Un Clásico preso a ceffoni.

Il Barça ne fa cinque, supera il Real Madrid in testa alla classifica, dà una mazzata all’autostima del proprio rivale ed evidenzia in modo brutale l’attuale immaturità della pur promettente creatura di Mourinho (la goleada, lo scandalo, i pernacchi, che ci stanno e fanno parte del gioco, non devono comunque far dimenticare che questi con molta probabilità saranno ancora lì a giocarsi tutto a fine stagione).
Stravolto il senso di un Clásico che nei programmi doveva essere il più equilibrato degli ultimi anni. È la prima umiliazione nella carriera di Mourinho. Il discorso fatto dal tecnico portoghese a fine partita (“il Barça è un prodotto finito, noi no”) ha le sue basi, e psicologicamente è l’unico che si può fare per raddrizzare la rotta, però non può nascondere lo smarrimento e l’inadeguatezza di ieri. Non fraintendiamo: questo Madrid non sarà un prodotto finito, ma ha già un’idea di gioco forte, anzi fortissima. È comprensibile che contro il Barça nessuno possa giocare stabilmente d’iniziativa nella metacampo avversaria e rimanere lì a recuperare il pallone e inanellare attacchi, ma non è giustificabile in alcun modo lasciare l’inizio dell’azione al Barça e regalargli il centrocampo. È comprensibile giocare d’attesa contro il Barça, non è giustificabile farlo in maniera passiva. Barça che invece poteva giocare in una sola maniera, come sempre, e ha trovato da subito il ritmo e le geometrie desiderate. Niente episodi, nessuna svolta improvvisa, la grandinata è stata una logica conseguenza di una supremazia impressionante.
Nel Real Madrid c’era questo problema della fascia sinistra difensiva, notato già nelle scorse partite: l’esenzione di Ronaldo dai ripiegamenti costringe Xabi Alonso a slittare verso la fascia quando l’avversario attacca nella metacampo madridista. Questo per non lasciare in inferiorità Marcelo di fronte alle sovrapposizioni dei terzini. Posto che nessuno ha il dono dell’ubiquità, ciò significa che Xabi non può coprire il delicatissimo spazio davanti alla difesa (e inoltre il fatto di trovarsi defilato non lo aiuta quando la sua squadra recupera palla e deve rilanciare l'’azione). Se Iraola+Susaeta creavano questo problema, liberando Muniain tra le linee, il danno potenziale si moltiplica se a “BartSimpson” sostituisci Messi. Quindi cosa fa Mourinho per ovviare? Non cambia il modulo 4-2-3-1, ma scambia gli esterni: Ronaldo a destra, Di María a sinistra. L’argentino, molto più tornante rispetto a Cristiano, può così “doppiare” Marcelo, lasciando a Xabi Alonso una posizione più accentrata. Almeno in teoria: nella pratica le cose saranno ben diverse, e le conseguenze catastrofiche.
L’assenza di Higuaín cambia poi completamente il profilo dell’attacco: Benzema ha caratteristiche radicalmente diverse rispetto all’argentino: “Pipita” cerca la profondità, Benzema viene incontro, e ha come marcata zona di influenza la fascia sinistra. Fino a ieri il meccanismo tipico adottato dal Madrid per uscire dalla propria metacampo era la connessione Marcelo-Cristiano Ronaldo. In maniera speculare, quello è anche il lato più manovriero del Barça, con Alves+Xavi e la presenza frequente di Messi. Una zona fondamentale quindi per il controllo del gioco e delle transizioni. Le caratteristiche di Benzema possono permettere di spostare Ronaldo sull’altra fascia senza perdere però le capacità di palleggio necessarie per uscire dalla metacampo e fare male al Barça. Anche questo, soltanto in teoria.
Pure il Barça mantiene la formazione-tipo, ma con una correzione: il ritorno al 4-3-3 ortodosso, visto nelle ultime partite, viene sconfessato con una difesa a tre che ad inizio azione riporta Piqué abbastanza largo a destra (come ad inizio stagione), accentra Puyol e tiene bloccato Abidal, praticamente terzo centrale a sinistra. Alves invece torna in una posizione di partenza più avanzata. Il Real Madrid risponde ripiegando con gli attaccanti all’altezza del cerchio del centrocampo quando il Barça inizia l’azione dalle retrovie. Capita così di vedere una linea di tre (Benzema-Özil-CRonaldo) come prima opposizione. Ma quello che conta non è l’altezza della linea d’attacco o di quella difensiva, conta il concetto e l’atteggiamento. Se concedi al Barça i primi passaggi sei morto.
I blaugrana palleggiano per costruire superiorità sin dai difensori, e una volta che gli concedi una superiorità iniziale tutte le altre vengono di conseguenza. Una volta che ti superano una linea e si installano nella tua metacampo, creano i presupposti anche per perdere palla senza rischiare, pressandoti alto per non farti uscire più. Se invece cerchi di sporcargli i primi passaggi, allora gli rendi difficile distendersi, e può essere che quando recuperi palla li trovi scoperti in transizione difensiva. Il Madrid non ci ha nemmeno provato: inesistente il pressing degli attaccanti, uscita facile per i difensori culè, con i tre più Busquets in appoggio (e anche Xavi che viene a ricevere).
Non esistendo una prima barriera, i merengues collassano su loro stessi. Dannosissima la posizione di Di María, che segue Alves fino a diventare quasi un quinto difensore in pianta stabile. Centrocampo sguarnito, e Xabi Alonso che torna di nuovo a defilarsi un po’, ma viene preso in mezzo. Da quel lato il Barça consolida il proprio dominio: con Piqué che avanza, Xavi, Messi in costante appoggio e pure Pedro che con puntualità alterna movimenti incontro al portatore, tagli verso il centro e attacchi alle spalle di Marcelo. Superiorità totale in mezzo al campo, possibilità di decidere tempo e direzione del gioco in maniera tirannica.
Il Barça prepara la sua vittoria a destra, ma pugnala a sinistra: attira il Madrid verso un lato, poi cambia e trova gli uomini liberi di verticalizzare nell’altro. I boia sono Iniesta e Villa. Khedira è trascinato verso l’altro lato, Ronaldo in ripiegamento non stringe mai, lascia sempre scoperta una linea di passaggio letale perché Iniesta possa ricevere fronte alla porta e rifinire. La colpa non è di Ronaldo, che ha quelle caratteristiche, ma se giochi col portoghese esterno lo fai perché sai di poter “vivere” nella metacampo avversaria; se però scegli una partita così di attesa, allora forse è meglio mettere Cristiano unica punta al posto del disarmante Benzema e coprirsi.
Iniesta fa quello che vuole e coordina al meglio i propri movimenti con quelli di Villa: al 10’, nell’azione del primo gol (in precedenza, al 5’, meraviglioso pallonetto di Messi da posizione defilata, fermato solo dal palo), è il Guaje che taglia dentro, si porta via Ramos e permette a Iniesta di verticalizzare per l’incursione di Xavi (la difesa a 5 con cui si trova a giocare il Madrid non è immune a questo tipo di attacchi: anzi, regalando il centrocampo rimane più esposta anche agli inserimenti a sorpresa dei centrocampisti); al 17’ invece, le parti sono invertite ma il principio è lo stesso: sul cambio di gioco di Xavi, è Iniesta a portare via i difensori con il “Movimento Keita”©, e Villa largo ha l’uno contro uno facile con Ramos (ancora più facile con questo Ramos), per poi servire a Pedro il gol del raddoppio. Il Real Madrid ha solo un paio di mezzi contropiedi, originati più dall’abilità individuale di Ronaldo che riesce a saltare il pressing blaugrana che da un dominio territoriale che invece è tutto del Barça (all’11’ va comunque annotato un tiro di Di María deviato in angolo da Valdés).
I due gol inducono Mourinho a cambiare la posizione degli esterni, riportando Ronaldo a sinistra. Guardiola risponde invertendo Puyol e Piqué e tornando a una più chiara difesa a 4. Forse lo spostamento di Puyol sul centro-destra si spiega con l’esigenza di tenere il capitano sempre pronto alla copertura in seconda battuta sulle possibili percussioni di Ronaldo. Messi continua a garantire il necessario respiro ai centrocampisti, nel mentre che Pedro e Villa continuano a occuparsi di tenere occupata la difesa madridista dettando la profondità e negando i raddoppi su Leo. Sulla fascia invece Alves si abbassa, Di María si alza.
La partita si fa meno squilibrata dopo il secondo gol, col Barça che cerca movimenti più incontro al portatore per conservare la palla piuttosto che attaccare lo spazio alla ricerca di nuove occasioni. Perdono però un po’ di continuità nel gioco i padroni di casa, cedendo qualche punto di possesso-palla a un Madrid che in ogni caso produce solo una punizione dalla lunga distanza di Ronaldo finita a lato (34’), mentre al 26’ Xavi aveva smarcato Pedro davanti a Casillas, salvato solo dall’indecisione del canario.
Nell’intervallo Mourinho trae le conseguenze: il centrocampo che fa acqua fa sprofondare anche la difesa, allora meglio rinforzare la mediana per cercare di arginare la valanga prima. Lass sostituisce Özil, trivote con il francese sul centro-sinistra, Khedira centro-destra e Xabi Alonso davanti alla difesa. Ma è il quartetto Busquets-Xavi-Iniesta-Messi, in un flusso inarrestabile di passaggi e movimenti armoniosi, a continuare a dettare le condizioni. Senza contare che Ronaldo continua a non coprire, Lass slitta verso sinistra e nella girandola Alves-Xavi-Pedro-Messi-Iniesta qualcuno libero, tra le linee o sulla fascia, sbuca sempre. Il Madrid cerca pure di alzare la linea difensiva, ma sempre a palla scoperta: il rifinitore di turno del Barça si trova sempre fronte alla porta, e con tutto il tempo per scegliere l’opzione migliore. Magari Pedro finisce in fuorigioco, ma Villa attacca lo spazio in seconda battuta, o magari Xavi si inserisce dal centrocampo. Insomma, un massacro.
Al 47’ Marcelo perde palla sulla sua trequarti, Messi parte e attira tutti su di sé ma Villa spara su Casillas; al 51’ Xavi, smarcato ancora da Messi, fallisce la doppietta di un soffio, ma al 54’ Villa mette la pietra tombale sulla partita, sempre la stessa situazione, sempre palla scoperta e passaggio filtrante di Messi, combinazione ripetuta tre minuti dopo per il 4-0.
Da lì in poi è un torello imbarazzante, e persino Jeffren (subentrato a Pedro) trova la gloria nei minuti di recupero concludendo con un tocco sotto un cross dell’altro neo-entrato Bojan. Mano aperta dei giocatori blaugrana, per sottolineare il risultato, e frustrazione di Ramos, che si fa espellere per una manata a Puyol.
BARCELONA (4-3-3)
Valdés: Praticamente mai impegnato fra i pali, interpreta invece bene come sempre le uscite da libero aggiunto e i rilanci, nei quale non è semplicemente un portiere chiamato a usare i piedi, ma un elemento strutturale della manovra. Voto: 6.
Alves: Più che brillare individualmente, ha una funzione tattica, per come trascina via Di María e “pulisce” lo spazio che permette a centrocampisti e trequartisti di dominare la partita. Quando torna più basso è puntuale nelle sovrapposizioni e preciso nelle uscite palla a terra. Voto: 6,5.
Piqué: Inizia defilato a destra, e senza opposizioni si aggiunge al centrocampo aiutando a creare superiorità. Siccome il Barça innesca il circolo virtuoso che lo porta a occupare la metacampo avversaria e recuperare palla subito lì, non si deve preoccupare più di tanto dei ripiegamenti, come invece nelle due sfide dell’anno scorso (epico confronto con Cristiano Ronaldo). Stavolta non si incrocia molto con Cristiano: inizialmente copre le spalle ad Alves, poi inverte la sua posizione con quella di Puyol. Voto: 6,5.
Puyol: Anche lui non ha tantissimo lavoro, comunque attento nelle coperture, in seconda battuta nella zona dove opera Ronaldo, a seconda degli spostamenti del portoghese, prima al centro della pseudo-difesa a tre e poi sul centro-destra della linea a 4. Voto: 6,5.
Abidal: Inizia rigido come terzo di difesa, deve tappare le possibili vie di fuga di Cristiano Ronaldo in contropiede, che una volta ad inizio partita gli ruba il tempo e scappa. Quando Guardiola torna alla difesa a 4 classica, pure lui ha più libertà di sovrapporsi, anche se con parsimonia. Voto: 6.
Xavi: Nelle partite in cui il Barça rivendica e impone il suo stile, lui c’entra sempre qualcosa. Dici possesso-palla, dici Xavi. Dici controllo, dici Xavi. Dici passaggi sicuri fino alla trequarti e squadra compatta di fronte alla possibile perdita, dici Xavi. Rallenta, smista, verticalizza, cambia gioco, si inserisce pure e segna quasi una doppietta che per lui sarebbe stata cosa rara. Voto: 8. (dall’86’ Keita: s.v.).
Busquets: Se Xavi-Iniesta-Messi è il triangolo attorno al quale il Barça costruisce la propria superiorità, lui è il complemento discreto ma sempre funzionale. Per caratteristiche non può essere lui a dettare i tempi, ma una volta decisi questi Busquets è impeccabile nel dare continuità all’azione, cercandosi sempre lo spazio libero (quelle rotazioni senza palla che rendono più agile la manovra, che non ha Mascherano e non aveva nemmeno Touré), usando uno-due tocchi, ma anche districandosi nello stretto con eleganza e qualità tecnica. Il contesto della gara era quello ideale per le sue caratteristiche, che lo portano a prediligere l’anticipo nella metacampo avversaria più che il ripiegamento nella propria. Addirittura tenta un gol da metacampo nella ripresa, lui che non fa più di due metri di passaggio. Voto: 7.
Iniesta: Massacra il centro-destra del sistema difensivo madridista, smarcandosi dove fa più male. Ribadisce un’intelligenza superiore nell’interpretare il gioco, non solo qualità sopraffina nel controllo e nell’ultimo passaggio. C’è tanto merito nel movimento senza palla del secondo gol quanto nell’assist del primo. Voto: 8.
Pedro: La storiella del campione per caso è finita da tempo. Questo è un grande giocatore. Non è un solista su cui costruire una squadra, ma in questo momento è più utile al Barça di quanto lo sarebbero molti solisti. Esistono tanti Pedrito: quello che allarga il campo e dà profondità, quello che minaccia i centrali avversari tagliando per concludere a rete, quello che viene sulla trequarti per aiutare la squadra a riposare col pallone. Se l’idea di Guardiola per il Barça 2010-2011 è quella di un attacco senza punti di riferimento, Pedro ne è il simbolo. Voto: 7,5. (dall’86’ Jeffren: 6,5)
Messi: Son partite come questa che spiegano quanto questo giocatore sia grande, molto al di là delle azioni da highlights. Messi non ha fatto nemmeno un gol (ha solo sfiorato il capolavoro), ha fatto due assist, ma quello che conta di più è che è stato un costante fattore di dominio per il Barça, più di tutti. Una relazione strettissima con i centrocampisti, ma senza mai smettere di essere l’attaccante più pericoloso. Guardiola parla di giocatore totale, e non a torto. In ogni zona, crea la superiorità e lo può fare con un semplice movimento, senza bisogno di dribblare nessuno. Si trova lo spazio, viene in appoggio, attira su di sé qualche avversario, si libera del pallone e i compagni vedono l’orizzonte spalancato. Altro che solista, pochi giocatori sono così presenti nella manovra, e con questo peso poi. Voto: 8,5.
Villa: Bomber come sempre, ma ora rispetto a inizio stagione è pienamente integrato nel gioco di squadra. La sua profondità era un dato positivo già garantito in estate, bastava coordinare meglio i movimenti coi compagni Non stringere al centro ossessivamente, ma solo nei momenti giusti, sapendo che Guardiola non vuole farne un’ala ma dargli soltanto un riferimento di partenza. A lui comunque è sempre piaciuto defilarsi e puntare il terzino, come ribadisce ai danni di Ramos nel 2-0. Poi quando attacco lo spazio è il solito demonio, vedi 3-0 e 4-0. Voto: 7,5. (dal 76’ Bojan s.v.)
REAL MADRID (4-2-3-1)
Casillas: Ha passato serate più divertenti. Sui gol colpe più o meno inesistenti, forse una sbavatura sul cross di Villa per il 2-0 di Pedro. Molto approssimativo nei rinvii. Voto: 6.
Sergio Ramos: Pessimo. Vero che nella sua zona spesso si creava un due contro uno, ma è altrettanto vero che lui non ci ha messo nulla. Molle, non un anticipo, non un duello vinto, non una ripartenza, totalmente inutile in fase offensiva. Sta lì e guarda gli avversari che arrivano. Dorme anche sul gol di Jeffren, per quello che conta. Voto: 4.
Pepe: Un po’ a sorpresa, il meno peggio della difesa. A sorpresa perché era parso disorientato nelle uscite precedenti. Individualmente offre quello che può, ma alla lunga viene travolto anche lui, inevitabilmente. Voto: 5,5.
Carvalho: Superato in ogni momento della partita. Si è sempre fatto forte del senso della posizione, e dell’anticipo, ma in questa occasione non ha mai i riferimenti, e così deve cedere il passo ad avversari che arrivano in velocità o lo puntano nell’uno contro uno. Voto: 5.
Marcelo: Solitamente uno dei tre giocatori chiave della fase offensiva (con Ronaldo e Xabi Alonso), non ha alcuna possibilità di proporre il suo calcio. Non esce palla al piede e non ha l’appoggio solito di Cristiano Ronaldo (che parte sull’altra fascia) per rilanciare l’azione. Senza opzioni buone, schiacciato e intimidito dal pressing blaugrana, sparacchia anche lui. Per una partita di tale esigenza, difensivamente non è neanche così disastroso, ma non chiude su Xavi nell’1-0, e ritarda la diagonale su Pedrito nel 2-0. Mourinho comunque sembra additarlo come colpevole sostituendolo con Arbeloa già sul 4-0, un cambio che più che avere un significato tecnico particolare sembra un messaggio lanciato al giocatore. Ma non è andato peggio di tanti altri, semplicemente pure lui non ci ha capito nulla. Voto: 5.
Khedira: Impalpabile. Privo di qualsivoglia aggressività, scherzato dai palleggiatori blaugrana, non propone alcunchè. Segue a ruota il disastro dei compagni. Voto: 4,5.
Xabi Alonso: L’anno scorso al Camp Nou il suo Clásico fu una lezione di posizionamento difensivo, ma stavolta è uno dei grandi sconfitti. Preso in mezzo dal trio Iniesta-Xavi-Messi, non vede palla e non riesce mai a mettere ordine nel pandemonio che gli succede attorno. Voto: 4,5.
Cristiano Ronaldo: Davvero ce la mette tutta, ma per come il Real Madrid affronta la partita le uniche situazioni praticabili per lui sono quelle “solo contro il mondo”. In un paio di occasioni nel primo tempo riesce pure a scappare al pressing e a lanciare il contropiede, poi su punizione va un paio di volte a lato di poco. Ma non ha mai la possibilità di incidere all’interno di un contesto collettivo credibile. Difensivamente se ne frega, il buco fra lui e Khedira è ghiottissimo per Iniesta. Ma gliene si può fare una colpa solo fino a un certo punto, la colpa è del Real Madrid che non è riuscito a impostare la partita ideale per valorizzarne le caratteristiche. Voto: 6.
Özil: Le fonti ufficiali confermano che effettivamente in data 29-11-2010 si trovava sul rettangolo verde del Camp Nou. Pare ancora troppo acerbo per certe sfide. Voto: 4. (dal 45’ Lass: Non dà quello che chiede Mourinho. Molta voglia ma poca lucidità. Corre, corre e corre ma non la prende mai. Voto: 5.).
Di María: Anche per lui può valere il discorso fatto per Özil sulla maturità a certi livelli, ma meno, perché l’argentino è sempre generosissimo, e osa appena può. Il problema è che può pochissimo. La sua posizione da secondo terzino nel primo tempo è l’emblema della condotta passiva di un Madrid che perde tutti i riferimenti del proprio gioco. Voto: 5,5.
Benzema: Non si può andare avanti così. Uno dei 5-6 giocatori più talentuosi della rosa continua ad avere l’aria di uno che passa lì per caso. Non capisce cosa gli succede attorno, forse non si sforza nemmeno di farlo, non si propone, non incide, non ha uno slancio che sia uno, per quanto le condizioni tattiche in cui si muove siano proibitive. Cerca qualcuno dei suoi movimenti verso la sinistra, ma non è mai un appoggio credibile per rilanciare il gioco… non parliamo poi di dare profondità, contendere palloni ai difensori, farsi sentire in area avversaria o pressare (parola che nel suo vocabolario non esiste)… Voto: 4.
Gol: 1-0, m. 10: Xavi. 2-0, m.18: Pedro. 3-0, m.55: Villa, 4-0, m.57: Villa. 5-0, m. 90+1: Jeffren.
Árbitro: Iturralde González (col. vasco). Mostró cartulina amarilla a Víctor Valdés (m.32), Cristiano Ronaldo (m.32), Villa (m.34), Pepe (m.36), Messi (m.45), Xabi Alonso (m.51), Marcelo (m.56), Casillas (m.56), Carvalho (m.71), Sergio Ramos (m.73), Khedira (m.75) y a Puyol (m.80). Expulsó a Sergio Ramos (m.92) por agredir a Puyol
Incidencias: 98.255 espectadores asistieron al encuentro correspondiente a la decimotercera jornada de Primera División, disputado en el Camp Nou. En el palco se encontraban, entre otras autoridades, el presidente en funciones de la Generalitat, José Montilla; el vicepresidente en funciones de la Generalitat, Josep Lluís Carod Rovira; y el presidente del Parlament, Ernest Benach.
FOTO: marca.com
Nel Real Madrid c’era questo problema della fascia sinistra difensiva, notato già nelle scorse partite: l’esenzione di Ronaldo dai ripiegamenti costringe Xabi Alonso a slittare verso la fascia quando l’avversario attacca nella metacampo madridista. Questo per non lasciare in inferiorità Marcelo di fronte alle sovrapposizioni dei terzini. Posto che nessuno ha il dono dell’ubiquità, ciò significa che Xabi non può coprire il delicatissimo spazio davanti alla difesa (e inoltre il fatto di trovarsi defilato non lo aiuta quando la sua squadra recupera palla e deve rilanciare l'’azione). Se Iraola+Susaeta creavano questo problema, liberando Muniain tra le linee, il danno potenziale si moltiplica se a “BartSimpson” sostituisci Messi. Quindi cosa fa Mourinho per ovviare? Non cambia il modulo 4-2-3-1, ma scambia gli esterni: Ronaldo a destra, Di María a sinistra. L’argentino, molto più tornante rispetto a Cristiano, può così “doppiare” Marcelo, lasciando a Xabi Alonso una posizione più accentrata. Almeno in teoria: nella pratica le cose saranno ben diverse, e le conseguenze catastrofiche.
L’assenza di Higuaín cambia poi completamente il profilo dell’attacco: Benzema ha caratteristiche radicalmente diverse rispetto all’argentino: “Pipita” cerca la profondità, Benzema viene incontro, e ha come marcata zona di influenza la fascia sinistra. Fino a ieri il meccanismo tipico adottato dal Madrid per uscire dalla propria metacampo era la connessione Marcelo-Cristiano Ronaldo. In maniera speculare, quello è anche il lato più manovriero del Barça, con Alves+Xavi e la presenza frequente di Messi. Una zona fondamentale quindi per il controllo del gioco e delle transizioni. Le caratteristiche di Benzema possono permettere di spostare Ronaldo sull’altra fascia senza perdere però le capacità di palleggio necessarie per uscire dalla metacampo e fare male al Barça. Anche questo, soltanto in teoria.
Pure il Barça mantiene la formazione-tipo, ma con una correzione: il ritorno al 4-3-3 ortodosso, visto nelle ultime partite, viene sconfessato con una difesa a tre che ad inizio azione riporta Piqué abbastanza largo a destra (come ad inizio stagione), accentra Puyol e tiene bloccato Abidal, praticamente terzo centrale a sinistra. Alves invece torna in una posizione di partenza più avanzata. Il Real Madrid risponde ripiegando con gli attaccanti all’altezza del cerchio del centrocampo quando il Barça inizia l’azione dalle retrovie. Capita così di vedere una linea di tre (Benzema-Özil-CRonaldo) come prima opposizione. Ma quello che conta non è l’altezza della linea d’attacco o di quella difensiva, conta il concetto e l’atteggiamento. Se concedi al Barça i primi passaggi sei morto.
I blaugrana palleggiano per costruire superiorità sin dai difensori, e una volta che gli concedi una superiorità iniziale tutte le altre vengono di conseguenza. Una volta che ti superano una linea e si installano nella tua metacampo, creano i presupposti anche per perdere palla senza rischiare, pressandoti alto per non farti uscire più. Se invece cerchi di sporcargli i primi passaggi, allora gli rendi difficile distendersi, e può essere che quando recuperi palla li trovi scoperti in transizione difensiva. Il Madrid non ci ha nemmeno provato: inesistente il pressing degli attaccanti, uscita facile per i difensori culè, con i tre più Busquets in appoggio (e anche Xavi che viene a ricevere).
Non esistendo una prima barriera, i merengues collassano su loro stessi. Dannosissima la posizione di Di María, che segue Alves fino a diventare quasi un quinto difensore in pianta stabile. Centrocampo sguarnito, e Xabi Alonso che torna di nuovo a defilarsi un po’, ma viene preso in mezzo. Da quel lato il Barça consolida il proprio dominio: con Piqué che avanza, Xavi, Messi in costante appoggio e pure Pedro che con puntualità alterna movimenti incontro al portatore, tagli verso il centro e attacchi alle spalle di Marcelo. Superiorità totale in mezzo al campo, possibilità di decidere tempo e direzione del gioco in maniera tirannica.
Il Barça prepara la sua vittoria a destra, ma pugnala a sinistra: attira il Madrid verso un lato, poi cambia e trova gli uomini liberi di verticalizzare nell’altro. I boia sono Iniesta e Villa. Khedira è trascinato verso l’altro lato, Ronaldo in ripiegamento non stringe mai, lascia sempre scoperta una linea di passaggio letale perché Iniesta possa ricevere fronte alla porta e rifinire. La colpa non è di Ronaldo, che ha quelle caratteristiche, ma se giochi col portoghese esterno lo fai perché sai di poter “vivere” nella metacampo avversaria; se però scegli una partita così di attesa, allora forse è meglio mettere Cristiano unica punta al posto del disarmante Benzema e coprirsi.
Iniesta fa quello che vuole e coordina al meglio i propri movimenti con quelli di Villa: al 10’, nell’azione del primo gol (in precedenza, al 5’, meraviglioso pallonetto di Messi da posizione defilata, fermato solo dal palo), è il Guaje che taglia dentro, si porta via Ramos e permette a Iniesta di verticalizzare per l’incursione di Xavi (la difesa a 5 con cui si trova a giocare il Madrid non è immune a questo tipo di attacchi: anzi, regalando il centrocampo rimane più esposta anche agli inserimenti a sorpresa dei centrocampisti); al 17’ invece, le parti sono invertite ma il principio è lo stesso: sul cambio di gioco di Xavi, è Iniesta a portare via i difensori con il “Movimento Keita”©, e Villa largo ha l’uno contro uno facile con Ramos (ancora più facile con questo Ramos), per poi servire a Pedro il gol del raddoppio. Il Real Madrid ha solo un paio di mezzi contropiedi, originati più dall’abilità individuale di Ronaldo che riesce a saltare il pressing blaugrana che da un dominio territoriale che invece è tutto del Barça (all’11’ va comunque annotato un tiro di Di María deviato in angolo da Valdés).
I due gol inducono Mourinho a cambiare la posizione degli esterni, riportando Ronaldo a sinistra. Guardiola risponde invertendo Puyol e Piqué e tornando a una più chiara difesa a 4. Forse lo spostamento di Puyol sul centro-destra si spiega con l’esigenza di tenere il capitano sempre pronto alla copertura in seconda battuta sulle possibili percussioni di Ronaldo. Messi continua a garantire il necessario respiro ai centrocampisti, nel mentre che Pedro e Villa continuano a occuparsi di tenere occupata la difesa madridista dettando la profondità e negando i raddoppi su Leo. Sulla fascia invece Alves si abbassa, Di María si alza.
La partita si fa meno squilibrata dopo il secondo gol, col Barça che cerca movimenti più incontro al portatore per conservare la palla piuttosto che attaccare lo spazio alla ricerca di nuove occasioni. Perdono però un po’ di continuità nel gioco i padroni di casa, cedendo qualche punto di possesso-palla a un Madrid che in ogni caso produce solo una punizione dalla lunga distanza di Ronaldo finita a lato (34’), mentre al 26’ Xavi aveva smarcato Pedro davanti a Casillas, salvato solo dall’indecisione del canario.
Nell’intervallo Mourinho trae le conseguenze: il centrocampo che fa acqua fa sprofondare anche la difesa, allora meglio rinforzare la mediana per cercare di arginare la valanga prima. Lass sostituisce Özil, trivote con il francese sul centro-sinistra, Khedira centro-destra e Xabi Alonso davanti alla difesa. Ma è il quartetto Busquets-Xavi-Iniesta-Messi, in un flusso inarrestabile di passaggi e movimenti armoniosi, a continuare a dettare le condizioni. Senza contare che Ronaldo continua a non coprire, Lass slitta verso sinistra e nella girandola Alves-Xavi-Pedro-Messi-Iniesta qualcuno libero, tra le linee o sulla fascia, sbuca sempre. Il Madrid cerca pure di alzare la linea difensiva, ma sempre a palla scoperta: il rifinitore di turno del Barça si trova sempre fronte alla porta, e con tutto il tempo per scegliere l’opzione migliore. Magari Pedro finisce in fuorigioco, ma Villa attacca lo spazio in seconda battuta, o magari Xavi si inserisce dal centrocampo. Insomma, un massacro.
Al 47’ Marcelo perde palla sulla sua trequarti, Messi parte e attira tutti su di sé ma Villa spara su Casillas; al 51’ Xavi, smarcato ancora da Messi, fallisce la doppietta di un soffio, ma al 54’ Villa mette la pietra tombale sulla partita, sempre la stessa situazione, sempre palla scoperta e passaggio filtrante di Messi, combinazione ripetuta tre minuti dopo per il 4-0.
Da lì in poi è un torello imbarazzante, e persino Jeffren (subentrato a Pedro) trova la gloria nei minuti di recupero concludendo con un tocco sotto un cross dell’altro neo-entrato Bojan. Mano aperta dei giocatori blaugrana, per sottolineare il risultato, e frustrazione di Ramos, che si fa espellere per una manata a Puyol.
BARCELONA (4-3-3)
Valdés: Praticamente mai impegnato fra i pali, interpreta invece bene come sempre le uscite da libero aggiunto e i rilanci, nei quale non è semplicemente un portiere chiamato a usare i piedi, ma un elemento strutturale della manovra. Voto: 6.
Alves: Più che brillare individualmente, ha una funzione tattica, per come trascina via Di María e “pulisce” lo spazio che permette a centrocampisti e trequartisti di dominare la partita. Quando torna più basso è puntuale nelle sovrapposizioni e preciso nelle uscite palla a terra. Voto: 6,5.
Piqué: Inizia defilato a destra, e senza opposizioni si aggiunge al centrocampo aiutando a creare superiorità. Siccome il Barça innesca il circolo virtuoso che lo porta a occupare la metacampo avversaria e recuperare palla subito lì, non si deve preoccupare più di tanto dei ripiegamenti, come invece nelle due sfide dell’anno scorso (epico confronto con Cristiano Ronaldo). Stavolta non si incrocia molto con Cristiano: inizialmente copre le spalle ad Alves, poi inverte la sua posizione con quella di Puyol. Voto: 6,5.
Puyol: Anche lui non ha tantissimo lavoro, comunque attento nelle coperture, in seconda battuta nella zona dove opera Ronaldo, a seconda degli spostamenti del portoghese, prima al centro della pseudo-difesa a tre e poi sul centro-destra della linea a 4. Voto: 6,5.
Abidal: Inizia rigido come terzo di difesa, deve tappare le possibili vie di fuga di Cristiano Ronaldo in contropiede, che una volta ad inizio partita gli ruba il tempo e scappa. Quando Guardiola torna alla difesa a 4 classica, pure lui ha più libertà di sovrapporsi, anche se con parsimonia. Voto: 6.
Xavi: Nelle partite in cui il Barça rivendica e impone il suo stile, lui c’entra sempre qualcosa. Dici possesso-palla, dici Xavi. Dici controllo, dici Xavi. Dici passaggi sicuri fino alla trequarti e squadra compatta di fronte alla possibile perdita, dici Xavi. Rallenta, smista, verticalizza, cambia gioco, si inserisce pure e segna quasi una doppietta che per lui sarebbe stata cosa rara. Voto: 8. (dall’86’ Keita: s.v.).
Busquets: Se Xavi-Iniesta-Messi è il triangolo attorno al quale il Barça costruisce la propria superiorità, lui è il complemento discreto ma sempre funzionale. Per caratteristiche non può essere lui a dettare i tempi, ma una volta decisi questi Busquets è impeccabile nel dare continuità all’azione, cercandosi sempre lo spazio libero (quelle rotazioni senza palla che rendono più agile la manovra, che non ha Mascherano e non aveva nemmeno Touré), usando uno-due tocchi, ma anche districandosi nello stretto con eleganza e qualità tecnica. Il contesto della gara era quello ideale per le sue caratteristiche, che lo portano a prediligere l’anticipo nella metacampo avversaria più che il ripiegamento nella propria. Addirittura tenta un gol da metacampo nella ripresa, lui che non fa più di due metri di passaggio. Voto: 7.
Iniesta: Massacra il centro-destra del sistema difensivo madridista, smarcandosi dove fa più male. Ribadisce un’intelligenza superiore nell’interpretare il gioco, non solo qualità sopraffina nel controllo e nell’ultimo passaggio. C’è tanto merito nel movimento senza palla del secondo gol quanto nell’assist del primo. Voto: 8.
Pedro: La storiella del campione per caso è finita da tempo. Questo è un grande giocatore. Non è un solista su cui costruire una squadra, ma in questo momento è più utile al Barça di quanto lo sarebbero molti solisti. Esistono tanti Pedrito: quello che allarga il campo e dà profondità, quello che minaccia i centrali avversari tagliando per concludere a rete, quello che viene sulla trequarti per aiutare la squadra a riposare col pallone. Se l’idea di Guardiola per il Barça 2010-2011 è quella di un attacco senza punti di riferimento, Pedro ne è il simbolo. Voto: 7,5. (dall’86’ Jeffren: 6,5)
Messi: Son partite come questa che spiegano quanto questo giocatore sia grande, molto al di là delle azioni da highlights. Messi non ha fatto nemmeno un gol (ha solo sfiorato il capolavoro), ha fatto due assist, ma quello che conta di più è che è stato un costante fattore di dominio per il Barça, più di tutti. Una relazione strettissima con i centrocampisti, ma senza mai smettere di essere l’attaccante più pericoloso. Guardiola parla di giocatore totale, e non a torto. In ogni zona, crea la superiorità e lo può fare con un semplice movimento, senza bisogno di dribblare nessuno. Si trova lo spazio, viene in appoggio, attira su di sé qualche avversario, si libera del pallone e i compagni vedono l’orizzonte spalancato. Altro che solista, pochi giocatori sono così presenti nella manovra, e con questo peso poi. Voto: 8,5.
Villa: Bomber come sempre, ma ora rispetto a inizio stagione è pienamente integrato nel gioco di squadra. La sua profondità era un dato positivo già garantito in estate, bastava coordinare meglio i movimenti coi compagni Non stringere al centro ossessivamente, ma solo nei momenti giusti, sapendo che Guardiola non vuole farne un’ala ma dargli soltanto un riferimento di partenza. A lui comunque è sempre piaciuto defilarsi e puntare il terzino, come ribadisce ai danni di Ramos nel 2-0. Poi quando attacco lo spazio è il solito demonio, vedi 3-0 e 4-0. Voto: 7,5. (dal 76’ Bojan s.v.)
REAL MADRID (4-2-3-1)
Casillas: Ha passato serate più divertenti. Sui gol colpe più o meno inesistenti, forse una sbavatura sul cross di Villa per il 2-0 di Pedro. Molto approssimativo nei rinvii. Voto: 6.
Sergio Ramos: Pessimo. Vero che nella sua zona spesso si creava un due contro uno, ma è altrettanto vero che lui non ci ha messo nulla. Molle, non un anticipo, non un duello vinto, non una ripartenza, totalmente inutile in fase offensiva. Sta lì e guarda gli avversari che arrivano. Dorme anche sul gol di Jeffren, per quello che conta. Voto: 4.
Pepe: Un po’ a sorpresa, il meno peggio della difesa. A sorpresa perché era parso disorientato nelle uscite precedenti. Individualmente offre quello che può, ma alla lunga viene travolto anche lui, inevitabilmente. Voto: 5,5.
Carvalho: Superato in ogni momento della partita. Si è sempre fatto forte del senso della posizione, e dell’anticipo, ma in questa occasione non ha mai i riferimenti, e così deve cedere il passo ad avversari che arrivano in velocità o lo puntano nell’uno contro uno. Voto: 5.
Marcelo: Solitamente uno dei tre giocatori chiave della fase offensiva (con Ronaldo e Xabi Alonso), non ha alcuna possibilità di proporre il suo calcio. Non esce palla al piede e non ha l’appoggio solito di Cristiano Ronaldo (che parte sull’altra fascia) per rilanciare l’azione. Senza opzioni buone, schiacciato e intimidito dal pressing blaugrana, sparacchia anche lui. Per una partita di tale esigenza, difensivamente non è neanche così disastroso, ma non chiude su Xavi nell’1-0, e ritarda la diagonale su Pedrito nel 2-0. Mourinho comunque sembra additarlo come colpevole sostituendolo con Arbeloa già sul 4-0, un cambio che più che avere un significato tecnico particolare sembra un messaggio lanciato al giocatore. Ma non è andato peggio di tanti altri, semplicemente pure lui non ci ha capito nulla. Voto: 5.
Khedira: Impalpabile. Privo di qualsivoglia aggressività, scherzato dai palleggiatori blaugrana, non propone alcunchè. Segue a ruota il disastro dei compagni. Voto: 4,5.
Xabi Alonso: L’anno scorso al Camp Nou il suo Clásico fu una lezione di posizionamento difensivo, ma stavolta è uno dei grandi sconfitti. Preso in mezzo dal trio Iniesta-Xavi-Messi, non vede palla e non riesce mai a mettere ordine nel pandemonio che gli succede attorno. Voto: 4,5.
Cristiano Ronaldo: Davvero ce la mette tutta, ma per come il Real Madrid affronta la partita le uniche situazioni praticabili per lui sono quelle “solo contro il mondo”. In un paio di occasioni nel primo tempo riesce pure a scappare al pressing e a lanciare il contropiede, poi su punizione va un paio di volte a lato di poco. Ma non ha mai la possibilità di incidere all’interno di un contesto collettivo credibile. Difensivamente se ne frega, il buco fra lui e Khedira è ghiottissimo per Iniesta. Ma gliene si può fare una colpa solo fino a un certo punto, la colpa è del Real Madrid che non è riuscito a impostare la partita ideale per valorizzarne le caratteristiche. Voto: 6.
Özil: Le fonti ufficiali confermano che effettivamente in data 29-11-2010 si trovava sul rettangolo verde del Camp Nou. Pare ancora troppo acerbo per certe sfide. Voto: 4. (dal 45’ Lass: Non dà quello che chiede Mourinho. Molta voglia ma poca lucidità. Corre, corre e corre ma non la prende mai. Voto: 5.).
Di María: Anche per lui può valere il discorso fatto per Özil sulla maturità a certi livelli, ma meno, perché l’argentino è sempre generosissimo, e osa appena può. Il problema è che può pochissimo. La sua posizione da secondo terzino nel primo tempo è l’emblema della condotta passiva di un Madrid che perde tutti i riferimenti del proprio gioco. Voto: 5,5.
Benzema: Non si può andare avanti così. Uno dei 5-6 giocatori più talentuosi della rosa continua ad avere l’aria di uno che passa lì per caso. Non capisce cosa gli succede attorno, forse non si sforza nemmeno di farlo, non si propone, non incide, non ha uno slancio che sia uno, per quanto le condizioni tattiche in cui si muove siano proibitive. Cerca qualcuno dei suoi movimenti verso la sinistra, ma non è mai un appoggio credibile per rilanciare il gioco… non parliamo poi di dare profondità, contendere palloni ai difensori, farsi sentire in area avversaria o pressare (parola che nel suo vocabolario non esiste)… Voto: 4.
Gol: 1-0, m. 10: Xavi. 2-0, m.18: Pedro. 3-0, m.55: Villa, 4-0, m.57: Villa. 5-0, m. 90+1: Jeffren.
Árbitro: Iturralde González (col. vasco). Mostró cartulina amarilla a Víctor Valdés (m.32), Cristiano Ronaldo (m.32), Villa (m.34), Pepe (m.36), Messi (m.45), Xabi Alonso (m.51), Marcelo (m.56), Casillas (m.56), Carvalho (m.71), Sergio Ramos (m.73), Khedira (m.75) y a Puyol (m.80). Expulsó a Sergio Ramos (m.92) por agredir a Puyol
Incidencias: 98.255 espectadores asistieron al encuentro correspondiente a la decimotercera jornada de Primera División, disputado en el Camp Nou. En el palco se encontraban, entre otras autoridades, el presidente en funciones de la Generalitat, José Montilla; el vicepresidente en funciones de la Generalitat, Josep Lluís Carod Rovira; y el presidente del Parlament, Ernest Benach.
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