sabato, maggio 31, 2008

Spagna Campione d' Europa Under 17.

Son due settimane che la Spagna ha vinto l' Europeo Under 17, ma solo adesso posso pubblicare questo pezzo. Chiedo scusa per il ritardo.

Chissà cosa mangiano i ragazzi spagnoli sotto i vent’ anni, vai a capire il segreto, fatto sta che le selezioni Under 17 e Under 19 mostrano da anni una competitività senza eguali fra i loro pari età europei. Una competitività che richiama quasi quella tipica di Italia e Germania a livello di nazionali maggiori: saper competere, saper stare in campo, saper soffrire e, nella maggior parte dei casi, saper vincere in maniera relativamente indipendentemente dalla quantità di talento posseduta (l’ Under 19 della scorsa estate ad esempio non fu nulla di trascendentale) e dalle difficoltà di percorso (in tre partite nel corso di quest’ Europeo l’ Under 17 è andata in svantaggio, recuperando sempre).
Soprattutto nella finale stravinta 4-0 con la Francia si è apprezzata una maturità e uno spessore collettivo superiore alla media della categoria, qualità che hanno cancellato dal campo una Francia non certo inferiore come talento puro (pensiamo a elementi come Fofana, Tafer e Kakuta su tutti) ma molto più acerba come collettivo.
Probabilmente una maturità simile è troppo prematura, ma testimonia dell’ eccellente preparazione dei giovani spagnoli (rafforzata dal fatto di giocare nelle serie inferiori con giocatori di età anche molto maggiori: punto di forza che però rischia di venire annullato dalla probabile istituzione della “Liga Promesas”, una sorta di Campionato Primavera spagnolo, decisione errata che rischia di frenare la maturazione di questi talenti), ancora una volta e per l’ ultima volta guidata da Juan Santisteban: merita una menzione speciale il 72enne tecnico federale (sempre accompagnato comunque da Ginés Meléndez, solitamente incaricato dell’ Under 19: è una tradizione consolidata quella di coinvolgere tutti i tecnici delle nazionali giovanili in ogni spedizione, compreso il coordinatore e tecnico dell’ Under 21 Iñaki Saez), grande uomo di calcio e anche grande educatore. Dopo 20 anni di straordinario lavoro con le nazionali giovanili, lascerà un bel vuoto.

Il cammino di questa Under 17 prima della finale senza storia non è stato certo una marcia tronfale, la squadra ha vissuto un’ altalena di gioco e di risultati sofferti nel quale proprio la maturità e la capacità di mantenere i punti di riferimento essenziali anche nelle situazioni più difficili le ha permesso di passare indenne ogni ostacolo.
Dopo il tranquillo esordio nel girone contro la Svizzera (2-0, doppietta di Sergi: partita però non trasmessa in tv), il pirotecnico 3-3 con la Francia, partita nella quale la Spagna è riuscita con le azioni da palla inattiva (gol di testa di Rochina su punizione a spiovere di Thiago Alcantara, 2-2 di Pulido su azione da calcio d’ angolo e infine il definitivo 3-3 di Thiago, punizione tutt’ altro che irresistibile trasformata in gol dalla paperaccia del portiere francese Mezui) a mantenersi sempre in vita nonostante la mancanza di un controllo stabile del gioco cui costringeva la superiorità atletica francese a centrocampo. Una partita con non pochi errori e segnali di vulnerabilità difensiva, ma anche importante per dimostrare la tenacia di questo gruppo, per tre volte sotto e per tre volte capace di rimontare nonostante le difficoltà di gioco.
L’ ultima gara del girone con l’ Eire è una semi-formalità (basterebbe un pareggio) che i ragazzi di Santisteban prendono colpevolmente sottogamba in un primo tempo orribile, zero spaccato in quanto a concentrazione e in quanto a ritmo e sbocchi della manovra: Hourihane punisce questa mollezza, ma nel secondo tempo la Spagna cambia completamente registro e, complici i cambi azzeccati di Santisteban (Rochina scuote l’ attacco, Canales dà più fluidità a un centrocampo parso un po’ piatto nella coppia titolare di partenza Sielva-Álvaro), chiude con un autorevole 3-1 (doppietta di Rochina e gol di Keko).
La semifinale con l’ Olanda è un’ altra gara in salita: primo tempo di totale soggezione tattica: tagliati i collegamenti fra centrocampo e attacco, quasi impossibile avvicinarsi all’ area degli Oranje, che dettano legge col loro 4-3-3 imperniato sul talentuoso centravanti-boa Castillion e concretizzano la loro netta superiorità nel vantaggio di Rodney Sneijder, fratello del Wesley madridista.
Il secondo tempo non vede una Spagna brillante, ma perlomeno lo spirito è diverso, la palla resta un po’ di più tra i piedi degli iberici che ancora una volta si dimostrano abili nello sfruttare l’ episodio, quando in un uscita da un calcio d’ angolo la difesa olandese si fa sorprendere e sull’ assist di Thiago tiene in gioco Pulido, ancora una volta difensore-goleador. Il secondo tempo evidenzia un netto calo atletico degli olandesi, che hanno speso tanto nel loro intenso primo tempo, la partita si fa decisamente più equilibrata con una lieve sensazione di vantaggio spagnolo, talmente lieve che però i rigori sembrano a tutti il finale più logico: invece l’ imprevedibilità del calcio incarica il terzino sinistro Ángel Martínez, entrato in corsa al posto del suo pari-ruolo Planas per quello che sembrava un cambio puramente conservativo, del ruolo di match-winner con un favoloso sinistro che dalla lunga distanza si insacca sotto la traversa regalando il gol decisivo a pochissimi minuti dai supplementari. L’ espanyolista non è però l’ unico eroe della serata: come dimenticare infatti il salvataggio impossibile sulla linea di Pulido che nei minuti finali rimedia all’ uscita a vuoto del terrificante portiere Alex?
L’ altalena però finisce qui: la finale infatti, teoricamente la gara più incerta, risulta un assoluto monologo, un vero e proprio show delle giovani Furie. Francia slegata, con le individualità offensive abbandonate a loro stesse, incapace di aggredire a centrocampo (errore sottrarre Fofana al centrocampo arretrandolo in difesa) e dal primo all’ ultimo minuto soggiogata dalla manovra spagnola finalmente fluida e continua. Álvaro, scalzato da Canales nelle due partite precedenti, torna titolare accanto a Sielva imponendo le sue geometrie: la Spagna gioca col baricentro stabilmente alto nella metacampo avversaria e la continuità di manovra permette ora di sollecitare con la dovuta continuità Thiago Alcantara (più intermittente nelle partite precedenti) tra le linee, il quale trova un’ ottima sponda nei movimenti intelligenti di Sergi, preferito da Santisteban a Rochina per questa finale. Proprio da una triangolazione fra Thiago e Sergi nasce il vantaggio spagnolo nelle ultime fasi del primo tempo, con Keko che sul secondo palo appoggia in rete il traversone radente del figlio di Mazinho.
Segnato il primo gol, il resto viene di conseguenza: magistrale secondo tempo della Spagna per la capacità di gestire a piacimento il pallone, i ritmi e le misure della partita, dando il colpo di grazia quando opportuno alla disunita difesa francese: l’ indemoniato Keko si scatena palla al piede negli spazi, e Sergi chiude i conti concludendo il contropiede con un sinistro incrociato a dire il vero assolutamente parabile dall’ ancora una volta goffo Mezui. Il rigore di Thiago e il definitivo 4-0 del subentrato Gavilán danno al risultato i contorni più rotondi possibili.

Complessivamente, si è trattato di un gruppo di buon talento (con assenti comunque importanti: Molero e Muniesa al centro della difesa, Dani Pacheco, considerato uno dei più dotati di questa generazione, in attacco), con picchi minori ma forse meglio distribuito rispetto all’ Under 17 dell’ anno passato (quella dei Bojan, Fran Mérida, Iago Falqué, Camacho, Rochela e De Gea). Solite potenzialità di rilievo dal centrocampo in su, ha stavolta lasciato un po’ perplessi la linea difensiva (e non parliamo del portiere…). Caratteristica è stata la politica di rotazioni di Santisteban: pur essendo riconoscibile nel suo classico 4-2-3-1 un nucleo di titolari, alcuni ruoli come quelli soprattutto di terzino sinistro, regista e prima punta non hanno avuto un chiaro padrone, data la forte concorrenza e prossimità di valori presente più o meno in tutta la rosa.
Domina la componente blaugrana, ben 7 giocatori del Barça nel gruppo dei 18 che ora andiamo ad analizzare uno per uno.

Formazione-tipo (4-2-3-1): Alex; Montoya, Pulido, Oriol Romeu (Gaztañaga), Planas (Ángel Martínez); Sielva, Álvaro (Canales); Keko, Thiago Alcántara, Carmona; Sergi (Rochina).
Il canonico 4-2-3-1 delle nazionali giovanili spagnole: difesa a 4 con due terzini che a turno supportano con moderazione l’ azione offensiva; “doble pivote” composto da un cursore (Sielva) e un regista (Álvaro o Canales); una punta, un trequartista a supporto e due esterni larghi incaricati di conquistare il fondo. La ricetta è la solita di sempre: ricerca del possesso-palla per fini non solo offensivi, ma anche difensivi(se la palla ce l’ abbiamo noi, non ce l’ hanno gli avversari). Perfetta in tal senso la gestione del vantaggio nella finale con la Francia, addormentando il gioco, non cedendo mai metri, non incoraggiando mai l’ avversario e mantenendo sempre il colpo in canna (infatti è finita 4-0). Strategia che ha tolto pressione a una linea difensiva difesa parsa tutt’ altro che impeccabile, abbastanza insicura nella difesa dei traversoni dalle fasce e poco aggressiva nell’ accorciare sulla sua trequarti.

Alejandro Sánchez Benítez Alex”(Barcelona): Detto anche “Bogeyman” per la tranquillità che infonde ai compagni della difesa, ha costituito palesemente il punto debole di questa nazionale. Avendo come elemento d’ analisi quattro sole partite e a maggior ragione trattandosi di un ragazzo di 17 anni, bisogna andarci piano con le sentenze, però è certo che ha trasmesso sensazioni preoccupanti e denunciato lacune tecniche drammatiche. Avventuroso e sempre incerto nelle uscite alte, una sua gaffe clamorosa (rimediata miracolosamente da Pulido) ha rischiato di costare carissimo nei supplementari della semifinale con l’ Olanda, e questa sua carenza ha spesso indotto i suoi compagni a difendere molto bassi a ridosso della porta sui calci piazzati, accrescendo la sensazione di vulnerabilità generale di una difesa nel complesso non esaltante. Discutibile anche il suo posizionamento fra i pali, come testimonia il provvisorio 2-1 del francese Grenier nella gara del girone, una punizione sicuramente ben eseguita ma nemmeno troppo angolata.
Ángel Diez Ibañez (Racing Santander): Non giudicabile, utilizzato solo nella gara con l’ Eire, dove ha dovuto incolpevolmente raccogliere un pallone in fondo al sacco per poi trascorrere in relativa tranquillità il resto della gara.

Martín Montoya Torralba (Barcelona): Davvero convincente questo ragazzo, penso abbia futuro. Un terzino destro di rendimento e personalità elevati: rapido, reattivo, inesauribile, concentratissimo sull’ uomo, sempre pronto ad anticipare, cerca di non far girare l’ avversario e poi prendere di sorpresa gli avversari ripartendo palla al piede. Difficile da superare in velocità, prezioso nei recuperi.
La sua specialità è la fase difensiva, non è certo un terzino-ala, ma quando si spinge in attacco come detto sa soprendere la difesa avversaria, sceglie bene il tempo nelle sovrapposizioni e nelle incursioni palla al piede, talvolta riuscendo anche a incunearsi nell’ area avversaria, dove però le carenze di tocco limitano la sua efficacia al momento del cross o della conclusione. Nel mirino di club inglesi (te pareva), restasse al Barça potrebbe venirne fuori una riedizione del “Chapi” Ferrer.
Jorge Pulido Mayoral (Atlético Madrid): Un po’ l’ eroe della spedizione, ha dato quasi l’ impressione di beneficiare di un momento magico che, volente o nolente, lo metteva sempre al centro degli episodi decisivi per la propria squadra. Due gol importanti, e un miracoloso salvataggio sulla linea che, sempre nella semifinale con l’ Olanda nella quale aveva realizzato il pareggio, ha garantito l’ accesso alla finale negli ultimi minuti dei supplementari.
Non aveva disputato le qualificazioni, ma una volta inserito in questa fase finale si è rivelato inamovibile per Santisteban. Centrale slanciato, discretamente agile ed elastico, ha buon senso della posizione, non è molto aggressivo sull’ uomo ma realizza buone chiusure, potendo anche contare su un tackle deciso e al tempo stesso pulito. Forte di testa, quando va nell’ area avversaria lo stacco e la buona scelta di tempo lo rendono piuttosto pericoloso (si vede che è uno che “sente” il gol nelle situazioni di palla inattiva). Hanno colpito favorevolmente la personalità e la buona disposizione ad assumersi importanti responsabilità: spesso incaricato di iniziare l’ azione dalla difesa, ha mostrato cambi di gioco ben calibrati col suo destro e all’ occorrenza ha proposto pure autorevoli uscite palla al piede (soluzione interessante per aprire varchi quando centrocampisti e attaccanti sono tutti marcati).
Oriol Romeu Vidal (Barcelona): Centrocampista centrale adattato a difensore in quest’ europeo, non ha pienamente convinto: incerto nella partita del girone con la Francia, un po’ meglio con l’ Olanda, ma nella finale Gaztañaga gli ha sottratto il posto. Fisicamente c’è tutto, ha stazza, un tackle vigoroso e anche buona personalità, inoltre non butta mai via il pallone (pur ricadendo su Pulido buona parte della responsabilità di iniziare l’ azione), però non sempre è parso puntuale e concentrato nella marcatura e nell’ applicazione dei movimenti difensivi.
Carles Planas Antolinez (Barcelona): Terzino sinistro, titolare nella prima gara con la Svizzera e in semifinale e finale. Elemento di spiccato agonismo e attitudini difensive. Grintoso, attento e deciso nelle chiusure diagonali, reattivo ed energico negli interventi, non brilla per stile ma è affidabile e bada al sodo. Pressochè nulle le sue doti offensive, tecnicamente è molto modesto e quando il pallone capita sui suoi piedi tende a sparacchiarlo compromettendo le geometrie della squadra.
Jon Gaztañaga Arrospide (Real Sociedad): Due presenze, con l’ Eire e in finale, onestamente poco per valutarlo (visto oltrettutto che si è trattato di due gare nelle quali la Spagna è stata impegnata molto poco sul piano difensivo). Abbozzando, in attesa di rivederlo all’ opera, pare un centrale sobrio e discretamente attrezzato per il corpo a corpo.
Ángel Martínez Ortega (Espanyol): Ha conteso la maglia da titolare a Planas, soccombendo nlle ultime due gare ma rendendosi decisivo col golazo (una volta nella vita) nei supplementari con l’ Olanda. Golazo inusuale per un giocatore che fa del basso profilo la sua bandiera: sobrio e tatticamente disciplinato, raramente si fa sorprendere fuori posizione, ha una buona prestanza fisica ma risulta vagamente legnoso nei suoi movimenti. Parsimonioso ma abbastanza puntuale nell’ appoggiare l’ azione d’ attacco, ha però scarsa profondità, tutt’ al più porta via l’ uomo al compagno di fascia. Più preciso e razionale nella gestione del pallone rispetto a Planas, rispetto al quale è meno aggressivo ma forse più completo.

Óscar Sielva Moreno (Espanyol): Ha disputato tutte le gare dal primo all’ ultimo minuto (come Pulido e Montoya), assolutamente imprescindibile per Santisteban, e si fa presto a capirlo. Dove serve, lui c’è: un giocatore che nonostante la sua età ha già una concezione assai matura del gioco di squadra. Cursore infaticabile, elemento di grande quantità, sempre pronto a garantire il raddoppio al compagno e di seguito a proporsi per rilanciare l’ azione. Non c’è un momento di pausa nel suo gioco: porta palla e se vede lo spazio propone anche la transizione rapida o l’ inserimento (con un ottimo raid ad esempio ha procurato il rigore del 3-0 nella finale). Gioca la palla con discreta precisione, non ci sono errori di misura rilevanti, anche se, non avendo i tempi di gioco e le geometrie adeguate, la sua dimensione resta quella del gregario, dello “scudiero” per un compagno dalla visione di gioco più ampia. Dinamico, generoso, fondamentale uomo-squadra.
Álvaro López Bermejo (Real Madrid): Unico esponente madridista e capitano, in difficoltà nelle partite del girone con Francia ed Eire, ha perso il posto a favore di Canales in semifinale per poi tornare in sella nella finale con un’ ottima prestazione, da bussola del centrocampo. Centrocampista non molto dinamico, tiene la posizione e funge da punto di riferimento per l’ impostazione della manovra, non ha particolari illuminazioni ma offre geometrie, continuità d’ azione e un buon senso della posizione che lo rendono puntuale anche in copertura. Compassato e preciso, non è un mostro di reattività, può soffrire un pressing insistito.
Sergio Canales Madrazo (Racing Santander): Mancino di qualità da piazzare al centro della trequarti o nel doble pivote, utilizzato prevalentemente a partita in corso (notevole il secondo tempo con l’ Eire), titolare solo con l’ Olanda. Gioca con molta calma, ragiona e sceglie di volta in volta la migliore opzione, preferendo utilizzare pochi tocchi e far correre il pallone piuttosto che trattenerlo in eccesso. Elegante, ha ottime doti di palleggiatore e visione di gioco, col suo sinistro calibrato sa indifferentemente aprire il campo o pescare l’ uomo in profondità col passaggio nello spazio. Trasmette una certa sensazione di freddezza, rifugge un po’ il contatto fisico e non è un mostro di agonismo, la sua calma a volte può correre il rischio di trasformarsi in apatia e mancanza di coraggio. Personalmente lo vedo più da regista che da mezzapunta, sulla trequarti gli manca il cambio di ritmo per fare la differenza (un difetto abbastanza tipico di molti di questi palleggiatori spagnoli).
Sergio Gontán Gallardo “Keko (Atlético Madrid): La scheggia impazzita di questa selezione, un po’ alterno nelle gare del girone e in semifinale, ha letteralmente tracimato nella finale. Esterno destro (spesso però scambiatosi di fascia con Carmona durante i 90 minuti) dinamico e sempre attivo, possiede talento individuale ma anche una notevole capacità di intendere il gioco collettivo (lui e Sielva i migliori in questo senso), è frizzante nello spunto e nell’ uno contro uno ma sa anche offrire sbocchi importanti senza palla, attaccando lo spazio in profondità o proponendo ficcanti tagli in diagonale verso l’ area di rigore. Vivacissimo, non ha nessuna paura ad affrontare l’ uomo in dribbling quando la situazione lo richiede (mi ricorda un po’ il Sisi del Valladolid), è molto rapido sul breve e scappa via con facilità. Non molto elegante nella corsa, il fisico lo penalizza nel corpo a corpo, tuttavia quando trova campo aperto e ribalta l’ azione palla al piede diventa imprendibile (esemplare l’ azione di contropiede che in finale ha ispirato il 2-0 di Sergi).
I suoi movimenti senza palla son sempre interessanti, non di rado crea favorevoli opportunità offensive, ma va detto che una volta arrivato nell’ area avversaria il buon Keko abbastanza frequentemente ci si perde: spesso gli mancano idee chiare su come finalizzare l’ azione, e finisce con l’ impappinarsi. Inoltre qualche miglioramento nel primo controllo e nel tocco di palla potrebbero aiutarlo a rendere ulteriormente più incisiva la sua azione.
Thiago Alcantara Do Nascimento (Barcelona): Sarà una questione genetica, ma un brasiliano lo riconosci subito. Una maniera diversa di toccare il pallone e in senso lato di approcciarsi al gioco. Thiago Alcantara, l’ ultima perla della cantera blaugrana, non gioca a calcio, danza. La sua mentalità, a differenza di quella del Bojan dell’ anno scorso, è ancora prettamente “giocherellona”, da calcio giovanile, ancora i difetti da limare son parecchi e la continuità all’ interno dei 90 minuti scarseggia, ma ciò non può nascondere le potenzialità realmente sensazionali del giocatore, che vanno molto al di là delle alterne prestazioni offerte in quest’ Europeo.
Raramente ho visto un’ abilità simile nel controllare il pallone, nel piegare in ogni momento la sfera ai propri voleri, nel domarla con ogni parte del corpo e con la massima eleganza e apparente semplicità. Ha iniziato col futbol-sala, ciò traspare in più di un’ occasione dai suoi movimenti: spesso, forse troppo spesso, rimane surplace per attirare su di sè l’ avversario e liberarsene di colpo mediante spettacolari finte di corpo, giochi con la suola ed “elastici” vari. A volte un po’ troppo consapevole di questa sua abilità e tentato dall’ indugiarvi in eccesso, deve imparare a liberarsi del pallone nei tempi giusti, a scegliere di volta in volta l’ opzione più utile e ad incidere con maggior continuità e concretezza sugli sviluppi del match.
Ama muoversi tra le linee (per alcuni minuti con la Francia nel girone si è trovato defilato a sinistra), ha le intuizioni del numero 10 classico, se trova lo spazio sulla trequarti ha la visione intuitiva dell’ ultimo passaggio e la capacità di tagliare a fette un’ intera difesa smarcando il compagno davanti al portiere, qualità che potrebbe mettere ancora più a frutto se come ricordato sopra migliorasse i tempi di gioco.
Destro dalla notevolissima sensibilità di tocco, taglia traiettorie millimetriche indifferentemente con l’ interno e l’ esterno del piede, abile esecutore di calci piazzati, alterna soluzioni secche e molto tagliate (i cross dalla trequarti pericolosissimi non appena trovano la minima deviazione) alla classica “foglia morta” (soprattutto nelle punizioni dal limite).
Adriá Carmona Pérez (Barcelona): L’ unico classe ’92 della spedizione, forse proprio per questo il più acerbo. Sicuramente talentuoso (personalmente più dotato sul piano della tecnica pura rispetto a Keko), ha regalato tuttavia apparizioni sporadiche e decisamente intermittenti, col secondo tempo con l’ Eire come acuto più rilevante. Tutto mancino, classico esterno che vive dell’ uno contro uno, si intravedono possibilità notevoli da questo punto di vista: il controllo di palla ottimo anche in corsa, lo spunto brillante sul breve, il gioco di gambe rapido e la capacità di cambiare direzione lo rendono un cliente difficile, giunto sul fondo o in area riesce molto spesso a prendere il tempo al terzino e liberare il cross, veloce e tagliato fra i centrali e il portiere avversario (dove più fa male), o la conclusione incrociata, secca ed insidiosa, altri due pezzi del suo repertorio da tenere d’ occhio.
Manuel Gavilán Morales (Betis): Primo ricambio per la linea dei trequartisti, è entrato in corsa in ogni partita (segnando pure un gol nella finale con un colpo di testa in torsione niente male) piazzandosi indifferentemente al centro o sulle due fasce, soprattutto a sinistra. Non si è potuto ovviamente apprezzare tantissimo, diciamo che si è intravisto un giocatore dal fisico prestante ma al tempo stesso dalla discreta agilità nei movimenti, buone doti di palleggio, gioco semplice, movimenti senza palla interessanti e buona capacità di dialogo coi compagni e partecipazione alla manovra.
Gerardo Alfredo Bruna Blanco (Liverpool): Argentino di nascita, cresciuto in Spagna, ha già conosciuto la ribalta mediatica per il solito trasferimento-scippo oltre Manica, dal Real Madrid al Liverpool; tuttavia, in quest’ Europeo è stato un attore non protagonista, il meno utilizzato da Santisteban, solo 16 minuti nel 3-3 (schierato esterno sinistro) con la Francia per questo esile trequartista mancino, da alcune parti addirittura paragonato a Messi.

Sergio García Mut “Sergi(Valencia): Meno classe del concorrente Rochina (cui ha sottratto il posto in finale), ma forse più maturità tattica. Gioca semplice, conosce e applica i movimenti della punta centrale in un 4-2-3-1: in particolare non brilla in nessuna specialità, però offre la profondità, taglia dal centro verso le fasce, viene incontro, appoggia spalle alla porta e apre spazi, insomma garantisce sempre uno sfogo all’ azione offensiva. Mancino, non ha la grande azione individuale in canna né incanta con giocate ricercate, però non è nemmeno un asino dal punto di vista tecnico, ha dimostrato di saper giocare di prima e triangolare con qualità, rivelandosi un’ ottima sponda per le incursioni dei trequartisti (esemplare l’ uno-due con Thiago nell’ azione del primo gol in finale). In più vede la porta, conclude senza cincischiare col suo mancino, ha istinto e buon calcio.
Rubén Rochina Naixes (Barcelona): Forse l’ elemento di maggior qualità dopo Thiago, un attaccante in prospettiva interessantissimo, unisce fisico e doti di palleggio di assoluto rilievo. Mancino pieno, difficile sottrargli il pallone, perché combina un ottimo uso del corpo per difendere palla a una notevole capacità di districarsi in dribbling anche nello stretto. Spalle alla porta è un incubo, protegge palla e quasi sempre riesce a girarsi e liberarsi per la conclusione o comunque per ottenere falli preziosi. Elegante, raffinato e coordinato nei movimenti, ha grande facilità di calcio, sia da fermo (spesso incaricato di battere le punizioni dal centro-destra, di potenza sul palo del portiere o morbide sopra la barriera) che in corsa, e un repertorio di soluzioni che va dalla fucilata alla carezza con l’ esterno.
Lontanissimo dallo stereotipo del centravanti statico, è molto più una seconda punta che ama entrare in frequante contatto col pallone, abbassarsi sulla trequarti o svariare sulle fasce per ricevere palla e puntare l’ avversario. Non intende molto il gioco senza palla, e questa sua tendenza ad allontanarsi dall’ area può risultare controproducente se in un modulo come il 4-2-3-1 è incaricato di fare l’ unica punta. Velocità media, gli manca del tutto l’ accelerazione secca che lascia sul posto l’ avversario e non è rapidissimo nell’ esecuzione: per dare un’ idea, lo si potrebbe definire un Tristán mancino (ovviamente il Tristán dei tempi belli).

Squalificato nella prima gara con la Svizzera, ottimo con la Francia nel girone, devastante nel secondo tempo con l’ Eire, non ne ha azzeccata una nella semifinale con l’ Olanda, perdendo così il posto per la finale, nella quale ha raccolto solo alcuni spiccioli nelle ultime fasi.

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mercoledì, maggio 21, 2008

Le pagelle del Real Madrid Campione.

Iker Casillas: Determinante soprattutto nella prima parte di stagione, quando il Real Madrid, fragile come blocco, si basava soprattutto sulla definizione degli episodi nelle due aree per accumulare punti su punti. Robinho ribaltava l’ azione, Van Nistelrooy e Raúl la mettevano dentro, lui parava, eccome se parava.
Nel girone d’ andata ha raggiunto l’ apice il mito di “San Iker”, portiere da anni abituato ad esaltarsi nei bombardamenti (pensate che, secondo le statistiche, a metà stagione il Real Madrid risultava la squadra con più tiri in porta al passivo, anche più del Levante!), non il più completo se si guarda ai fondamentali del ruolo (non sono un mistero ad esempio le sue carenze sulle uscite alte, il suo Tallone d’ Achille), ma straordinario, con pochi eguali, se si guarda all’ agilità e ai riflessi puri, capace di togliere il pallone dagli angoli più impossibili e di neutralizzare conclusioni da distanze ravvicinatissime con tempi di reazione disumani (vedere per credere la parata allo scadere in casa con l’ Olympiacos in Champions), quasi come se il pallone dovesse sempre e comunque andare a infrangersi sul suo corpo.
Presenze: 36. Ammonizioni: 3. Espulsioni: 0. Voto: 8,5.
Dudek: La prematura eliminazione dalla Copa del Rey ha tolto l’ unica valvola di sfogo al veterano portiere polacco, acquisto abbastanza misterioso. Nella sua unica presenza in Liga risiede comunque buona parte della retrocessione del Zaragoza: ben oltre il miracoloso il suo contributo nei minuti finali del match della Romareda.
Presenze: 1. Ammonizioni: 0. Espulsioni: 0. Voto: s.v.
Codina: Terzo portiere con inesistenti possibilità d’ inserimento, Schuster gli ha concesso la passerella nella festa col Levante all’ ultima giornata.
Presenze: 1. Ammonizioni: 0. Espulsioni: 0. Voto: s.v.

Sergio Ramos: “Tarzan”, “Caballo Loco”, i soprannomi esemplificano il modo di intendere e vivere il calcio dell’ andaluso. Una carica di adrenalina inesauribile, uno spirito che contagia i compagni e lo spettatore, al di là dei dettagli tecnico-tattici. Già affermatosi in un paio di stagioni come elemento imprescindibile nelle dinamiche della squadra, in particolare sulla fascia destra, dove, non esistendo esterni o ali di ruolo nell’ organico madridista (nel tridente son partiti dalla destra o seconde punte come Raúl e Higuaín, oppure mancini pure come Robben e più raramente Drenthe) , è ricaduta quasi interamente su di lui la responsabilità di dare ampiezza al gioco. Caratteristiche attualmente non surrogabili quelle di Sergio Ramos, come hanno dimostrato quelle gare nelle quali l’ ex Sevilla era assente e nelle quali il Madrid è diventato praticamente monco sulla fascia destra, prima fra tutte la dimostrazione d’ impotenza con la Roma.
Definitosi ormai come terzino arrembante, ciò che più risalta di questo giocatore sono le sbalorditive capacità atletiche. Capace di correre su e giù per tutti i 90 minuti senza mai perdere brillantezza, offre sempre uno sbocco ai compagni, copre la fascia da solo permettendo alla sua squadra di guadagnare un uomo nel gioco per linee interne. Si propone con grande, forse pure eccessiva, generosità, non ha paura di tentare giocate difficili, anche se a dire il vero non sempre risulta produttivo sotto quest’ aspetto, talvolta tende a fare confusione quando poarte palla al piede e la qualità dei cross è certamente migliorabile.
Strepitosa esplosività, impressionante stacco aereo, pericoloso soprattutto quando va nell’ area avversaria sui calci piazzati, le sue doti atletiche da privilegiato e l’ agonismo contagioso tendono un po’ ad occultare certe lacune tattiche e difensive che ancora lo contraddistinguono e che a dirla tutta son state il principale ostacolo a un suo utilizzo stabile nel ruolo di difensore centrale. Nel gioco di Sergio Ramos predomina l’ istinto, e se questo lo rende un giocatore speciale in determinate situazioni, in altre lo penalizza: in particolare, tende a seguire più la palla che i movimenti degli avversari, e questo può aprire spazi favorevoli agli avversari alle sue spalle. Questa tendenza poi lo porta a non misurare correttamente l’ opportunità e il tempo degli interventi, handicap che gli è costato in questa stagione diverse espulsioni o comunque squalifiche importanti e che poteva incidere ancora più pesantemente in presenza di arbitri più severi. Fattore questo che gli costa mezzo voto in meno nella mia pagella, pur tenendo presente che si tratta di un giocatore assolutamente imprescindibile per il Real Madrid, nonché di uno dei migliori cinque giocatori spagnoli nell’ attualità.
Presenze: 33. Reti: 5. Ammonizioni: 16. Espulsioni: 3. Voto: 7.
Pepe: I frequenti infortuni ci hanno consentito solo l’ assaggio di un grande difensore, come testimonia anche il voto contenuto. Le volte che è stato in campo ha offerto l’ impressione di poter dare un’ altra dimensione a tutta la difesa con la sua sola presenza, facendo pure giocare meglio chi gli stava accanto (come Cannavaro), esemplare la gara del Camp Nou in tal senso. Più che sull’ intelligenza tattica Pepe si basa su una forza fisica e una personalità preponderanti, tali che il rischio principale è proprio quello che il giocatore possa nutrire eccessiva confidenza nelle sue qualità e cadere in errori di deconcentrazione. Corpulento ma tutt’ altro che macchinoso, veloce nei recuperi, roccioso nei contrasti e difficile da superare nell’ uno contro uno, ha una presenza fisica preponderante che nel corpo a corpo lo rende un ostacolo quasi insormontabile. Sicuro e svettante nel gioco aereo, autorevole nelle uscite palla al piede, destinato a diventare il cardine indiscusso della difesa se gli infortuni glielo consentiranno.
Presenze: 19 (17 da titolare). Reti: 0. Ammonizioni: 5. Espulsioni: 0. Voto: 6,5.
Cannavaro
: Sicuramente meglio della scorsa stagione, anche se lontano anni luce da quello del Mondiale. In difficoltà quando lo scarso filtro del centrocampo lo ha costretto a coprire spazi ampi, ha avuto anche qualche sbavatura impropria per un difensore della sua classe (tipo la pessima prova casalinga col Valencia), qualche fallo e intervento fuori misura di troppo, ma è cresciuto e ha guadagnato punti di riferimento preziosi quando ai suoi fianchi ha avuto Pepe ed Heinze: in un undici più compatto son venute meglio fuori la sua esperienza, il suo tempismo e la sua autorevolezza.
Presenze: 33. Reti: 0. Ammonizioni: 7. Espulsioni: 1. Voto: 6.
Marcelo
: Stagione difficile per il brasiliano: pesante incarico l’ eredità di Roberto Carlos per un 20enne talento acerbo che, repentinamente scaraventato nel calderone del Bernabeu, non ha certo avuto il tempo di maturare con la calma dovuta, bersaglio privilegiato di tante critiche che forse non valutano appieno questa sua non facile situazione. È il problema dei talenti che dal Sudamerica arrivano sempre più giovani e in squadre ed ambienti di enormi esigenze, Marcelo è forse il caso più emblematico, l’ ideale per lui forse sarebbe stato un prestito ad inizio stagione.
Nonostante tutto Marcelo si è comunque guadagnato con relativa facilità uno spazio fra i titolari, sfruttando il fatto di essere l’ unico terzino sinistro di una certa profondità nella fase offensiva. Fase offensiva che è il suo forte ma che deve limare ed adattare appieno alle esigenze del calcio europeo: ha ottimo controllo di palla, capacità di andare via anche nello stretto (capacità che ha portato buoni frutti contro alcune difese schierate), un mancino calibrato nei cross e insidioso nelle conclusioni dalla lunga distanza, ma tende a portare un po’ troppo palla invece che giocare più semplice sul dai e vai e la sovrapposizione, perdendo l’ effetto-sorpresa e rischiando perdite pericolose sulla trequarti. Ha sicuramente il potenziale per esprimersi con maggiore incisività in quest’ aspetto del gioco.
Dal punto di vista difensivo vengono invece le note dolenti: reattivo e rapido negli interventi ma spesso fuori tempo o ingenuo nell’ affrontare l’ uno contro uno, semplicemente catastrofico dal punto di vista tattico quando occorre applicare i movimenti giusti nella linea difensiva. Posizionamento che spesso e volentieri lascia a desiderare, vulnerabilità evidente soprattutto nelle diagonali e nelle coperture sui palloni provenienti dall’ altra fascia, gioco aereo inesistente (incredibili i due gol in fotocopia che sono costati la sconfitta in casa del Betis, con Edu e Mark González a burlarlo soli soletti sul secondo palo), letture approssimative, buchi e svarioni. Nessuno gli chiede di difendere come Maldini, ma è chiaro che dovrà porre una misura a questi scempi se vorrà affermarsi secondo quanto le sue potenzialità suggeriscono.
Presenze: 24. Reti: 0. Ammonizioni: 9. Espulsioni: 0. Voto: 5,5.
Heinze
: Primo rincalzo difensivo, giocatore importante per Schuster e che forse avrebbe trovato ancora più spazio con qualche acciacco in meno. Terzino sinistro al posto di Marcelo soprattutto nelle gare che esigevano più copertura (su tutte la sfida del Camp Nou, in assoluto la miglior prestazione difensiva dell’ annata madridista), più spesso centrale sfruttando le frequenti assenze di Pepe. Vecchia carogna del rettangolo verde, difensore che si fa sentire, deciso e senza svolazzi nell’ intervento, navigato, tempista e duro il giusto come comanda la scuola argentina. Da terzino sinistro si può proporre solo nelle ristrette circostanze sopra indicate, normalmente non è in grado di assicurare la profondità e l’ elaborazione che necessitano la manovra di una squadra come il Real Madrid.
Presenze: 20 (17 tit.). Reti: 1. Ammonizioni: 6. Espulsioni: 0. Voto: 6.
Miguel Torres: La scoperta di Capello, rivelazione della scorsa stagione, quest’ anno non è andato oltre l’ anonimato. Scavalcato da Marcelo ed Heinze come terzino sinistro, il poco spazio avuto lo ha trovato sulla destra in assenza di Sergio Ramos. Abbastanza diligente ma meno solido rispetto a quanto fece vedere l’ anno scorso in fase difensiva, ampiamente insufficiente in fase offensiva, senza Sergio Ramos la fascia destra madridista praticamente non è esistita da questo punto di vista (ma non è tanto colpa di Torres, che ha le sue caratteristiche arcinote, è una lacuna frutto di una pianificazione inadeguata, che ha lasciato l’ organico privo di un esterno destro di livello a centrocampo).
Presenze: 20 (13 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 3. Espulsioni: 1. Voto: 5,5.
Salgado
: Poco da dire, lo reputo finito da anni (per uno che basava tutto sulla corsa, la spinta e la generosità 32 anni sono già un macigno). Comprensibilmente sottoutilizzato da Schuster, che ha poi messo una “X” bella grossa sul suo nome quando il suddetto si è lasciato scappare le seguenti dichiarazioni prima dei due impegni cruciali casalinghi con Valencia e Sevilla: “queste due son le partite in cui Schuster dovrà dimostrare di essere da Real Madrid”…
Presenze: 8 (6 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 4. Espulsioni: 0. Voto: s.v..
Metzelder
: Nei progetti estivi doveva essere il primo ricambio per i centrali, ma gli infortuni, la croce della sua carriera, lo hanno costretto a poche e poco significative presenze. È sicuramente un difensore di livello, ma la mia idea, ancora non pienamente verificata, è che le sue caratteristiche (centrale solido ma certamente non rapidissimo) non lo rendano molto adatto a una squadra come il Real Madrid che storicamente tende a lasciare spazi abbastanza ampi nella sua metacampo.
Presenze: 9 (7 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 1. Espulsioni: 0. Voto: s.v..

Diarra: Poco appariscente ma tatticamente importante. Un po’ abbandonato a se stesso nella prima metà della stagione, quando la squadra tendeva a dividersi in due tronconi e gli spazi da coprire davanti alla difesa diventavano abnormi, il suo impiego da interno destro nelle ultime fasi del campionato è stato invece importante per dare più equilibrio al centrocampo, rendere più compatta la squadra e sottoponendo Casillas a molto meno lavoro ingrato rispetto a quanto invece avveniva nel girone d’ andata (penso a gare molto concrete e solide come quelle di Santander e Pamplona). Certo, il suo tocco di palla grezzo delle volte è un handicap pesante, ma in campo sa sempre dove stare, è un giocatore che molto più di Gago aiuta a fornire razionalità e riferimenti saldi all’ assetto della squadra.
Presenze: 30 (25 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 4. Espulsioni: 0. Voto: 6.
Gago
: Non ci siamo, mi dispiace. Più si danna in campo più trasmette la sensazione di trovarsi ancora ben lontano dall’ essere quel punto di riferimento che ci si aspettava diventasse. Non trasmette sicurezza, non si mostra mai padrone della situazione, è la controfigura di quel giocatore elegante, di personalità, dinamico e continuo che scandiva i tempi della manovra del Boca. In campo sfacchina e corre tantissimo, ma nel suo caso non è un segnale positivo, non corre in maniera intelligente, spesso abbandona la posizione con effetti controproducenti, una tendenza questa che ha sempre avuto (e che impone la presenza di un centrocampista “correttore” al suo fianco, tipo Diarra). Chiamato ad essere perno del gioco, “nuovo Redondo”, non è mai riuscire a dare tempi, geometrie e continuità alla manovra, denunciando anzi un alto (e pericoloso, uno che gioca nella sua posizione davanti alla difesa deve perdere zero palloni) tasso d’ imprecisione nei passaggi.
Presenze: 31 (21 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 6. Espulsioni: 0. Voto: 5,5.
Guti
: Giocatore mai realmente consacratosi ma attualmente senza sostituti nell’ organico madridista, rispetto agli anni scorsi non ha avuto picchi particolari (tipo quelli della passata stagione: giocò da cani per quasi tutto il campionato, ma le sue incredibili prestazioni al Camp Nou e soprattutto in casa col Sevilla furono determinanti ai fini della vittoria finale), ma in compenso il rendimento offerto è stato meno lunatico, lasciando il segno soprattutto alla voce “assist” (netto dominatore della specialità nella Liga 2007-2008). È per eccellenza l’ uomo dell’ ultimo passaggio: non ha rivali nella Liga (solo De la Peña e, in second’ ordine, Ibagaza) quando sulla trequarti può alzare la testa, mandare a vuoto un’ intera difesa con un solo sguardo e imbucare la palla praticamente dove vuole.
Trequarti: questa la sua zona, questo il suo ruolo. Credo sia chiaro a tutti come Guti preferisca agire nello spazio fra le linee, mentre quando si è trovato costretto ad arretrare per prendere palla e iniziare l’ azione (spesso a causa di schieramenti avversari che volutamente ricercavano questa situazione, intasando lo spazio fra le linee o anche intimidendolo col gioco duro) non si è mai mostrato come il giocatore capace di condurre la manovra della squadra, non ha la regolarità né la forma mentis per essere un giocatore di questo tipo.
Infine, un dato curioso: le partite di Liga in cui Guti era assente il Real Madrid le ha tutte vinte. E di queste sei partite tre (il Sacco del Camp Nou e le vittorie in casa di Racing e Osasuna) son state alcune delle prestazioni più solide e convincenti della squadra. Non è un dato casuale: con Guti nel terzetto di centrocampo la fase di non possesso perde equilibrio, e la squadra tende con più facilità a spezzarsi in due tronconi. Inoltre la compresenza di Guti tende a togliere libertà offensiva a Sneijder.
Presenze: 32 (27 tit.). Reti: 3. Ammonizioni: 9. Espulsioni: 1. Voto: 7.
Sneijder
: Otto gol pesanti e una stagione in altalena: inizio da vero crack, una lunga fase centrale di anonimato, poi di nuovo una partecipazione rilevante nel finale. La sensazione comunque è che, aggiungendo la continuità, l’ olandese possa affermarsi come pilastro nel Madrid della prossima annata. L’ aspetto che più convince del suo gioco è la capacità di dare ritmo, dinamismo e sbocchi alla manovra: legge bene il gioco ed è importante la sua capacità di giocare ad uno-due tocchi, senza mai scadere nella giocata banale o eccessivamente orizzontale ma anzi cercando costantemente il collegamento con l’ attacco e rendendosi un giocatore determinante nel saltare la seconda linea del pressing avversario (mentre Guti è il risolutore in sede di ultimo passaggio sulla trequarti). Penso inoltre che ci siano i margini perché in futuro possa pesare ancora di più nelle celeberrime vesti di bombardiere dalla lunga distanza (in alcune partite è capitato di vederlo eccessivamente implicato nella ricezione del pallone della difesa, e questo lo ha inevitabilmente allontanato dalle zone dove può fare più male, motivo per cui affermo che 9 gol per uno come lui sono persino pochi).
Presenze: 30 (27 tit.). Reti: 9. Ammonizioni: 8. Espulsioni: 0. Voto: 7.
Julio Baptista
: Non rientrava nei piani di inizio stagione, ma poi si è ritagliato il suo spazio, con una partecipazione importante soprattutto nella fase centrale della stagione, coronata dal gran gol che gelò il Camp Nou. In quella fase della stagione, con Sneijder in calo, era risultato prezioso il suo impatto fisico, la sua corsa da bufalo e gli inserimenti dalla seconda linea; successivamente, lo scarso criterio tattico, la ridottia visione di gioco e pure qualche limite di tocco hanno riportato al potere gli specialisti del centrocampo. Difficile sinceramente pensarlo nel Real Madrid 2008-2009.
Presenze: 27 (13 tit.). Reti: 3. Ammonizioni: 2. Espulsioni: 0. Voto: 6.
Drenthe: Ha rischiato e rischia seriamente di bruciarsi, è un altro di quegli acquisti fatti dal Real Madrid sulla base di sensazioni superficiali e non guardando alle reali prospettive e possibilità d’ inserimento all’ interno di un progetto. Il copione generalmente è questo: si prende il giovane talento più di moda in un determinato momento, si sgancia una milionata per soffocare sul nascere ogni possibile concorrenza, si mette in mostra la nuova perla nelle prime partite facendone subito un salvatore della patria, poi dopo qualche partita ci si stanca, ci si lamenta di tutti i suoi difetti e lo si mette in un angolo.
Drenthe è un caso esemplare: esplosivo in Agosto, titolare ma con qualche perplessità che comincia già ad affiorare in Settembre, vero e proprio desaparecido nei mesi successivi per ritrovare nel 2008 qualche misero gettone solo nei finali di partita o in match di scarso appeal. Il problema non è che Drenthe non abbia talento, sono innegabili i suoi guizzi e la sua elettricità, il problema è che l’ investimento su di lui è stato frettoloso e mal calcolato, il giocatore ha bisogno di crescere e onestamente non si vedono spiragli per lui nel Real Madrid del futuro. Impostato inizialmente come terzino sinistro, ha immediatamente denunciato tutto il suo dilettantismo difensivo; provato come interno di centrocampo, è bastato un tempo sul campo del Getafe per capire che il suo senso tattico naïf non lo avrebbe portato da nessuna parte; da esterno-ala, il ruolo nel quale si trova a più a suo agio e nel quale è veramente esploso nel corso dell’ Europeo Under 21 dell’ anno scorso (dopo una stagione da terzino al Feyenoord di non eccessivo richiamo mediatico), si è trovato invece molto più semplicemente la strada sbarrata da due giocatori di livello superiore come Robinho e Robben. Non è pienamente giudicabile la sua stagione.
Presenze: 18 (7 tit.). Reti: 2. Ammonizioni: 1. Espulsioni: 0. Voto: s.v..
Balboa
: Parlando di Torres ho rimproverato l’ assenza di un esterno destro di livello in organico, e indirettamente era una frecciata rivolta proprio a Balboa, una comparsa in questa stagione madridista. Il canterano ha anche velocità e una bella falcata, ma con tutta franchezza non può rientrare neanche lontanamente nei piani della Casa Blanca.
Presenze: 5 (0 tit.). Reti: 0. Ammonizioni: 0. Espulsioni: 0. Voto: s.v..

Raúl: Il Grande Ritorno, al di là delle stucchevoli polemiche sulla nazionale, il capitano si è riproposto con la massima credibilità nel ruolo di icona del madridismo. Era dal campionato 2000-2001 (24 gol) che non andava a segno con questa frequenza, ma a parte questo è tornato a una forma brillante. La “rinascita” è da attribuire secondo me a due fattori principali: un’ eccellente forma fisica, che gli ha permesso di ritrovare la brillantezza indispensabile per lo spunto risolutivo (lui che comunque non è mai stato un mostro di rapidità e ha sempre fatto affidamento più che altro su una capacità non comune di leggere e intuire gli sviluppi del gioco per anticipare gli avversari) e un ruolo meno ingrato e più rispondente alle sue inclinazioni: certo, capita sempre di vederlo sbattersi per la squadra e ricoprire volendo due-tre ruoli diversi a seconda delle fasi del gioco e della partita, quello non morirà mai in lui, ma quest’ anno ha potuto giocare più vicino all’ area di rigore, partendo dalla posizione falsissima di attaccante destro nel tridente spurio di Schuster, ma in realtà sempre pochi passi dietro la prima punta, pronto ad arrivare a fari spenti in area di rigore e sorprendere gli avversari.
Va poi detto che pure quando in assenza di Van Nistelrooy si è trovato a giocare come principale terminale offensivo, ce l’ ha messa tutta per non far rimpiangere l’ olandese. Le sue caratteristiche non gli permettono di fare reparto da solo e impegnare i due centrali giocando spalle alla porta o cercando la profondità, questo si è visto contro la Roma e il Madrid lo ha pagato, ma in altre partite, su tutte quella col Valencia (grande doppietta da trascinatore, anche se inutile ai fini del risultato) il Raúl centravanti è stato esemplare per dedizione e mestiere.
Presenze: 37 (36 tit.). Reti: 18. Ammonizioni: 3. Espulsioni: 0 Voto: 7,5.
Van Nistelrooy
: Out nell’ ultima fase del campionato, quando è stato in campo ha fatto il suo dovere con la solita spietata e noiosa puntualità. Rispetto alla gioventù ha perso la progressione e la mobilità, ora agisce soprattutto negli ultimi metri ed entra nel gioco quasi esclusivamente per finalizzare, mansione nella quale continua a non avere rivali: impressionante il suo senso del gol, ha la porta avversaria stampata nel cervello e la centra in qualunque modo e in qualunque situazione, con uno sbalorditivo rapporto fra conclusioni a rete e gol. Due estati fa, al momento dell’ acquisto dal Manchester United, qualcuno temeva fosse arrivato un giocatore un po’ bollito, a conti fatti si è rivelato un affarone, anche se quest’ estate al Real Madrid converrà certamente preparare la sua successione.
Presenze: 24 (22 tit.). Reti: 16. Ammonizioni: 2. Espulsioni: 0. Voto: 7.
Robinho
: Stagione a due facce: travolgente prima metà, seconda più stentata a partire dall’ infortunio in casa col Valladolid, al ritorno dal quale ha faticato a ritrovare la continuità ideale, sorbendosi anche un po’ di panchina nell’ ultimo quarto della temporada. Al di là del finale un po’ in sordina, non può essere in alcun modo taciuta la sua partecipazione determinante nel girone d’ andata: non era indiscutibile nelle gerarchie iniziali di Schuster, ma a partire dallo straordinario show in Champions con l’ Olympiacos (entra e rivolta la gara come un calzino) ha conquistato di forza il suo posto sulla sinistra dell’ attacco, affermandosi di gran lunga come il giocatore più “desequilibrante” della squadra, come dicono gli spagnoli con un termine azzeccato che ne restituisce appieno l’ essenza. Rispetto alla gestione-Capello ha potuto giocare più sciolto, terzo attaccante e non quarto di centrocampo, con tutta la differenza che questo comporta in termini di responsabilità in fase di non possesso e di libertà in quella offensiva. Dalla sinistra il suo movimento a convergere verso il centro ha scardinato parecchi sistemi difensivi, le sue cavalcate palla al piede sui rinvii di Casillas dopo calcio d’ angolo o sui lanci millimetrici di Guti son stati il marchio di fabbrica di un Madrid che ha fatto del contropiede in campo aperto la sua arma più devastante.
Presenze: 32 (27 tit.). Reti: 11. Ammonizioni: 3. Espulsioni: 0. Voto: 7.
Higuaín
: Ancora una volta importante nel finale di campionato con la sua freschezza e vivacità, con il gol decisivo di Pamplona ha messo comunque il marchio ad una stagione dove ha trovato davvero poco spazio. Troppo poco per un giocatore che a mio avviso ne merita di più e per questo farebbe bene a cambiare aria, visto che l’ anno prossimo con Raúl, Robinho, Robben, Van Nistelrooy e il sostituto-successore di Van Nistelrooy le porte per lui saranno ancora più chiuse.
Seconda punta convertita per necessità di modulo prevalentemente in ala destra, è un attaccante che ha il pregio di abbinare alla buona tecnica movimenti senza palla sempre ficcanti, velocizza l’ azione giocando in pochi tocchi e attaccando lo spazio, all’ occorrenza sa anche saltare l’ uomo, è veloce, tenace e mira sempre all’ obiettivo senza fronzoli. Il suo vero, grande cruccio è la finalizzazione: 8 gol in pochi scampoli di partita non sono male, ma negli occhi di tutti resteranno sempre le tante occasionissime a tu per tu col portiere divorate in quest’ anno e mezzo europeo dal Pipita. Può darsi che sia anche un limite del suo repertorio, talvolta c’è anche un po’ di sfortuna, ma credo che in gran parte ad incidere sia l’ insicurezza dovuta alla consapevolezza della fragilità della propria posizione nelle gerarchie dell’ allenatore, e l’ ansia che questo comporta in quei momenti nei quali invece la serenità dovrebbe farla da padrone. Sapere che la prossima partita al 99% la guarderai dalla panchina non ti aiuta di certo a diventare un matador di portieri.
Presenze: 25 (7 tit.). Reti: 8. Ammonizioni: 3. Espulsioni: 0. Voto: 6,5.
Robben: Rischia di diventare un eterno rimpianto la carriera di questo giocatore fragilissimo, condannato dagli infortuni a non trovare mai la regolarità di impiego e di rendimento desiderata. Il Madrid non ha fatto eccezione: mesi fuori, poi rientro per qualche partita e di nuovo stop proprio quando la forma e l’ ispirazione stanno crescendo. Sempre in altalena. Il miglior Robben che abbiamo potuto vedere è stato così un giocatore il più delle volte brillante per massimo un’ ora di partita, prima dell’ inevitabile calo e dell’ altrettanto inevitabile sostituzione (su tutte la partita dell’ Olimpico in Champions: primo tempo devastante, blackout totale nella ripresa). Ovviamente in quel poco concessoci si è intravisto il valore indiscutibile del giocatore, in grado di offrire qualcosa di diverso da Robinho, meno estroso nel dribbling stretto, ma più diretto, verticale e profondo anche senza palla: proprio la sua coesistenza con Robinho in un tridente più classico (con due ali che partono larghe), appena accennata quest’ anno, potrebbe essere la sfida più stuzzicante del Madrid della prossima stagione (Robben però in questo caso dovrebbe partire prevalentemente da destra).
Presenze: 21 (12 tit.). Reti: 4. Ammonizioni: 4. Espulsioni: 0. Voto: 6.
Saviola
: Primo acquisto dell’ era-Schuster, concluso già durante lo scorso campionato, a quanto pare voluto dallo stesso Bernardo. Suonava vagamente bizzarro il suo ingaggio per chi vedeva già il Real Madrid abbondare di seconde punte ed esigeva invece un rimpiazzo credibile di Van Nistelrooy. La scarsa utilità del suo acquisto si è poi riflettuta in un impiego limitatissimo, tutt’ al più le partite di Copa del Rey e qualche periodico spicciolo in Liga. Possiamo dire che quando chiamato in causa il suo l’ ha fatto, ribadendo l’ istinto e la rapidità negli ultimi metri come sue migliori qualità, ma non lo reputo sinceramente un giocatore da grande squadra.
Presenze: 9 (5 tit.). Reti: 3. Ammonizioni: 0 Espulsioni: 0. Voto: s.v..
Soldado
: Salvate il Soldado Roberto! Non sono mai stato un suo grande fan, mi è sempre parso uno di quei “9” parassiti (in senso buono, visto che il capofila della categoria è un grande attaccante come Trezeguet) che non rappresentano la mia tipologia prediletta di giocatore, ma il trattamento riservatogli quest’ anno dal Real Madrid difficilmente si allontana dalla presa in giro vera e propria. Il suo ritorno dal prestito era stato chiesto espressamente da Schuster, ma poi Soldado non solo non ha visto il campo (solo una presenza da titolare, a La Coruña, dove sembrava appena uscito da un freezer), ma gli è stata pure negata una cessione a Gennaio che sarebbe stata la soluzione più logica.
Presenze: 5 (1 tit.). Reti:0 . Ammonizioni: 0. Espulsioni: 0. Voto: s.v..

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domenica, maggio 18, 2008

ULTIMA GIORNATA: Zaragoza piange.

Provate a immaginare una squadra con Diego Milito, Oliveira, Aimar, Sergio Garcia, Matuzalem, Zapater, Diogo e Ayala. Ora provate a immaginarla in Segunda Division. Io ancora non ci riesco.
Il progetto del proprietario Agapito Iglesias e del presidente Eduardo Bandrés era partito due estati fa fra grandi speranze, l' intento era quello di un revival del ciclo '93-'95, calcio-spettacolo e affermazioni di prestigio (Copa del Rey nel '94, Coppa delle Coppe nel '95 col mitico gol da metacampo di Nayim), con l' idolo di casa Victor Fernandez nuovamente alla guida tecnica, ma dopo una promettente scorsa stagione coronata da un sesto posto, quest' anno è arrivato, inatteso quanto clamoroso, il naufragio.
Sfumato l' entusiasmo della prima stagione, Victor Fernandez non è stato capace (per sue carenze storiche e anche per qualche buco d' organico) di rimediare a quegli squilibri tattici già manifestatisi ma in qualche modo mascherati la scorsa stagione, la mancanza di continuità nel gioco e nei risultati ha accresciuto l' inquietudine nell' ambiente (emblematico il caso D' Alessandro), fino a portare il Zaragoza di metà stagione ad un punto morto (già a settembre tra l' altro era arrivata l' eliminazione dalla Uefa per mano dell' Aris Salonicco), dove la sensazione era che potesse soltanto peggiorare. E infatti...
Victor abbandona, non ha più il controllo della situazione, Ander Garitano lascia prima ancora di cominciare, il vecchio saggio Irureta non ci capisce nulla e peggiora soltanto le cose, Manolo Villanova raccoglie una squadra ormai con l' acqua alal gola. Tecnico di casa, Villanova mostra anche buonsenso, la squadra in questo finale gioca in maniera generosa e in alcuni casi brillante, crea molto ma ottiene sempre meno di quello che potrebbe, e continua a pagare lo scarso filtro del centrocampo e qualche periodica incertezza di una difesa pure rispettabilissima nelle individualità. Una fragilità che ha compromesso drammaticamente la competitività di questa squadra.
Stasera ci son poche scuse: con risultati favorevoli dagli altri campi (l' Osasuna che perde a Santander, il Recreativo che fin quasi al 90' perde in casa col Valladolid), al Zaragoza sarebbe bastato un pareggio, quello che Oliveira aveva ottenuto ad inizio ripresa ma che gli aragonesi non sono riusciti a mantenere. Sintomatico il pasticcio che ha regalato il secondo vantaggio al Mallorca: su un rinvio César e Sergio riescono nell' impresa di farsi rubare il pallone, il resto lo fanno la straordinaria sensibilità del piede sinistro di Arango (il miglior mancino della Liga insieme a Yeste) e il notevole stacco di Webó.
L' assedio nelle fasi finali della partita è disperato, ma produce solo la sentenza definitiva del Mallorca in contropiede con l' uruguaiano Castro (una specie di turista in questa stagione), terzo gol che invalida l' immediatamente successivo 3-2 ancora di Oliveira, a recupero praticamente già scaduto. Gol che tra l' altro non serve nemmeno al Mallorca per arrivare alla Uefa, visto che la contemporanea vittoria sull' Osasuna il Racing mantiene la sua strameritata piazza-Uefa (il Milan cominci a tremare).
Non è bastato l' orgoglio, non è bastata la forza dell' attacco (Oliveira, perchè Diego Milito lotta e lavora per la squadra, ma negli ultimi mesi ha fatto una fatica terribile a segnare), non è bastato il miglior Aimar della stagione e non è bastato nemmeno un eccellente Gabi (avete letto bene).
Ora non è molto elegante fare questi discorsi, ma l' ufficialità della retrocessione apre la caccia al Supermarket Zaragoza, serbatoio di talenti in svendita che faranno molto a comodo alle squadre della zona medio-alta per rinforzare i rispettivi organici: Diego Milito, Oliveira (sempre di proprietà del Milan), Aimar, Sergio Garcia, Zapater, Diogo e Matuzalem son pezzi sicuramente pregiati.


Mallorca-Zaragoza 3-2: Güiza 14' (M); Ricardo Oliveira 55' (Z); Webó 64' (M); Castro 90' (M); Ricardo Oliveira 93' (Z).

Real Madrid-Levante 5-2: Van Nistelrooy 22' (R); Sergio Ramos 27' (R); Van Nistelrooy 40' (R); Geijo 52' (L); Sneijder 54' (R); Geijo 63' (L); Sergio Ramos 77' (R).

Racing Santander-Osasuna 1-0: Iván Bolado 85'.

Recreativo-Valladolid 1-1: J. Llorente 40' (V); Javi Guerrero 92' (R).

Deportivo-Villarreal 0-2: Matías Fernández 35'; Guille Franco 92'.

Valencia-Atlético Madrid 3-1: autorete Seitaridis 11' (V); Villa 40' (V); Villa 54' (V); Agüero 74' (A).

Sevilla-Athletic Bilbao 4-1: Aduriz, rig. 3' (A); Kanouté 40' (S); Keita 78' (S); Kanouté 80' (S); Jesús Navas 85' (S).

Espanyol-Almería 1-3: Felipe Melo 44' (A); Crusat 53' (A); Luis Garcia, rig. 58' (E); Paunovic 90' (A).

Getafe-Betis 1-1: Manu del Moral 3' (G); Nano 68' (B).

Murcia-Barcelona 3-5 (giocata sabato): Ochoa 16' (M); Eto'o 22' (B); Henry 25' (B); Giovani 32' (B); Giovani 51' (B); Giovani 66' (B); Iván Alonso, rig. 81' (M); Abel 85' (M).


CLASSIFICA
1 R. Madrid 85 CAMPIONE DI SPAGNA (alla fase finale di Champions)
2 Villarreal 77 (alla fase finale di Champions)

3 Barcelona 67 (ai preliminari di Champions)
4 Atlético 64 (ai preliminari di Champions)

5 Sevilla 64 (in Uefa)
6 Racing 60 (in Uefa)

7 Mallorca 59
8 Almería 52
9 Deportivo 52 (Intertoto)
10 Valencia 51
11 Athletic 50
12 Espanyol 48
13 Betis 47
14 Getafe 47
15 Valladolid 45
16 Recreativo 44
17 Osasuna 43
18 Zaragoza 42 (in Segunda)
19 Murcia 30 (in Segunda)
20 Levante 26 (in Segunda)


CLASSIFICA MARCATORI
Güiza (Mallorca) 27 PICHICHI
Luis Fabiano (Sevilla) 24 (2 rig.)
Agüero (Atlético) 19
Raúl (R.Madrid) 18 (3 rig.)
Nihat (Villarreal) 18

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sabato, maggio 17, 2008

Il dado è tratto, il Vecchio ha scelto.

Stamattina Luis Aragonés ha comunicato la tanto attesa lista dei 23 per l' Europeo. Una lista contraddittoria, con molti giocatori di qualità ma anche con troppi doppioni e alternative ridotte. Il rischio già denunciato è quello di una squadra che finisca per giocare sempre lo stesso calcio, fornendo facili punti di riferimento e agevolando la preparazione delle partite ai tecnici avversari (Hiddink e Rehhagel si stanno già fregando le mani).
Giustissima l' idea di privilegiare le grandi doti di palleggio del giocatore spagnolo medio, giusto anche puntare sul possesso-palla, ma per come è configurato quest' organico rischia di diventare un possesso-palla fine a sè stesso con sbocchi risicatissimi sulle fasce (Sergio Ramos è l' unico terzino che dà profondità, Sergio García, peraltro un esterno adattato, l' unico in grado di conquistare il fondo). Manca poi anche la possibilità di cercare un gioco più diretto all' occorrenza con palloni in mezzo all' area, si preannunciano grosse difficoltà nel recupero del pallone e una linea difensiva piuttosto fragile.
Insomma, se le partite si metteranno sul piano prediletto, cioè gestione paziente del pallone, questa squadrà avrà pochi rivali; ma siccome un Europeo è fatto di molto più che di questo, la mia opinione è che i limiti di questa squadra, che sono evidenti, impediranno di giungere alla vittoria finale. L' obiettivo deve essere superare i quarti, e crescere in prospettiva Sudafrica 2010.

Le novità della lista sono Sergio García e Cazorla, le esclusioni più rilevanti quelle di Joaquín, degli espanyolisti Riera e Luis García e del tormentone-Raúl (che speriamo vivamente finisca a partire da questa data).

PORTIERI: Casillas (Real Madrid); Reina (Liverpool); Palop (Sevilla).
DIFENSORI: Sergio Ramos (Real Madrid); Albiol, Marchena (Valencia); Puyol (Barcelona); Capdevila (Villarreal); Arbeloa (Liverpool); Juanito (Betis); Fernando Navarro (Mallorca).
CENTROCAMPISTI: Xavi, Iniesta (Barcelona); Cesc (Arsenal); Silva (Valencia); Senna, Cazorla (Villarreal); Xabi Alonso (Liverpool); De la Red (Getafe).
ATTACCANTI: Fernando Torres (Liverpool); Villa (Valencia); Güiza (Mallorca); Sergio García (Zaragoza).


PORTIERI. Casillas eserciterà anche stavolta la sua Santa Tirannide, dietro di lui il buon Reina (seppure con qualche sfarfallio di tanto in tanto). Per la terza piazza l’ ha spuntata infine Palop, quest’ anno ben distante dai livelli delle due stagioni precedenti, su Valdés (anch’ egli tutt’ altro che sfavillante quest’ anno) e sul più defilato Diego López. Si poteva capitare peggio.


DIFESA. Il reparto sicuramente più debole, va detto che le possibilità di scelta a disposizione di Luis non erano proprio sterminate. Se la linea titolare sarà Sergio Ramos-Albiol-Puyol-Capdevila, la prima cosa che spicca è una certa potenziale debolezza nella difesa delle palle alte che potrebbe rivelarsi micidiale ove la squadra non riuscisse a mantenere gli avversari lontani dalla propria area con buona costanza.
Albiol è un ottimo giocatore, Puyol pure grande, ma il loro forte è più la rapidità, la reattività, il tempismo e l’ anticipo, mentre nel corpo a corpo con un centravanti-boa potrebbero soccombere con una certa facilità: Albiol è alto, non va male di testa ma non è preponderante da un punto di vista fisico, ma soprattutto Puyol ha sempre avuto problemi quando ha trovato un centravanti di peso che mette il corpo fra lui e il pallone. L’ amichevole con l’ Italia di Toni ci ha già lasciato qualche indizio in tal senso: anche per la scarsa propensione alle coperture dei centrocampisti, questa Spagna potrebbe soffrire tantissimo sulle "seconde palle", ovvero quando gli avversari servono palloni alti per un centravanti-boa che gioca spalle alla porta e con sponde o spizzate favorisce gli inserimenti in seconda battuta dei centrocampisti.
Ciò che poi allarma veramente è la qualità delle alternative a disposizione di Aragonés: Marchena ci può anche stare per la sua duttilità fra difesa e centrocampo e per la capacità di iniziare l’ azione dalla difesa (il più dotato del reparto da questo punto di vista, potrebbe essere una carta importante quando occorrerà trovare una connessione immediata coi palleggiatori del centrocampo), ma da difensore negli ultimi tempi è sembrato molto meno adeguato che da centrocampista difensivo, mostrando una certa grave macchinosità che lo ha portato a frequenti interventi scomposti; Juanito, cosa risaputa da tempo, non pare proprio elemento di spessore internazionale (però è piuttosto bravo nel gioco aereo, questo sì). Altre possibili alternative per i centrali avrebbero potuto essere Amorebieta (poderoso dal punto di vista atletico, ma ancora non pienamente consacrato, molto probabile comunque il suo innesto in prospettiva 2010), Cuéllar (affermatosi nei Rangers) e Piqué (in prospettiva il più dotato difensore spagnolo, io lo avrei chiamato già adesso se non fosse stato per lo scarsissimo spazio trovato nello United).

L’ allarme però non si riduce al centro, ma si allarga alle fasce: Sergio Ramos è l’ unico dei terzini capace di regalare uno sbocco costante e credibile in fase offensiva, chiamare come sua alternativa Arbeloa impedisce gravemente di surrogarne le caratteristiche in caso di assenza: non contesto la chiamata di Arbeloa in sé, ma gli avrei magari fatto occupare la piazza di Juanito, riservando la supplenza di Sergio Ramos a un giocatore più di ruolo e con più spinta come Iraola (mia battaglia persa) o il maiorchino Fernando Varela, autore di una grande stagione (anche se prevalentemente ha giocato da tornante), con la possibilità sempre presente di adattare Arbeloa a destra (ma anche a sinistra) in caso di maggiori esigenze di copertura o di marcatura a uomo su qualche esterno avversario particolarmente pericoloso.
Sarebbe stata una soluzione in grado di valorizzare meglio le qualità di jolly del giocatore del Liverpool, quelle che sono a conti fatti il suo punto di forza. Così Aragonés avrebbe avuto più opzioni tattiche con lo stesso numero di giocatori, invece che limitare Arbeloa a un ruolo di mero terzino destro di riserva nel quale non sembra in grado di aggiungere nulla alla squadra.
A sinistra la scelta non era molto ampia: in crisi Del Horno, scomparso José Enrique che l’ anno scorso era la mia prima opzione per il ruolo (scelta sbagliata andare al Newcastle), scelta quasi obbligata è diventato Capdevila, in virtù anche di un’ ottima stagione di rilancio al Villarreal: giocatore solido e affidabile, buono in progressione ma non rapidissimo sul breve, appoggia costantemente l’ azione offensiva mostrando buon criterio nel sovrapporsi, però manca dello spunto e dell’ abilità per arrivare sul fondo.
Alla mancanza di profondità su questa fascia non potrà ovviare nemmeno l’ alternativa Fernando Navarro: elemento anche lui rispettabilissimo, ma che si è sempre fatto notare più che altro per l’ affidabilità difensiva e la regolarità di rendimento. Giocatore tatticamente assai intelligente, perfetto nell’ applicare i movimenti difensivi e nel chiudere la sua zona, reattivo nell’ uno contro uno, si propone anche con buona continuità e precisione nel rilancio dell’ azione, può garantire sovrapposizioni per tutti i 90 minuti, ma è quanto di più lontano da un terzino-ala possa esistere, e questo non è un dettaglio da poco in una Spagna che avendo dal centrocampo in su giocatori per la stragrande maggioranza portati ad agire in zona centrale avrebbe bisogno come il pane di elementi in grado di allargare il campo nelle retrovie. Sulla copertura delle fasce fra difesa e centrocampo Aragonés si sta giocando buona parte dell’ Europeo.


CENTROCAMPO. Guardate un po’ il panorama: da una parte Senna, Xavi, De La Red, Xabi Alonso, Iniesta, Cesc, Marchena, Silva e Cazorla, tutti centrocampisti centrali o comunque giocatori portati ad accentrarsi, dall’ altra Sergio Ramos e Sergio García, unici giocatori in grado di dare profodnità sulla fascia in tutto l’ organico. Una scelta miope, un appiattimento su una sola tipologia di giocatore che rischia di costare carissimo.
Certo, hanno influito contingenze varie e assolutamente rilevanti nel ridurre all’ osso la scelta di esterni-ala (Joaquín a lungo snobbato da Koeman, Jesús Navas non convocabile per i suoi noti problemi, Riera in condizioni impresentabili, Pablo Hernández acciaccato, Diego Capel molto più che acerbo, Vicente ancora da recuperare al grande calcio), ma qualcosa di più andava fatto, perché al di là degli stati di forma e delle altre circostanze contingenti doveva essere garantita quella varietà di soluzioni che in questa lista pare mancare clamorosamente: va bene, Joaquín gioca solo quando gli gira, ma anche così resta un giocatore con caratteristiche che altri non hanno, capace nella serata giusta di cambiare il corso di un match col suo spunto. Rimane dopo l’ ineleggibile Navas il più talentuoso esterno destro spagnolo, e andava portato, così come andava portato un esterno di ruolo (il convento passava Riera, quindi Riera) sull’ altra fascia: invece niente, e così diventa difficile pensare a un piano B in grado di allargare le difese avversarie, mi chiedo cosa succederà quando la Spagna si troverà sotto di un gol contro una squadra che ammucchia otto giocatori davanti alla sua area… già su questo scoglio si è arenato il Barça, figuratevi chi non ha nemmeno Messi in organico…
Articolando ulteriormente il problema, desidero anche chiarire la posizione di Cazorla: nominalmente un esterno di centrocampo (indifferentemente a destra o a sinistra), senza ombra di dubbio uno dei giocatori più brillanti e continui nell’ annata del Villarreal (da questo punto di vista ritengo abbia stracciato Pires, Cani e Matias Fernández , i suoi concorrenti) ma chiunque abbia visto due-tre partite del Villarreal sa come giocano gli esterni di centrocampo in quella squadra: quasi mai cercano il fondo, sono più delle mezzepunte che si accentrano per smarcarsi fra le linee, e questo è un tipo di gioco che peraltro risponde perfettamente alle attitudini già abbondantemente mostrate da Cazorla nella sua esperienza al Recre. Con caratteristiche tecniche diverse, ma il gioco di Cazorla non differisce così tanto da quello dei titolari delle due fasce, ovvero Silva e Iniesta, mezzepunte che interpretano la fascia soltanto come un punto di partenza per le loro escursioni nel cuore della trequarti.

Archiviato il grave errore strategico sugli esterni, passiamo al centro. Xavi, Cesc, Senna, Xabi Alonso, De la Red: la cosa non vi suona un po’ ridondante? Al di là delle caratteristiche specifiche individuali, son cinque giocatori la cui tipologia e le cui mansioni si differenziano poco: se Xavi e Cesc (più Iniesta, eventualmente richiamato dalla fascia nel cuore del centrocampo) sono indiscutibili come mezzeali, fra Senna, Xabi Alonso e De la Red davanti alla difesa uno è chiaramente di troppo.
Senna dovrebbe rappresentare l’ opzione di partenza più votata alla copertura (anche se non è mai stato un mastino), Xabi Alonso l’ alternativa in grado di dare più visione di gioco e più ritmo alla circolazione del pallone. De la Red sembra in esubero, anche se la duttilità (impiegabile sia davanti alla difesa che da mezzala) e la capacità di svolgere compiti sia di costruttore della manovra che di incursore (molto pericoloso di testa sui calci piazzati, un aspetto da non sottovalutare) del getafense possono rappresentare una carta preziosa, e d’ altro canto non era assurdo neppure pensare a un’ esclusione di Senna a vantaggio suo e di Xabi Alonso, la scelta che personalmente avrei compiuto.

Addentrandoci nel discorso sulla possibile formazione titolare, andrà poi risolto il dualismo che io vedo all’ orizzonte fra Xavi e Cesc. Molti vedendolo in nazionale avranno notato un Cesc sottotono, quasi un pesce fuor d’acqua che fatica a trovare la posizione giusta ed entrare in sintonia col resto della squadra. Il punto è che sia Xavi che Cesc nei loro club sono i giocatori deputati a condurre ogni azione e ad entrare in contatto il maggior numero di volte col pallone: nell’ Arsenal Cesc ha un raggio d’ azione che va dal limite della sua area a quella avversaria, è l’ indiscusso timoniere della manovra, sempre nel vivo del gioco e costantemente sollecitato.
Son queste e solo queste le condizioni nelle quali può esaltarsi, ma quando gioca in nazionale dietro di sé ha già Xavi, che rimane il fulcro della manovra per Aragonés e per i suoi compagni: il blaugrana assorbe tutto il gioco del centrocampo e a Cesc rimane una incerta posizione da comprimario quasi sulla trequarti nella quale fatica a ritrovarsi, anche a causa del ritmo nettamente diverso del gioco della Seleccion rispetto a quello dell’ Arsenal: l’ Arsenal è una squadra che gioca un calcio molto più veloce e verticale, nel quale Cesc ha molte più occasioni per inserirsi a rimorchio e trovare la porta avversaria; la Spagna gioca invece questo 4-1-4-1 molto più ruminato, che tende a ristagnare nella trequarti e a intasare perciò gli spazi per le incursioni dei centrocampisti.
Il rischio è quello che la compresenza di Cesc e Xavi renda alla lunga ridondante e priva di efficacia la manovra. Occorre scegliere: io propenderei per Cesc, che mi sembra avere più talento e maggiori prospettive, ma Xavi ha dalla sua il fatto di essere molto consolidato in nazionale. La mia idea sarebbe quella di un 4-4-2 nel quale a Cesc verrebbero consegnate in esclusiva le chiavi della manovra, con i due attaccanti Villa e Torres incaricati di cercare la profondità e allungare le difese avversarie creando anche gli spazi per gli inserimenti a rimorchio di Cesc: insomma un modo per snellire le transizioni offensive e provare a ricreare le condizioni dell’ Arsenal mettendo Cesc più a suo agio.
L’ attuale assetto, il 4-1-4-1 “ruminato” con Xavi e Cesc contemporaneamente, potrebbe invece tornare utile in partite contro grandi nazionali nelle quali fondamentale sarà avere un centrocampo più folto, o nelle fasi delle partite nelle quali la priorità sarà quella di conservare il possesso-palla e addormentare i ritmi.


ATTACCO. Da Villa e Torres non si scappa: anche se non si trovassero in buona forma, non ci sarebbe alcun dubbio sulla loro convocazione, sono di gran lunga gli attaccanti spagnoli più forti e due dei principali motivi per cui la Spagna potrebbe fare eventualmente strada.
Essendo il modulo di partenza ad una sola punta, anche qui bisogna schierarsi: molti non saranno d’ accordo, ma io preferisco Villa. Nell’ assetto attuale della nazionale non vedo francamente un Torres a suo agio come unica punta: il Niño sembra nato per muoversi nel calcio della Premier molto più che in quello del suo paese. Là trova partite dal ritmo elevatissimo che ne esaltano la frenesia (talvolta eccessiva), spazi in profondità per la sua devastante falcata, nella nazionale mi pare costretto a movimenti poco naturali.
In spazi più stretti, su ritmi più lenti, con poche opportunità di scatenarsi in velocità e spesso costretto ad agire spalle alla porta, lavoro che è assolutamente incapace di svolgere (e che sarebbe importante per favorire gli inserimenti dei tanti centrocampisti), lo si vede molto più a disagio, un po’ scollegato dal resto della squadra (come contro l’ Italia). Se quindi lo stile di gioco della Spagna prevede (o costringe a) un palleggio fitto negli spazi stretti, Villa mi sembra più indicato: più dotato nel primo controllo, il valenciano non ha l’ esplosività e l’ allungo di Torres, ma sulle distanze corte si muove meglio di Torres e partecipa con più qualità alla manovra (e a mio avviso ha anche una maggior precisione e freddezza al momento di finalizzare).
Un discorso che comunque non mi piace affrontare questo della scelta fra Torres e Villa, in quanto la cosa più razionale mi sembrerebbe schierarli tutti e due: non solo perché servirebbe a snellire l’ azione del centrocampo come detto precedentemente, ma anche perché le caratteristiche di entrambi i giocatori (attaccanti mobili, non certo dei centravanti classici) consigliano un impiego in un attacco a due punte. Villa è sostanzialmente una seconda punta che ama svariare e venire a prendersi palla sulla trequarti o defilarsi sulla fascia per puntare l’ avversario, Torres farebbe la punta più avanzata ma certo con più assistenza e meno vincoli scomodi rispetto a quando fa da riferimento unico nel 4-1-4-1.

Il resto del discorso riguardava la scelta dei rincalzi, importante per offrire alternative a partita in corso, a seconda della situazione tattica contingente. Ciò che chiedevo era un ventaglio di soluzioni più ampio possibile, una tipologia di attaccanti sufficientemente varia per garantire la possibilità di variazioni significative di situazione in situazione. Evidentemente non sono stato soddisfatto.
Se già le caratteristiche di Villa e Torres possono assicurare molta profondità al gioco e all’ occorrenza grande pericolosità in contropiede, non si vede cosa possa aggiungere Güiza, che dei movimenti in profondità e del contropiede fa la sua specialità ma che non ha evidentemente la qualità di Villa e Torres e il cui spessore internazionale resta tutto da verificare. Comprensibile comunque che Aragonés abbia voluto puntare sul momento magico del jerezano, al momento forse il giocatore spagnolo più in forma.
Per variare le opzioni offensive la scelta più indicata sarebbe stata forse la convocazione di un ariete, una specie poco diffusa nel panorama spagnolo, ma Aragonés non ha ritenuto di prendere in considerazione le poche e non esaltanti opzioni disponibili (il vecchio Morientes, poi Llorente dell’ Athletic e Negredo dell’ Almeria). Alla fine io come terzo attaccante avrei optato per Luis García, che aveva dalla sua una buona versatilità e la capacità di offrire movimenti tra le linee diversi da quelli degli altri attaccanti.
Per quanto riguarda Sergio García, una delle sorprese della lista, devo dire che Aragonés non ci ha visto male: il zaragocista è una seconda punta che ha imparato sempre più ad adattarsi sugli esterni (soprattutto a destra), e che quest’ anno ha disputato una grande Liga.
Elemento vivacissimo, sempre attivo su tutto il fronte d’ attacco, rapido e abile nell’ uno contro uno, è in grado sia di creare situazioni di superiorità numerica palla al piede sia di proporre movimenti senza palla ficcanti. Partendo dalla destra può indifferentemente allargarsi per conquistare il fondo oppure cercare il taglio e la combinazione nelle zone interne. Crea facilmente occasioni per sé e per i suoi compagni, ma con altrettanta facilità, tasto dolente, tende a sprecarle. In questa lista può essere comunque una delle poche vere carte da giocare a partita in corso per Aragonés, i giocatori con le sue caratteristiche non ci mettono nulla a entrare in partita e tendono a risultare determinanti nelle fasi più fluide di un match (in spagnolo si chiamano “revulsivos”). È poi una vera alternativa tattica, in quanto potrebbe consentire di passare all’ occorrenza anche a un 4-3-3. Insomma, la sua convocazione mi trova d’ accordo, ma oltre a lui andavano chiamati Joaquín e Riera.


Ecco quali sarebbero stati i miei 23:
PORTIERI: Casillas (Real Madrid); Reina (Liverpool); Palop (Sevilla).
DIFENSORI: Sergio Ramos (Real Madrid); Albiol, Marchena (Valencia); Puyol (Barcelona); Capdevila (Villarreal); Arbeloa (Liverpool); Iraola (Athletic Bilbao); Fernando Navarro (Mallorca).
CENTROCAMPISTI: Xavi, Iniesta (Barcelona); Cesc (Arsenal); Silva, Joaquín (Valencia); Riera (Espanyol); Xabi Alonso (Liverpool); De la Red (Getafe).
ATTACCANTI: Fernando Torres (Liverpool); Villa (Valencia); Luis García (Espanyol); Sergio García (Zaragoza).

Quale sarà la formazione di partenza di Aragonés.
(4-1-4-1): Casillas; Sergio Ramos, Albiol, Puyol, Capdevila; Senna; Iniesta, Xavi, Cesc, Silva; Torres.

Quale sarebbe la mia formazione di partenza (coi 23 di Aragonés):
(4-4-2): Casillas; Sergio Ramos, Albiol, Puyol, Capdevila; Iniesta, Cesc (Xavi), Xabi Alonso (De la Red), Silva; Torres, Villa.
Mia variante col 4-1-4-1: Casillas; Sergio Ramos, Albiol, Puyol, Capdevila; Xabi Alonso; Sergio García, Xavi, Cesc, Iniesta; Villa.

P.S.: Ieri intanto l’ Under 17 ha vinto il suo secondo Europeo consecutivo, liquidando la Francia con un 4-0. In attesa che da maggiorenni inizino a corrompersi, in settimana avrete un resoconto dettagliato.

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lunedì, maggio 12, 2008

Il punto sulla trentasettesima giornata.

Betis-Sevilla 0-2: Luis Fabiano 31'; Fazio 50'.

Barcelona-Mallorca 2-3: Henry 17' (B); Eto'o 56' (B); Borja Valero 67' (M); Webó 70' (M); Güiza 94' (M).

Levante-Valencia 1-5: Villa 13' (V); Villa 13' (V); Serrano 31' (L); Mata 34' (V); Angulo 65' (V); Villa 66' (V).

Almeria-Recreativo Huelva 0-2: Jesús Vázquez 23'; Sinama Pongolle 42'.

Osasuna-Murcia 2-1: Dady 1' (O); Juanfran 53' (O); Abel 90' (M).

Valladolid-Getafe 0-0

Athletic Bilbao-Racing 0-0

Villarreal-Espanyol 2-0: Javi Venta 31'; Pires 43'.

Atlético Madrid-Deportivo 1-0: Forlán 46' (recupero primo tempo).

Zaragoza-Real Madrid 2-2: Ricardo Oliveira 19' (Z); Van Nistelrooy 25' (R); Robinho 76' (R); Sergio 85' (Z).

L’ Atlético è in Champions, questi sono i fatti matematici, l’ unica cosa che conta al termine di una partita noiosa, smossa solo dal brivido del palo di Coloccini nel finale, per un Depor comunque che non ha voluto esagerare nel guastare la festa (essendomi spostato su Zaragoza-Real Madrid, non ho comunque visto l’ ultimo quarto d’ora, la fase nella quale, leggendo le cronache, l’ Atlético ha sofferto di più).
La sensazione, prima del gol liberatorio di Forlán nel recupero del primo tempo era che fosse più che l’ altro l’ Atlético, fedele a se stesso, a volersela rovinare da solo. Dopo i soliti 5 minuti iniziali di gazzosa effimera, il torpore si era impadronito dell’ undici di Aguirre, e i mormorii cominciavano già a circolare nel mentre che tra l’ altro il Sevilla faceva suo il derby. Era il Depor a controllare le operazioni, sicuro in difesa e in superiorità a centrocampo col suo flessibile 5-4-1 (la chiave dello straordinario girone di ritorno dei galiziani, mossa che colloca Lotina, generalmente non un mio idolo, nel terzetto dei migliori allenatori della stagione, con Marcelino ed Emery), anche se il controllo dei galiziani aveva ben poco di minaccioso, gli uomini a toccare l’ area avversaria e a partecipare agli attacchi erano pochi, le intenzioni nemmeno troppo bellicose e i guanti di Leo Franco pulitissimi, in defintiva un possesso-palla difensivo volto più che altro a far trascorrere il tempo e a giocare con l’ insicurezza dell’ avversario.
Quanto basta per suscitare inquietudine in un Atlético ancora una volta con poche alternative credibili al contropiede (più o meno corto) sull’ asse Forlán-Agüero. Però la fiammata è sempre lì, pronta per cambiare le sorti del match: stavolta è Maxi ad arrivare sul fondo e a servire proprio Forlán per la comoda conclusione a rete.
Gol che condiziona positivamente il secondo tempo, per un’ ampia mezzora controllato dall’ Atlético tranquillamente sulla difensiva di fronte al possesso-palla ruminato degli uomini di Lotina (che hanno ben poco potenziale offensivo da mettere in campo, spuntatissimo Xisco), con Agüero anzi che sale in cattedra coi suoi colpi di classi (quasi gli esce un gol dopo strepitoso aggancio col sinistro e destro a bruciapelo, Aouate evita che il Vicente Calderón venga giù.
Poi come menzionato c’è da soffrire un po’ nel finale, sennò non sarebbe l’ Atlético. Dopo 11 anni, il club del Manzanarre ha l’ occasione per ritrovare la dimensione che gli spetta storicamente, ma la soddisfazione per il raggiungimento dell’ obiettivo non deve ostacolare la pianificazione necessaria per intervenire sulle tante magagne viste quest’ anno, magagne onestamente non da squadra di Champions, dal centrocampo raffazzonato (e sempre tendente all’ inferiorità numerica per le caratteristiche ultra-offensive degli esterni) alla difesa coi buchi, passando per una manovra mai convincente contro difese schierate. Occorrerano 6-7 rinforzi fra tutti i reparti (alcuni peraltro già stabiliti, vedi Heitinga e Ujfalusi), e occorrerà, opinione personalissima, un nuovo allenatore, senza nulla togliere a chi come Aguirre ha dimostrato di riuscire in un modo o nell’ altro ad orientarsi in uno degli ambienti più esigenti e complicati del calcio spagnolo.

La lotta-salvezza rimane ora lo scenario più appassionante e drammatico: il pareggio casalingo col Real Madrid inguaia tremendamente il Zaragoza, lasciato al terzultimo posto dalle contemporaneee vittorie di Osasuna e Recreativo. Gli aragonesi però continuano a dipendere esclusivamente da loro stessi: essendoci all’ ultima giornata lo scontro diretto fra Recreativo e Valladolid, che toglierà in ogni caso dei punti a una o a entrambe le dirette concorrenti, il Zaragoza si salverebbe comunque nel caso vincesse a Maiorca (campo comunque difficile, e gli uomini di Manzano sono ancora in corsa per l’ Uefa). A questo aggiungiamo che per l’ Osasuna sarà tutt’ altro che facile fare i tre punti sul campo di un Racing che deve ancora mettere in cassaforte la Uefa, e tutto rimane ancora apertissimo.
All’ opposto di quella del Calderón, la partita della Romareda ha traboccato di emozioni, Squadre lunghe, scarso filtro a centrocampo, grandi individualità offensive, una squadra serena e distesa contro una che si gioca il tutto per tutto… viste le premesse era difficile pensare a un altro tipo di partita.
Dopo aver sperimentato nelle sue prime partite un centrocampo a cinque (con risultati peraltro non malvagi), Villanova in questo sprint finale ricalca con decisione il 4-4-2 rischiatutto di Víctor Fernández, con Aimar e Sergio García a supporto di Oliveira e Milito, più Matuzalem a briglia sciolta in cabina di regia; dall’ altra parte, Schuster deve fare a meno di Gago e quindi retrocede Diarra, interno destro nelle partite precedenti: mossa obbligata che ha i suoi pro e i suoi contro, perché se è vero che Guti-Sneijder è la coppia di mezzeali in assoluto più creativa, la loro (soprattutto di Guti) scarsa propensione al rientro in fase di non possesso tende a creare una certa separazione rispetto a Diarra e i 4 difensori, e a spezzare la squadra in due tronconi, situazione vista soprattutto nella prima parte di stagione (il centrocampo visto nelle ultime partite, senza Guti, con Gago vertice basso, Diarra interno destro e Sneijder sul centro-sinistra con più libertà di appoggiare le punte, mi è sembrato invece quello complessivamente più razionale e in grado di limitare la portata di questo problema in fase di non possesso: garantisce un Madrid più compatto, vedi le partite di Santander e Pamplona).
In questo quadro, la trequarti madridista rimane esposta agli inserimenti avversari, e il Zaragoza costruisce la sua superiorità iniziale proprio su questo vantaggio tattico: Milito e soprattutto Oliveira, una scheggia lanciato in profondità, impegnano i centrali e allungano la difesa creando spazi per le incursioni a rimorchio di Aimar e Sergio García. Quando può andare in verticale il Zaragoza è pericoloso come poche altre squadre nella Liga, e il gol del vantaggio è esemplare: palla rubata a centrocampo, Matuzalem in profondità sulla destra pesca magistralmente la corsa di Sergio García, fuga del canterano blaugrana e pase de la muerte per Oliveira libero sul secondo palo.
Abbiamo parlato degli squilibri madridisti, ma non bisogna dimenticare che i padroni di casa sono i veri primatisti di questa specialità, una squadra costruita espressamente per non saper gestire una partita con tranquillità. Non è raro vedere 3 o anche 4 giocatori oltre la linea della pallla in fase di non possesso, e così la partita si fa estremamente scorrevole ed aperta ad ogni tipo di soluzione. Buon per il Madrid, che salta con relativa facilità le prime due linee avversarie e può scegliere la miglior giocata sulla trequarti. Ancora protagonista Higuaín, l’ uomo dei finali di campionato: schierato nel tridente con Van Nistelrooy e Robinho, inizia l’ azione del pareggio che coinvolge proprio tuti e tre gli attaccanti: palla filtrante del Pipita, conclusione di Robinho respinta da César, ribattuta a porta vuota di Van Gol.
Nei finali di campionato gioca un ruolo fondamentale anche il fattore emotivo, e così il Zaragoza ardito dei primi minuti da questo momento rimane schiacciato praticamente fin quasi alla fine del primo tempo, accusando il colpo del pareggio. È la fase in cui il Real Madrid gestisce il gioco a piacimento, e nella quale Sneijder e Guti mostrano pienamente il lato positivo della loro contemporanea presenza: il biondo in particolare comincia a far correre i compagni coi suoi inimitabili passaggi nello spazio, e la pressione sul Zaragoza si fa consistente, smorzata solo nel finale del primo tempo quando Oliveira vede respinta quasi sulla linea da Sergio Ramos la sua conclusione a botta sicura.
Passata la fase più difficile, il secondo tempo diventa chiaramente dei padroni di casa: il Madrid non ha più neanche tanta voglia di guastare la festa, l’ intensità di gioco scema e i contrattacchi si diradano progressivamente, lasciando tutta la scena a un’ ormai costante occupazione della metacampo avversaria da parte del Zaragoza. Sempre più tiri verso la porta di Dudek, occasioni più frequenti e nitide, e si conta anche una traversa colpita dopo una carambola un po’ strana fra Aimar (che poi uscirà per fare spazio a Gabi: volenteroso ma poco incisivo, stagione da dimenticare per il Payaso) e Sergio Ramos.
Prima che però la monotonia si impadronisca della partita, ecco la doccia gelida: al Real Madrid non serve costruire un contesto a sé favorevole, gli basta un’ azione per lasciare segni indelebili, ecco quindi riapparire il buon Higuaín, in profondità per Robinho tenuto in gioco dai ritardatari Paredes e Sergio (che non seguono l’ uscita di Ayala), sontuoso e spietato il tocco sotto del brasiliano sull’ uscita di César, eseguito con la tranquillità tipica di chi ha già vinto un campionato.
Gioca la carta della disperazione il Zaragoza, inserendo Óscar per Matuzalem e portando la torre difensiva Sergio quasi stabilmente nell’ area avversaria. Proprio il difensore galiziano, dopo un tentativo di testa sventato da Dudek, trova finalmente il gol, a 5 minuti dal termine, un destro angolato al termine di una mischia a centro area. I margini, per quanto riguarda sia il tempo che l’ aspetto psicologico, per rimontare ci sarebbero tutti, ma esce allo scoperto il grande protagonista della partita, ovvero Jerzy Dudek. Il polacco ci tiene a dimostrare qualcosa e nel finale comincia a respingere tutto quello che giunge nei paraggi, non importa se si tratta del pallone: semplicemente mostruosa la parata, in pieno recupero, sulla ribattuta a botta sicura di Óscar dopo un primo intervento su una sassata dalla distanza di Gabi. È l’ ultima chance, quella che consuma il patatrac per i padroni di casa.
Zaragoza sull’ orlo del burrone: dopo il Celta l’ anno scorso e nel 2003, dopo l’ Atlético nel 2000, sarebbe un’ altra retrocessione eccellente che ribadisce l’ enorme difficoltà del campionato spagnolo, generalmente strutturato su due-tre squadre al vertice seguite da un marasma poco distinguibile di squadre della classe media (la classe media per me più forte d’ Europa), nel quale qualsiasi calo di rendimento può costare carissimo e farti passare in poche settimane dalla prima metà della classifica alla zona-retrocessione. Nella Liga non puoi permetterti di avere una crisi e vivacchiare comunque a metà classifica: chi si ferma viene presto risucchiato nei bassifondi. Questo è successo a un Zaragoza che nei primi mesi ha faticato a trovare equilibrio e continuità di gioco, e che poi è sprofondato man mano che subentrava la sua inadeguatezza alla lotta per la sopravvivenza.
Fatti agli aragonesi i debiti rimproveri per essersi cacciati in questi situazione, va comunque riconosciuto che con Villanova negli ultimi tempi si è vista una squadra che ha giocato con dignità, sapendosi calare nella parte e offrendo un calcio magari confuso ma sicuramente generossimo e dalla produzione offensiva copiosa, dando tutto e in alcuni casi non meritando certi verdetti troppo severi. Personalmente, non mi auguro una retrocessione del Zaragoza, non solo perché duole vedere giocatori di questo livello retrocedere, ma anche perché non credo stiano facendo di tutto per non meritarselo (dovendo scegliere chi condannare fra le varie candidate, prenderei l’ Osasuna, pur non avendo nulla contro i navarri).

Al Camp Nou, si consuma l’ ennesima piccola vergogna (sommatele tutte e poi ditemi che risultato viene) della stagione blaugrana. Barça nemmeno capace di rendere omaggio come si deve a Rijkaard, all’ ultima casalinga da tecnico del Barça, il tecnico che ne ha segnato la storia recente e che comunque il dovuto omaggio lo ha ricevuto dal pubblico, inferocito invece con Laporta e con i giocatori, specialmente con Eto’o, bombardato di fischi per essersi fatto squalificare in maniera presuntivamente volontaria prima della partita del Bernabeu (queste son le cose che periodicamente ti fanno dubitare della sanità mentale del pubblico del Camp Nou, il più classico e tradizionale autolesionismo blaugrana).
Il Mallorca non fa complimenti, e tiene vive le chances-Uefa (senza i troppi pareggini ottenuti nella fase centrale della stagione, si sarebbe potuto pensare anche a qualcosa di più, vedendo davanti il Racing che come qualità è sicuramente inferiore) con l’ ottimo “dodicesimo uomo” Borja Valero, con Webó e con l’ ennesimo acuto di Güiza: impressionante la stagione del centravanti andaluso, spero comunque che questo non intacchi la serenità di Aragonés al momento di scegliere i 23 per l’ Europeo (da parte mia, vale lo stesso discorso fatto per Raúl).
Il Sevilla, in quest’ annata di comprensibile transizione, si toglie comunque la soddisfazione di vincere il derby: ancora in gol Fazio, convincentissimo da centrocampista difensivo, mossa azzeccata di Jiménez già dai tempi del Sevilla Atlético. Il Getafe bada al sodo a Valladolid e si toglie ogni ansia di dosso, salvando una stagione che ha proposto comunque pagine indimenticabili.
Anche il Valencia scaccia definitivamente l' incubo: goleada nel derby col Levante che ha decisamente altro per la testa e medita un clamoroso sciopero per l' ultima giornata al Bernabeu. Bella tripletta di Villa: saranno i suoi ultimi gol valenciani?


CLASSIFICA
1 R. Madrid 82 (Campione di Spagna-alla fase finale di Champions)
2 Villarreal 74 (alla fase finale di Champions)
3 Barcelona 64 (ai preliminari di Champions)
4 Atlético 64 (ai preliminari di Champions)

5 Sevilla 61 (in Uefa)
6 Racing 57
7 Mallorca 56
8 Deportivo 52
9 Athletic 50
10 Almería 49
11 Espanyol 48
12 Valencia 48
13 Getafe 46
14 Betis 46
15 Valladolid 44
16 Recreativo 43
17 Osasuna 43
18 Zaragoza 42
19 Murcia 30 (in Segunda)
20 Levante 26 (in Segunda)


CLASSIFICA MARCATORI
Güiza (Mallorca) 26
Luis Fabiano (Sevilla) 24 (2 rig.)
Raúl (R.Madrid) 18 (3 rig.)
Agüero (Atlético) 18
Nihat (Villarreal) 18

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