dai tempi del Sevilla). Nelle fasi finali del match sono arrivate le occasioni, quando il Chelsea allenta un po' le marcature e prima Bojan (incredibile errore sottoporta) e poi Hleb non centrano il bersaglio (mentre precedentemente Cech aveva salvato da fuoriclasse su Eto'o).
Al Barça è mancata la capacità per abbattere il muro del Chelsea anche perchè sono mancate le individualità capaci di fare la differenza, in particolare Messi: può sorprendere la partita deludente dell'argentino a un primo sguardo, ma non se inquadrata nel periodo di forma che attraversa l'argentino. Segna contro Getafe e Valencia, può sempre decidere un match perchè ha un talento inarrivabile, ma lo spunto nell'uno contro uno in questo periodo non c'è, c'è poco da fare. L'unica possibilità di incidere che ha Leo in questa periodo risiede nella capacità di nascondere il pallone e triangolare coi compagni, che comunque non è poco.
Con Xavi che è quello che è (senza nessun intento dispregiativo: voglio solo dire che si tratta di un giocatore che dipende dal movimento dei compagni, e perciò finisce per adeguarsi al copione che la partita gli presenta), il giocatore che in questo momento tira la carretta nel Barça è Iniesta, in grande condizione, netto vincitore del duello con Ballack (il quale dovrebbe prendersi un secondo cartellino giallo, ma dall'altra parte anche Alves viene graziato ed evita la squalifica; può recriminare invece il Barça per il più che probabile contatto da rigore fra Bosingwa ed Henry ), anche se questo non è bastato per decidere il match. Positivo anche Henry, l'unico a dare profondità sulla fascia, almeno fino allo scontro aereo con Alex dal quale esce malconcio nella ripresa.
Il miglior blaugrana però è stato Piqué: qualche piccola sbavatura c'è stata, ma la differenza col centrale di inizio stagione, in termini di personalità e di concentrazione, va sempre più rimarcata. Da difensore con l'erroraccio sempre in canna a difensore capace di condizionare pure la fase offensiva, iniziando la manovra con visione di gioco e qualità. Importante quando avanza palla al piede coi centrocampisti marcati, splendido in alcuni cambi di gioco e lanci smarcanti (in uno di 40 metri ad Alves sembrava quasi Xabi Alonso). Buona anche la prestazione di Yaya Touré, non tanto in fase di costruzione (dove continua ad appesantire troppo la manovra per i miei gusti) quanto piuttosto in interdizione, dove le grandi doti atletiche dell'ivoriano hanno rappresentato un'arma fondamentale per spezzare i tentativi di rilancio del Chelsea.
Sulla partita di ritorno del Barça pesa però un'enorme incognita, rappresentata dalle assenze: la peggior notizia di tutte è l'infortunio al menisco di Márquez, fuori per i prossimi due-tre mesi. L'importanza di questo giocatore è stata sottolineata più volte, e va al di là del lato strettamente difensivo. Nella rosa blaugrana, e non solo nella rosa blaugrana, è il difensore nettamente più dotato nell'impostare il gioco dalle retrovie. La sua presenza, la sua sicurezza e qualità nel giocare la palla, fa di per sè guadagnare metri preziosi a tutta la squadra ad inizio azione, rappresentando l'anticamera del dominio che il Barça riesce ad esercitare nelle giornate migliori.
In assenza del messicano, l'avversario ha un'arma in più sulla quale fare leva: già contro il Valencia abbiamo visto come la coppia Puyol-Piqué faticasse maggiormente ad iniziare l'azione, accusando il pressing e facilitando il posizionamento difensivo avversario. A Stamford Bridge c'è da immaginarsi uno scenario simile se non peggiore: un Chelsea necessariamente più aggressivo cercherà di forzare errori di impostazione che in assenza di Márquez si fanno più probabili, e per questa via esercitare una forte pressione nella metacampo blaugrana.
Pressione che potrebbe diventare difficile da sostenere per una linea difensiva che Guardiola dovrà improvvisare: all'infortunio di Márquez si aggiunge infatti la squalifica di Puyol. Il capitano comincia a perdere colpi sì, ma la sua esperienza resta importantissima a certi livelli, fornisce molte più certezze del dover adattare Abidal al centro (il vecchio ruolo del francese) o del gettare nella mischia Cáceres. Ancora acerbo l'uruguagio, e poco sperimentato durante la stagione. Per Piqué sarà una prova ancora più impegnativa: non potendo muoversi sotto l'ombrello protettivo di un Puyol o un Márquez, dovrà essere lui il leader del reparto, chiamato ad un ulteriore salto di qualità nella sua crescita.
Qui si rivolta contro Guardiola la politica di sottoutilizzazione di certi giocatori: Cáceres, così come Hleb, è uno di quegli elementi che formalmente fanno parte della rosa, ma finora son stati corpi estranei, impiegati poco, in partite o spezzoni insignificanti, oppure fuori ruolo (Hleb). Guardiola non ci ha creduto, non ci ha lavorato sopra abbastanza, e così per il Barça certi giocatori diventano ancora più irrinunciabili in questo massacrante finale di stagione.
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