mercoledì, ottobre 31, 2007

E' Ronald Koeman.

Il sostituto di Quique è ufficialmente Ronald Koeman, nome che risponde all' identikit della dirigenza valenciana, che cercava un tecnico giovane ma già con un certo spessore ed esperienza internazionale. Vanno sempre più di moda le fughe improvvise, anche se diversamente dal caso di Juande non c'è stata una rescissione unilaterale bensì una trattativa diretta fra Valencia e Psv Eindhoven.
Pur non seguendo i match delle sue squadre ogni week-end, non mi dichiaro un grande fan di Koeman. Per quanto visto, lo ritengo un tecnico un po' sopravvalutato, rigido e poco fantasioso (per fare un esempio, ai tempi dell' Ajax non ritengo valorizzasse appieno Ibrahimovic), raramente in grado di dare una vera impronta alle sue squadre (il suo Benfica, al di là dell' impresa di Anfield in Champions, mi pareva una squadra abbastanza raccogliticcia, mentre questo Psv credo debba ancora tantissime delle sue conoscenze ad Hiddink), oltre che meno offensivo di quanto il passaporto possa far pensare (comunque, dovrebbe essere meno taccagno di Quique).
Il suo modulo prediletto in astratto è il 4-3-3, quello con cui iniziò la sua carriera da primo allenatore (aveva già alle spalle un' esperienza da secondo di Van Gaal al Barça) al Vitesse nel 2000-2001, ma in genere tende ad adattarsi all' ambiente: all' Ajax, con rarissime divagazioni, fece suo il dogma societario del 4-3-3; al Benfica, dopo una breve ed infruttuosa sperimentazione estiva con il 4-3-3, passò al modulo classico iberico del 4-2-3-1/4-4-2; al Psv ha ritoccato ben poco del lavoro di Hiddink, mantenendo questo modulo molto flessibile, con differenti configurazioni (dal 4-5-1 al 4-4-2 al 4-3-3) a seconda dei movimenti dei duttili centrocampisti del club di Eindhoven.

Il palmares di Koeman è già nutrito, anche se non si può ancora parlare di un vero e proprio vincente, essendo atteso ancora al vero salto di qualità: è nella norma di molti allenatori vincere due titoli di Eredivisie (2002 e 2004, oltre a una Coppa e a una Supercoppa d' Olanda nel 2002) con l' Ajax, così come non è stata un' impresa vincere il titolo l' anno scorso con un Psv rodatissimo, titolo peraltro messo clamorosamente a rischio nelle ultime giornate, dopo che i biancorossi di Eindhoven avevano accumulato nel corso del campionato un vantaggio apparentemente irrecuperabile.

Espresse le possibili perplessità (ci tengo a sottolineare l' aggettivo, non voglio certo stroncare a scatola chiusa), facciamo comunque gli auguri a "Rambo": gli auguriamo di mantenere competitivo il Valencia e se possibile di fargli giocare finalmente un calcio decente.

In chiusura vi lascio con un video del Koeman giocatore, è sempre un bel vedere:

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lunedì, ottobre 29, 2007

NONA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Zaragoza-Villarreal 4-1: Oliveira 36' (Z); Oscar 49' (Z); Diego Milito, rig. 67' (Z); Sergio Garcia 78' (Z); Pires 82' (V).

Osasuna-Valladolid 2-2: Alvaro Rubio 36' (V); Jonathan Sesma 52' (V); Dady 73' (O); Dady 78' (O).

Levante-Atlético Madrid 0-1: Forlan 27'.

Racing-Getafe 2-0: Oscar Serrano 39'; Jorge Lopez 74'.

Murcia-Recreativo 1-0: Regueiro 48'.

All' Atlético basta il minimo (un altro gol di Forlan, una sicurezza l' uruguaiano) per disfarsi del Levante e mantenersi nella scia giusta, mentre il Zaragoza rialza la testa, e lo fa in pompa magna, dopo una settimana a tinte forti, con le bizze di D' Alessandro e l' ammissione di scarsa condizione da parte di Aimar. I due argentini non giocano, e sono proprio i loro sostituti Oscar e Sergio Garcia, giocatori di tutto rispetto messi in secondo piano proprio dalla concorrenza fortissima che devono affrontare nei rispettivi ruoli, a trascinare la squadra verso un successo che potrebbe rappresentare unaa svolta nella fin qui deludente stagione aragonese.
Il Murcia prende un bel respiro, il Getafe non prende invece slancio dopo l' impresa di White Hart Lane (anzi, stiano attenti gli uomini di Laudrup: in Spagna il doppio impegno le squadre piccole tendono a pagarlo piuttosto caro...), mentre cominciano a scarseggiare gli aggettivi per elogiare ciò che sta combinando Marcelino con il suo Racing. Il Valladolid ancora una volta butta via una partita controllata per un buon tratto: lo rimonta la rivelazione di Dady, peraltro pesantemente aiutato da una papera del portiere Alberto sul secondo gol.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 22
2 Barcelona 20
3 Villarreal 18
4 Valencia 18
5 Atlético 17
6 Espanyol 17
7 Mallorca 15
8 Racing 15
9 Zaragoza 14
10 Sevilla* 12
11 Murcia 12
12 Almería 11
13 Athletic 10
14 Osasuna* 9
15 Betis 8
16 Recreativo 8
17 Deportivo 8
18 Valladolid 6
19 Getafe 5
20 Levante 1

(*) Equipos con un partido menos


CLASSIFICA MARCATORI
Messi 7 (2 rig.)
Güiza 5
Oliveira 5
Kanouté 5
Arango 5

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Era ora.

Da ieri notte Quique Sanchez Flores non è più l' allenatore del Valencia. In questo caso le sterline non c' entrano, è solo un calcione ben assestato. La situazione del Valencia è ancora assolutamente in piedi sia nella Liga che in Champions, ma le indecenti prestazioni con Rosenborg e Sevilla hanno accelerato i tempi di una decisione che, lo sapete tutti voi che leggete questo blog, ritengo andasse presa in anticipo, precisamente alla fine dello scorso campionato.

Complice una certa simpatia che la stampa spagnola ha sempre manifestato nei confronti di Quique, le opinioni sulla decisione del club si sono polarizzate fra chi ritiene la decisione affrettata e ingiustificata e chi (partito sempre più folto negli ultimi tempi) invece l' ha presa con vero e proprio sollievo, avendone fin sopra i capelli dell' incapacità di questo Valencia di fare il salto di qualità e di superare i suoi limiti cronici, dovuti in gran parte alla mentalità rinunciataria, alla mancanza di elasticità mentale e in certi casi di buonsenso dello stesso Quique Sanchez Flores.
Personalmente, si sarà capito, ritengo che tutto considerato le ombre prevalgano ampiamente sulle luci nel bilancio di questi due anni e un quarto di Quique sulla panchina valenciana. Gli va riconosciuto sicuramente il merito storico di aver riportato la stabilità nel Valencia, permettendogli (dopo il disastroso ritorno di Ranieri) di recuperare il suo posto nell' élite del calcio spagnolo, fra le prime quattro. Ma da lì in poi il salto di qualità non è mai arrivato, e venendo meno progressivamente ogni possibile alibi sono impietosamente emerse tutte le crepe del suo progetto.

Il primo anno di Quique, 2005-2006, il terzo posto finale era sicuramente quello giusto per una squadra dalla rosa non molto ampia e neppure di eccessiva qualità, anche se lo sconcertante 0-0 sul campo del disastrato Malaga (proprio quando, ad un certo punto della stagione, la possibiltà di avvicinare il Barça in testa alla classifica era numeri alla mano non così remota) poteva già suonare come campanello d' allarme su certi pesanti limiti di gioco e personalità poi rivelatisi veri e propri macigni; la stagione seguente, cioè la scorsa, il Valencia si era presentato con una rosa rinforzatissima, fra le migliori della storia del club, ma non si è mai rivelato un serio pretendente al primo posto.
Martoriati da una valanga di infortuni (che comunque quando capitano così in serie credo smettano di essere una semplice casualità e comincino a richiamare precise responsabilità dello staff competente), società e tecnico hanno trovato in ciò l' alibi per mostrarsi comunque soddisfatti del risultato raggiunto, soddisfazione a mio avviso immotivata e segnale di mentalità inadeguata, quando quello che si era ottenuto, il quarto posto, era in realtà il minimo risultato possibile per una rosa di quel potenziale.
Quest' anno, niente alibi, rosa completissima in tutti i reparti, ampia disponibilità di giocatori, ma squadra che non cresce e rimane prigioniera dei suoi clichès. Promessa vana quella fatta in estate da Quique di un Valencia più portato a occupare la metacampo avversaria e dalla manovra più eleborata: le trame sono restate di una povertà sconfortante, e ciò che è cambiato, in peggio, è stata solo la crescente insicurezza difensiva.

Il limite storico del Valencia di Quique è la proposta calcistica limitatissima, quasi offensiva per il talento degli elementi che impreziosiscono la rosa valenciana soprattutto dalla trequarti in su. Rimanere legati mani e piedi a un calcio di sola difesa e contropiede e mostrarsi incapaci di attaccare una difesa schierata con gente del calibro di Silva, Villa, Joaquin, Morientes, Miguel e compagnia bella è uno schiaffo alla miseria che è costato tanti, troppi punti nella Liga, dove non trovi ogni domenica una squadra che ti offre il contropiede. Una clamorosa sottoutilizzazione delle risorse di una squadra potenzialmente capace di sorprendere l' avversario in ogni zona del campo e in qualunque maniera, sulle fasce, con l' uno contro uno, col gioco aereo, col fraseggio stretto...
Tanto più che il pregio principale del miglior Valencia di Quique, la solidità difensiva, non è nemmeno una sua invenzione particolarmente originale, visto che Quique ha lavorato sulle tracce di Ranieri, Cuper e Benitez, che precedentemente avevano consolidato questo 4-4-2 corto e compatto marchio di fabbrica del Valencia ormai da anni.
Oltre ai limiti tattici, evidenti son stati anche i limiti caratteriali e di gestione della rosa. Quasi proverbiali certe sue applicazioni del turnover ai limiti della logica e pericolosamente prossime alla comicità vera e propria, l' ultima delle quali la formazione semplicemente improponibile presentata ieri al Sanchez Pizjuan. Il rapporto coi giocatori si è rivelato poi contraddittorio: lo spogliatoio lo appoggiò nel suo conflitto con Carboni, ma con una certa frequenza son venute fuori voci di incomprensioni e dissidi, in alcuni casi platealmente verificatisi durante gli allenamenti.
Irritante ed inspiegabile poi la sua propensione a fare giustizia sommaria con alcuni giocatori, vedi i casi di Tavano (emarginato per ripicca nei confronti di Carboni), Del Horno (impiegato due-tre partite dopo il lungo infortunio, poi appartato, messo fuori rosa, reintegrato e infine costretto al ritorno all' Athletic col contorno di pesanti di accuse di mancanza di professionalità) e, in quest' inizio di stagione, Mata, "purgato" dopo una sola partita, quella con l' Almeria alla seconda giornata.

P.S.: Incarico ad interim (dopodomani supersfida col Real Madrid) al tecnico del Valencia B Oscar Fernandez, in attesa che la società scelga il sostituto. Il presidente Soler ha chiarito che il nuovo tecnico non sarà un traghettatore ma un nome di peso. Si vocifera di Mourinho, Capello e Lippi, mi sembrano onestamente difficili da raggiungere, personalmente mi accontenterei di un Irureta.

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NONA GIORNATA: Sevilla-Valencia 3-0: Kanouté; Poulsen; Luis Fabiano.

Non c’è storia. Un Sevilla in condizioni atletiche semplicemente disumane celebra nel migliore dei modi l’ esordio di Manolo Jiménez annientando un Valencia deprimente oltre ogni misura. L’ unica speranza, vedendo partite come questa e quella di mercoledì in Norvegia, è che simili figuracce possano servire a far prendere finalmente alla società valenciana quella decisione che tutti da troppo tempo aspettiamo… Pare essere la volta buona: il Consiglio Direttivo del club si dovrebbe riunire stanotte, scorrerà sangue, statene certi.

Il nuovo tecnico cerca già di porre la sua impronta promuovendo fra i titolari il canterano Crespo, jolly difensivo (da me molto apprezzato nell’ ultima Under 20) schierato in questo caso terzino sinistro, mossa che permette di riportare Dragutinovic al centro della difesa, zona dove il serbo garantisce il suo rendimento migliore. La formazione di Quique invece non si sa se prenderla come uno scherzo di cattivo gusto o una sfacciata provocazione: sacrosanto, ci mancherebbe, ricacciare l’ impresentabile Cañizares in panchina, già più discutibile non presentare Miguel (probabilmente punito per la partitaccia di Trondheim), semplicemente inammissibile dimenticarsi fra le riserve Morientes e Silva (sì, avete letto bene), proponendo veri e propri sgorbi come la coppia d’ attacco Zigic-Arizmendi e Angulo esterno sinistro.
Già in avvio l’ andazzo è chiaro: al 9’ Jesus Navas prolunga un pallone in profondità, Marchena è preso di sorpresa da Luis Fabiano, palla a centro area, prima schifezza della serata di Albiol e girata che non perdona di Kanouté. Il Sevilla polverizza l’ avversario, facendosi padrone, dittatore della partita: infinitamente più reattivo e con le idee ben più chiare di un Valencia incapace di proporre una trama che sia una, i suoi giocatori spuntano da tutte le parti imprimendo al gioco un ritmo semplicemente insostenibile per il Valencia, oltrettutto assolutamente incapace in difesa di contendere i palloni a Kanouté e Luis Fabiano, i quali fanno loro la gran parte dei lanci e delle palle vaganti.
Nel secondo tempo Quique tenta una goffa retromarcia: fuori Zigic ed Arizmendi, entra Morientes e si rivede finalmente, unica bella notizia della serata, il grande Vicente. Ma la partita resta cosa esclusivamente del Sevilla, che trova il modo di portare il passivo finale alle sue dimensioni più giuste: 2-0 di Poulsen su azione da calcio d’ angolo, 3-0 di Luis Fabiano servito nel burro della difesa valenciana da Renato.

I MIGLIORI: Dominanti Poulsen e Keita in mezzo al campo. In particolare Keita è qualcosa di mostruoso, andrebbe studiato dagli scienziati: lo trovi dappertutto, a destra a sinistra in appoggio all’ attacco a sostegno della difesa e in pressing, con una potenza e una continuità d’ azione che lasciano allibiti. Il suo acquisto è uno dei colpi dell’ anno di tutto il calcio europeo.
Prepotente superiorità di Dragutinovic al centro della difesa, giocano al gatto e al topo con i difensori valenciani Kanouté e Luis Fabiano, in crescita un elemento fondamentale come Adriano, in alcuni momenti incontenibile con la sua “bicicleta” ambidestra.
I PEGGIORI: Un pianto la difesa del Valencia: Albiol e Marchena perdono ogni confronto diretto e soffrono ogni situazione possibile di quelle che si presentano in campo: presi in velocità, anticipati, sovrastati nel gioco aereo, sorpresi fuori posizione, scherzati… Dato allarmante la fragilità difensiva per questo Valencia che almeno fino all’ anno scorso faceva della sicurezza dietro uno dei suoi punti fermi, e che invece quest’ anno accusa frequenti disattenzioni e squilibri. Imbarazzante vedere poi come il Sevilla l’ abbia spuntata praticamente su ogni palla alta e su ogni azione da calcio piazzato.
Caneira viene fatto a pezzi da Adriano, Albelda e Baraja vengono cancellati dal campo dalla forza superiore maliano-danese, Zigic ancora deve capire cosa ci stia a fare lì.

Sevilla (4-4-2): Palop 6; Daniel Alves 6,5, Fazio 6,5, Dragutinovic 7, Crespo 6; Jesus Navas 6,5, Poulsen 7, Keita 8, Adriano 7 (dal 60’ Diego Capel 6); Kanouté 7 (dal 79’ Renato 6), Luis Fabiano 7 (dall’ 89’ Koné s.v.).
In panchina: De Sanctis, Boulahrouz, Martì, De Mul.
Valencia (4-4-2): Hildebrand 6,5; Caneira 5, Raul Albiol 4,5, Marchena 5 (dal 61’ Alexis 5,5), Moretti 5,5; Joaquin 5, Albelda 5, Baraja 5, Angulo 5,5; Arizmendi 5 (dal 45’ Morientes 5), Zigic 5 (dal 45’ Vicente 5,5).
In panchina: Cañizares, Miguel, Gavilan, Silva.

Gol: Kanouté 9’; Poulsen 74’; Luis Fabiano 85’.
Arbitro: Daudén Ibañez. Ammoniti: Palop, Adriano e Luis Fabiano per il Sevilla; Caneira, Marchena, Albelda, Joaquin, Vicente e Morientes per il Valencia.

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domenica, ottobre 28, 2007

NONA GIORNATA: Barcelona-Almeria 2-0: Henry; Messi, rig..

Partita soporifera, i tre punti (ottenuti peraltro anche con l’ aiuto arbitrale) sono l’ unico aspetto positivo della modestissima prestazione blaugrana. L’ Almeria ha ben poco da rimproverarsi, paga gli episodi.

Emery si affida al suo undici-tipo (stavolta il ballottaggio fra Corona e Felipe Melo lo vince il brasiliano, più fisico e predisposto al lavoro di copertura), Rijkaard risparmia un po’ Messi, sceglie Giovani e soprattutto può tornare a disporre di Zambrotta e di una colonna come Yaya Touré.
L’ Almeria mira come logico a salvare la pellaccia, ma non lo fa ammucchiando giocatori alla meglio, bensì predisponendo una ferrea organizzazione difensiva: Soriano e Melo cercano di rallentare e ostacolare Xavi e Iniesta, la linea di difesa sale coi tempi giusti, costringendo il Barça a rinculare limitandone il potenziale offensivo. Gli ospiti poi non rinunciano a proporre il loro rapido contropiede, imperniato su Negredo come riferimento offensivo e nella maggior parte dei casi volto ad innescare l’ ultravelocità di Crusat.
Il Barça risulta veramente irritante, va sempre allo stesso ritmo (lentissimo: siamo alle solite) quando ha il pallone tra i piedi, e si mostra piuttosto passivo (eccessiva distanza fra Touré e le due mezzeali a mio modo di vedere) nelle rare occasioni in cui a giocarlo sono gli avversari.
Padroni di casa imbrigliati, ma su un passaggio profondo di Touré per Giovani Carlos Garcia si addormenta facendo saltare il fuorigioco almeriense: la fuga del messicano viene in qualche modo contenuta da Acasiete e Cobeño, ma la palla scivola verso Henry (sul quale c’è un sospetto di fuorigioco), che a porta vuota firma l’ 1-0.
Nel secondo tempo l’ azione si fa un po’ più fluida, perché l’ Almeria guadagna qualche punto di possesso-palla e manda avanti più uomini in cerca del pareggio, ma gli andalusi non hanno i fenomeni, per cui fanno quello che possono, onestamente pochino. Henry con l’ avversario allungato trova più campo e qualche giocata incoraggiante (soprattutto quando si può spostare sulla sinistra), ma è Giovani, anzi no, l’ arbitro Ayza Gamez, a chiudere l’ incontro regalando al Barça un rigore sul quale Giovani simula senza vergogna.
Trasforma il subentrato Messi, il quale nel finale regala i momenti in assoluto più divertenti dell’ incontro con le sue accelerazioni (differenza disarmante di ritmo con Ronaldinho, che gli ha lasciato il posto), conferma di un Barça attualmente troppo basato sui solisti.

I MIGLIORI: Il finale di Messi e il ritorno di Yaya Touré, autorevole in un paio di progressioni palla al piede. Nell’ Almeria Negredo, centravanti alla Vieri (tanto per dare un’ idea) è prezioso nel suo lavoro di boa (oltrettutto è il tipo di attaccante che peggio digeriscono Milito e Puyol, ovvero quello fisico e bravo a mettere il corpo fra il marcatore e il pallone quando gioca spalle alla porta), Crusat è il più vivace in contropiede. Buon ingresso della bandiera di casa José Ortiz, sempre in piedi Acasiete.
I PEGGIORI: Carlos Garcia è un difensore inadeguato al calcio di Primera: ovviamente non do questo giudizio tranciante solo per l’ errore di stasera, ma per averne valutato l’ insicurezza anche in altre partite. Distrazioni, interventi approssimativi, svirgolate… stasera provoca l’ 1-0 tenendo clamorosamente in gioco Giovani. Felipe Melo anonimo, si limita alla quantità e al lavoro sporco, parti infinitesimali del suo potenziale.

Barcelona (4-3-3): Valdés s.v.; Zambrotta 5,5, Puyol 6 (dal 45’ Marquez s.v.), G. Milito 6, Abidal 6; Xavi 5,5, Touré 6,5 (dal 62’ Gudjohnsen s.v.), Iniesta 6; Giovani 6, Henry 6, Ronaldinho 5,5 (dal 73’ Messi 6,5).
In panchina: Jorquera, Sylvinho, Oleguer, Bojan.
Almeria (4-3-3): Cobeño 6; Bruno 6, Carlos Garcia 5, Acasiete 6,5, Mané 6 (dal 74’ Lopez Rekarte s.v.); Soriano 6,5, Juanito 6, Melo 5,5 (dal 63’ Corona 5,5); Juanma Ortiz 5,5 (dal 55’ José Ortiz 6,5), Negredo 6,5, Crusat 6,5.
In panchina: Diego Alves, Pulido, Kalu Uche, Natalio.

Gol: Henry 37’; Messi, rig. 80’.
Arbitro: Ayza Gamez. Ammoniti: Milito e Abidal per il Barça; Acasiete, Bruno e Juanito per l’ Almeria.

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NONA GIORNATA: Real Madrid-Deportivo 3-1: Xisco (D); Van Nistelrooy, rig. (R); Raul (R); Robinho (R).

I primi 20 minuti praticamente non si sono visti per problemi con il collegamento televisivo, non avendo potutro valutare la partita intera non ho messo voti ai giocatori, per i quali comunque ho lasciato la sezione "migliori e peggiori".

Vittoria faticosa, molto più di quanto non dica il risultato finale, tre punti utili al Real Madrid per mantenere la testa dlela classifica in attesa delle prossime fondamentali sfide contro Valencia (questo mercoledì) e Sevilla (domenica prossima), che molto ci diranno sulla legittimità delle aspirazioni dei blancos. Deportivo dignitosissimo, che ha giocato assolutamente alla pari fino a dieci minuti dalla fine: paziente, occupa gli spazi in maniera più razionale rispetto all’ avversario ma al momento del dunque spara a salve… e insomma, ci sarà pure un motivo se è una delle squadre che segna meno della Liga e se si trova nelle parti basse delle classifica…

Lotina conferma l’ undici delle gare con Sevilla e Valencia, Schuster punisce il calo di rendimento di Sneijder dando una maglia da titolare ad Higuain, esterno non di ruolo assieme a Robinho, mentre Raul, notizia!, per la prima volta riposa, lasciando spazio a Saviola.
Tanta carne al fuoco nei primi minuti, proprio quelli oscurati in tv. Segna subito Xisco e al 7’ risponde Van Nistelrooy su rigore, successivamente la partita si assesta su un quadro tattico poco favorevole al Real Madrid: manovra involuta dei padroni di casa, e Depor che addensa la metacampo non lasciando spazi. Però i galiziani cercano anche di giocare a pallone, proponendo un discreto fraseggio che li porta spesso ai limiti dell’ area madridista con la solita eccessiva facilità, rivelandosi però decisamente spuntati.
Schuster capisce che così non si va da nessuna parte e nel secondo tempo prova a dare la scossa con Sneijder per Higuain: tuttavia il Depor, pericolosissimo in apertura di ripresa con Juan Rodriguez salvato sulla linea, continua a dare la sensazione di tenere meglio il campo, e il Real Madrid punge solo su episodi isolati (girata di Van Nistelrooy sventata da Aouate su mischia nell’ area di rigore) o con le azioni individuali (traversa da fuori area di Robinho al termine di uno splendido assolo).
Dentro anche Raul, e sarà proprio lui a decidere il match, al termine di un’ azione in cui si mischiano genialità (il corridoio che Guti e solo Guti può vedere) e un po’ di fortuna (il rimpallo che d a Filipe, che ha eseguito correttamente la diagonale, rimblaza prima sullo stinco di Raul e infine rotola verso Van Nistelrooy, libero di ridare palla al capitano merengue per il più facile dei gol a porta vuota).
Ci si mette poi l’ espulsione di Sergio per doppia ammonizione a mettere ulteriormente in discesa il finale di partita, coi madridisti che hanno spazi e sufficiente buonumore per arrotondare il risultato: altra “visione” made in Guti, dribbling al portiere e gol di classe indubbia di Robinho.

I MIGLIORI: Guti, con tutte le sue lune, è indispensabile per questo Real Madrid, l’ unico in grado di scardinare con un passaggio una difesa schierata. Ispira il 2-1 e il 3-1 con la sua giocata preferita in assoluto, una vera opera d’ arte quando al limite dell' area avversaria finge il passaggio verso un lato, manda a vuoto l’ intera difesa avversaria con uno sguardo e imbuca il pallone in uno spazio che solo lui riesce a vedere.
Robinho non è certo decisivo come con l’ Olympiacos, ma prosegue sulla scia, sempre dando la sensazione di poter scardinare il sistema avversario. E’ un giocatore umorale, che per esprimere il suo calcio ha bisogno di sentire fiducia ed entusiasmo attorno a sé. Sul suo vero ruolo la mia è ormai una battaglia persa, seconda punta con libertà totale di movimento (come nel Brasile, infatti vedete che prestazioni) non ci giocherà mai nel Madrid, quindi almeno consoliamoci col fatto che col kamikaze Schuster si deve sfiancare meno in copertura di quanto non facesse con Capello.
Manuel Pablo in questa stagione scoppia di salute, sembra quello dei bei tempi: reattivo, dinamico, in certi momenti addirittura trascinatore.
I PEGGIORI: Saviola la vede appena, Higuain esce dopo un primo tempo di imbarazzante goffaggine, Metzelder (centrale dalle caratteristiche difficilmente compatibili con lo stile di gioco del Madrid) non convince ancora, Iker propone qualche uscita discutibile di troppo.

Real Madrid (4-4-2): Casillas; Salgado, Sergio Ramos, Metzelder, Marcelo; Higuain (dal 45’ Sneijder), Gago, Guti, Robinho (dal 90’ Balboa); Saviola (dal 64’ Raul), Van Nistelrooy.
In panchina: Dudek, Torres, Baptista, Soldado.
Deportivo (4-2-3-1): Aouate; Manuel Pablo, Piscu, Coloccini, Filipe; Sergio, De Guzman (dall’ 86’ Taborda); Juan Rodriguez (dal 72’ Bodipo), Verdù, Guardado; Xisco (dal 60’ Riki).
In panchina: Munua, Barragan, Aythami, Cristian.

Gol: Xisco 1’ (D); Van Nistelrooy, rig. 7’ (R); Raul 78’ (R); Robinho 89’ (R).
Arbitro: Clos Gomez. Ammoniti: Salgado, Gago, Guti e Sneijder per il Real Madrid; De Guzman, Juan Rodriguez e Riki per il Deportivo. Espulso: Sergio (doppia ammonizione) per il Deportivo.

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NONA GIORNATA: Athletic-Betis 0-0

Partita orribile, nel secondo tempo con picchi di anti-calcio quasi insostenibili. Due squadre con tante lacune: il Betis offre tutti gli inquietanti segnali della squadra priva di identità, senza una personalità e senza lo straccio di un gioco, l’ Athletic ha sicuramente qualche punto di riferimento in più e la solita grinta da vendere, ma è altresì fin troppo evidente la mancanza di quel salto di qualità che ti permette di fare la differenza negli ultimi metri di campo. Troppo schematica, troppo povera la proposta di quest’ Athletic, non a caso non ancora vittorioso fra le mura amiche. Il fatto che ieri i Leoni abbiano fatto la partita praticamente tutto il tempo, accumulando tanti calci d’ angolo ma a conti fatti rendendosi veramente pericolosi in sole due occasioni (la traversa di Aduriz nel primo tempo, nel secondo il tap-in mancato nell’ area piccola, sempre da Aduriz, su cross velenoso di Koikili), sottolinea quanto sia preoccupante questa carenza dei baschi. L’ effetto-sorpresa di Susaeta sta poi venendo necessariamente meno, la speranza rimane il ritorno ormai prossimo di Yeste, giocatore tanto discusso quanto a mio avviso indispensabile per questa squadra.
Le due squadre hanno in comune il rapporto difficile col gol: l’ Athletic dipende da Aduriz, il Betis si presenta terribilmente spuntato, con la coppia d’ attacco composta da Fernando (centrocampista offensivo) e Sobis (seconda punta), e il bomber designato in estate, Mariano Pavone, che sta scontando pesanti difficoltà d’ ambientamento (eufemismo). La fase creativa dei verdiblancos è di una nullità disperante, Cuper perlomeno sarà soddisfatto della fase difensiva abbastanza ordinata., ma è decisamente troppo poco per aspirare a una Liga tranquilla.

I MIGLIORI: Partite apprezzabili di Amorebieta, sempre più sicuro, e Koikili, carneade (salito alla ribalta della Primera a 27 anni, dopo anni spesi fra Tercera e Segunda B) che svolge il suo compito con attenzione ed energia: offre pure una palla-gol ghiottissima ad Aduriz nel secondo tempo, ma il bomber manca clamorosamente la deviazione sottomisura. Buon primo tempo di Iraola, l’ Athletic in quella fase della partita appoggia il suo gioco soprattutto su di lui, interessante spezzone finale di Llorente, bravo a difendere un paio di palloni spalle alla porta.
Ricardo è il meglio in un Betis che ha così poco da offrire: nel primo tempo prima sventa una punizione tagliata di Gabilondo e poi soprattutto mette la mano che provvidenzialmente devia sulla traversa il colpo di testa di Aduriz.
I PEGGIORI: Questo Betis non è certo fatto per esaltare le doti di Capi e Sobis.

Athletic (4-4-2): Iraizoz 6; Iraola 6,5, Aitor Ocio 6, Amorebieta 6,5, Koikili 6,5; Susaeta 6 (70'), Javi Martínez 6, Orbaiz 6, Gabilondo 6; Etxeberria 6 (75'), Aduriz 6 (84').
In panchina: Aranzubía, Ustaritz, Zubiaurre, Llorente 6 (75'), Muñoz, D. López s.v. (70'), Vélez s.v. (84').
Betis (4-4-2): Ricardo 7; Damiá 6, Melli 6, Rivas 6,5, Fernando Vega 6; Xisco 6 (66'), Juande 6, Capi 5,5 (73'), Babic 5,5; Fernando 5, Sobis 5,5 (81').
In panchina: Doblas, Edu s.v. (66'), Pavone, Riveras.v. (81'), Somoza s.v. (73'), Lima, Odonkor.

Árbitro: Lizondo Cortés, del Colegio Valenciano. Amonestó a Babic (22'), Javi Martínez (36'), Iraola (37'), Juande (58'), Etxeberria (60'), Capi (65'), Vega (67') y Orbaiz (75').
Incidencias: San Mamés, 40.000 espectadores y noche agradable.

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sabato, ottobre 27, 2007

NONA GIORNATA: Mallorca-Espanyol 2-2: Arango (M); autorete Arango (E); Tamudo, rig. (E); Güiza (M).

Partita dal non indimenticabile spessore tecnico, ma certo assai movimentata. La scombussolano le due espulsioni, una per parte (Ballesteros per il Mallorca nel primo tempo, Clemente Rodriguez per l’ Espanyol nel secondo), che all’ improvviso hanno messo in discussione sviluppi del gioco che in determinate fasi sembravano essersi consolidati.

Valverde ripropone, e non potrebbe altrimenti, l’ undici che ha matato il Madrid, stesso discorso per Manzano, come a Huelva di punta resta il solo Güiza, con l’ interessante coppia di creativi Ibagaza-Borja Valero nel cuore del suo 4-1-4-1.
E’ proprio il genio di Ibagaza ad illuminare l’ inizio del match con un’ invenzione che lascia di sale l’ impreparata difesa ospite: l’ argentino batte subito la punizione, pennellando una traiettoria morbida che Arango, uno dei migliori colpitori al volo di tutta la Liga, lasciato solo da Torrejon e Zabaleta, non può non schiaffare in rete, con sentiti ringraziamenti. I padroni di casa legittimano il vantaggio con un fermo dominio delle prime fasi del match: l’ Espanyol fatica come sempre ad iniziare l’ azione delle retrovie, ancora di più col buon pressing del Mallorca, che controlla il possesso-palla e risulta nettamente più continuo, pulito e verticale nelle sue iniziative.
Però il cinismo dell’ Espanyol non è una semplice frase fatta: in 5 minuti, dal 20’ al 25’, i catalani si trovano addirittura in vantaggio, quasi senza essere entrati nemmeno in partita. Due episodi isolati, ma pesantissimi: prima il più classico degli autogol (Arango devia di testa nella propria porta un’ insidiosa punizione dalla sinistra di Luis Garcia), poi un rigore concesso dopo un pasticcio della difesa maiorchina, con Nunes che gestisce malissimo un lancio lungo, consentendo a Tamudo di scappargli via e costringendo Ballesteros a un fallo in seconda battuta dal prezzo salatissimo: chiara occasione da gol ed espulsione.
Tamudo trasforma e spiana una strada in discesa per i suoi, che gestiscono senza patemi le fasi successive della partita, fino all’ inizio del secondo tempo, con un Mallorca (riorganizzatosi con l’ arretramento di Varela nella posizione di terzino destro, lo spostamento di Héctor al centro della difesa e l’ allargamento, comunque con infinite possibilità di svariare, di Ibagaza sulla destra del centrocampo) forzatamente inoffensivo, che si limita giusto a qualche tentativo di lancio volto a innescare la profondità dell’ isolato Güiza.
Ma gli scossoni non sono finiti: il mai persuasivo Clemente Rodriguez si becca il secondo giallo, e la partita torna in bilico. Nuova linfa per il Mallorca, che rialza il baricentro, affida le chiavi del centrocampo ad Ibagaza e Borja Valero, e ripresenta il suo asso Jonas Gutiérrez, al ritorno dall’ infortunio occorsogli nella trasferta col Betis. Ma l’ uomo che sposta gli equilibri di questo Mallorca 2007-2008 resta più che mai Dani Güiza, a dir poco sublime quando si inventa il 2-2: al di là dell’ incertezza di Kameni sul tiro finale, un concentrato del suo gioco rapinoso e non privo di eleganza: lancio di Fernando Navarro, solito scatto sul filo del fuorigioco, aggancio spalle alla porta, perfetta difesa del pallone e girata non irresistibile ma tipica di chi comunque il fiuto ce l’ ha.
L’ ultima parte vede il Mallorca sicuramente più interessato a un altro gol, ma senza più episodi degni di nota, a parte l’ agognato ritorno sui campi di Primera di De la Peña e l’ uscita per infortunio (dovrebbe essere comunque relativamente leggero) di Güiza.

I MIGLIORI: Eccezionale Güiza, ovvero l’ arte di muoversi senza palla. Stira e allunga le difese avversarie, costrette a un superlavoro e spesso beffate dai suoi movimenti sul filo del fuorigioco. Alta velocità ed una freddezza non comune nel finalizzare l’ azione, al Mallorca (con giocatori così bravi a servirlo nello spazio) ha trovato il suo Paradiso, non si può più ignorare. Ibagaza ancora una volta irrinunciabile ispiratore.
I PEGGIORI: Torrejon soffre tantissimo i movimenti di Güiza, ai quali non può contrapporre una capacità di risposta adeguata. Forte responsabilità di Zabaleta, che si dimentica della diagonale, sul gol di Arango. Nunes è insicuro, e anche Ballesteros finisce col cadere, con tutti e due i piedi, nella rete.

Mallorca (4-1-4-1): Moyá 6; Héctor 6, Ballesteros 5, Nunes 5, Fernando Navarro 6,5; Basinas 6 (dal 62’ Jonas Gutiérrez 6); Varela 6, Ibagaza 7, Borja Valero 6, Arango 6,5; Güiza 7 (dall’ 83’ Victor s.v.).
In panchina: Lux, David Navarro, Ramis, Tuni, Trejo.
Espanyol (4-4-1-1): Kameni 5,5; Zabaleta 5, Torrejon 5, Jarque 6, Clemente Rodriguez 5,5; Valdo 6,5, Moisés 6, Smiljanic 5,5 (dal 70’ De la Peña s.v.) , Riera 6,5; Luis Garcia 6 (dall’ 87’ Jonatas s.v.); Tamudo 6 (dal 59’ Lacruz 6).
In panchina: Lafuente, Moha, Jonathan Soriano, Coro.

Gol: Arango 2’ (M); autorete Arango 20’ (E); Tamudo, rig. 25’ (E); Güiza 68’ (M).
Arbitro: Undiano Mallenco. Ammoniti: Héctor, Fernando Navarro, Varela, Ibagaza, Basinas e Güiza per il Mallorca; Jarque e Riera per l’ Espanyol. Espulsi: Ballesteros per il Mallorca; Clemente Rodriguez (doppia ammonizione) per l’ Espanyol.

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Benvenuto a Manolo Jiménez.

Juande Ramos passa ufficialmente il testimone a Manolo Jiménez, tecnico del Sevilla Atlético, la squadra B, che già da domani siederà sulla panchina della prima squadra per guidarla nel big-match col Valencia.
L' idea di fondo del presidente Del Nido è che Manolo Jiménez rimanga in sella fino alla fine di questa stagione, per poi valutare un eventuale prolungamento. Il primo aspetto, fondamentale, dell' operazione è che il nuovo tecnico è un sevilista di ferro, dal quale ci si potrà aspettare dunque la massima lealtà e dedizione alla causa (almeno il pericolo di una fuga improvvisa in cerca di sterline dovrebbe essere quindi scongiurato...). E' infatti una vera e propria bandiera del club, del quale detiene il record assoluto di presenze in Primera, ben 354 gettoni spesi fra il 1983 e il 1997, nel ruolo di terzino sinistro (vanta poi 15 presenze in nazionale, con la quale ha partecipato ad Italia '90).
Quarantaquattro anni, è diventato tecnico del Sevilla B nel 2000, portandolo in questi sette anni dall' anonimato della Tercera Division alla ribalta della Segunda. Unica filiale presente nella categoria, il Sevilla Atlético (che presenta nomi già noti come Julian, ex-Espanyol, Juanjo, ex-Racing, Emiliano Artmenteros, argentino prelevato dall' Independiente, Alejandro Alfaro e il 16enne argentino Lucas Trecarichi, talento del quale si dicono grandi cose) è anche la rivelazione di quest' avvio di Segunda, essendo al momento situato nientemeno che al quarto posto.
Manolo Jiménez non dovrebbe discostarsi granchè dalle idee di Juande Ramos (la fonte di queste informazioni è a prova di bomba, "Sevillismo y mas futbol"): 4-4-2 o 4-4-1-1 come modulo prediletto, stile di gioco prevalentemente offensivo, palla a terra, esterni larghi e terzini spesso in sovrapposizione.

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venerdì, ottobre 26, 2007

La Grande Vigliaccata.

Da tempo si parlava dell' insistente interessamento del Tottenham per Juande Ramos, da tempo si vociferava dell' apprezzamento del tecnico sivigliano per l' offerta così come sempre più chiaro pareva il distacco fra Juande e la società, ma così no, così non si fa. Lasciare la squadra quando la stagione sta entrando nel vivo, rescindere unilateralmente il contratto che ti lega al Sevilla non appena la testa di Martin Jol rotola dalla ghigliottina (grazie, per inciso, a un Getafe autore di un' impresa storica) è da vigliacchi, da vere carogne.
Non ha nessuna importanza che l' operazione compiuta da Juande Ramos sia perfettamente legale e che i 7 milioni di euro a stagione offerti dal club londinese risultino ovviamente invitanti per tutti, qui si trattava soltanto di mantenere in piedi quel minimo di dignità che in questo pollaio che è il calcio contemporaneo a quanto pare va sempre meno di moda.
Liberissimo Juande Ramos di andare a cercare da un' altra parte un ingaggio più alto (quello che il Sevilla, data la sua rigorosa politica finanziaria, non era disposto ad offrirgli), liberissimo di cercare nuovi stimoli dopo aver espresso il massimo in questa sua meravigliosa esperienza sevillista, liberissimo di scegliere la sua strada... Ma a fine stagione, quando ognuno ha tempo di organizzarsi e assumersi in pieno le proprie responsabilità.

La forza del Sevilla è quella di non dipendere da nessuna individualità, tanto in campo quanto in panchina, ha dimostrato di saper crescere rinnovandosi costrantemente, passando da Reyes e Julio Baptista a Dani Alves e Kanouté, da Caparros allo stesso Juande Ramos. Ma quella in cui il vile e irresponsabile tecnico andaluso lascia il suo ormai ex club è una situazione inedita e difficilissima da gestire.
La soluzione di maggior buonsenso sarebbe ora quella di affidare la panchina a un tecnico della casa, che conosce i meccanismi e li possa stravolgere il meno possibile (si parla infatti di Manuel Jiménez, tecnico del Sevilla Atlético, la squadra B che sta facendo benissimo in Segunda), ma è chiaro che si perderebbero inevitabilmente carisma ed esperienza, e che questa rappresenta in ogni caso una svolta spiazzante, indesiderata da un club con ambizioni così alte.
Una svolta che tra l' altro reputo frettolosa anche dall' esclusivo punto di vista dell' interesse egoistico di Juande Ramos, che in questa stagione aveva la vetrina della Champions e che la prossima estate avrebbe potuto in ogni caso disporre della maggior libertà di manovra possibile, lasciandosi in maniera sicuramente più serena col Sevilla.

Si chiude nel peggiore dei modi una traiettoria eccezionale: arrivato al Sevilla nell' estate 2005 (tra molti sospetti, vista la sua precedente esperienza sulla panchina del Betis nel 2001-2002), l' irresistibile ascesa del Sevilla negli ultimi anni è indissolubilmente legata al suo nome.
Alcuni mesi di stenti veri e propri, nei bassifondi della classifica, con la panchina a rischio e con un' orribile eliminazione in Copa del Rey per mano del Cadiz, poi l' esplosione: nella seconda parte della stagione 2005-2006, il Sevilla parte, e praticamente non si ferma più. Juande mette in atto un' evoluzione più offensiva del Sevilla operaio di Caparros, nella Liga manca il quarto posto soltanto perchè gli scontri diretti favoriscono l' Osasuna, ma la conquista fondamentale è il primo trofeo internazionale nella storia del club, la Coppa Uefa ottenuta con un perentorio 4-0 sul Middlesbrough nella festosa serata di Eindhoven.
E' solo l' inizio, a fine Agosto un Barça giunto a Montecarlo rigonfio di eccessiva autostima viene letteralmente smontato dal Sevilla, che con una memorabile lezione di calcio si aggiudica la Supercoppa Europea, lanciando il primo serio avviso all' Europa che più conta. Ormai la squadra è grande, si comporta come tale e come tale viene considerata e temuta dagli avversari, che non riescono a tenerla a freno nella prima metà della Liga 2006-2007, nella quale il Sevilla si installa per lungo tempo in testa alla classifica.
La Liga alla fine la vincerà uno dei Real Madrid più sgangherati della storia, ma non c'è dubbio su quale sia stata la squadra della stagione, non solo in Spagna ma anche in Europa, dove il Sevilla al termine di un' estenuante cavalcata risulta l' unica squadra del continente arrivata a competere fino all' ultimo sui tre fronti. La Liga sfuma matematicamente solo all' ultima giornata, ma ecco la memorabile doppietta in Uefa (ben più sofferta la finale con l' Espanyol) e l' acuto nella Coppa del Re, al Bernabeu contro il Getafe, vittoria da squadra sempre più autorevole (spettacolo ridotto all' osso, ma un 1-0 gestito senza la minima preoccupazione per tutta la durata del match).
La stagione successiva, quella attualmente in corso, il Sevilla riprende il filo del discorso da dove lo aveva lasciato, apparentemente senza sussulti: impressionante affermazione sul Real Madrid in Supercoppa di Spagna, con tanto di 5-3 al Bernabeu, convincente vittoria sull' Aek nel preliminare di Champions.
Ma, inattesa e paralizzante, arriva la scomparsa di Antonio Puerta a segnare un intervallo più che mai tragico nella storia del Sevilla, un Sevilla che ora si trova a gestire il passaggio da outisder terribile a grande squadra a tutti gli effetti consolidata. Un passaggio che presenta inevitabilmente le proprie contraddizioni e difficoltà, come testimoniano la vicenda-Alves quest' estate e la più che mai inopportuna fuga di Juande Ramos ora.

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domenica, ottobre 21, 2007

OTTAVA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Levante-Sevilla 0-2 (giocata sabato sera): Luis Fabiano 6’; Luis Fabiano, rig. 13’.

Getafe-Murcia 2-0: Kepa 54’; Casquero 59’.

Valladolid-Athletic Bilbao 1-2: Aduriz 8’ (A); Aduriz 31’ (A); Victor, rig. 69’ (V).

Almeria-Osasuna 2-0: Felipe Melo, rig. 51’; Negredo 69’.

Betis-Racing 1-1: Xisco 62’ (B); Jorge Lopez 86’ (R).

Recreativo-Mallorca 0-2: Güiza 1’; Tuni 78’.

Atlético Madrid-Zaragoza 4-0: Luis Garcia 10’; Forlan 33’; Maxi Rodriguez, rig. 63’; Maxi Rodriguez 90’.

Il Sevilla sottomette con facilità estrema il Levante, l' Atlético schianta col suo attacco atomico un Zaragoza sempre più deludente. Gara più equilibrata nel primo tempo, senza storia nel secondo. Maxi Rodriguez riallaccia il suo proficuo rapporto col gol, Forlan si esalta con un assist magnifico per Luis Garcia (che sfrutta al meglio la prima opportunità da titolare in campionato: attento Reyes!) e segna poi il2-0 con un pallonetto d' astuzia. Non in gol ma sempre ottimo il Kun.
Arbitri nel mirino ad Almeria e soprattutto a Siviglia: l' Almeria trova la prima vittoria in casa, decisivo per sbloccare la situazione il discusso rigore+espulsione del portiere osasunista Elia, poi ci pensa il sempre più convincente Negredo con un pallonetto d' autore.
Allucinante quello che succede al Ruiz de Lopera: al di là di un Racing che a molti (compreso il suo tecnico Marcelino, ma questo è un giudizio di parte) è sembrato superiore a un Betis che fatica come sempre a decollare, incredibile quello che combina Alvarez Izquierdo, il quale assegna il rigore per un fallo clamorosamente fuori area di Juanito su Smolarek (giusto però il secondo giallo al capitano bético). Jorge Lopez il rigore lo sbaglia, ma qualche minuto più tardi non fallisce quando in mischia regala ai suoi il prezioso pareggio, con il Betis in 10 messo ormai sotto assedio.
Aduriz, sempre lui solo lui, approfondisce la crisi del Valladolid, cui non basta la genetica generosità e intensità per completare la rimonta nel secondo tempo, con l' Athletic tutto dietro dopo aver controllato il primo tempo.
Güiza torna a Huelva, dove ha lasciato molti detrattori per la sua opaca stagione col Recreativo nel 2002-2003, e colpisce subito: un capolavoro l' azione del vantaggio maiorchino, per tutta la costruzione e non solo per l' immancabile glaciale finalizzazione di Dani. Il Recre reagisce ma va a sbattere contro la sua inconsistenza offensiva, e Tuni dalla lunga distanza punisce.
Il Getafe gioca un primo tempo orribile, ma trova alla fine tre punti vitali. Decisivo l' ingresso di Kepa, che Laudrup si gioca prima della fine del primo tempo e che finalmente si sblocca dopo l' avvio di stagione di mutismo assoluto, anche se poi il centravanti ex-Sevilla troverà la maniera di farsi espellere.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 19
2 Villarreal 18
3 Valencia 18
4 Barcelona 17
5 Espanyol 16
6 Atlético 14
7 Mallorca 14
8 Racing 12
9 Almería 11
10 Zaragoza 11
11 Sevilla* 9
12 Murcia 9
13 Athletic 9
14 Osasuna* 8
15 Recreativo 8
16 Deportivo 8
17 Betis 7
18 Getafe 5
19 Valladolid 5
20 Levante 1

(*) Equipos con un partido menos


CLASSIFICA MARCATORI
Messi 6 (Barcelona, 1 rig.)
Agüero 5 (Atlético Madrid)
Rossi 5 (Villarreal, 1 rig.)
Luis García 4 (Espanyol)
Oliveira 4 (Zaragoza)

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OTTAVA GIORNATA: Villarreal-Barcelona 3-1: Cazorla (V); Senna, rig. (V); Bojan (B); Senna, rig. (V).

Prima sconfitta stagionale per il Barça, ed è una sonora batosta. Eccezionale Villarreal, che ha gestito in maniera impeccabile ogni fase della partita, in alcuni momenti letteralmente soggiogando il Barça con le sue trame elegantissime. Ciò che deve preoccupare maggiormente Rijkaard non è tanto il fatto di aver perso nettamente contro una grande squadra che ha fatto la partita perfetta, ma l’ ennesimo infortunio, stavolta a Deco, che rimarrà fermo per il prossimo mese: dopo Eto’o, Yaya Touré e Marquez, un altro elemento cruciale per sostenere gli equilibri di questa squadra. Le prossime partite saranno delicatissime, con un centrocampo fragile e tutto da inventare (si è rivisto Gudjohnsen, chissà che non possa rivelarsi l’ arma a sorpresa), la fortuna di Rijkaard è che il Barça non sia ancora ad una fase decisiva della propria stagione.

Rijkaard rinuncia a Ronaldinho tornato in ritardo dal Brasile e si gioca Bojan da subito, Pellegrini è costretto a fare a meno di Rossi per squalifica ma fa di necessità virtù, lasciando Pires a sostegno dell’ unica punta Guille Franco, che fa da “semaforo” per gli inserimenti delle mezzepunte. La mossa dell’ Ingeniero si rivela decisiva, perché il Villarreal guadagna una netta superiorità numerica a metacampo. Gli uomini in maglia gialla sono sempre vicinissimi fra di loro, recuperano palla con estrema facilità e obbligano il Barça a corrergli dietro esaltandosi con triangolazioni fittissime e con il costante movimento delle mezzepunte, che toglie ogni punto di riferimento a un avversario che non ci capisce davvero nulla.
Praticamente un torello, e bastano solo 13 minuti al Villarreal per portarsi sul meritatissimo 2-0: già al 1’, Cazorla buca la rete di Valdés con un destro a girare sul secondo palo: un po’ passivi Oleguer e Puyol, ma di gran classe la triangolazione con Guille Franco, che gliela restituisce di tacco. Al 13’ è invece un fallo da rigore (dubbio) di Abidal su Pirès a fornire a Senna l’ opportunità di raddoppiare dal dischetto.
Assicurato il vantaggio con la sfuriata iniziale, il Villarreal attende dietro, complicando la vita a un Barça che fa la solita fatica ad aprire il gioco sugli esterni. Così ci si rivolge alle individualità: Messi, chi altri se no, s’ incarica del compito di sfondare le linee avversarie, servendo un gran pallone che permette allo svelto e freddo Bojan di entrare già negli almanacchi, gol “più giovane” in assoluto nella storia blaugrana. Ma il Barça non fa a tempo ad organizzare il suo tentativo di rimonta, perché in contropiede Pirès si procura il rigore (probabilmente ci stava anche l’ espulsione di Milito per chiara occasione da gol) che, trasformato di nuovo da Senna, stronca definitivamente le velleità catalane.
Rijkaard, peccando un po’ di volontarismo, rispolvera ad inizio ripresa il 3-4-3 che tante critiche aveva attirato l’ anno scorso: dentro Giovani per Oleguer, il messicano va sulla destra del tridente con Messi trequartista. Cambio che al di là del talento individuale aggiunge poco, ma rende anzi la circolazione del pallone più contorta e toglie ulteriori sbocchi sugli esterni (Bojan e Giovani non sono ali e partono dalla fascia inversa rispetto al piede preferito, logico che vadano sempre a sbattere al centro). Il Villarreal si chiude senza alcun problema, e anzi nel disordine tattico blaugrana trova più spazio per conservare il pallone e lanciare qualche pericoloso contropiede.

I MIGLIORI: Pirès uomo partita: tatticamente determinante col suo movimento fra le linee, incide con tutta la sua classe e personalità procurandosi i due rigori trasformati da Senna. Un Senna al di là dei due rigori monumentale, sempre al posto giusto facendo sempre la cosa giusta: ruba tanti palloni e detta i tempi con grande perizia, alla sua maniera.
Non c’è solo Pirès a far girare la testa al Barça sulla trequarti: Cazorla è tutto un guizzo, Cani invece sfodera una delle prestazioni più convincenti di questa sua fin qui difficile esperienza in maglia gialla, regale palla al piede (squisito poi nell’ assist che ispira Pirès per il rigore del 2-0). Molto interessante la prestazione di Bruno, canterano 23enne preferito a Mavuba come sostituto dell’ infortunato Josico (evidentemente il francese non va giù a Pellegrini, non lo schiera mai): mancino lento ma con un ottimo controllo del pallone e buone doti di organizzatore.
A Messi non si può dire nulla: prova a trascinare i suoi, a volte esagera nel voler giocare solo contro il mondo, ma va detto che spesso risulta incontenibile. Lo spiccato protagonismo di Messi è però anche un segnale chiaro della perdita di coralità (rispetto al modello migliore, secondo me quello del 2004-2005) che la manovra blaugrana accusa da tempo.
Bojan conferma di saperci fare alquanto: ancora paga per la sua età un ovvio deficit atletico, ma i movimenti sono quelli del grandissimo attaccante. Il taglio alle spalle di Javi Venta nell’ occasione del gol è un chiaro esempio di ciò che manca al Barça con l’ assenza di Eto’o, che forse un impiego maggiore del giovane ispano-serbo potrebbe in qualche maniera surrogare, rendendo un po' più verticale l’ azione d’ attacco blaugrana.
I PEGGIORI: Inesistente e quasi disperante Henry, molto sottotono Iniesta e Abidal, nullo Xavi.

Villarreal (4-4-1-1): Viera 6; Javi Venta 6, Fuentes 6,5, Cygan 6, Capdevila 6,5; Cani 7 (Angel s.v., m.90), Senna 8, Bruno 6,5, Santi Cazorla 7,5; Pirés 8 (Matías Fernández s.v., m.69); Guille Franco 6,5 (Tomasson s.v., m.80).
In panchina: Diego Lopez, Godin, Mavuba, Nihat.
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Oleguer 5,5 (Giovani 5,5, m.46), Puyol 5,5, Milito 5,5, Abidal 5,5; Xavi 5, Iniesta 5,5, Deco 6 (Gudjohnsen 6, m.71); Messi 7, Henry 4,5, Bojan 7 (Sylvinho s.v., m.80).
In panchina: Jorquera, Thuram, Marc Crosas, Ezquerro.

Goles: 1-0, m.2: Santi Cazorla. 2-0, m.13: Senna, de penalti. 2-1, m.24: Bojan. 3-1, m.34: Senna, de penalti.
Arbitro: Mejuto González (Comité asturiano). Mostró Tarjeta amarilla al local Capdevila y a los visitantes Milito, Deco y Xavi.
Incidencias: partido correspondiente a la octava jornada de Liga disputado en el estadio de El Madrigal ante 22.000 espectadores. Terreno de juego en perfectas condiciones. Los jugadores de ambos equipos saltaron al terreno con una camiseta de la campaña contra la pobreza.

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OTTAVA GIORNATA: Espanyol-Real Madrid 2-1: Riera (E); Tamudo (E); Sergio Ramos (R).

Nessuna sorpresa, davvero. Il Real Madrid ha soltanto trovato un rivale che ha approfittato fino in fondo delle sue paurose carenze strutturali. Squadra che vive di episodi, di slanci caratteriali, di colpi di genio e anche di fortuna, ma di gioco no, non ne parliamoche è meglio. Disarmante la mancanza di equilibrio e la maniera così poco razionale di occupare gli spazi che questo Real evidenzia, sia quando ha la palla che quando ce l’ hanno gli avversari.
La squadra è troppo lunga, difficile trovare gli appoggi per chi imposta, troppo facile perdere palla e lasciare tutta la trequarti a dispozione delle incursioni degli avversari. Salta all’ occhio la saldatura imperfetta fra centrocampo e difesa: la mediana è sfilacciata, inesistente in interdizione e con Diarra abbandonato a se stesso, costretto a coprire spazi immensi, non alla portata di un solo essere umano. Gli spazi che Diarra deve coprire sono disumani perché la difesa resta sempre troppo bassa, raramente accorcia e mantiene una distanza intollerabile dal centrocampo, permettendo così agli attaccanti e trequartisti avversari di ricevere palla in tutta tranquillità e puntare dritti verso il povero Casillas.
Ancor più palese quest’ aspetto ieri sera, quando al centro della retroguardia v’erano Metzelder e un patetico Cannavaro, difensori incompatibili con l’ idea di gioco che dovrebbe informare questo Real Madrid, quella cioè di una squadra a trazione anteriore, con un baricentro alto che gli permetta di sostenere tanti centrocampisti offensivi giocando più nel campo avversario che nel proprio. Con due centrali inadatti, vuoi per caratteristiche fisiche (Metzelder), vuoi per abito mentale (Cannavaro), a difendere così alto, si crea invece quella voragine che risucchia Diarra e finisce con lo spezzare il Madrid in due tronconi. Le cose potrebbero migliorare con il ritorno di Pepe, magari affiancandogli Sergio Ramos (però in questo caso si dovrebbero scontare le sue lacune tattiche, oltre che perdere il giocatore nettamente di maggior spinta sulla destra).
Anche in fase di possesso, notizie preoccupanti, visto che ieri, a parte il gol, su palla inattiva e a fine partita, di Ramos, il Real Madrid non è riuscito a creare un’ azione pulita, eccetto un destro di Raul nel primo tempo. Raramente la manovra è ariosa e continua, le azioni nascono soprattutto quando l’ avversario lascia qualche spazio in contropiede a disposizione delle incursioni palla al piede delle individualità di Schuster, come ha fatto l’ Espanyol in alcuni momenti del primo tempo in cui ha accusato qualche problema di coordinazione fra i reparti.
Manca poi ampiezza sugli esterni, fatto logico vista la composizione della rosa e la grande abbondanza di giocatori schierati fuori ruolo, accentuato ieri dall’ assenza di Robben (fuori per infortunio nel prossimo mese e mezzo) e Robinho (a meritato riposo dalle orge di metà settimana). Qualche movimento del sempre volenteroso Higuain, i tentativi di Sergio Ramos, ma su tutto domina il disordine, con Sneijder quasi sempre costretto a prendere palla spalle alla porta sull’ altra fascia.
C’è poi il fatto basilare che da settimane gli avversari hanno capito come soffocare la creazione del gioco madridista, pressando subito i difensori e Diarra, i piedi peggiori dell’ undici titolare, costringendoli all’ errore e a perdere così i collegamenti col centrocampo, limitando soprattutto Guti, costretto ad abbassarsi per venire a prendere il pallone, allontanandosi dall’ unica zona dove davvero può fare la differenza, ossia la trequarti in sede di ultimo passaggio. Anche l’ Espanyol ha infierito, rubando palla e imbastendo i suoi rapidi contropiedi.
La soluzione che adotterei sarebbe passare al 4-2-3-1 affiancando a Diarra Gago, sia per rendere il centrocampo più consistente in fase di contenimento, sia per allentare la pressione su Diarra e i difensori centrali in impostazione, incaricando l’ argentino della costruzione del gioco. Con un giocatore in più ad elaborare l’ azione in mediana, Guti potrebbe rimanere più alto sulla trequarti. Certo, questo accorgimento implicherebbe il sacrificio di uno fra Raul e Sneijder, ma che ci volete fare, in dodici non si può giocare…

Cronaca della partita. L’ Espanyol scende in campo, il Real rimane negli spogliatoi: i padroni di casa cominciano subito col pressing e passano subito in vantaggio su un’ azione da calcio d’ angolo. Riera salta fra le belle statuine e incorna a rete. Successivamente al gol, nel primo tempo il controllo sembra più del Real Madrid, che però non si rende mai veramente pericoloso, fa più che altro confusione (anche se ci stava un rigore su Van Nistelrooy).
Nel secondo tempo la partita non c’è più: l’ Espanyol assesta i reparti, Tamudo mette il sigillo con un pallonetto sublime, e i catalani si assicurano il controllo totale della situazione, fra gli “olé” del pubblico, le giocate di Riera e pure qualche gol sprecato di troppo. Sergio Ramos accorcia le distanze nel finale (lo lascia fare Jarque, fin lì perfetto) ed infonde speranza, ma stavolta niente rimonta eroica, sarebbe davvero troppo.

I MIGLIORI: Riera incontenibile, in stato di grazia, uno dei giocatori più in forma della Liga. Tamudo stravince il confronto a distanza, in chiave-nazionale, con Raul: impegna da par suo i difensori madridisti sul filo del fuorigioco, e si inventa un gol spettacolare che lascia Iker di sasso. Ottimo lavoro di Smiljanic, intenso e aggressivo nel pressing, incaricato spesso di iniziare il contropiede portando palla nella metacampo madridista.
I PEGGIORI: Cannavaro disastroso: sbaglia sempre i tempi dell’ intervento, esce quando non deve uscire, rimane dietro quando dovrebbe accorciare, liscia, svirgola e non di rado viene ridicolizzato dagli avversari (Riera ad esempio si è divertito abbastanza). Pessimo anche Metzelder, mentre il gol non deve nascondere le distrazioni difensive di Sergio Ramos, assolutamente colpevole sull’ 1-0 di Riera. Il rendimento di Sneijder attraversa una fase di vera e propria depressione: sempre più fuori dal gioco, si limita ad improduttive soluzioni dalla lunghissima distanza.
Nella festa espanyolista, continua a non convincermi Clemente Rodriguez: grande foga e corsa, ma poca, pochissima intelligenza tattica, un punto debole il fianco sinistro dell’ Espanyol.

Espanyol (4-4-1-1): Kameni 6; Zabaleta 6, Torrejón 6,5, Jarque 6,5, Clemente 5,5; Valdo 6, Moisés 6, Smiljanic 6,5, Riera 7,5 (92'); L. García 6 (86'); Tamudo 7 (83').
In panchina: Lafuente, Lacruz s.v. (92'), Moha, Jónatas s.v. (86'), De la Peña, Coro, Jonathan s.v. (83')
Real Madrid (4-4-2): Casillas 6; S. Ramos 5,5, Cannavaro 4,5, Metzelder 5, Marcelo 5,5; Higuaín 6 (72'), Guti 5,5, Diarra 5,5 (84'), Sneijder 5 (60'); Raúl 5,5, V. Nistelrooy 5,5.
In panchina: Dudek, Salgado, M. Torres, Gago s.v. (84'), Drenthe 5,5 (60'), Saviola, Soldado s.v. (72')

Goles: 1-0 (1'): Riera cabecea un córner botado por Luis García; 2-0 (52'): Gran pase de Valdo a Tamudo, que resuelve con la derecha de espléndida vaselina; 2-1 (90'): Ramos remata con la derecha un córner de Guti.
Árbitro: Teixeira Vitienes, C. Cántabro. Amonestó a Van Nistelrooy (30'), Zabaleta (39'), Guti (85'), Ramos (86') y Jonathan (94').
Incidencias: Montjuïc. Tres cuartos. 36.250 espectadores.

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OTTAVA GIORNATA: Deportivo-Valencia 2-4: Joaquin, rig. (V); Baraja (V); Xisco (D); Morientes (V); Morientes (V); Bodipo (D).

Divario abissale, partita senza storia. Il Valencia comincia con la ferma volontà di imporre la sua legge al debolissimo avversario e, almeno nella prima mezz’ora di gioco, è finalmente un bel vedere. Circolazione di palla molto fluida, uno-due tocchi e sbocchi a volontà sia in ampiezza con Joaquin sulla destra che tra le linee con Silva sempre libero di scegliere la soluzione che più lo ispira. In queste condizioni, gli ospiti ci mettono ben poco a chiudere la partita, giusto un quarto d’ ora: prima Joaquin si procura e trasforma un rigore nato da una gran triangolazione con Silva, poi sempre Silva, liberissimo al limite dell’ area del Deportivo, serve sulla corsa Gavilan, il quale mette al centro per il tap-in a porta vuota di Baraja.
Zero a due e Deportivo da far cadere le braccia: privo della pur minima intensità, lascia giocare a piacimento il Valencia e dimostra limiti desolanti e insuperabili quando è chiamato ad impostare l’ azione. Quasi impossibile creare preoccupazioni al Valencia, a meno che non sia l’ avversario stesso a regalare qualcosa. Ovviamente della beneficenza si occupa Cañizares, sempre gelosissimo di questa sua funzione: il pagliaccione prima si inventa un auto-palo su un cross facilissimo di Guardado dalla sinistra, poi poco dopo legge malissimo un cross dalla destra che finisce con lo sbattere su Xisco e terminare in rete per il più involontario dei gol.
Il Valencia prova per un attimo il naturale nervosismo di chi si aspettava di tutto tranne che tornare a fare i conti con una partita riaperta, ma ci pensa Morientes, con un’ incornata specialità della casa su magistrale cross di Joaquin dalla destra, a ristabilire in poco tempo le distanze più logiche.
Il secondo tempo ha poco da dire: il Valencia attende dietro (cede il possesso-palla: nella prima mezz’ora aveva un 60% a favore, alla fine passerà dalla parte del Depor) abbozzando qualche contropiede senza nemmeno troppa convinzione, palese l’ intenzione di risparmiare energie in vista della sfida di Trondheim. Anche così però c’è spazio per un’ altra testata letale di Morientes, servito da un Silva nell’ occasione quasi sadico nei confronti di Piscu (due finte e il canterano stramazza culo a terra… impietoso).
I cambi di Lotina, che immette contemporaneamente Riki e Bodipo, possono fare ben poco, a parte uno slancio di generosità finale che frutta il golletto di Bodipo e un palo di Riki su calcio piazzato, quando il Valencia ha ormai già mollato (Helguera però fa a tempo a raccogliere una doppia ammonizione veramente stupida, fra l’ 89’ e il 91’).
Le prospettive del Deportivo sono più che mai anguste, la situazione è davvero allarmante.

I MIGLIORI: Silva e Joaquin trascinatori. Il canario trova il contesto ideale: gioca da trequartista, il suo ruolo, e gli avversari gli lasciano ampia libertà d’ azione. Fra le linee produce calcio sublime: sul rigore dello 0-1 usa il rasoio per imbeccare Joaquin, nell’ azione del secondo va invece di pennello quando smarca Gavilan. Difficile poi trattenere le risate di fronte alla facilità con cui si sbarazza di Piscu sul terzo gol, servendo poi con una carezza da fuoriclasse Morientes. Le devastanti incursioni di Joaquin giocano invece un ruolo decsiivo nelle prime fasi della partita, sbilanciandola irrimediabilmente in favore del Valencia.
Morientes timbra il cartellino: due occasioni, due gol, sempre implacabile di testa: che volere di più? Baraja da molto non è più il motore dei bei tempi (anzi è evidente che spesso rallenta l’ azione), ma son già due gol nelle ultime due partite, ottima carta i suoi inserimenti.
I PEGGIORI: Colabrodo Coloccini: alza bandiera bianca quando Joaquin lo costringe al rigore, si impappina e favorisce pesantemente lo 0-2 di Baraja. Netto passo indietro per Piscu rispetto alle buone sensazioni di Siviglia: anticipato da Morientes sull’ 1-3, che figura poi con Silva… Sergio è ormai un peso morto, e il problema vero è che in questo Depor è difficile trovare di meglio…
Sempre il solito Cañizares, non si capisce proprio perché Quique lo abbia rispolverato titolare dopo le ultime prestazioni tutto sommato corrette di Hildebrand.

Deportivo (4-2-3-1): Aouate 6; M. Pablo 5,5, Piscu 5, Coloccini 5, Filipe 5,5; Sergio 5, De Guzman 5,5; J. Rodriguez 5,5 (62'), Verdú 5,5, Guardado 5 (72'), Xisco 5,5 (62').
In panchina: Munúa, Aythami, Barragán, A. Tomás, Cristian s.v. (72'), Riki 6 (62'), Bodipo 6 (62')
Valencia (4-2-3-1): Cañizares 5; Miguel 6, Albiol 6, Helguera 5,5, Moretti 6; Albelda 6, Baraja 6,5; Joaquín 7,5 (75'), Silva 7,5, Gavilán 6 (63'); Morientes 7 (79').
In panchina: Hildebrand, Marchena, Caneira, Sunny, Angulo s.v. (63'), Arizmendi s.v. (75'), Zigic s.v. (79')

Goles: 0-1 (9'): Joaquín (p.); 0-2 (15'): Baraja; 1-2 (28'): Xisco; 1-3 (37'): Morientes; 1-4 (73'): Morientes; 2-4 (87'): Bodipo.
Árbitro: Turienzo Álvarez, Colegio C. Leonés. Expulsó a Helguera (89' y 91'+). Amonestó a Guardado (38') y Manuel Pablo (45').
Incidencias: Riazor. 25.000 espectadores. Depor y Valencia lucieron camisetas contra el racismo antes de comenzar el partido.

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venerdì, ottobre 19, 2007

La Liga dei giovani/SECONDA PARTE.

ESPANYOL
Il settore giovanile è il fiore all’ occhiello del club, basta veder la percentuale di canterani presenti nella rosa. L’ anno scorso Marc Torrejon (18-2-‘86), difensore centrale di stazza, scarso in agilità e rapidità ma buono per piazzamento e tempismo, ha presto conquistato un posto da titolare al fianco di Jarque, quest’ anno il prodotto di casa emergente è Angel Martinez Cervera (19-1-’86) centrocampista centrale razionale e continuo, discrete geometrie e scelte di gioco sempre appropriate, utile in entrambe le fasi. Con l’ infortunio di De La Pena, Angel si è conteso un posto nel doble pivote col citato Moisés e col nuovo acquisto Milan Smiljanic, detto “Lola” (19-11-’86), centrocampista serbo finalista nell’ ultimo Europeo Under 21, il quale sta affrontando un inserimento graduale, finora protagonista più nel lavoro d’ interdizione che in quello propositivo, dove restano accertate qualità interessanti. Titolare indiscutibile Pablo Zabaleta (16-1-’85), mezzala destra-mediano nel San Lorenzo e nell’ Argentina Under 20 campione del mondo nel 2005, ora stabilmente terzino destro. Cursore di grande quantità e dinamismo, generoso e reattivo, cerca spesso l’ anticipo e la sovrapposizione, difetta un po’ nel tocco.

GETAFE
Su tutti Pablo Hernandez (11-4-’85): ha caratteristiche simili a Susaeta dell’ Athletic (tutti e due sono esterni destri in grado di giocare anche a sinistra, intraprendenti, sfrontati e molto abili anche sui calci piazzati), ma per me gli è anche superiore come estro ed abilità nello stretto. Leggero (1,73x64), rapido ed esplosivo, quasi persecutorio nei confronti dell’ avversario diretto, parte largo e cerca costantemente l’ uno contro uno, sul breve va via con molta facilità e ad ogni partita sforna a getto continuo traversoni ben calibrati (qualche volta gli escono un po’ troppo bassi, ma restano sempre veloci e tagliati, difficili da calcolare per i difensori e i portieri). Purtroppo però un infortunio nel ritorno di Uefa col Twente lo ha appiedato, costringendo Laudrup a rimaneggiare la formazione titolare (priva dell’ uomo di maggior profondità sulla fascia, gli altri sono o centrocampisti offensivi adattati come De la Red, Sousa, Granero e Albin o comunque con una chiara tendenza ad accentrarsi, è il caso di Nacho).
Il gioiello della campagna acquisti è sicuramente la pantera Uche Ikechukwu (5-1-’84), ancora però non al meglio delle sue potenzialità (in gol finora solo nell’ andata di Uefa col Twente, rete peraltro provvidenziale) in questo sterile avvio di stagione getafense. Dell’ inizio stentato di Kepa e Braulio ha approfittato Manu Del Moral (25-2-’84), in buona evidenza negli ultimi match, dopo che coi nuovi acquisti sembrava invece un po’ relegato in secondo piano rispetto alla stagione passata. Seconda punta mobile, veloce, generosa e dai buoni fondamentali, sicuramente più a suo agio nel creare spazi per i compagni svariando su tutto il fronte d’ attacco che nel finalizzare l’ azione. Può essere adattato anche sulla fascia destra, possiamo definirlo un Arizmendi civilizzato.
Curiosa e un po’ straniante la situazione di Oscar Ustari (3-7-’86), uno dei più promettenti portieri del calcio internazionale che però a Getafe fa panchina ad… Abbondanzieri, esattamente come nella nazionale argentina di cui Ustari fu il terzo agli ultimi Mondiali. Situazione di stallo che preoccupa a ragione i tecnici dell’ Albiceleste, convinti che ciò non sia proprio l’ ideale per la crescita del giocatore, impiegato finora in due sole occasioni, contro Valencia e Real Madrid, e già con un bel carico di critiche per la papera che al Mestalla regalò l’ 1-0 a Silva.
Molto interesse anche per i due talenti arrivati dal Real: Rubén De La Red (5-6-’85) ha finalmente un’ opportunità seria in Primera, ma per il momento in cabina di regia si trova chiuso dal titolare Casquero, anche se può trovare spazio pure in un 4-5-1 più folto o partendo come finto esterno destro, soluzione adottata da Laudrup nella sconfitta sul campo dell’ Espanyol; Esteban Granero (2-7-’87) sul campo dell’ Espanyol invece ha addirittura rimediato un’ espulsione subito dopo essere entrato in campo, e ha così avuto una partenza in sordina (vista anche l’ impossibilità di schierarlo nel match contro il Real Madrid, clausola valsa anche per De La Red). Gol decisivo nel sofferto ritorno di Uefa col Twente giovedì scorso, Granero è uno dei talenti futuri della trequarti, un simil-Valeron, che però Laudrup adatta anche alla fascia destra, così come faceva Michel al Castilla
.
Trequartista nel DNA è anche l’ uruguagio Juan Albin (17-7-’86), nonostante le esigenze tattiche lo portino anche sulla fascia sinistra: mancino raffinatissimo, talento indiscutibile, ma ancora senza nessuna continuità fra i titolari.

LEVANTE
Difficile trovare granchè nella squadra con l’ età media più alta dell’ intera Liga (28,5 anni), frutto di una politica gerontofila tanto ostentata quanto discutibile. Diciamo Pedro Leon (24-11-’86), talento strappato al Murcia, esterno destro dai traversoni calibratissimi, finora però sottoutilizzato: Abel Resino prediligeva Juanma, De Biasi invece progetta di rispolverare Ettien (spostando Juanma sulla sinistra), ritenendolo particolarmente al suo progetto di Levante contropiedista. Miquel Robusté (20-5-’85), scuola Espanyol, è un difensore centrale che ha compiuto una buona trafila nelle nazionali giovanili e che si è segnalato fra i migliori difensori della Segunda l’ anno scorso al Poli Ejido, ma al momento è quarto nella gerarchia dei centrali, dietro Alvaro, Cirillo e Serrano.

MALLORCA
Interessantissimo Borja Valero (12-1-’85), che nel 2004 regalò l’ Europeo Under 19 alla Spagna con un golazo e che come altri è rimasto troppo tempo ingabbiato nel Real Madrid Castilla (i merengues tra l’ altro risposero negativamente a una richiesta di prestito di Quique Sanchez Flores per il Getafe, proprio nell’ estate 2004). Mezzala-trequartista dall’ impeccabile conduzione del pallone e di rilevante creatività, può partire da entrambe le fasce, anche se non sarà mai un esterno, per caratteristiche e per mentalità, lui che ama entrare nel vivo dell’ azione nel cuore del centrocampo. Finora Manzano gli ha concesso spazio soprattutto come cambio a partita in corso per gli esterni, il suo problema inevitabilmente è che il responsabile unico e incontrastato del settore “creatività” del Mallorca resta il magico Ibagaza.
Ancora in via d’ inserimento l’ esterno sinistro-seconda punta uruguagio Gonzalo “Chori” Castro (14-9-’84), al momento ancora inutilizzato Oscar Trejo (26-4-’88), mezzapunta argentina che incuriosì gli osservatori nelle sue prime apparizioni la scorsa stagione.

MURCIA
Altra squadra costruita più sul mestiere e sull’ esperienza che sull’ entusiasmo giovanile, un paio di nomi però ci sono: César Arzo (21-1-’86) sta trovando continuità al centro della difesa, dove compone una coppia di discrete garanzie con l’ ex madridista Mejia. E’ un centrale sicuro nel gioco aereo, dal buon senso della posizione e non privo di eleganza e personalità. In attacco Henok Goitom (16-9-’84), svedese di origini eritree per il cui ingaggio in estate è stata vinta una furente battaglia con l’ Almeria, dopo essersi segnalato con due ottime stagioni nell’ altra estinta squadra delle città, ovvero il Ciudad de Murcia: centravantone di 1,95 metri per 76 chili, non è però la classica prima punta statica, ma si segnala per buone doti di palleggio e discreta mobilità. Di rincalzo rispetto alla coppia titolare Ivan Alonso-Baiano, non ha tuttavia brillato (e non è mai andato in gol) nelle presenze concessegli finora da Alcaraz.

OSASUNA
Carlos Vela (1-3-’89) è uno dei talenti in assoluto più promettenti della sua generazione: l’ Arsenal, proprietario del cartellino, lo segue attentamente, e il futuro della nazionale messicana preannuncia un trio d’ attacco da sogno con lui, Giovani dos Santos e Nery Castillo. Già discretamente maturo per la sua giovanissima età, si segnala per l’ elevata velocità che, unita a un controllo di palla impeccabile (si trova però molto più a suo agio nella percussione in campo aperto piuttosto che nell’ uno contro uno da fermo), all’ eleganza e alla grande coordinazione dei movimenti, ne fanno un attaccante con tutte le carte in regola per segnare il futuro del calcio mondiale.
Rimane ancora da definire il ruolo: attaccante nel Messico Under 17 Campione del Mondo 2005, nel prestito l’ anno scorso in Segunda al Salamanca ha giocato con grandi risultati da esterno sinistro in un 4-2-3-1, mentre negli ultimi Mondiali Under 20 ha fatto l’ ala sinistra, ma con una certa libertà di movimento, in un 4-3-3 atipico in cui era Giovani di fatto a fare la prima punta. Detto che ha tutte le caratteristiche atletiche per fare anche il tornante di fascia, non ne va certo limitata la libertà d’ azione nei pressi dell’ area di rigore, data la spiccata mobilità e la capacità di dare profondità al gioco proponendo diagonali e tagli senza palla molto ficcanti. Ziganda però non lo ha ancora buttato seriamente nella mischia: finora tre presenze, una sola dall’ inizio (al Vicente Calderon, sconfitta 2-0), perlopiù brevi spezzoni per dare il cambio agli attaccanti titolari.
Quella dell’ Osasuna è una cantera fra le più prolifiche in Spagna. Tanti gli elementi del settore giovanile cooptati in prima squadra: Jon Echaide (5-1-‘88), solido stopper dell’ Under 19 laureatasi campione d’ Europa in estate; Natxo Monreal (26-2-‘86), terzino sinistro, rincalzo di Corrales; l’ operoso mediano mancino Ion Erice (3-11-’86), già discretamente utilizzato l’ anno scorso; l’ esterno, a destra o a sinistra, César Azpilicueta (28-8-’89, anch’ egli campione europeo Under 19), non eccezionale sul piano del palleggio, quasi inesistente in uno contro uno, ma apprezzabile per duttilità e dinamismo, elemento già tenuto in discreta considerazione da Ziganda (l’ anno scorso lo lanciò da titolare in Uefa contro i Rangers); l’ attaccante Kike Sola (15-2-’86), una doppietta per lui l’ anno scorso nel 5-0 sul campo del Betis.
Ai prodotti di casa si aggiunge un “forestiero” di lusso come Javi Garcia (8-2-’87), in prestito dal Real Madrid, che probabilmente avrebbe avuto bisogno di lui già quest’ anno, visto che Diarra è l’ unico incontrista vero nella rosa di Schuster. Già titolare a fianco della colonna storica Puñal, a parte una certa macchinosità Javi Garcia ha un potenziale completissimo: forza, intelligenza tattica, geometrie, visione di gioco, e pure una bordata dalla distanza tutt’ altro che trascurabile, ne sa qualcosa il Villarreal.
In chiusura, obbligatorio citare un altro talento di scuola madridista, più che mai sulla via della completa maturazione, ovvero Juanfran (9-1-’85). Sulla destra sguscia come un’ anguilla, da lui nasce una gran percentuale delle azioni offensive dell’ Osasuna (impressionante lo show offerto nel 4-1 al Levante): Aragonés, dagli un’ occhiata, è consistentemente più bravo di Angulo…

RACING
Leader difensivo Ezequiel Garay (10-10-’86), già convocato da Basile nella Seleccion, e molto probabile uomo-mercato la prossima estate. Si contende con Oriol e César Navas il posto di centrale accanto all’ argentino Sergio Sanchez (3-4-’86), elemento interessante adattabile anche sulla fascia destra. Per ora non trova spazio nemmeno fra i convocati lo yankee Danny Szetela (7-6-’87), centrocampista difensivo evidentemente chiuso, oltre che inesperto di suo, in una zona del campo monopolizzata dalla coppia Duscher-Colsa, elementi cardine del 4-4-2 di Marcelino.
E’ ancora in corso una querelle con la Fifa per il tesseramento di Brian Sarmiento, giovanissima (24-4-’90) mezzapunta argentina accreditata di grandi potenzialità, mentre Marcelino, cotretto all’ emergenza dagli infortuni e dalle ristrettezze della rosa, ha già proposto fra i titolari l’ attaccante Ivan Bolado (3-7-’89) e il difensore centrale Ivan Marcano (23-6-’87)
, quest’ ultimo però messo subito out per i prossimi due-tre mesi dall’ infortunio occorsogli proprio nella sua gara d’ esordio sul campo dell’ Almeria.

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domenica, ottobre 14, 2007

E’ quasi fatta per l' Europeo.

Pesantissima la vittoria di ieri sera in Danimarca: un 1-3 che stronca le speranze di rincorsa danesi e installa la Spagna in testa alla classifica del Gruppo F, a pari punti con la Svezia che però ha una partita in meno, cioè quella che dovrà giocare mercoledì in casa contro l’ Irlanda, mentre la Spagna giocherà un amichevole di estremo relax in Finlandia.
Alla Spagna mancano solo due gare, ambedue in casa, con Svezia (17 Novembre) e Irlanda del Nord (21 Novembre). Bastano solo tre punti in una delle due ultime sfide per assicurarsi il passaggio all' Europeo (si qualificano le prime due del girone), ma se si verificasse una tutt' altro che improbabile vittoria della Svezia contro l' Irlanda del Nord questo mercoledì, allora alla Spagna basterebbe un solo punto nelle ultime due partite per la qualificazione. E' quasi fatta insomma, i pensieri erano ben altri quando questa squadra si copriva di ridicolo perdendo a Belfast o pareggiando, appena un mese fa, a Rejkyavik...

La prestazione non è stata così esaltante come alcuni entusiasmi francamente eccessivi della critica potrebbero far pensare: le carenze di ritmo e profondità rimangono tutte, però la Spagna ha indubbiamente offerto una prova corretta, seria ed efficace, soprattutto nel primo tempo, prontissima a lasciare il segno con la sua qualità in quei momenti in cui la Danimarca, generosa ma troppo spesso imprecisa e approssimativa, abbassava la guardia. Il secondo gol, va detto, è stato splendido: una paziente ragnatela di passaggi che ha stordito l’ avversario aprendo la strada alla cavalcata e all’ elegante finalizzazione di Sergio Ramos (il madridista non mi piace come unico uomo di fascia, ma se ha uno davanti tipo Joaquin che gli apre lo spazio per la sovrapposizione può fare danni).
Calcolati 75 secondi di palleggio ininterrotto, 65 tocchi e 28 passaggi prima della resa di Sorensen. Chiara dimostrazione di quelle che sono le prerogative di questa squadra, che per costruire un blocco competitivo a livello internazionale dovrà partire dalla sua arma migliore, la caratura tecnica dei suoi centrocampisti, senza inseguire mete non alla sua portata e senza impostare strategie non compatibili con le sue risorse.
Ad Aahrus Aragonés ha preferito Cesc a Silva, passando dal 4-2-3-1 al 4-1-4-1 (con Albelda davanti alla difesa e Cesc e Xavi mezzeali), col chiaro intento di controllare il possesso-palla (grazie anche ai movimenti di Iniesta da sinistra verso il centro) e portare la gara sui ritmi meno congeniali per i danesi. Compito ottimamente svolto nel primo tempo, con un po’ di indebita passività e qualche calo di tensione di troppo nel secondo, quando ci ha pensato Casillas a respingere gli attacchi di un attivissimo Bendtner (che ha preso anche un palo).
Grande notizia il gol di Tamudo (gol nel suo stile più classico, da furbastro dell’ area di rigore), perché proprio lui, l’ usurpatore del posto di Raul, sarebbe stato il primo bersaglio della stampa nazional-madridista in caso di insuccesso. Anche il gol di Riera, che ha scacciato immediatamente i timori di rimonta dopo la rete di Tomasson, è un punto a favore di Aragonés (che invece ha inspiegabilmente accantonato Puyol, scelta per sua fortuna senza conseguenze nonostante le difficoltà ancora una volta palesate da Marchena in difesa, dopo la già modesta prestazione con la Lettonia). Elemento decisamente all’ altezza del palcoscenico internazionale l’ espanyolista. Joaquin conferma il suo ottimo momento, Iniesta la sua caratura superiore.

Dinamarca (4-3-3): Sorensen, Helveg, M. Laursen, U. Laursen, N. Jensen (78'); Andreasen (46'), Poulsen, D. Jensen, Rommedahl; Tomasson, Gronkjaer (65').
In panchina: Christiansen, C. Sorensen, Wurtz, Kahlenberg (65'), Bendtner (46'), Pérez (78').
España (4-1-4-1): Casillas; S. Ramos, Albiol, Marchena, Capdevila; Albelda (63'); Joaquín (68'), Xavi, Cesc (78'), Iniesta; Tamudo.
In panchina: Reina, Pernía, Pablo (63'), Riera (68'), Silva, Luis García (78').

Goles: 0-1 (14'): Tamudo; 0-2 (39'): Sergio Ramos; 1-2 (87'): Tomasson; 1-3 (89'): Riera.
Árbitro: Lubos Michel, de Eslovaquia. Amonestó a N. Jensen (2'), Capdevila (17'), Bendtner (78').
Incidencias: Atletion de Aarhus (Dinamarca). Lleno. 21.500 espectadores, unos 200 de ellos españoles. Torres y Puyol no entraron en la convocatoria y lo vieron desde la grada.

CLASSIFICA GRUPPO F

AZIONI SALIENTI:

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sabato, ottobre 13, 2007

La Liga dei giovani/PRIMA PARTE.

In Spagna come un po’ dappertutto capita spesso di sentire commenti che rimpiangono lo scarso spazio che soprattutto le grandi squadre, ansiose di avere tutto e subito, concedono ai loro giovani. Se il discorso in alcuni casi (Real Madrid su tutti) è assolutamente veritiero e rappresenta una bella tegola specialmente per i giovani del vivaio nazionale (quelli sempre così competitivi nei tornei giovanili, Under 21 a parte), ciò non toglie che la Liga sia forse al momento il campionato europeo con la maggiore concentrazione di grandi talenti giovani, in alcuni casi veri e propri fenomeni destinati a segnare il futuro del calcio mondiale.
Il capostipite è ovviamente Leo Messi (24-6-‘87), probabilmente già il giocatore più forte del mondo, sempre più trascinatore del Barça. Questa nuova Liga però è finora anche quella di Sergio Aguero (2-6-’88), meraviglioso protagonista, lui che ha solo 19 anni, di quest’ Atlético immerso per l’ ennesima volta in un nuovo progetto, stavolta sicuramente più promettente, se non ancora come solidità d’ impianto, almeno come possibilità offensive. Il Kun pare aver preso la rincorsa dal Mondiale Under 20 del giugno-luglio scorso, vinto giocando per la prima volta nella sua giovane carriera da leader e riferimento per i compagni.
Tocalli, selezionatore dell’ Under 20, ha parlato di un Aguero incredibilmente maturato dopo i primi mesi europei, e le prime giornate della nuova Liga hanno evidenziato una fragorosa esplosione per colui che dopo 7 giornate ha già 5 gol all’ attivo, uno solo in meno di quelli totalizzati nell’ intera scorsa stagione.
Oltre a Messi e Aguero, questa è la Liga anche di Giuseppe Rossi (1-2-’87), incomprensibile non-azzurro, anche lui baciato da un talento rarissimo. Ma di Rossi abbiamo già parlato parecchio, così come di Matias Fernandez (15-5-’86), come potenzialità all’ altezza degli astri citati sopra, ma finora bloccato dalle titubanze di Pellegrini sul suo inserimento nell’ undici titolare. Vista la risposta che sta dando Matias ogni volta che viene chiamto in causa, non stentiamo a credere che presto crolleranno anche le resistenze dell’ Ingeniero.
Intanto, passiamo in rassegna gli altri talenti che sta proponendo o ancora può proporre questa ricchissima Liga:


ALMERIA
I due talenti più attesi della neopromossa andalusa dovrebbero essere il paraguaiano Julio Dos Santos (5-5-’83) e il cileno Mathias Vidangossy (25-5-‘87), in prestito rispettivamente da Bayern Monaco e Villarreal. Però non hanno ancora trovato il minimo spazio: Dos Santos perché al momento non sembra rientrare proprio nei piani di Emery, che ha ben chiaro l’ assetto della sua squadra (nel 4-3-3 il ruolo di mezzala sinistra/trequartista, quello di Dos Santos se lo contendono Corona e Felipe Melo, in assoluto due fra i migliori giocatori della rosa), Vidangossy perché ancora in via di recupero da un infortunio, oltre che di adattamento alla nuova realtà.
Dos Santos è atteso da anni come uno dei migliori talenti del calcio paraguaiano, ma in Germania ha perso troppo tempo, e questa è un’ occasione già fondamentale per un rilancio delle proprie quotazioni. Centrocampista offensivo dal tasso tecnico notevole, vede molto bene il gioco, è un gran rifinitore, ma gioca a un ritmo troppo compassato nel quale scarseggiano le accelerazioni.
Vidangossy lo abbiamo visto al Mondiale Under 20 nel Cile ipertecnico quanto immaturo: per le sue caratteristiche ben difficilmente può trovare spazio a centrocampo, mi sembra molto più adatto nel tridente partendo da una delle due fasce, un po’ come faceva Ortega con Bielsa, tanto per rendere l’ idea.
Vidangossy è infatti un trequartista molto offensivo: a differenza di Corona e Felipe Melo, molto più partecipi nella costruzione del gioco, il cileno deve incidere palla al piede negli ultimi metri, creando la superiorità numerica e dando l’ ultimo passaggio. Molto leggero e agile, salta l’ uomo con facilità ed ha giocate stupefacenti dal punto di vista tecnico. Estrema la confidenza col pallone, tende però ad abusare di giochini (è un patito del gioco di suola) senza alcuna efficacia sugli sviluppi del gioco: vizio che si dovrà togliere al più presto se non vorrà passare come una meteora per il calcio europeo. Anche il portiere brasiliano Diego Alves (24-6-‘85), descritto come uno degli interpreti più promettenti a livello internazionale, non ha ancora trovato spazio per le buone prestazioni del titolare Cobeño.
Gode di buone referenze anche Natalio (18-9-’84) attaccante brevilineo, rapido, opportunista e abile nell’ uno contro uno), protagonista l’ anno scorso in Segunda col Castellon, ma finora utilizzato esclusivamente a partita in corso, come variante più offensiva sulla destra del tridente, al posto del tornante Juanma Ortiz.
Chi invece si è già imposto è sicuramente Alvaro Negredo (20-8-‘85), devastante nel sacco del Riazor alla prima giornata, in gol anche col Valencia alla seconda, poi frenato da qualche contrattempo fisico e burocratico, infine di nuovo disponibile dall’ ultima giornata col Racing. Negredo è un centravanti classico: non spicca per la raffinatezza stilistica, ma è in grado di fare reparto da solo, molto efficace spalle alla porta come torre, ovviamente poco agile per la sua mole ma potente in progressione, buon finalizzatore sia di testa che col suo potente sinistro.

ATHLETIC BILBAO
L’ esplosione di Markel Susaeta (14-2-’87) è la notizia più bella dell’ avvio, ancora una volta stentato, dell’ Athletic. Prodotto al cento per cento di Lezama, il suo gioco elettrico ha risollevato gli umori di un San Mames ultimamente sin troppo abituato al piattume. Esterno destro (ma può essere anche spostato a sinistra o sulla trequarti, in appoggio alla prima punta, come nel match con l’ Atlético), è un giocatore che vuole sempre il pallone fra i piedi e non ha mai paura di puntare l’ avversario. Va via con una certa facilità, facendo leva soprattutto sullo scatto breve e l’ agilità nello stretto. Ottima tecnica, è uno stupendo specialista dei calci piazzati, calcia sopra la barriera alternando soluzioni morbide (vedi il gran gol col Zaragoza) ad altre veloci e molto tagliate.
Il grande talento, già dall’ anno scorso, dovrebbe essere Javi Martinez (2-9-’88): lo abbiamo già detto in tante altre occasioni, ha potenzialità da centrocampista totale, ma finora si limita troppo al compitino, con generosità, dedizione e costanza, ma senza mai uscire dall’ ordinaria amministrazione. Chi con Caparros sta facendo netti progressi rispetto ai trascorsi disastri è Fernando Amorebieta (21-3-'85), ormai titolare fisso al centro della difesa accanto a Ocio, elemento dalle eccellenti potenzialità atletiche, non sempre però accompagnate da adeguata disciplina. Per fare il salto di qualità deve migliorare il posizionamento e misurare meglio, molto meglio, le entrate, lui che in questi suoi esordi si è già guadagnato una meritatissima fama di macellaio.

ATLETICO MADRID
Allarme: stanno bruciando l’ enorme talento di José Manuel Jurado (29-6-’86). Non c’è alcuna possibilità per lui nella formazione titolare: con Forlan e Aguero le due punte sono dogma, e in ogni caso la prima alternativa ad esse è Maxi Rodriguez a supporto di un’ unica punta; sugli esterni la società nell’ ultimo mercato si è rimpinzata di specialisti; nel “doble pivote” l’ idea di calcio storica di Aguirre non contempla la presenza di un fisico esile come quello di Jurado. Quindi, o cambia aria al più presto (lo vedrei bene al Sevilla), oppure la montagna di muffa potrebbe diventare enorme, non basta certo qualche presenza mendicata qua e là in Coppa Uefa.

BARCELONA
Giovani Dos Santos (11-5-’89) e Bojan Krkic (28-8-’90), ovviamente. Rijkaard in queste partite pare aver delineato delle precise gerarchie fra le deue giovani perle nel rispettivo inserimento in prima squadra. A Giovani spazio per mezz’ora-venti minuti abbondanti, a Bojan gli ultimi 5-10, come dire che, anche a causa della maggiore “anzianità”, l’ inserimento stabile di Giovani è riservato a un futuro sicuramente più prossimo rispetto a quello dell’ ispano-serbo, per il quale non sarebbe nemmeno da escludere un prestito da qualche parte nel prossimo mercato invernale.
E dire che, opinione personalissima, un maggiore utilizzo di Bojan potrebbe rispondere meglio alle attuali esigenze tecnico-tattiche del Barça rispetto a quello di Giovani. Il messicano copre un ruolo e svolge delle funzioni che nella rosa blaugrana son già arci-assicurate dai Messi, Ronaldinho e Iniesta, mentre di punta con l’ assenza di Eto’o rimane il solo Henry, il quale non assicura ancora i movimenti migliori, e Bojan potrebbe dare una botta di vivacità e d’ entusiasmo importanti nelle occasioni in cui l’ azione d’ attacco potrebbe farsi statica e senza sbocchi.

BETIS
Speriamo possa essere l’ anno di Rafael Sobis (17-6-‘85), l’ anno scorso disorientato dal consueto caos bético e da collocazioni tattiche che gridavano vendetta (esterno destro di centrocampo, che con Fernandez significava poco più che terzino). Con Cuper gioca nel suo ruolo, seconda punta, e già ha fatto vedere qualcosa in più. Ai tifosi del Betis ricorda Alfonso per la tecnica e la rapidità di esecuzione, è un giocatore che dà velocità e profondità, con una spiccata istintività che rappresenta il punto di forza e, in qualche occasione, al tempo stesso il punto debole del suo gioco.
Al centro del campo si sta imponendo il canterano Juande (12-6-’86), elemento molto interessante, che gioca con personalità, qualità e visione di gioco ed è dotato di un’ ottima rasoiata profonda.
L’ argentino Juan Pablo Caffa (30-9-’84), prelevato a Gennaio scorso dall’ Arsenal Sarandì, sulla sinistra del centrocampo si sta invece rivelando elemento di maggiori garanzie rispetto al fumoso e un po’ sopravvalutato Mark Gonzalez. Caffa è un tipico esterno all’ argentina, cioè, se avete presente anche Solari, tutt’ altro che un’ ala, non cerca il fondo ma preferisce il palleggio o il dribbling nelle zone interne della trequarti. Ottima tecnica, il suo punto forte è sicuramente il mancino, con cui fa tutto quello che gli serve, pennella cross millimetrici o esegue punizioni tagliatissime che cominciano già a infondere un certo terrore nei portieri della Liga.
Poco comprensibile la situazione di Juan Alberto Melli (6-6-’84), da anni (ha esordito nel 2002) uno dei giovani difensori spagnoli di maggiori prospettive, eppure mai veramente affermatosi nel club che lo ha lanciato. Utilizzato soprattutto fuori ruolo, da terzino destro, negli ultimi anni, sottoutilizzato in quest’ avvio di Liga da Cuper (una presenza da titolare, al Bernabeu e sulla fascia destra), che perfino dopo l’ infortunio del titolare Nano gli ha preferito il discutibile Rivas.

DEPORTIVO
Ha sorpreso non poco l’ ingaggio da parte di un Depor in declino tecnico ed economico del nazionale messicano Andres Guardado (28-9-’86), talento molto richiesto in tutta Europa. Esterno mancino dotato di corsa e grande qualità tecnica, abile sia nel saltare l’ uomo in velocità che nel dribbling stretto. Il suo pregio migliore è forse il sinistro, spettacolare in particolare quando calcia di collo-esterno. Il fatto di essere tutto mancino rischia di renderlo un po’ prevedibile quando parte largo, perché l’ avversario sa che portandolo sul destro lo può limitare tantissimo. Per questo e anche per le doti di palleggio e la discreta duttilità tattica, non sarebbe male vederlo giocare in zone più interne, magari in un’ ipotetica coppia di mezzeali con Verdù.
Adrian Lopez Alvarez (8-1-’88, da non confondere con Adrian Lopez Rodriguez detto “Piscu”, 20enne difensore centrale che con l’ infortunio di Lopo a sorpresa ha, con buoni risultati, trovato spazio nelle ultime due partite) dopo il Mondiale Under 20 era uno dei più attesi, ma il disastroso esordio casalingo con l’ Almeria è stata finora la sua unica presenza dall' inizio, dopo di che Lotina è passato dal 4-4-2 al 4-2-3-1, preferendogli i vari Taborda e Xisco, elementi non certo esaltanti. Il problema è che l’ attacco del Depor è il peggiore della Liga, e in un contesto simile Adrian non ha l’ opportunità di crescere con tranquillità, i suoi gol non possono ancora arrivare in grande numero ma c’è il rischio che possano essere già necessari.

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venerdì, ottobre 12, 2007

Omaggio a Djalminha.




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VIDEO 1: Yinho (youtube.com)
VIDEO 2: jugonyo (youtube.com)

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