giovedì, settembre 30, 2010

Ancora qualche pagnotta, Sir Alex...


Troppo gentile o troppo paraculo, fate un po’ voi, Ferguson nella conferenza stampa della vigilia aveva inserito il Valencia fra le favorite per la vittoria finale. Addirittura. I primi a sapere che le cose non stanno così sono Emery e i suoi giocatori: per quanto il Valencia ieri abbia giocato una discreta partita, in pieno equilibrio col suo rinomato avversario e forse senza nemmeno meritare la sconfitta finale, è parso evidente come la consistenza dell’equipo che non sia ancora quella ideale per competere a livelli tanto alti.

Come sempre, il Valencia stenta a imporre un gioco, con l’azione che non decolla mai quando parte dalle retrovie. Tino Costa ancora una volta non entra in partita, non detta i tempi e non trova soci. Se nella scorsa stagione la manovra valenciana sembrava acquisire spessore solo con la connessione Banega-Silva, in questa occasione la (mancata) società fra Tino e “Chori” sintetizza le difficoltà della squadra di Emery. Deludentissima la partita di Domínguez, che aveva una grande occasione per tirare acqua al suo mulino nel dualismo fra lui e Aduriz, fra il modulo col trequartista e il 4-4-2, che prevedibilmente segnerà tutta la stagione della squadra.
Sappiamo che le caratteristiche del Chori sono ben diverse da quelle di un Silva: il secondo portato a un costante dialogo con i centrocampisti in fase di elaborazione della manovra, l’argentino invece più coinvolto in una fase successiva, accelerando a ridosso dell’area di rigore. Però rimane inammissibile una tale estraneità al gioco: si contano sulle dita di una mano i movimenti utili in appoggio al centrocampo che consentissero all’azione di progredire. Due-tre iniziative velleitarie palla al piede, per il resto si è marcato da solo.
Impossibile uscire dall’orizzontalità e cambiare ritmo, tranne in quelle rare occasioni in cui il Manchester United perdeva il possesso e si faceva trovare leggermente scoperto in transizione difensiva, concedendo subito la possibilità del ribaltamento rapido e risparmiando al pallone il supplizio di passare ripetutamente tra i piedi di David Navarro, Maduro e Albelda. Il pane del Valencia queste ripartenze, e si è messo in mostra Pablo Hernández, cliente difficile per Evra.
Senza strafare e senza portare grandi pericoli a César, il Manchester United ha tenuto meglio il campo nel primo tempo. Più sicuro e più sciolto nei primi passaggi rispetto al Valencia, schierato da Ferguson con un 4-4-1-1 (anche se nel dopopartita il manager scozzese parla di 4-2-4…), con novità nella formazione che fanno un po’ da contrappeso alle assenze pesanti di Rooney, Giggs (infortunati) e Scholes (a riposo).
Rafael sostituisce O’Shea (e non sarebbe male se il cambio diventasse stabile), Ferdinand torna accanto a Vidic (una notiziona considerato l’Evans di quest’inizio stagione), rientra Carrick e rientra anche Anderson dal primo minuto: da trequartista, il suo ruolo d’origine. Meglio qui che in cabina di regia, dove il suo gioco confusionario lascia ancora irrisolto il problema dell’alternativa/successore di Scholes. Non sono male i primi 20 minuti del brasiliano, che trova un paio di buoni passaggi filtranti smarcandosi tra le linee (dove Tino Costa non sempre coordina al meglio i propri movimenti con quelli di Albelda).
Lo United del primo tempo gestisce il pallone e occupa meglio il campo del Valencia, ma manca negli ultimi metri. Berbatov risulta poco accompagnato, e già il bulgaro è uno che viene incontro ai centrocampisti, che svaria e svuota parecchio l’area. C’è poi la sensazione che gli ospiti vogliano sì controllare il gioco, ma senza mai sbilanciarsi, tenendo un buon numero di giocatori dietro la linea del pallone pronti a riprendere le posizioni difensive. Anche il Valencia porta pochissimi giocatori in area avversaria per la conclusione, e Soldado è facile preda di Ferdinand e Vidic (ottimi, si notano tutti gli effetti del ritorno dell’accoppiata storica).

Nella ripresa un po’ meglio il Valencia invece, perché lo United cede un po’ troppo il possesso-palla e perché Emery gioca bene le sue carte. Passa alle due punte, con Aduriz al posto del fantasma di Domínguez. Il dibattito sul modulo ideale per questo Valencia non terminerà mai, per il momento io propendo verso le due punte.
Se il Valencia ha sempre tutte queste difficoltà a iniziare palla a terra dalla difesa, perché non aggirare il problema? Perché non saltare un passaggio? Con solo Soldado davanti, sei obbligato a passare dal centrocampo per far avanzare la squadra. Con Aduriz e Soldado insieme invece si può mettere più pressione sulle difese avversarie e giocare in maniera più diretta. Più possibilità di concludere in area sui cross (sfruttando così anche l’ottimo potenziale sulle fasce), più possibilità di giocare palla subito sugli attaccanti cercando sponde e inserimenti. Più possibilità di alzare quei ritmi che non decollano mai quando invece si elabora sin dalla difesa.
Anche Manuel Fernandes al posto di Tino Costa dà più agilità in mezzo al campo, e il Valencia si avvicina di più alla portadi Van der Sar. Non essendo ordinatissimo però si allunga anche, e alla fine lo United (pure già abbastanza contento del pareggio) colpirà in quegli spazi.
La chiave è l’ingresso di Javier “Chicharito” Hernández al posto di Anderson (spentosi presto): il messicano offre un’altra dimensione allo United. Un’arma proibita per come allunga le difese con i suoi movimenti in profondità, uno spettacolo come finalizzatore. Chicharito fa una cosa così semplice che stringi stringi sono pochi quelli che in realtà ci riescono: prende palla, punta la porta e segna. Due tocchi massimo prima di gonfiare la rete. In un quarto d’ora scarso prima colpisce un palo e poi realizza smarcandosi con un movimento magistrale: fa finta di venire incontro al passaggio, il difensore abbocca, lui resta lì, gli ruba il tempo, e in un lampo, tutto col sinistro, controlla, anticipa il contrasto in scivolata e scaraventa in rete. Il bello è che mentre io spreco due-tre righe per provare a restituire la giocata in tutta la sua ricchezza, lui ci mette un'irrisoria frazione di secondo per pensarla ed eseguirla. Nei grandi giocatori certe soluzioni sono quasi istintive.

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giovedì, settembre 23, 2010

Prime indicazioni.

Quattro giornate e in testa ci sono Valencia e Real Madrid. Chi ben comincia etcetera etcetera, però restano due squadre ancora difficili da definire, logico visti i tanti cambi effettuati in estate.
Il Valencia prende un buon punto dal big-match della giornata contro l’Atlético. Giusta ricompensa per la generosità degli uomini di Emery, ma le debolezze sono quelle di sempre. Incapacità di fare la partita e a controllarne i ritmi. Per larghi tratti il Valencia è sembrato sbattere la testa contro il muro in un esercizio di puro autolesionismo. Non annoia, ma innervosisce parecchio vederlo giocare.
Interessante quando può giocare in velocità, quando Mata può svariare, incrociarsi e sovrapporsi alle altre mezzepunte, esasperante quando deve iniziare l’azione dalla difesa e quando la partita gli richiede di gestire ritmi più lenti. Perché non ci sono storie, ci si riempie la bocca con la sentenza che il calcio moderno è soltanto velocità, che bisogna correre più degli altri, ma per fortuna è qualcosa di più complesso e di più elaborato, dove l’intelligenza la fa ancora da padrona.
Niente pausa, ricerca esagerata della verticalizzazione contro un Atlético compatto nelle due linee da quattro di difesa e centrocampo. Facile difendere (ancora di più con un’ottima coppia come quella composta da Godín e Domínguez) tutti questi palloni frontali giocati da un Valencia che cambiava poco lato e non dava alle sue azioni il giusto tempo per maturare fino a trovare e attaccare il lato scoperto del sistema difensivo avversario (perché un lato scoperto esiste sempre se muovi il pallone bene: aspettando fiduciosi ulteriori progressi nella tecnologia delle sostanze dopanti, ci arrendiamo all’evidenza, una sfera di cuoio è sempre più veloce di un essere umano).
Fra i padroni di casa si sente la mancanza di qualcuno che alzi una paletta e dica”stop” una buona volta, o comunque di Banega. Tino Costa è interessante, è uno che può aumentare la fluidità, però non è riuscito a dettare i tempi, e anzi ha faticato a stare dietro ai ritmi del gioco. Rimangono solo accelerazioni slegate e sporadiche fra Mata e Joaquín, e con questa discontinuità nel gioco collettivo “Chori” Domínguez non riesce mai a entrare stabilmente in partita.
L’Atlético ha la buona pensata di pressare gli stentatissimi primi passaggi dei difensori valenciani, e tronca ogni discorso sul nascere. Peraltro non fanno niente di particolare i colchoneros, semplicemente stanno nelle loro posizioni e si affidano a Reyes per ripartire, lanciando subito in profondità Forlán e soprattutto Diego Costa (punta più avanzata in assenza del Kun) e colpendo così un altro dei punti deboli del Valencia, la linea difesa, in particolare lo spazio alle spalle dei due centrali, David Navarro e Ricardo Costa (ma anche Mathieu e Miguel non scherzano). Magistrale il contropiede del vantaggio (firmato Simão) che nasce da un calcio d’angolo sbagliato dal Valencia.
Il Valencia riequilibra la partita nella ripresa quando aumenta il peso offensivo, aggiungendo Soldado ad Aduriz. Atlético schiacciato dietro, senza più collegamenti fra centrocampo e attacco per poter rilanciare il gioco, problema già emerso a partita in corso nella vittoria in casa dell’Athletic. Non con la qualità ma con la quantità, il Valencia impegna ripetutamente De Gea, sempre più entusiasmante: spettacolare anche ieri dopo il Barça, ma prima di ciò capace di trasmettere sicurezza ai compagni, e questa è la cosa più importante. Nemmeno lui però può nulla sul colpo di testa di Aduriz: ma quanto salta il basco?

Il Real Madrid procede di tre punti in tre punti, fra gli sbadigli degli spettatori neutrali e i mormorii del Bernabeu. Va chiarito che delle vittorie ottenute finora solo una può dirsi immeritata (quella dell’Anoeta contro una grande Real Sociedad), ma è certo che il gioco deve migliorare tantissimo.
La fase di possesso a difesa schierata brilla per la staticità, e solo le individualità la accendono. Linee di passaggio scontatissime, doble pivote troppo piatto sia quando ad accompagnare Xabi Alonso c’è Lass che quando c’è Khedira (nonostante le caratteristiche molto diverse del tedesco, parso finora un po’ spaesato), poca sorpresa dai terzini, confusione e scarsa coralità sulla trequarti, Higuaín inesistente per la manovra come da ormai sconcertante consuetudine. Detto questo però, basta mezzo pallone per scatenare il finimondo: Özil ha già affascinato il Bernabeu per come punta subito la porta avversaria (veloce e sempre verticale, anche nei movimenti senza palla, sembra più attaccante che rifinitore; Canales potrebbe servire per completarlo), Di María è un treno (ma più che a destra, dove lo sta prevalentemente impiegando Mourinho, si sente comodo a sinistra, dove la sua azione può acquisire maggiore profondità), Higuaín comunque segna anche se non partecipa al gioco e Cristiano Ronaldo, pur con prestazioni alquanto discutibili in questo periodo (sta scadendo nell’individualismo, e senza palla fa pochissimo), è quello che è.
La notizia migliore per il Real Madrid è che può fare sempre gol, e che è molto difficile che li possa subire. Con la squadra bloccata in fase di possesso quei tre-quattro vanno in avanscoperta e quasi sempre finalizzano l’azione, senza perdere palloni che possano propiziare contropiedi. Quando il Madrid perde palla, è difficile che si faccia trovare scoperto col resto della squadra. Se paragonato con quello del primo Pellegrini la scorsa stagione e con quelli di Schuster e Capello, questo dovrebbe essere il Madrid che subisce meno occasioni. Gode poi di una superiorità atletica disarmante rispetto a gran parte degli avversari (soprattutto per quella che è la media della Liga), per cui anche quando non è piazzato benissimo, ha giocatori che recuperano metri con una facilità estrema.
Resta però da vedere se la versione “cinica” del Madrid vista in queste prime uscite sia dovuta a una fase ancora rudimentale del progetto e si evolverà verso qualcosa di differente, oppure se si consoliderà nel senso esposto.

Non è nuovo nuovo come il Real Madrid, ma anche il Barça propone cose non del tutto scontate rispetto alla scorsa stagione. Due le principali novità: alla base, il movimento dei difensori quando l’azione inizia, al vertice le posizioni degli attaccanti. Il primo a dire il vero è qualcosa di già visto: avevamo parlato della difesa a tre ad inizio azione già la scorsa stagione, ma non fu una soluzione utilizzata in tutte le partite. Ora invece pare sistematico. Busquets o Mascherano si abbassano sulla linea dei difensori per consentire la superiorità rispetto al pressing dei due attaccanti avversari, i due difensori centrali si allargano e i terzini si alzano tantissimo per tenere bassi gli esterni avversari (che così non possono andare a pressare i difensori del Barça), andando a comporre quasi una linea di 4 con le due mezzeali, Xavi e Iniesta (o Keita), che hanno più spazio per giocare la palla frontalmente.
Siccome il Busquets o Mascherano di turno è arretrato fra i difensori e solo successivamente si aggiunge, e siccome al Barça interessa sempre avere la superiorità a centrocampo con tre-quattro giocatori stretti per mettere in mezzo con le triangolazioni i centrocampisti avversari, il compito di aggiungersi al centrocampo in questo contesto spetta a uno degli attaccanti. Assente Messi ieri sera, il compito è toccato a Iniesta prevalentemente, che partisse dalla fascia o centralmente: questo falso esterno d’attacco o falso centravanti viene incontro al centrocampo per ricevere direttamente il passaggio fra le linee e poi attivare Xavi e l’altra mezzala fronte alla porta, o comunque per permette alle due mezzeali di giocare più liberamente togliendo loro un po’ di pressione dai centrocampisti avversari.
Qui subentra la seconda novità tattica, una novità vera propiziata dall’innesto di Villa. L’acquisto del Guaje suggeriva un ritorno all’assetto offensivo che il Barça aveva proposto con Eto’o ed Henry nell’anno del triplete, ovvero con Messi falso centravanti e gli altri due larghi ma sempre pronti a proporre il taglio in diagonale, tenendo così impegnati i difensori centrali avversari ed evitando il raddoppio su Messi fra le linee. Lo suggerivano sia le caratteristiche di Pedro che quelle di Villa. Tuttavia, finora si è visto qualcosa di diverso: Villa e l’altro teorico attaccante esterno (ieri Bojan, Pedro solo nella ripresa) non partono così larghi, anzi, quando il Barça ancora muove palla a centrocampo, loro hanno spesso già stretto al centro. In molti frangenti sembra più un 4-3-1-2 che un 4-3-3. Non sempre è riconoscibile un tridente, Villa e Bojan (o Pedro) giocano piuttosto vicini e lo scambio di posizioni è costante.
Considerate le qualità di Villa, rispetto all’anno scorso il Barça è ben più pericoloso nel ribaltare l’azione, ben più verticale. La differenza con la scorsa stagione si è vista tutta nella vittoria esterna con l’Atlético. I colchoneros cercavano di pressare l’inizio dell’azione “a tre” del Barça, e riuscivano anche a sporcarlo, però ogni volta che la palla filtrava il Barça riusciva ad arrivare in porta anche con solo due passaggi. Verticalizzazione, Villa fra i due centrali, zac! Potevano essere 4 o 5 gol anche senza aver dominato costantemente la partita. Con Ibrahimovic (e Henry inesistente) l’anno scorso mai e poi mai si sarebbe potuta vedere una cosa del genere. L’avversario poteva così mostrarsi più fiducioso nell’accorciare con la difesa alta, rubare lontano dalla propria porta e manovrare nella metacampo del Barça, sottraendo ai blaugrana l’arma prediletta del pressing alto. Ora invece ha sempre una minaccia alle proprie spalle, e questo è un innegabile vantaggio strategico per il Barça.
Ieri lo Sporting però si difendeva schierato con un baricentro più basso, e qui il Barça non ha convinto, soprattutto nel primo tempo. Al di là del gol, e al di là delle altre occasioni generate dalla sua qualità individuale, la prestazione di Villa è stata insufficiente. Ancora deve adattarsi ai movimenti richiesti dal gioco blaugrana, movimenti che vanno oltre il dettare il passaggio in profondità. Il Barça del primo tempo ha giocato in maniera irrazionale: troppo stretti al centro gli attaccanti, troppo schiacciati sui difensori avversari, troppo leggibili.
Difficile creare spazi con questa cattiva coordinazione dei movimenti. Il problema non è che gli attaccanti tendano a giocare più accentrati, il problema sorge quando tappano gli spazi utili agli inserimenti dei compagni. Emblematica un’azione nel primo tempo in cui Puyol da destra ha tentato un cambio di gioco verso la fascia opposta. Lancio impreciso, ma al di là di questo tutto il movimento, tipico del gioco blaugrana, era eseguito male: solitamente in questa situazione Keita senza palla attacca lo spazio portando via il terzino, e lasciando l’ala sinistra del Barça libera di ricevere e puntare. Questa volta però Keita ha trovato lo spazio già occupato da Villa, e in zona c’era anche Iniesta. Largo c’era Maxwell, alto ma non abbastanza per puntare come un’ala. Così sia lui che Alves dovevano portare palla o ricorrere al passaggio orizzontale ogni volta che prendevano palla, perdendo l’effetto-sorpresa della sovrapposizione improvvisa.
Le punte, se non partire larghe, devono comunque lavorare sui movimenti dentro-fuori e viceversa, per assicurare sbocchi e superiorità in tutte le zone e allargare le difese. In primis Villa deve migliorare. Eloquente la mossa di Guardiola a fine primo tempo: Villa lo lascia in campo, ci mancherebbe, ma lo lascia unico attaccante centrale per inserire Pedro, in un palese tentativo di riguadagnare ampiezza attraverso un tridente più classico. Le cose migliorano, ma non vuol dire che l’altra soluzione sia da buttare. Questione di tempo e di intesa.

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venerdì, settembre 17, 2010

AVVISO.

Da questa settimana ho l'onore di iniziare una collaborazione col sito del "Guerin Sportivo": un pezzo a settimana all'interno del blog "Il mondo siamo noi".
Ecco il mio primo contributo.

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GUIDA ALLA LIGA 2010-2011

Scusate il ritardo della pubblicazione, non siamo più in precampionato, avete ragione. Dal prossimo fine-settimana, inizierò con le analisi delle partite.


ALMERÍA


Formazione-tipo (3-3-1-3, alternative 4-3-3 o 3-3-4): Diego Alves; Michel (Carlos García, Juanma Ortiz), Acasiete (Pellerano), Jakobsen (Juanma Ortiz); Mbami (Juanma Ortiz), Bernardello, Vargas (Juanma Ortiz); Valeri; Piatti, Goitom (Ulloa), Crusat (Piatti).

Altri giocatori.
Portieri: Esteban. Difensori: Rigo (centrale), Marcelo Silva (centrale). Centrocampisti: José Ortiz (esterno/trequartista), Corona (mezzala/trequartista), Luque (mezzala sinistra). Attaccanti: Kalu Uche, Nieto (ala destra).

Lillo insiste con una delle proposte più “all’avanguardia” del campionato. In attesa dei risultati, il suo Almería suscita tanta curiosità. Allenamenti quasi esclusivamente con il pallone (cosa che i giocatori generalmente adorano), e un’idea chiara: palla a terra e ricerca della superiorità sin dalle retrovie. Sin da quando rinvia il portiere, i due difensori centrali si allargano, da lì cercano di superare una linea di pressing avversario, passata questa i centrocampisti si addensano per offrire più triangolazioni possibili, e così fino all’attacco. L’obiettivo è avanzare in blocco con tutta la squadra compatta attorno al pallone, pronta così anche per recuperarlo subito nella trequarti avversaria, non appena lo perde. Creare le pre-condizioni di una transizione difensiva equilibrata partendo dalla fase di possesso. Idea simile a quella del Barça dell’amico Guardiola, anche se il materiale a disposizione di Lillo non è precisamente lo stesso, e non pochi saranno i momenti in cui l’ Almería ripiegherà contropiede, dove peraltro Crusat e Piatti vanno come frecce.
Comunque, per consolidare un’idea di gioco che passa soprattutto per il controllo in mezzo al campo, Lillo ha avuto dal mercato quello che desiderava. Palleggiatori, mezzeali o trequartisti, come l’argentino Valeri o il ventenne ex Barça Atlétic Luque, che già si aggiungono a quelli presenti in rosa, come Vargas e Corona. Quello che conta è il principio, poi il modulo può variare: quest’anno Lillo sembra propenso a puntare spesso sulla difesa a 3 (una difesa a 3 pura, nella quale schierare perfino un terzino d’attacco come Michel; ma la scelta dipende anche dal numero di attaccanti avversari: se è uno solo, possono bastare due centrali e quindi la difesa a 4), per poi riempire la squadra di centrocampisti. Un rombo in mezzo, nel quale imprescindibile è il vertice basso Bernardello (bel giocatore davvero: senso tattico, geometrie, tempi sempre giusti), poi c’è Mbami (non molto raffinato, ma preziose per le doti di corsa negli spostamenti laterali a sostegno della difesa a 3), Vargas che può giocare mezzala sinistra o trequartista, e Valeri che dovrebbe essere il vertice alto. Di rincalzo Corona, talvolta impiegato persino come falso centravanti, e il jolly Juanma Ortiz, esterno o terzino sia a destra che a sinistra.
Al centro dell’attacco c’è sempre qualche dubbio, visto che dopo Negredo non si sono trovati specialisti altrettanto prolifici, perché Goitom è più una boa che un finalizzatore, mentre il nuovo acquisto Ulloa ha fatto 30 gol in Segunda nelle ultime due stagioni col Castellón ma in Primera è da verificare. C’è Kalu Uche (che era appetito sul mercato inglese ma non si è riuscito a vendere), la soluzione di maggior talento, che però è una seconda punta, anche un po’ anarchica tatticamente. Sicurezza piena invece sulle fasce, coi citati Crusat e Piatti (incrociando da destra può e deve fare più gol) ma anche alternative valide come Nieto e il veterano, idolo di casa, José Ortiz.
In difesa le partenze di Chico e Cisma hanno implicato gli arrivo di Jakobsen (terzino sinistro ma anche centrale) e del promettente centrale uruguaiano Marcelo Silva, oltre alla promozione dall’Almería B del centrale Rigo e al ritorno dal prestito al Betis di Carlos García. Carlos Garci-Acasiete-Jakobsen titolari contro Osasuna.

LA STELLA: Diego Alves: Fra i migliori portieri della Liga. Personalità, grande esplosività, splendidi riflessi anche se non sempre tecnicamente impeccabile. Gli manca un po’ il gioco coi piedi, dettaglio non trascurabile visto il contesto tattico.
OCCHIO A…: Michel Macedo: Vent’anni, potenziale prossima rivelazione. Risponde a tutti gli standard del terzino brasileiro: qualche svagatezza nel posizionamento in difesa, ma grande qualità nel palleggio, velocità e testa alta ogni volta che sforna i suoi favolosi traversoni. Fra i destri, forse il miglior crossatore della Liga dopo il neo-madridista Pedro León.
LA SCOMMESSA: Diego Valeri: L’acquisto più stuzzicante. Al Porto non ha sfondato, ma al Lanús (con cui vinse l’Apertura 2007) qualcuno lo paragonò addirittura a Riquelme. Giocatore-chiave per le ambizioni di Lillo.



ATHLETIC BILBAO

Formazione-tipo (4-4-2): Iraizoz; Iraola, San José (Ustaritz), Amorebieta, Aurtenetxe (Koikili); Susaeta (Gurpegi, David López), Javi Martínez, Gurpegi (Iturraspe), Gabilondo (Muniain, David López); Toquero (Muniain, De Marcos), Llorente.

Altri giocatori.
Portieri: Raúl. Difensori: Aitor Ocio (centrale), Xabi Castillo (terzino sinistro), Balenziaga (terzino sinistro). Centrocampisti: Orbaiz (centrale), Iñigo Pérez (centrale). Attaccanti: Ion Vélez.

Il discorso di Caparrós rimane il solito: palla lunga verso Llorente, e vediamo che succede. Sembra sempre poco, si potrebbe variare un po’ il gioco senza per questo scimmiottare il tiqui-taca, visto che fino a prova contraria i centrocampisti a disposizione rimangono portati prevelentemente a spezzare e ripartire, ancora di più col declino di Orbaiz e la partenza di Yeste (Iturraspe o anche il mancino Iñigo Pérez però potrebbero offrire qualcosa di diverso alle spalle di Gurpegi e Javi Martínez). La scelta del partner di Llorente dice molte cose: Toquero con le sue corse a perdifiato per inseguire le sponde aeree di Fernandote, invece che il gioco palla a terra e tra le linee di un Muniain o un De Marcos (o magari il 21enne Igor Martínez, nuovo acquisto dall’Alavés). Questi due dovrebbero essere impiegati spesso anche sulle fasce, per vivacizzare rispetto all’eccessiva linearità di Gabilondo o del deludente David López, mentre sull’altra fascia la profondità la garantisce Susaeta.
Iraola rimarrà un giocatore insostituibile (anche in senso letterale, non ci sono altri terzini destri di ruolo), capace di spezzare almeno un pochino il tran-tran della palla lunga verso Llorente con le sue uscite palla al piede, mentre è consolidata la coppia centrale, col promettente Mikel San José consolidato vicino all’irruento Amorebieta, e Ustaritz come affidabile primo rincalzo. Sovrabbondanza sulla fascia sinistra: ogni squadra ha le sue stranezze, l’Athletic cambia terzini come calzini: Balenziaga torna dal prestito al Numancia e non si è riuscito a venderlo, rimangono poi Koikili e Xabi Castillo (più offensivo di Koi), ai quali si è aggiunto il canterano Aurtenetxe, promosso titolare nella prima con l’Hércules.

LA STELLA: Fernando Llorente. L’Athletic gioca tutto su di lui, eppure il paradosso è che lo sfrutta per un 50% massimo. Questo è un giocatore che sa fare tante altre cose oltre a mettere il corpo fra sé e il difensore, difendere palla, fare sponda e incornare qualche cross.
OCCHIO A..: Iker Muniain: La speranza è che, dopo l’assaggio dell’anno scorso (con tanto di gol più giovane nella storia del club), possa essere la sua stagione, anche se gli anni sono ancora soltanto 17, è bene ricordarlo. La sua posizione migliore è quella di seconda punta, centralmente per giocare nello stretto più che partire largo per passare in velocità il terzino, come invece fino ad oggi lo ha impiegato prevalentemente Caparrós.
LA SCOMMESSA: Jon Aurtenetxe: L’ultima scoperta di Lezama. Diciotto anni, medaglia di bronzo con la Spagna all’ultimo Mondiale Under 17, non promette sfracelli ma regolarità di rendimento. Tipico terzino sinistro, sobrio, tatticamente disciplinato, contenuto nelle sortite offensive ma senza sbavature col pallone fra i piedi.


ATLÉTICO MADRID

Formazione-tipo (4-4-1-1): De Gea (Asenjo); Ujfaluši, Godín, Domínguez (Perea), Filipe (Antonio López, Domínguez); Reyes (Fran Mérida), Raúl García (Tiago), Assunção, Simão (Fran Mérida); Forlán; Agüero.

Altri giocatori.
Portieri: Joel. Difensori: Juanito (centrale), Valera (terzino/esterno). Centrocampisti: Mario Suárez (centrale), Camacho (centrale). Attaccanti: Diego Costa (centravanti/esterno).

Sarà l’annata del salto di qualità? Finora il lavoro di Quique Sánchez Flores sta convincendo per la serietà e la gradualità con cui di partita in partita il suo Atlético fa cose più complesse ogni volta con maggiore convinzione. Ha cominciato sistemando la fase di non possesso, accorciando la squadra, poi il suo Atlético ha cominciato a gestire la palla con più sicurezza, senza creare pericoli a difesa schierata ma perlomeno controllando il gioco e allontanando i pericoli dalla propria area. Ora il passo ulteriore sarà mantenere un baricentro stabilmente avanzato e dominare il possesso-palla oltre a controllarlo.
Uno dei limiti principali di questa squadra rimane la concezione troppo orizzontale del doble pivote, per le caratteristiche di Paulo Assunção e la timidezza di Raúl García (che si limita a una pur apprezzabile diligenza sul piano tattico). La conferma di Tiago può mitigarla, anche se manca il giocatore di classe che prenda per mano la squadra in mezzo al campo. Dettare i tempi ed elaborare la manovra si può fare però in altre zone del campo, e giocatori atipici potrebbero dare un grande contributo. Il nuovamente sfavillante Reyes accentrandosi ha dimostrato di poter guidare la squadra, il lavoro fra le linee di Forlán e di Agüero (sebbene il Kun sia tendenzialmente la prima punta, e l’uruguagio agisca qualche metro dietro) arricchisce la manovra, e l’innesto di Filipe, figura di terzino-regista potenzialmente preziosissima può risolvere il problema dell’inizio dell’azione, che l’anno scorso si risolveva nella palla allontanata alla meglio non appena gli avversari accennavano un pressing sui difensori colchoneros. Aspetto nel quale l’Atlético migliora anche con l’arrivo di Godín, centrale ben superiore come posizionamento, tecnica e letture difensive rispetto a “Calamity” Perea, anche se Quique sembra voler puntare ancora sul colombiano, la cui velocità può servirgli per rimediare ad alcune sbavature della difesa più alta che intende implementare (sbavature che talvolta è lo stesso errato piazzamento di Perea a causare…). Sarebbe comunque un peccato far tornare nell’ombra un talento come Álvaro Domínguez, rivelazione della passata stagione, elemento in crescita a patto che non venga snaturato troppo spesso nella posizione di terzino sinistro. Quello destro sembra il lato più scoperto del reparto arretrato: non per il livello eccellente (e mai troppo elogiato) che senza soluzione di continuità assicura Ujfaluši, efficacissimo nelle sovrapposizioni che il lavoro di Reyes gli concede, ma perché il ceco non ha una riserva seria. Tale non può essere considerato Valera, e infatti l’Atlético ha inseguito un terzino destro fino all’ultimo giorno di mercato.
Una macchia la cessione di Jurado, che toglie imprevedibilità alla manovra oltre a un dodicesimo uomo molto brillante a partita in corso. Simão non ha i suoi movimenti e sembra in fase di netto declino. Poi davanti, ci pensano comunque quei due.

LA STELLA: Diego Forlán: Il giocatore più forte sarebbe il Kun, ma lui merita comunque un omaggio dopo un mondiale da leader che però ha soltanto confermato la bontà del suo gioco a tuttocampo. Difficile trovare in circolazione altri giocatori che come lui combinino quantità e qualità, che sgobbando come dannati in appoggio al centrocampo riescano comunque a segnare minimo una ventina di gol a stagione, col dettaglio straordinario della facilità nel trovare la porta dalla lunga distanza con entrambi i piedi.
OCCHIO A…: Diego Costa: La regola degli extracomunitari ha indotto l’Atlético a prescindere da Salvio (in prestito al Benfica) per puntare sul brasiliano come terzo attaccante. Non dovrebbe fare solo numero, dopo la buonissima stagione a Valladolid. Alternativa piuttosto interessante, perché può giocare da unica punta e fare reparto da solo, ma ha anche il passo e i movimenti per adattarsi tranquillamente a fare l’uomo di fascia.
LA SCOMMESSA: Fran Mérida: Tocca a lui colmare il vuoto lasciato da Jurado nel ruolo di rifinitore, sebbene con caratteristiche diverse (non ha le accelerazioni). Anche lui comunque è un giocatore non orizzontale che potrebbe entrare nel doble pivote, nell’ipotesi più offensiva (e più improbabile), o comunque giocare falso esterno a sinistra, accentrandosi e lasciando la fascia a Filipe. Un talento ma anche un’incognita, sebbene la più stuzzicante del mercato.



BARCELONA

Formazione-tipo (4-3-3): Valdés (Pinto); Alves (Adriano), Piqué, Puyol (G. Milito, Abidal), Abidal (Maxwell, Adriano); Xavi, Busquets (Mascherano), Iniesta (Keita); Pedro, Messi (Villa, Bojan), Villa (Bojan).

Altri giocatori.
Attaccanti: Jeffren (ala).

Da un mercato con innesti validissimi e operazioni più discutibili (l’affaire Ibrahimovic), il Barça esce con una rosa troppo corta, 19 giocatori, che dovrà spremere al massimo a polivalenza di molti interpreti e contare sui possibili apporti in corsa dalla cantera, ora che il Barça Atlétic disputa addirittura la Segunda. Anche pochi infortuni potrebbero avere effetti devastanti. Il lato positivo, oltre al talento di questi 19, è rappresentato dalla coesione attorno all’allenatore e a un’idea di gioco più che mai rodata.
Dove la rosa si fa più corta è in attacco e al centro della difesa. Nella retroguardia i centrali di ruolo sono solo tre: Piqué, Puyol e Gabriel Milito. La quarta possibile soluzione è Abidal, in origine proprio un centrale, ma che necessita un riadattamento e non pare convincentissimo. Ove la riconversione del francese si rivelasse un successo, il reparto troverebbe la quadratura ideale, con minuti per tutti, perché l’acquisto di Adriano (terzino indifferentemente a destra e a sinistra), consentirebbe di rifiatare tanto a Dani Alves (che non aveva mai avuto un rincalzo durante tutta la scorsa stagione) come a Maxwell/Abidal. Lascia qualche rimpianto la partenza di Márquez: date le diverse caratteristiche di Puyol e Milito, l’inizio della manovra blaugrana, nel quale tanto attivi e importanti devono essere anche i difensori centrali (e non solo loro, pure il portiere), si trova a dipendere un po’ di più da Gerard “Piquénbauer”.
In attacco pochi effettivi: due ali (Pedro, Jeffren), due punte pure impiegabili al centro o sulla fascia (Villa, Bojan) e un Messi (qui non c’è bisogno di definizioni). Guardiola deve scongiurare qualunque infortunio, solo allora il discorso là davanti si potrebbe fare davvero interessante. Villa riporta quella verticalità che il tramonto di Henry e la diversità di Ibrahimovic avevano fatto venire meno: il Guaje può partire centralmente, oppure, dalla sinistra, riproporre l’habitat ideale per Messi falso centravanti. Se i due attaccanti esterni si mostrano sempre pronti al taglio verso il centro, e tengono così bassi i difensori centrali, le possibilità di raddoppio su Leo diminuiscono, e questi può al tempo stesso aiutare i centrocampisti a conquistare la superiorità numerica, ricevere palla fra le linee e partire fronte alla porta. In tal caso sono sfracelli. Se Messi nelle migliori condizioni e i gol di Villa rappresentano le maggiori certezze, la speranza è che Bojan possa confermare i progressi del finale della scorsa stagione.
A centrocampo c’è poco da dire: Mascherano garantisce esperienza, carattere e la perfezione tattica davanti alla difesa. Busquets è un’alternativa meno completa difensivamente, ma più sciolta nei movimenti in fase di possesso. Xavi e Iniesta incarnano la purezza dello stile (attenzione però, la scarsità di effettivi in attacco potrebbe spingere Iniesta a una maggiore presenza nel tridente, da falsa ala a destra o a sinistra), Keita uno dei migliori dodicesimi uomini della Liga, la scienza del movimento senza palla. Ah, dimenticavo: anche il portiere è un campione.

LA STELLA: Lionel Messi: Il miglior giocatore del mondo. A una capacità di giocare nello stretto che non trova rivali, ha aggiunto quella di muoversi senza palla sulla trequarti, scegliere il momento giusto per liberarsi del pallone, rifinire in maniera sempre più brillante, e persino dettare il passaggio in profondità. La scorsa stagione, in pieno mutismo di Ibrahimovic, è capitato più di una volta vederlo scattare sul filo del fuorigioco per allungare le difese avversarie.
OCCHIO A…: Maxwell: Il brasiliano come simbolo della polivalenza. Giocatore partito in sordina, anzi francamente male, nei primi mesi al Barça, ma poi sempre più affidabile. Come terzino soffre tantissimo quando costretto a difendere nella propria metacampo, soprattutto sugli uno contro uno, in attacco non dà grande profondità, ma è sempre un ottimo punto d’appoggio in fase di possesso. Un giocatore tagliato per lo stile del Barça, che sa stare in campo e sa sempre cosa fare col pallone, perciò spendibile anche nel turnover del centrocampo, come mezzala sinistra.
LA SCOMMESSA: Jonathan dos Santos: Il messicano, fratellino dell’ex Giovani, simboleggia il serbatoio di riserva della cantera. Mezzala adattabile anche davanti alla difesa, notevole senso geometrico, potrebbe trovare qualche minuto durante la stagione, e con lui Oriol Romeu, Thiago Alcantara (il più talentuoso) o i difensori Fontas e Bartra.


DEPORTIVO

Formazione-tipo (4-2-3-1): Aranzubia (Manu); Manuel Pablo (Laure), Colotto (Aythami), Lopo (Zé Castro), Morel (Rindarǿy); Juan Rodríguez (Rubén Pérez), Antonio Tomás (Juca); Urreta (Desmarets, Saúl), Míchel (Desmarets, Lassad), Guardado (Saúl, Urreta, Desmarets); Adrián (Lassad, Riki).

Altri giocatori. Difensori: Piscu (centrale). Centrocampisti: Juan Domínguez (mezzala/trequartista); Valerón (trequartista), Pablo Álvarez (esterno destro).

Soggetto a rischio, esce probabilmente indebolito dal mercato. Senza prospettive di miglioramento, il rischio è di dare soltanto seguito al pessimo girone di ritorno della scorsa stagione. Pessimo girone di ritorno sul quale influì il grave infortunio occorso a Filipe, proprio la cessione eccellente di quest’estate. Discorso delicatissimo, perché anche se il paraguaiano Morel è un buono, anzi buonissimo giocatore (l’altro nuovo terzino sinistro, il norvegese Rindarǿy è invece un’incognita assoluta), l’importanza di Filipe andava ben oltre i confini del proprio ruolo. Era il motore di tutta la squadra, e ora con Morel (che ha caratteristiche diverse, è un “normale” terzino che accompagna l’azione offensiva) al suo posto, il rischio è che su tutto prevalga il gioco assai scolastico del centrocampo. Antonio Tomás è un mestierante, Juan Rodríguez è un giocatore dinamico, di personalità e tira fuori qualche gol, ma pur sempre un semplice cursore. Qualcosa si spera da Rubén Pérez, acquistato dalla filiale dell’Atlético, o magari da un arretramento di Míchel. Míchel che è uno dei nuovi innesti sulla trequarti, la zona dove si è più cercato di aumentare la quantità e la qualità di scelta, la parte più interessante del mercato dei galiziani. Con Valerón agli sgoccioli, si spera di trovare un buon rifinitore fra il citato Míchel e il canterano Juan Domínguez. Molto movimento sulle fasce (l’anno scorso a destra c’era il solo Pablo Álvarez, e peraltro spesso Lotina preferiva adattare Riki o Juan Rodríguez). Specialisti, gente che salta l’uomo: sono arrivati Saúl, molto bene all’Elche in Segunda, e l’uruguaiano Urreta in prestito dal Benfica. Poi dal Vitória Guimaraes l’incognita Desmarets, francese 31enne, impiegabile sulle fasce come al centro, con caratteristiche comunque più da muscolare.
Non è cambiato nulla in attacco, ed è un guaio perché il Depor l’anno scorso faceva una fatica boia a buttarla dentro. La domanda è ancora quella: riusciranno i nostri eroi (Adrián, Lassad) a cacciare la testa fuori dal guscio? No, perché i colpi Adrián li ha, ma sarebbe ora che stesse in partita 90 minuti e che raggiungesse la doppia cifra per uscire dalla condizione di eterna premessa. Lassad ha qualità ma è allergico all’area di rigore, gira a largo. La cosa migliore forse sarebbe farli giocare stabilmente assieme per non caricare la responsabilità del gol su uno solo, usare le due punte e così arretrare Míchel. O altrimenti si ricorrerà al solito Riki, che prima punta non è, che ha i suoi limiti, ma finora si è dimostrato il più affidabile.
La maggiore certezza di Lotina è probabilmente la discreta organizzazione difensiva, reparti ordinati anche se non sempre sufficientementi aggressivi nell’accorciare. Comunque, Aranzubia è rinato e Lopo e Colotto sono affidabili.

LA STELLA: Andrés Guardado: Mai pienamente convincente per tutta una stagione (a causa anche dei ricorrenti infortuni), però non c’è dubbio che con la partenza di Filipe e il pre-pensionamento di Valerón il giocatore di maggior spessore rimane il messicano. Uno dei migliori mancini della Liga, può giocare anche più accentrato, e forse non sarebbe male provarlo lì, considerata la povertà creativa della mediana del Depor.
OCCHIO A…: Urreta: Il ventenne uruguagio ha buoni spunti sul breve, rapidità ed estro che possono dare un tocco d’imprevedibilità in questa squadra grigia, però è anche piuttosto esile.
LA SCOMMESSA: Míchel: Ha buona tecnica, ottimi passaggi nello spazio, ma dopo i piccolissimi assaggi al Valencia va tutta verificata la sua personalità e consistenza.


ESPANYOL


Formazione-tipo (4-2-3-1): Kameni (Cristian Álvarez); Chica, Forlín (Galán), Víctor Ruiz, David García (Dídac Vilà); Duscher (Forlín, Baena), Javi Márquez (Verdú, De la Peña); Luis García (Sergio García), Verdú (De la Peña, Luis García, Sergio García), Callejón (Datolo, Luis García, Sergio García); Osvaldo (Sergio García).

Altri giocatori. Difensori: Amat (centrale), Felipe Mattioni (terzino destro). Centrocampisti: Coro (esterno), Javi López (esterno), Molina (centrale). Attaccanti: Iván Alonso.

Come detto già la scorsa stagione,
le intenzioni sono buonissime, ma le risorse sono limitate. La crisi ha imposto di monetizzare dalla cessione di due colonne come Moisés Hurtado e Nico Pareja, e per sostituirli ci si è arrangiati con lo svincolato Duscher a centrocampo, mentre in difesa, con la stabile titolarità di Forlín accanto all’interessantissimo canterano Víctor Ruiz, ci si arrangia: il 24enne Galán, di ritorno da un prestito, ha giocato la prima col Getafe, mentre il 18enne Jordi Amat (anche lui terzo al Mondiale Under 17 con la Spagna) completa il parco-centrali. Un vero peccato invece l’infortunio che terrà fuori per gran parte della stagione Felipe Mattioni, che aveva rescisso col Mallorca e che rispetto a Chica avrebbe sicuramente offerto una proiezione offensiva più adeguata all’idea di gioco di Pochettino.
Idea di gioco ambiziosa, coi terzini sempre avanzati e quattro uomini (tre mezzepunte e un centravanti) a incrociarsi nei pressi dell’area di rigore. Qui sono arrivate buone notizie dal mercato: è partito verso Parma uno estroso come Marqués, però con l’arrivo del mancino Datolo non vanno perse capacità nell’uno contro uno, e in più José Callejón (valore in ascesa) non è partito e si è aggiunto pure Sergio García: l’ex Betis sbaglia più di un gol, ma è uno dei più bravi attaccanti di movimento spagnoli, straordinariamente adatto al calcio di Pochettino per le doti tecnico-tattiche e anche per la possibilità di giocare in tutte e quattro le posizioni offensive, allo stesso modo di Luis García. Si potrebbe parlare persino di una relativa abbondanza, visto che rimangono anche il solito Coro e Iván Alonso, prima o seconda punta preziosa anche nel pressing e nei ripiegamenti. Tanti uomini di movimento davanti, e la parte creativa affidata a Javi Márquez, Verdú e, incrociando le dita, anche De la Peña.

LA STELLA: Pablo Daniel Osvaldo: Non è il giocatore più dotato della rosa, ma ha un valore strategico. Senza contravvenire alla mobilità richiesta da Pochettino ai suoi attaccanti, ha dato finalmente una certezza in area di rigore, coi gol che mancavano terribilmente all’Espanyol la scorsa annata. Averlo confermato, dopo la mezza stagione in prestito, potrebbe valere oro.
OCCHIO A…: Javi Márquez: Fermato sul più bello da un infortunio, al suo esordio in prima squadra il mancino in mezzo al campo aveva fatto intravedere una qualità, una personalità e una visione di gioco da stropicciarsi gli occhi. Speriamo non sia un fuoco di paglia e speriamo di godercelo per tutta la temporada. Possibile uomo-mercato.
LA SCOMMESSA: Javi López: Uno dei tanti promossi dall’Espanyol B nell’ultimo anno e mezzo, per questioni di cassa e perché si tratta di un settore giovanile validissimo. Dopo Javi Márquez, Víctor Ruiz, Dídac Vilà, Raúl Baena, Jordi Amat (e anche il centrocampista 19enne Molina, aggregato alla rosa), quest’anno potrebbe uscire lui allo scoperto. Gli anni sono già 24, ma è un esterno che in pretemporada ha mostrato una buona intraprendenza e che sembra piacere a Pochettino, anche se la concorrenza nel ruolo è più che mai nutrita.


GETAFE

Formazione-tipo (4-2-3-1, alternative 4-5-1 e 4-4-2): Ustari (Codina); Miguel Torres (Pintos), Cata Díaz, Rafa (Marcano, Mario), Mané; Boateng, Casquero (Borja, Mosquera); Arizmendi (Manu, Pedro Ríos), Parejo (Albín, Mosquera), Gavilán (Manu); Colunga (Miku).

Altri giocatori. Difensori: Ibrahim Kas (centrale). Centrocampisti: Víctor Sánchez (centrale, mezzala, esterno-terzino destro).

Rimane un’outsider delle più interessanti, ma non sembra in grado di migliorare rispetto all’anno scorso, almeno così ad occhio. Una tradizione recente ma solida, di club che punta alla valorizzazione di nomi emergenti, sia in campo che in panchina (prima Quique, poi Schuster, quindi Laudrup e ora Míchel), strizzando l’occhio al pubblico con un calcio gradevole e mai speculativo.
Un’immagine graziosa che andrebbe condita con un po’ più di cinismo, perché alcune partite della pur buona scorsa stagione hanno lasciato esterrefatti per la mancanza di concretezza nell’ultimo quarto di campo e per certe transizioni difensive da Comune Hippy.
Míchel fa del tiqui-taca (tanto per cambiare) la sua bandiera, elaborando con molti centrocampisti e il supporto costante dei terzini (Mané quello con più qualità, mentre l’uruguaiano Pintos a destra dovrebbe rappresentare l’alternativa più offensiva a Miguel Torres). Non sempre convince però l’assetto fra centrocampo e attacco: tendono a rimanere troppi giocatori all’inizio dell’azione, e troppi pochi invece in area di rigore quando si tratta di concludere. La scorsa stagione c’era Soldado a fare reparto (quasi) da solo, con Pedro León a mettere palloni dalla fascia, quest’anno le caratteristiche di Colunga sono diverse, servirà un po’ più di supporto e di varietà nelle azioni tra le linee, per evitare che la manovra risulti troppo lineare per quanto pulita.
Parejo gioca a supporto dell’unica punta, ma non attacca l’area di rigore, e d’altronde non lo si può neanche arretrare perché troppo blando in fase difensiva (il Getafe prova sempre a giocarsela, ma non è nemmeno un Barça che può difendersi sempre con il pallone). Accanto al pilastro Boateng, nel doble pivote, meglio sicuramente il veterano Casquero del nuovo acquisto Borja (giocatore il cui apporto essenzialmente si limita al pressing), e non convince neppure l’altro nuovo innesto, Víctor Sánchez, scarto del Barça, giocatore dinamico e polivalente ma dalle visibili carenze tecniche. Pedro Mosquera invece può essere una sorpresa, un altro canterano madridista come Parejo, con caratteristiche simili: palleggiatore e buon assist-man, sulla trequarti o un po’ più arretrato.
Ha perso parecchio slancio Albín, in teoria il giocatore ideale tra le linee, perché dialoga bene coi centrocampisti ma si fa sentire anche in area di rigore, però è un dato di fatto che l’uruguaiano ancora non ha fatto il salto di qualità che le sue doti richiederebbero. Confermato Gavilán a sinistra, esterno classico portato a cercare la linea di fondo, a destra Arizmendi sostituisce Pedro León con caratteristiche nettamente diverse, oltre che con qualità sensibilmente inferiori: corsa, sacrificio e tagli senza palla laddove invece Pedro León puntava costantemente il terzino. Caratteristiche simili ha anche Manu del Moral, altra punta adattabile alle fasce. In una difesa confermata quasi per intero, la novità più interessante è Marcano, centrale mancino (adattabile anche sulla fascia) fra i più promettenti del calcio spagnolo, ma reduce da una stagione molto negativa al Villarreal (che ha fatto comunque male a cederlo)

LA STELLA: Derek Boateng: Giocatore coi controfiocchi. Ex centrocampista offensivo arretrato davanti alla difesa (o al massimo mezzala), inizia le azioni ricevendo dai difensori, gioca semplice ma sempre in maniera intelligente, è molto bravo a difendere il pallone e a giocarlo coi tempi giusti oltre che a rubarlo, non solo col fisico ma anche col senso tattico.
OCCHIO A…: Daniel Parejo: Sul tocco di palla ma anche sulla capacità di offrire l’appoggio al compagno e farsi trovare smarcato per giocare fronte alla porta nulla da dire… è la camomilla che gli scorre nelle vene al posto del sangue che preoccupa. Urgono risposte sul piano della personalità.
LA SCOMMESSA: Adrián Colunga: Piccoletto, rapido, gioca sul filo del fuorigioco. Tendenzialmente un contropiedista, anche se ha una tecnica discreta negli spazi stretti. Molto diverso da Soldado, col quale il Getafe giocava molto sui cross. Può essere il David Villa dei poveri, ma prima bisogna vedere come Colunga si adatta al Getafe e come il Getafe si adatta a Colunga.


HÉRCULES

Formazione tipo (4-1-3-2, alternativa 4-1-4-1): Calatayud (Velthuizen); David Cortés (Juanra), Abraham Paz (Sarr), Pamarot (Sergio Rodríguez), Peña (Pulhac); Fritzler (Farinós); Kiko Femenía (Rufete, Tiago Gomes), Aguilar (Tiago Gomes), Drenthe (Sendoa, Thomert); Valdez (Tote), Trezeguet (Portillo).
Altri giocatori. Portieri: Unai Alba. Centrocampisti: Cristian Hidalgo (esterno/seconda punta).

Partiamo da una premessa indispensabile: forse l’Hércules nemmeno ci doveva stare in Primera. Perché le intercettazioni nelle quali l’azionista di maggioranza del club, Enrique Ortiz, si vantava di aver pagato il portiere avversario perché si buttasse dall’altra parte in Hércules-Córdoba 4-0, una delle partite di fine stagione, danno il voltastomaco, pur non avendo avuto ancora nessuna conseguenza. L’autorità giudiziaria non ha accolto le richieste della Federazione calcistica, che chiedeva di disporre delle intercettazioni, perché queste (non esistendo ancora il reato di frode sportiva, che entrerà nell’ordinamento spagnolo solo a dicembre) erano saltate fuori nell’ambito di un’indagine su tutt’altra ipotesi di reato, e la loro trasmissione ledeva il diritto alla privacy (sic) dei soggetti interessati.
Un peccato in due sensi: primo perché non c’è la possibilità di fare giustizia (lo scandalo poi è scoppiato col campionato sul punto di iniziare), secondo perché l’Hércules 2009-2010 aveva i mezzi per ottenere la promozione anche senza ricorrere a simili (eventuali) porcherie. Di quelle che ho potuto vedere, la squadra più brillante e convincente della scorsa Segunda. Un po’ di merito va a un allenatore emergente come Esteban Vigo, già autore della miracolosa promozione del Xerez 2009. Il suo Hércules sa praticare un calcio d’iniziativa, equilibrato e aggressivo, con un’ottima copertura di tutte le zone del campo. Gioca con due terzini che spingono e due centrocampisti esterni di ruolo, molto profondi (l’anno scorso Rufete/Kiko Femenía a destra e Sendoa a sinistra, quest’anno entrano in ballo altri due mancini come Drenthe e Thomert), spesso con due soli centrocampisti centrali, ma riesce sempre ad avere alternative di passaggio al centro, coi movimenti ad appoggiare di Tote e anche quelli a stringere degli esterni. Densità al centro ma al tempo stesso ampiezza, e poi sempre due-tre opzioni per finalizzare nell’area di rigore avversaria, i due attaccanti più l’esterno che taglia dal lato opposto o un centrocampista che si inserisce. C’è sempre un centrocampista che attacca gli spazi a ridosso delle punte, perché Vigo in fase di possesso preferisce lasciare uno solo davanti alla difesa (qui in Primera il titolare è il neo-acquisto argentino Fritzler, ma in Segunda il giocatore-chiave in cabina di regia era il veterano Farinós) e guadagnare linee di passaggio più avanti. Un solo “pivote”, con due possibili soluzioni costruite attorno: il 4-1-3-2 adottato prevalentemente nella scorsa Segunda, oppure il 4-1-4-1, dove Tote passa da seconda punta a esterno destro, che parte quasi incollato alla linea del fallo laterale ma ha licenza di rientrare sul sinistro per rifinire. Due le opzioni principali per il ruolo di mezzala: il portoghese Tiago Gomes, titolare in Segunda, e il colombiano Abel Aguilar, signor centrocampista (completo: dinamico, solido nei contrasti, tecnico e con ottimi tempi di inserimento) rientrato dalla stagione di prestito al Zaragoza.
La campagna acquisti, piuttosto ambiziosa per una neopromossa, ha lasciato il segno soprattutto in attacco. David Trezeguet è il fiore all’occhiello: a 32 anni non gli resta molto, però se ci sarà la salute ci saranno anche i gol, sicuro, posto che nemmeno esiste il problema dell’ambientamento, per un ispanofono con la moglie di Alicante. Nelson Haedo Valdez è un altro nome di prestigio, sempre che al generoso, mobile e caparbio attaccante paraguaiano non si chiedano più di dieci gol… mai stata la sua specialità. In alternativa, la promessa mancata Portillo.
Interventi anche in difesa, reparto già piuttosto affidabile dalla promozione: Juanra e l’inossidabile Paco Peña sulle fasce garantiscono affidabilità difensiva ma anche discreta spinta; a competere con loro arrivano David Cortés, terzino destro prelevato dal Getafe, un acquisto buonissimo per questi livelli (addirittura il Barça aveva pensato a lui come vice-Alves prima di dirigersi verso Adriano), e il romeno Cristian Pulhac, mentre Mohamed Sarr (qualcuno lo ricorderà nel settore giovanile del Milan) completa il quartetto dei possibili centrali con Abraham Paz, Noé Pamarot e Sergio Rodríguez. Altro nuovo acquisto fra i pali, l’olandese Velthuizen, che se la vedrà con Calatayud.

LA STELLA: Tote: I tifosi madridisti più dotati di memoria non hanno ancora finito di maledirlo per quell’occasione sprecata davanti al portiere con un’insulsa rabona in un Recreativo-Real Madrid che rischiò di costare la Liga 2002-2003 (comunque vinta) ai merengues, ma Tote è indiscutibilmente un giocatore che in Primera doveva tornarci molto prima degli attuali 32 anni. Una seconda punta geniale, in costante contatto coi centrocampisti, fa tutto col sinistro e inventa passaggi filtranti che non si vedono tanto in giro, oltre ad assicurare il suo gruzzoletto di gol. Farà sicuramente divertire.
OCCHIO A: Kiko Femenía: La tensione del debutto gioca brutti scherzi. Entra, sbaglia i primi tre palloni ed ecco l’attacco d’ansia, al suo esordio assoluto in Primera. Passata questa, vedremo un giocatore interessante, un esterno destro (ma Esteban Vigo lo ha provato anche da terzino) molto rapido sul breve, sfacciato e dal dribbling facile.
LA SCOMMESSA: Royston Drenthe: Nel suo ruolo ideale (non terzino, ma esterno alto, come in quell’Europeo Under 21 con l’Olanda), senza la pressione per lui insostenibile del Bernabeu, con la possibilità di giocare titolare e di commettere quegli errori connaturati al suo gioco frenetico, potremmo anche vedere una delle “rivelazioni” della Liga, chissà.



LEVANTE

Formazione-tipo (4-4-1-1): Munúa (M. Reina); Javi Venta (Cerra), Robusté (Héctor Rodas), Ballesteros (Nano), Juanfran (Del Horno, Nano); Valdo (Xisco Muñoz), Sergio (Xavi Torres), Pallardó (Gorka Larrea), Juanlu (Xisco Muñoz); Nacho González (Rubén Suárez); Caicedo (Stuani, Rafa Jordá).

Altri giocatori.
Centrocampisti:
Iborra (centrale), Miguel Pérez (esterno).

Sembra la più debole, la maggior indiziata per il ritorno in Segunda. I mezzi sono pochi, nonostante il buon lavoro del tecnico Luis García. Una squadra che dipenderà molto dall’organizzazione difensiva e dall’aggressività nello spezzare e ripartire, perché col pallone, a ritmi “normali”, può poco.
In difesa il leader è il 35enne Ballesteros, grezzo in Primera ma assurto al rango di pseudo-Kaiser nella passata stagione. Accanto a lui o un altro stagionato come il mancino Nano (passato al Getafe e al Betis) oppure il canterano Héctor Rodas oppure ancora Robusté, con un passato nelle nazionali giovanili spagnole.
A destra, orfano dell’interessante Pau Cendros, ci si affida a un 34enne (evviva!), l’ex quasi-bandiera del Villarreal Javi Venta (alternativa, il canterano Cerra). A sinistra ancora e sempre tanta esperienza: Juanfran, ex Valencia, Celta, Ajax e anche nazionale spagnola, buona spinta ma mai stato una cima in fase difensiva, oppure Del Horno, l’eterno rimpianto.
Pallardó a centrocampo è il mastino, efficace nel pressing ma finita lì, mentre Sergio, lasciato il Deportivo, continuerà il suo non entusiasmante riciclaggio (del resto obbligato dai 33 anni) da mediano a tuttocampo in simulacro di regista. Regista più vero è Gorka Larrea, però praticamente digiuno di Primera. Xavi Torres (cantera Barça, ma non è automaticamente sinonimo di fenomeno..) è più che altro un giocatore che tiene la posizione davanti alla difesa. L’uruguaiano Nacho González (oggetto misterioso al Valencia, che lo ha sempre avuto in proprietà ma non gli ha fatto giocare nemmeno un minuto praticamente), più centrocampista, si contenderà con Rubén Suárez, più attaccante, la responsabilità di dare un pochino di imprevedibilità sulla trequarti, mentre le fasce tutto sommato sono ben fornite: Luis García può affidarsi allo specialista Valdo a destra oppure anche mettere là un mancino, attaccante di vocazione, come Xisco, per cercare i tagli, nel mentre che Juanlu assicura una discreta profondità sull’out sinistro.
Molti dubbi in attacco: Caicedo risolleva un po’ il bilancio ma non è una certezza, l’uruguaiano Stuani ha sfondato (22 gol in 40 partite) l’anno scorso all’Albacete, ma era in Segunda, mentre l’altro ariete Rafa Jordá a prima vista pare un po’ inadeguato. Xisco Nadal può giocare prima punta o in appoggio (anche partendo dalle fasce), ma non ha mai confermato le premesse di inizio carriera (il Villlarreal ne fece uno degli esordienti più giovani in assoluto nella storia del campionato).

LA STELLA: Rubén Suárez: Ha già 31 anni, non ha mai giocato in Primera, però ha qualità. Baricentro basso, ha un sinistro assai sensibile, può tirare bordate, calciare ad effetto o anche piazzarla con classe. Con una certa facilità. Poi ha rapidità d’esecuzione.
OCCHIO A...: Felipe Caicedo: Ci riprova dopo la parentesi in prestito al Málaga (4 gol in 18 presenze). Gran fisicità, può fare reparto e aiutato, l’incognita sono i gol, e siccome è difficile che vengano da altri, lui sarà importantissimo.
LA SCOMMESSA: Asier Del Horno: Dopo le fallimentari esperienze al Chelsea, al Valencia e nel ritorno all’Athletic (dove nessun allenatore l’ha ritenuto mai affidabile, al di là degli infortuni) è triste parlarne in questi termini, ma ci deve dimostrare di essere ancora un calciatore, a non ancora 30 anni. Il problema non è tecnico, chiaramente.


MÁLAGA


Formazione-tipo (4-1-4-1, alternativa 4-3-3): Galatto (Arnau); Jesús Gámez (Gaspar), Iván González (Stadtsgaard), Weligton, Mtiliga (Manu Torres); Sandro Silva (Juanito, Apoño); Quincy (Juanmi, Eliseu), Apoño (Fernando), Eliseu (Duda), Sebastián Fernández (Eliseu, Duda, Juanmi); Rondón (Edinho).
Altri giocatori. Portieri: Rubén. Difensori: Malagueño (centrale), Hélder Rosario (centrale). Centrocampisti: Edu Ramos (centrale), Portillo (esterno). Attaccanti: Baha, Luque.

È arrivato Abdullah bin Nasser al Thani a Málaga, uno sceicco, ed è l’unica maniera in cui un piccolo club possa ambire a qualcosa finchè la Liga non passerà alla vendita collettiva dei diritti televisivi (ipotesi rinviata al 2014-2015, prima godiamoci altre quattro magnifiche Scottish Premier Liga). Però non è uno di quegli sceicchi che tentano di portare Gerrard in Costa Brava, ma uno di quelli che parlano di potenziare le infrastrutture del club, migliorare gradualmente la rosa, rafforzare la cantera… Roba da matti.
Comunque lo sceicco un po’di acquisti li ha fatti, e il nuovo tecnico Jesualdo Ferreira (quanto di più lontano dall’immagine del venditore di fumo) ha buona scelta. L’idea è impostare la squadra su un 4-1-4-1 pungente e propositivo ma sempre equilibrato. I quattro giocatori dietro l’unica punta sono verticali, rapidi a ribaltare l’azione: Jesualdo cerca di adattare il velocissimo Eliseu alla posizione di mezzala, con poche conoscenze tattiche ma la possibilità di rilanciare l’azione e inserirsi con la sua velocità; velocità anche sulle fasce, con Quincy e Sebastián “Papelito” Fernández, 25enne nazionale uruguaiano (ma al mondiale ha giocato solo 7 minuti, per Tabarez era il quinto attaccante) prelevato dal Banfield. Poi bisognerà vedere l’ultimo elemento di questa linea: difficile possa essere Fernando, giocatore che veloce non è ed offre onestamente poco alla manovra. Possibile, anzi quasi certo, che la posizione sul centro-destra vada ad Apoño, il complemento ideale degli altri centrocampisti, perché capace di controllare il ritmo e la direzione dei loro sfoghi in velocità. Sarà poi da vedere l’inserimento di Duda, infortunato ad oggi, ma giocatore che proprio non potrà restare fuori: possibile che, date le sue caratteristiche e data l’aggressività che Jesualdo pare chiedere ai suoi esterni offensivi, il portoghese finisca col giocare accentrato, da mezzala. Alternative vengono dalla cantera: Edu Ramos (18 anni, regista) e Juanmi, che di anni ne ha solo 17 ma già ha esordito lo scorso campionato, interessando parecchio anche Jesualdo, che può utilizzarlo esterno o punta. Più ridotte sembrano le chances del veterano Luque, anche lui esterno-attaccante.
Pare tagliato fuori anche Baha, perché in attacco c’è una sola maglia, e il primo cambio di Rondón è il portoghese Edinho, in cerca di rilancio dopo una prima mezza stagione (l’altra metà l’ha fatta in prestito al Paok Salonicco) con pochi minuti più che con prestazioni poco deludenti.
Davanti alla difesa si punta sul brasiliano Sandro Silva, accreditato rubapalloni, ma non bisogna dimenticare l’alternativa Juanito, sempre affidabile, o anche, perché no, la possibilità di retrocedere Apoño. Difesa imperniata al centro sul leader Weligton e sul ventiduenne canterano Iván González (la miglior novità della scorsa stagione: fisico e personalità ma anche qualche sbavatura sul piano della concentrazione), con due nuovi acquisti, il danese Stadtsgaard e l’argentino Malagueño (nomen omen) di scorta. Inamovibile Jesús Gámez (uno dei più completi terzini destri della Liga, anche se spesso è stato impiegato pure al centro, come Sergio Ramos), a sinistra Manu Torres (altro canterano!) dovrebbe alla lunga scavalcare il modesto Mtiliga, mentre è incertissima la lotta fra i pali: il solito Arnau contro due nuovi acquisti, il brasiliano Galatto e Rubén (ottimo al Cartagena l’anno scorso, di scuola Barça).

LA STELLA: Duda: In mezzo a tanti acquisti da verificare, andiamo sull’usato sicuro. Al Sevilla non convinceva perché il suo ritmo non era molto compatibile col resto della squadra, però a Málaga è sempre stato un uomo-chiave. Un regista travestito da uomo di fascia, con un sinistro insidioso come pochi nella Liga. Però l’infortunio che ha avuto è delicato, e ancora non sono certi i tempi di recupero.
OCCHIO A…: Salomón Rondón: Possibile sensazione. Venezuelano grande e grosso, muscoloso da far paura, ma agile, veloce e con movimenti utili per i compagni. Il tipico centravanti che può fare reparto da solo, ma mai statico. Dieci gol in trenta presenze l’anno scorso col Las Palmas, la sensazione a 20 anni è che possa anche migliorare la media.
LA SCOMMESSA: Quincy Owusu-Abeyie: A 26 anni risulta finora uno dei più entusiasmanti fallimenti del calcio mondiale. Ha fatto il giro delle sette chiese, ma non ha mai neanche lontanamente confermato i livelli di quel famoso Mondiale Under 20 con l’Olanda. Problemi di testa, fuori (cacciato dal settore giovanile dell’Ajax, rissa da pollaio con Bystrov allo Spartak Mosca) e dentro il campo (ha una tecnica e una velocità spaventose, però gioca solo a una velocità, quella massima, e ha una lettura del gioco mediocre: probabilmente è questo il motivo del suo insuccesso, prima che si sprechi a darsi arie da poeta maledetto o da gangsta rapper), le sue doti possono comunque lasciare il segno, questo è un dato impossibile da trascurare.


MALLORCA


Formazione-tipo (4-4-2, alternativa 4-2-3-1): Aouate (Lux); Cendros (Josemi), Ramis (Rubén), Nunes, Ayoze (Corrales); Nsue (Pereira), Martí, Jonathan De Guzman (Pina), Castro; Víctor Casadesus (Webó), Cavenaghi (Sergi Enrich).

Altri giocatori. Difensori: Martí Crespí (centrale), Ratinho (terzino destro). Centrocampisti: João Victor (centrale), Tuni (esterno sinistro), Tejera (trequartista/esterno).

Michael Laudrup per rilanciare la sua carriera di allenatore sperava in una nuova avventura europea tipo Getafe 2008, ma le nuove regole finanziarie dell’Uefa hanno impedito al Mallorca di godere appieno dei frutti della scorsa miracolosa stagione. Nonostante questo però, e nonostante una rosa come al solito ridotta all’osso dalla consueta economia di guerra, le sensazioni non sono del tutto negative.
L’ambiente permette sempre di lavorare tranquillamente, c’è un’organizzazione di gioco consolidata, e non mancano gli elementi da valorizzare e le possibili sorprese. Laudrup non cambia il modulo storico, 4-4-2 o 4-2-3-1, ma intende puntare più sul possesso-palla rispetto al Mallorca di Manzano, specializzato nel contropiede. Il centrocampo rimane imperniato su un centrocampista più bloccato davanti alla difesa (incontrastato Martí dopo il ritorno di Mario Suárez all’Atlético) e uno più creativo e portato a staccarsi per rifornire le punte. Cambia però l’interprete: al posto di Borja Valero, trasferito al Villarreal, si punta su Jonathan De Guzman, dal Feyenoord, e dall’esito di questo cambio dipenderanno molte cose nella stagione del Maiorca.
Altra partenza eccellente quella di Aduriz in attacco, e Cavenaghi sembra un rimpiazzo abbastanza affidabile, che limita il rischio di puntare sul canterano Sergi Enrich (titolare all’esordio contro il Real Madrid, in evidenza nel Mallorca B, ma ancora acerbo), sul poco pungente (e molto presunto) talento di casa Víctor Casadesús e sull’utile ma poco prolifico Webó. Dispiace la partenza di Alhassane Keita verso il Valladolid.
Fiducia nella difesa: Nunes è uno dei centrali più continui e di maggior personalità del campionato, Ramis un giocatore sottovalutato fino a qualche tempo fa ma che ultimamente ha svegliato l’interesse di club importanti (Villarreal), Pau Cendros, canterano di ritorno dal prestito al Levante, può valorizzarsi, mentre Ayoze a sinistra aiuta in entrambe le fasi.
Da sottolineare il contributo dal Mallorca B, obbligato viste le ristrettezze del mercato: promossi il difensore centrale Martí Crespí (23 anni), il centrocampista centrale Pina (22), l’esterno francese Pereira (22), oltre al citato Sergi Enrich (occhio pure alla mezzapunta ventenne Sergio Tejera, segnalato come grande promessa ai tempi del suo trasferimento dal settore giovanile dell’Espanyol all’Academy del Chelsea).

LA STELLA: Gonzalo Castro: “Chori” è l’arma proibita di questa squadra. Se ha spazi per ribaltare l’azione, li divora, e se può esplodere il sinistro, sono guai.
OCCHIO A…: Jonathan De Guzman: A 23 anni pare più un veterano, perché già faceva parlare di sé quando il Feyenoord lo lanciò diciottenne. Con tutto il rispetto per il Mallorca, il fatto che sia finito qui dopo essere stato nel giro delle nazionali olandesi e fatto intravedere un talento da squadra medio-alta, indica che qualcosa non è andato per il verso giusto. Molti infortuni, sostanzialmente. La speranza è che trovi una regolarità, perché tecnica e visione di gioco abbondano.
LA SCOMMESSA: Emilio Nsue: Nelle nazionali giovanili spagnole era una presenza disperante per l’assenza di doti realizzative e le lacune tecniche, però questa riconversione stabile a esterno destro potrebbe fruttare. Stile Arizmendi: attaccante alto e negato sottoporta ma dalla gran falcata adattato sulla fascia, ha buoni movimenti senza palla oltre che facilità di corsa.



OSASUNA

Formazione-tipo (4-4-2, alternativa 4-2-3-1): Ricardo (Riesgo); Damiá (Nelson), Sergio (Lolo), Miguel Flaño (Josetxo), Monreal (Calleja); Juanfran (Masoud), Soriano (Puñal, Vadòcz), Nekounam (Rúper, Lolo), Camuñas (Calleja, Masoud); Aranda (Masoud), Pandiani (Lekić).
Altri giocatori. Portieri: Nacho Zabal. Difensori: Oier (terzino/esterno destro). Attaccanti: Kike Sola.

Pochi cambi, sulla base di una struttura fra le più consolidate della Liga. L’Osasuna è una squadra non molto spettacolare né particolarmente creativa, però molto ben organizzata difensivamente, con un pressing alto che la scorsa stagione ha messo in difficoltà sia Real Madrid che Barça, e non sono tanti a poterlo dire. Certo, rimane una squadra che si trova a suo agio a partire dal recupero del pallone in zone vantaggiose più che nella gestione della stessa a difesa avversaria schierata. Non è rinunciataria, cerca di non buttare palla, ma è sempre un po’ scolastica la sua manovra.
Importante comunque la coppia Aranda-Pandiani, con l’uruguaiano, sempre una sicurezza come finalizzatore, che fa da terminale e l’andaluso (giocatore con una carriera inferiore rispetto ai mezzi tecnici) che svaria e punta anche dalle fasce. Buona la società di Aranda con Camuñas, giocatore che oltre ad avere rapidità e buon dribbling, coi suoi movimenti a tagliare verso il centro, incrociando con Aranda, può rendere un po’ meno prevedibile l’azione d’attacco dell’Osasuna, altrimenti troppo legata ai cross dalle fasce. Sulla fascia opposta Juanfran ha movimenti da ala più pura, un gioco monotematico ma uno spunto nell’uno contro uno, soprattutto nei primissimi metri, che può far passare una brutta serata a chiunque.
Scendono tantissimo le azioni dell’iraniano Masoud, che sarebbe uno dei 5-10 giocatori più tecnici della Liga, ma non trova mai continuità all’interno dei 90 minuti, non sa stare in campo al di là di quelle cose inimmaginabili col pallone che ogni tanto si tira fuori. Sembrava dovesse essere ceduto, anche per motivi disciplinari, e invece è rimasto. Chissà che non se ne tiri fuori qualcosa, come ricambio per Aranda o gli uomini di fascia (un po’ più scomodo qui).
A centrocampo, intelligente l’acquisto (molto “da Osasuna”, pochi fronzoli e rendimento garantito) del 31enne Soriano dall’Almería: è un cursore con movimenti diversi dagli altri centrocampisti, perché può offrire una linea di passaggio più avanzata e inserirsi alle spalle degli attaccanti (all’Almería veniva anche impiegato da trequartista, proprio per sfruttare queste sue capacità, pur non essendo un rifinitore), lasciando così a Nekounam (o Rúper) la responsabilità di iniziare l’azione davanti alla difesa: più alternative di gioco rispetto alla coppia che l’iraniano formava col mitico Puñal (o Vadòcz), un po’ troppo orizzontale.
In difesa la perdita più pesante è la partenza di Azpilicueta, ma fino a un certo punto: la coppia di terzini formata con Monreal era anche abbastanza sopravvalutata dalla critica, e fra Damiá (cantera Barça) e Nelson (un Dani Alves uscito male), entrambi dal Betis ed entrambi con una propensione più offensiva che difensiva, si può sperare in una sostituzione dignitosa. Al centro Sergio parte favorito per un posto, l’altro se lo disputeranno Miguel Flaño, Josetxo e Lolo. Tutti difensori di stazza, con un discreto posizionamento, affidabili se non costretti a muoversi in spazi troppo ampi; l’ex Sevilla Lolo ha dalla sua la polivalenza, che gli permette di giocare anche da centrocampista difensivo.

LA STELLA: Javad Nekounam: L’iraniano sulla carta è il centrocampista più dotato. Davanti alla difesa ha senso tattico, forza, buona tecnica nei passaggi e nella difesa del pallone e ottimo gioco aereo (che gli permette di pescare più di un gol sui calci piazzati nell’area avversaria). Però deve migliorare sensibilmente il proprio rendimento rispetto alla scorsa stagione, assai deludente.
OCCHIO A…: Rúper: Ventitre anni, è l’ultimo canterano promosso in prima squadra, l’anno scorso. Nella rosa è quello con le caratteristiche più da regista, senza grande creatività, ma con la miglior visione di gioco e un buon lancio. Con l’arrivo di Soriano e la permanenza di tutti gli altri però gli spazi potrebbero essere pochissimi.
LA SCOMMESSA: Dejan Lekić: Cercato anche dal Racing, il 25enne serbo (12 gol in 27 partite la scorsa stagione) arriva per dare un po’ di concorrenza a Pandiani e, sperano i tifosi rojillos, rinverdire magari i fasti di Savo Milošević (anche se i 193 centimetri di altezza possono accostarlo anche a Zigić).


RACING

Formazione-tipo (4-4-2): Coltorti (Toño), Francis (Pinillos), Torrejón (Ponce), Henrique, Cisma (Christian Fernández); Kennedy (Munitis), Colsa (Tziolis), Diop (Lacen, Edu Bedia), Arana (Adrián González, Serrano); Munitis, Rosenberg (Nahuelpan, Bolado).

Altri giocatori.
Portieri: Mario Fernández. Difensori: Osmar (centrale).

L’anno scorso ci si chiedeva come mai una squadra così modesta non retrocedesse, quest’anno le cose potrebbero migliorare. Nonostante le sconfitte con Barça e Valencia, le prime due gare hanno evidenziato un’immagine incoraggiante. Miguel Ángel Portugal sembra voler cambiare nettamente lo stile di gioco. Il 4-4-2 terra-terra adesso vuole farsi più ambizioso: il mercato ha portato due elementi propositivi come Cisma a sinistra e Francis a destra (attenti a quest’ultimo, palla al piede ha una vivacità superiore alla media del ruolo), terzini che ora partono più alti ad inizio azione. Palla a terra Portugal cerca più opzioni di passaggio al centro: Arana è stato spostato a sinistra, per poter rientrare sul destro come incursore alle spalle delle punte, mentre Kennedy Bakircioglu, prelevato dall’Ajax (che non lo faceva giocare mai), vorrebbe riproporre quel ruolo che nel Racing di Marcelino svolgeva Jorge López, ovvero esterno propenso più ad accentrarsi e rifinire il gioco che cercare la linea di fondo. Ruolo che potrebbe svolgere a sinistra anche Adrián González, il figlio di Míchel scaricato dal Getafe. Adrián può aumentare la possibilità di scelta pure al centro, così come l’altro nuovo arrivo, il mediano Tziolis, anche se fra il greco, Colsa, Lacen e Pape Diop, le prime scelte per il doble pivote, il problema della scarsa creatività rimane.
Migliorata la difesa con l’acquisto del nazionale cileno Waldo Ponce accanto a Henrique (scaricato dal Barça, ma più che valido a questi livelli), l’attacco è stato riconfigurato, alla ricerca di maggior peso e presenza in area di rigore. Ceduto Tchité (tanto movimento, poca qualità e killer instinct), l’idea sembra giusta, anche se tutto passa per il rendimento dei due nuovi innestri, lo svedese Rosenberg dal Werder Brema e l’argentino Ariel Nahuelpan, un ariete puro. Chissà però che alla fine non si possa affermare il 21enne Iván Bolado, canterano che i colpi ce li ha ma che ancora, per una serie di motivi (prestiti, infortuni…) non li ha potuti mostrare con continuità.

LA STELLA: Pedro Munitis: In realtà una stella vera non c’è, e il buon Pedro gli anni li accusa abbondantemente (il suo gioco basato sulla frenesia a 35 anni non è più così frenetico), ma è un Oscar alla carriera questo. Qualcosa il suo mancino potrà offrirla ancora, partendo da seconda punta o dalla fascia (nel caso, meglio a destra che a sinistra).
OCCHIO A…: Adrián González: Triste caso di nepotismo alla rovescia. Quando al Getafe giocava male, ma anche no, per lui c’era sempre un fischio in più rispetto agli altri, perché si pensava che fosse lì soltanto perché il padre era l’allenatore. E così Míchel, che in nessun modo lo favoriva, ha dovuto arrendersi e accettare la partenza. Adrián non è un fenomeno, ma valutato con onestà ha un ottimo sinistro e gioca a testa alta. Più portato a manovrare che a cercare lo spunto sulla fascia, può giocare anche come mezzala (anche se al Getafe il centrocampo era composto da tre centrali).
LA SCOMMESSA: Edu Bedia: Lui può offrire qualcosa di diverso in mezzo. Un altro mancino, canterano, all’epoca in cui lo lanciò Muñiz quotato non quanto Canales ma quasi, è un regista che ha qualità le ha ma ad oggi è un’ incognita, perché la stagione scorsa l’ha completamente persa per un grave infortunio e perché in prima squadra fino ad oggi ha appena affacciato la testa.


REAL MADRID

Formazione-tipo (4-2-3-1): Casillas (Adán), Sergio Ramos (Arbeloa), Pepe, Ricardo Carvalho (Albiol, Sergio Ramos), Marcelo (Arbeloa); Khedira (Lassana Diarra), Xabi Alonso (Gago); Di María (Cristiano Ronaldo, Pedro León, Özil, Benzema), Özil (Canales), Cristiano Ronaldo (Di Maria, Özil, Benzema); Higuaín (Benzema, Cristiano Ronaldo).

Altri giocatori. Portieri: Dudek. Difensori: Garay (centrale) Mateos (centrale). Centrocampisti: Mahamadou Diarra (centrale), Kaká (trequartista).

Se le scuse già scarseggiavano la passata stagione, quest’anno si esauriscono del tutto, con Mourinho e una rosa formidabile, sicuramente superiore come possibilità di scelta a quella del Barça.
Mourinho viene descritto solitamente come un tecnico difensivo, in maniera a mio avviso errata. È in realtà un tecnico flessibile, che costruisce l’identità delle proprie squadre a partire da quello che ha, e anche dall’ambiente circonda (ovviamente senza negoziare i propri metodi di lavoro) e che nonostante l’aura da profeta superiore a tutti, non tende a imporre una sua visione rigida e precostituita.
L’organico, l’ambiente e la filosofia storica del club invitano a un calcio d’iniziativa, a parte eccezioni fisiologiche (tipo gli scontri diretti col Barça). La campagna acquisti ha aggiunto alternative soprattutto a centrocampo, dove si può giocare con ogni modulo e ogni tipo di movimenti. Puoi andare con esterni puri (Di María, Pedro León) oppure falsi (Özil), che assieme a Cristiano Ronaldo (o anche Benzema) possono partire dalle fasce nel 4-2-3-1 per incrociarsi, rientrare al tiro e non dare nessun punto di riferimento. Importante l’acquisto di Özil non solo per ciò che può dare col pallone tra i piedi, che è risaputo, ma anche senza. E con lui l’altro tedesco, Khedira. Sono giocatori che hanno movimenti senza palla molto aggressivi, e potenzialmente danno un’impronta molto verticale al Real Madrid.
Khedira è sulla carta più compatibile con Xabi Alonso di quanto non lo sia Lass Diarra: il francese in fase di possesso tende a pestare i piedi a Xabi, Khedira invece ruota attorno al vertice basso del centrocampo e offre linee di passaggio più avanti, come faceva al mondiale con Schweinsteiger. Certo, Lass in situazioni di emergenza, per spezzare i contropiedi avversari, garantisce di più nel recupero del pallone rispetto a Khedira, però se il Real Madrid vuole prevenire i contropiedi difendendosi col pallone, Khedira è la soluzione più interessante. Soluzione ancora più audace (a patto che il contesto della partita non lo obblighi a sfiancarsi in copertura) sarebbe l’impiego di Canales nel doble pivote, che ha questo ruolo nelle corde (ha iniziato così nella cantera del Racing) oltre a quello di trequartista. Ci sarebbe anche Granero, che però sembra essersi bruciato nella scorsa stagione, affrontata con insufficiente personalità, e che rimane solo per soddisfare i requisiti minimi imposti dall’Uefa sulla presenza di giocatori nazionali e del settore giovanile.
Ottimo acquisto Ricardo Carvalho in difesa, sicuro rendimento e capacità tattiche che possono anche correggere il piazzamento non sempre perfetto del Superuomo Pepe. Ciò non toglie comunque la garanzia che Albiol poteva già offrire l’anno scorso (forse il più continuo di tutta la rosa merengue) e che continuerà ad offrire (tempi lunghi invece per l’infortunato Garay). Importante evitare la riduzione di Sergio Ramos a centrale, quando ben poche squadre possono permettersi un giocatore con quella “gamba” sulla fascia. Alla fine il mercato non ha portato nessuno a sinistra, dove pareva necessario un sostituto di Marcelo (che continua a essere segnalato per le proprie deficienze difensive, ma la cui capacità di superare la pressione avversaria palla al piede ha pochi rivali). Arbeloa continuerà a fare il suo, che da rincalzo è accettabilissimo.
Se vogliamo trovare un neo in tutto questo ben di Dio, è l’assenza in attacco di un giocatore capace di premere sui centrali avversari, attaccare in area piccola e creare più spazi anche per i centrocampisti (sebbene il movimento senza palla di Özil, Khedira e anche Cristiano Ronaldo assicuri già sufficiente verticalità alla squadra). L’evoluzione/involuzione ha portato Higuaín a limitarsi a prendere palla, partire e segnare tonnellate di gol (ma non in Europa), senza però garantire alcunchè come movimento e aiuto alla manovra. Benzema invece sembra attirato più dal costante dialogo coi centrocampisti che dall’area di rigore. Mancano un po’ le caratteristiche di un Van Nistelrooy o anche un Soldado dei tempi andati. Resta solo un dettaglio, perché questa squadra può arrivare al gol in mille modi e in qualsiasi momento.

LA STELLA: Cristiano Ronaldo: Arrogante, irritante, strafottente, ma enciclopedico. Non solo numeri palla al piede, ma anche movimenti senza palla che squarciano le difese, e una completezza e una versatilità che gli permettono di giocare indifferentemente come ala, seconda o unica punta, a difesa avversaria schierata o in contropiede.
OCCHIO A…: Karim Benzema: Più che “Occhio a…”, sarebbe “Nel mirino”. Con una sola punta nel modulo e miriadi di mezzepunte ed esterni arrivati dal mercato, il francese rischia grosso (anche se pure lui può giocare di punta o partire da una fascia), già puntato da Mourinho per la sua attitudine un po’ indolente. Straordinario talento ma delicato, le fauci del Bernabeu forse non sono l’ideale per lui.
LA SCOMMESSA: Sergio Canales: Subito apprezzato da Mourinho, seppure in zone più avanzate parla la stessa lingua di Xabi Alonso, e può farlo sentire meno solo rispetto all’anno passato. Ha anche una personalità che sembra poter reggere la sfida del Bernabeu.



REAL SOCIEDAD

Formazione-tipo (4-2-3-1): Bravo (Zubikarai); Carlos Martínez (Estrada), Ansotegi, Mikel González (Labaka), De la Bella (Mikel González); Diego Rivas (Markel), Aranburu (Elustondo); Xabi Prieto, Zurutuza (Viguera), Sutil (Griezmann); Joseba Llorente (Tamudo).

Altri giocatori. Portieri: Toño. Centrocampisti: Sarpong (centrale/trequartista), Illarramendi (centrale). Attaccanti: Agirretxe, Ifrán.

Un grande ritorno. Non sarà una riedizione della Real che vinse due campionati di fila tra l’80 e l’82, né entusiasmerà come quella seconda per un soffio nel 2003, però sembrano esserci i presupposti per una permanenza dignitosa in Primera.
Confermato il tecnico Lasarte, e anche l’ossatura della squadra dominatrice della scorsa Segunda, stracolma di canterani, ottima notizia dopo le sbandate sul mercato internazionale che avevano contribuito alla precedente retrocessione. Uomini contati in difesa: la coppia di centrali Ansotegi-Mikel González (ma il secondo può anche spostarsi sulla fascia e dare quindi spazio a Labaka, il terzo centrale della rosa), il dualismo a destra fra Carlos Martínez ed Estrada (esterno di centrocampo riconvertito), e poi De la Bella, unico terzino sinistro di ruolo in rosa.
Tatticamente importante Diego Rivas come schermo davanti alla difesa, Aranburu (Elustondo in alternativa) invece è il cursore più portato ad appoggiare l’azione offensiva; fondamentale, con tutte le sue lune, è Xabi Prieto, palleggiatore sublime che tira su la squadra con la sua capacità di portare palla e difenderla. Zurutuza, ben più lineare, si muove in appoggio,e deve guardarsi dalla concorrenza di Borja Viguera, altro canterano messosi in evidenza nel precampionato. A sinistra sarà un bel duello fra Sutil e Griezmann, il diciannovenne francese grande rivelazione lo scorso anno. Ancora d averificare invece l’inserimento del nuovo acquisto Sarpong, 22enne olandese prelevato dall’ Ajax.
Una delle cose più gustose di questa nuova Real poi è senza dubbio la carica dei vecchiacci, col mitico Joseba Llorente, figliol prodigo, e Tamudo, ex bandiera espanyolista a dire il vero in evidente declino, a contendersi il posto in attacco, senza dimenticare il nuovo acquisto uruguaiano Ifrán, che era già stato richiesto da Lasarte l’estate scorsa, e Agirretxe, mai completamente esploso.

LA STELLA: Claudio Bravo: Gran portiere, moderno, agile, reattivo, con personalità e qualità anche fuori dai pali. Bravissimo coi piedi.
OCCHIO A…: Joseba Llorente: Non ha mai deluso e non deluderà. Sgraziato, sente però il gol come pochi, “vive” sempre fra i centrali con maestria. Sarà poi motivatissimo dal ritorno a casa, dove non sfondò nella prima fase della sua carriera.
LA SCOMMESSA: Francisco Sutil: A quasi 26 anni, questa è la sua primissima stagione in Primera. È una scommessa perché la sua fama se l’è costruita in Segunda B, con Eibar e Real Jaén. Però Lasarte lo vede già titolare. Potente, con un sinistro notevole.



SEVILLA


Formazione-tipo (4-4-2, alternativa 4-1-4-1): Palop (Javi Varas); Konko (Dabo), Cáceres (Fazio), Escudé (Alexis, Dragutinovic), Fernando Navarro (Dabo, Luna, Dragutinovic); Jesús Navas, Zokora (Guarente), Cigarini (Renato), Perotti; Kanouté, Luis Fabiano (Negredo).

Altri giocatori. Difensori: Cala (centrale/terzino destro), Sergio Sánchez (terzino destro/centrale). Centrocampisti: Romaric (centrale), José Carlos (trequartista/esterno). Attaccanti: Alfaro (seconda punta/esterno), Acosta (seconda punta/esterno).

Dopo la vergognosa eliminazione dalla Champions col Braga, avevamo praticamente messo una pietra sopra la stagione del Sevilla, prima ancora che cominciasse. Perché quanto fatto lo scorso anno è stato buttato via in sole partite, perché da due anni la squadra gioca lo stesso calcio inguardabile e perché il mercato, almeno a un’occhiata superficiale, non sembra aver portato possibili soluzioni a questa crisi.
Però ci sono trentasette giornate di campionato da disputare ancora (oltre alla Coppa Uefa), e Antonio Álvarez sta cercando modifiche che possano raddrizzare la rotta. Rispetto a quanto detto dopo il Braga, la novità è il ricorso a un modulo alternativo, un 4-1-4-1 (tendente al 4-3-3) invece del solito 4-4-2, alla ricerca di più opzioni di passaggio nelle zone interne, in modo da liberare la squadra dalla dipendenza dai poveri Navas e Perotti, costretti a dribblare due-tre giocatori ogni volta prima di buttare dentro il cross, in mancanza d’altro. Bisogna diversificare il gioco anche per distogliere le attenzioni dalle due ali (l’arma principale della squadra) e concedere loro posizioni più vantaggiose per raggiungere il fondo, tra le altre cose. Nuova in questo contesto è la posizione di Renato, non più trequartista quasi seconda punta, ma mezzala sulla stessa linea di Cigarini, con Zokora dietro. Bisogna vedere però che futuro potrà avere quest’alternativa, perché il Sevilla ha tre punte piuttosto ingombranti in rosa: Luis Fabiano, Kanouté (declinante ma pur sempre Kanouté) e Negredo. Tenerne fuori due alla volta potrebbe risultare un affare scottante, senza nemmeno la valvola di sfogo del turnover da Champions League. Nel caso venisse confermato il centrocampo a tre centrali, andrebbe poi verificato il rendimento di Renato (quello dell’epoca d’oro o quello dell’ultima stagione? Fa tutta la differenza di questo mondo), e quali alternative entreranno in gioco: per quanto riguarda Romaric sembrano andati via anche gli ultimi residui di pazienza, mentre Guarente è ancora alle prese con un infortunio che ne renderà ancora più difficile un inserimento ad oggi ancora tutto da immaginare. Bisognerà poi valutare la credibilità del canterano José Carlos come possibile variante al centro (più il suo habitat rispetto alla fascia), da mezzala o più avanzato, da fantasista (unico giocatore con queste caratteristiche nella rosa, a parte Perotti che però serve già sulla fascia).
Il dopo-eliminazione ha portato novità anche in difesa, rinforzata (o no?) dagli arrivi di Alexis e Martín Cáceres, che condividono entrambi la reputazione di promesse un po’ ammaccate, dopo le rispettive (deludente nel caso di Alexis, praticamente inesistente nel caso di Cáceres) esperienze al Valencia e al Barça. Promesse in difficoltà come Fazio. Le uniche certezze per il momento sono Escudé e (quando gli infortuni lo risparmiano) Dragutinović, e tra l’altro sembra esserci un sovraffollamento di centrali (ancora di più se i medici dovessero consentire di tornare a giocare a Sergio Sánchez) che frena la progressione di un giovane interessante come Cala, che forse poteva valere qualche soldino risparmiato sul mercato. Sulle fasce la qualità non abbonda: Dabo (utilizzabile sia a destra che a sinistra) sembra un po’ più disciplinato difensivamente di Konko, ma per loro due come per Fernando Navarro e il canterano Luna molto dipende dal collettivo: se il Sevilla giocherà meglio anche loro si troveranno più comodi in transizione difensiva e saranno meno prevedibili quando si sovrappongono.

LA STELLA: Jesús Navas: Ha vinto le sue paure ed è diventato pure campione del mondo. Esterni puri migliori di lui non ce ne sono in Spagna al momento. Incredibile che con quel fisico apparentemente così gracile risulti uno dei giocatori più resistenti ed esplosivi della Liga. Fa tutta la fascia senza problemi, per novanta minuti, e al novantesimo è ancora capace di portare palla dalla sua metacampo all’area avversaria senza che lo prendano.
OCCHIO A…: Diego Perotti: Grande giocatore, ha scavalcato Diego Capel, rispetto al quale è nettamente avanti come talento e comprensione del gioco. Può creare situazioni favorevoli anche svariando sulla trequarti oltre che conquistando il fondo.
LA SCOMMESSA: Luca Cigarini: Il Sevilla ha visto in lui il giocatore “diverso” adatto per il centrocampo, quello che faccia correre un po’ di più il pallone e crei linee di passaggio un po’ meno orizzontali. Per ora schierato da mezzala, o comunque tendenzialmente più avanzato di Zokora, ma volendo potrebbe trovare posto anche davanti alla difesa. Le qualità non gli mancano, bisogna però vedere con quale personalità e affidabilità entra nel ruolo impegnativo richiestogli.



SPORTING GIJÓN

Formazione-tipo (4-2-3-1): Juan Pablo (Cuéllar); Lora (Sastre), Botía (Iván Hernández), Gregory (Jorge), Canella (José Ángel); Eguren (Matabuena), Rivera; Luis Morán (Novo, Carmelo), Miguel de las Cuevas (Carmelo), Diego Castro (Ayoze); Barral (Sangoy, Bilić, Novo).

Altri giocatori. Difensori: Javi Poves. Centrocampisti: Landeira (centrale), Portilla (centrale/esterno sinistro).

Non dovrebbe tradire anche quest’anno. Una squadra organizzata ma anche vivace, capace di interpretare brillantemente più registri: molto pericolosa se può capovolgere il fronte in pochi passaggi e sfruttare il contropiede, sa però anche prendere l’iniziativa a difesa schierata, con combinazioni tra le linee e sovrapposizioni dei terzini. Importantissimo in questo caso Rivera: in rosa non ci sono altri giocatori con la sua capacità di dettare i tempi. Il mercato gli ha affiancato un solido giocatore di contenimento come l’ex Villarreal Eguren.
Il punto di forza dello Sporting resta sempre la trequarti, animata da giocatori rapidi, fantasiosi e capaci di saltare l’uomo come non ce ne sono tanti a livello di medio-bassa classifica. Diego Castro a sinistra (il nuovo acquisto Ayoze dal Tenerife come ricambio), il dualismo Miguel de Las Cuevas/Carmelo al centro (anche se Carmelo, che resta la mia opzione preferita nonostante l’innegabile appannamento della scorsa stagione, può adattarsi pure a destra, seppure con minor comodità), e ora anche il nuovo innesto, Nacho Novo, attaccante puro che può offrire un’interpretazione più aggressiva del ruolo (con tagli e inserimenti in area di rigore) più aggressiva rispetto a quella di Luis Morán, essenzialmente un tornante.
Lo Sporting però, nella sua prima stagione in Primera, risultava piuttosto sgangherato finchè non ha potuto assestare su solide basi difensive le prodezze delle proprie mezzepunte. La base l’ha fornita il rendimento della coppia centrale Botia-Gregory, confermatissima dopo l’ottima stagione d’esordio: più sobrio Botia, imponente e muscolare invece il francese. Completano il quadro due terzini non solo affidabili difensivamente, ma efficacissimi in appoggio alla fase offensiva: nel dinamismo di Lora, rivelazione della passata stagione una volta “inventato” terzino, si notano le doti di palleggio proprie del suo originario ruolo di mezzala, Canella invece è una sicurezza che dopo una presenza fissa nell’Under 21 prima o poi dovrà entrare in qualche convocazione della nazionale maggiore (è meglio di Monreal, parere personale).

LA STELLA: Diego Castro: Baricentro basso, rapidità e buon controllo di palla, è uno dei migliori dribblatori della Liga,. Destro, parte da sinistra per accentrarsi con una certa frequenza, sa dialogare coi compagni e non si limita al semplice contributo del solista. Ventotto anni, strano che abbia visto la Primera soltanto a 26.
OCCHIO A…: José Ángel: Dal suo esordio, un campionato e mezzo fa, è atteso come l’esponente sulla carta più talentuoso in uno dei ruoli meno coperti del calcio spagnolo. Però a 21 anni, ha assoluto bisogno di giocare, se vuole crescere e limare alcuni difetti (soprattutto nel posizionamento difensivo). Non riuscire a piazzare Canella anche quest’estate non è stato un buon affare per lo Sporting.
LA SCOMMESSA: Gastón Sangoy: A Bilić (più ariete) e Barral (più rapido e contropiedista) il mercato ha aggiunto questo 26enne argentino che per la sua provenienza da campionati non di primo piano (tre anni a Cipro e prima ancora uno in Israele; però a inizio carriera ci sono i nomi prestigiosi di Boca Juniors e Ajax) non può che rappresentare un’incognita. Le sensazioni in precampionato son state buone, la porta sembra vederla, e ha un gran tiro.


VALENCIA

Formazione-tipo (4-2-3-1, alternativa 4-3-3): César Sánchez (Moyá); Bruno (Miguel, Stankevicius), David Navarro (Maduro, Stankevicius), Ricardo Costa (Dealbert), Mathieu (Jordi Alba); Topal (Albelda, Fernandes), Banega (Tino Costa); Joaquín (Pablo Hernández), Mata (“Chori” Domínguez), Vicente (Pablo H., Mata, Chori” D.); Soldado (Aduriz).

Altri giocatori.
Portieri: Guaita. Centrocampisti: Feghouli (esterno/trequartista).

Dopo Villa&Silva. E più che pessimismo c’è curiosità, perché se è vero che era impossibile rimpiazzare due simili certezze (che comunque anche rimanendo ben difficilmente avrebbero permesso di colmare il gap con Barça e Madrid), il mercato ha comunque rinnovato e arricchito di alternative interessanti la rosa.
Partiamo dalla sostituzione dei due pesi massimi: Soldado e Aduriz al posto di Villa (e Zigic), nessun preciso rimpiazzo ma tante possibili soluzioni per la successione di Villa. Rispetto a Villa Soldado cambia radicalmente i movimenti: il Guaje, si sa, era un giocatore che amava svariare e prendere palla anche qualche metro fuori dall’area o sulle fasce, “Gudari” invece si muove sui due centrali avversari, con movimenti magistrali non solo come finalizzatore in area di rigore, ma anche come sponda (sebbene tocchi pochi palloni a partita). Soldado che impegna i centrali può significare anche più spazio per inserimenti dal centrocampo, e in questo senso potrebbe funzionare molto bene Tino Costa. Aduriz invece può fare la prima ma anche la seconda punta, e l’accoppiata con Soldado viene vista da Emery come un’arma da usare a partita in corso più che dall’inizio. Questo perché in appoggio all’unica punta si muove Mata, e qui cambiano radicalmente le caratteristiche rispetto a Silva: Silva era pausa, controllo, rifinitura, criterio per tutta la squadra, Mata è un giocatore tecnico ma essenzialmente di sole accelerazioni e movimenti senza palla.
Ciò accresce l’indispensabilità di Banega, il giocatore-chiave nel dare un senso a una squadra che ancora deve trovarlo. Il Valencia di Emery è una squadra dall’anima sicuramente più offensiva rispetto a quello di Quique, una squadra a tratti brillante, ma senza grande consistenza. Quando gioca in velocità può fare male a chiunque, ma non riesce a controllare il gioco fra un’accelerazione e l’altra. Non riesce a gestire efficacemente le transizioni difensive, e spesso ha difficoltà a iniziare il gioco dalle retrovie quando l’avversario impone ritmi un po’ più lenti. Deve trovare compattezza e continuità come blocco, anche all’interno dei novanta minuti.
Banega è indispensabile, ma importante sarà anche la scelta del partner: Albelda sarebbe il caso di cominciarlo ad accantonare, Fernandes continua a suscitare rimpianti, mentre il nuovo acquisto Topal potrebbe apportare cose interessanti. Il turco è un giocatore di contenimento davanti alla difesa, tatticamente valido e con un miglior tocco di palla rispetto ad Albelda, l’argentino invece è l’alternativa più “manovriera”. Nelle prime uscite ha favorevolmente impressionato la sua capacità di giocare in pochi tocchi e offrire sempre nuove linee di passaggio al portatore di palla. Con la proprietà di palleggio degna del suo passaporto, dinamismo e un sinistro insidiosissimo nei tiri dalla distanza e sui calci piazzati. Il Valencia potrebbe crescere attorno a una stabile intesa fra lui e Banega, bisogna poi vedere con quale modulo, se col 4-2-3-1 o il 4-3-3 che Emery ha provato in precampionato, dove Tino Costa potrebbe giocare più libero di inserirsi a ridosso delle punte. Sulle fasce la situazione è molto fluida: a destra Joaquín (la stella di maggior esperienza dopo la partenza di Silva e Villa) pare in vantaggio, ma c’è sempre Pablo Hernández, che può giocare anche a sinistra, mentre a sinistra Vicente parte titolare ma con la concorrenza di “Chori” Domínguez (a dire il vero in rapporti tesissimi con Emery) oltre che Pablo e naturalmente Mata (in caso di 4-3-3 lui tornerebbe sulla fascia), giocatori tutti accomunati dalla tendenza ad accentrarsi, movimento diverso da quello di Vicente, che potrebbe lasciare la fascia più libera per terzini di stampo offensivo come Mathieu e Jordi Alba. Non vanno dimenticati poi, nel lotto di esterni e trequartisti, il nuovo acquisto Feghouli (parte ultimo nelle gerarchie, ma ha i colpi) e il gioiello Isco, classe sopraffina ma ancora decisamente acerbo e destinato più al Valencia Mestalla che alla prima squadra, anche se Emery ne ha fatto largo uso nel precampionato.
La difesa è il reparto più debole, dove Emery fa chiaramente le nozze coi fichi secchi: un Dealbert si spiega solo con la crisi economica del club, la crescita di David Navarro non è sufficiente, Maduro è soltanto una pezza… e allora si spera in quel po’ di esperienza internazionale che può apportare Ricardo Costa, che pure non è un fenomeno. A destra si spera di vedere meno possibile l’esasperante Miguel, in favore del meno dotato ma molto più affidabile Bruno, mentre può rivelarsi preziosa la polivalenza di Stankevicius fra la fascia e il centro.

LA STELLA: Éver Banega: La bussola di questa squadra. In serata giusta è un giocatore straordinario per come congela il pallone, controlla i tempi e permette a tutta la squadra di avanzare sicura. Senza di lui, il Valencia semplicemente non riesce a guadagnare un metro quando inizia il gioco dalla difesa. Però non è ancora una sicurezza totale sul piano della continuità e della disciplina, per quanto la scorsa sia stata una stagione di evidente crescita. Speriamo continui.
OCCHIO A…: Jordi Alba: Non trovando spazio come ala, e in piena emergenza-infortuni la scorsa stagione, Emery lo ha arretrato, e a lungo termine potrebbe aver lanciato il futuro terzino sinistro della nazionale. Al giorno d’oggi le squadre tendono a pressare alto, e perciò diventano sempre più importante creare superiorità sin dalle retrovie, con giocatori capaci di far uscire il pallone “pulito” dalla metacampo difensiva. Le qualità palla al piede di questo ragazzo sono preziosissime in tal senso, e lavorando (ma molto: certi movimenti evidenziano tutta la scarsa abitudine al ruolo) tatticamente sulla fase difensiva anche la Spagna potrebbe avere il suo Fabio Coentrão. Il Valencia ha più da guadagnare investendo su di lui che su Mathieu, che ha corsa, attitudine offensiva, buon piede, ma una lettura limitata del gioco (accompagna e crossa, accompagna e crossa, e stop).
LA SCOMMESSA: Vicente: Lo sfigato più talentuoso del calcio europeo ha avuto un po’ di mesi senza infortuni. Per uno che non gioca seriamente una stagione dal 2004 è troppo tardi per tornare a certi entusiasmanti livelli, ma anche un 60% del potenziale, speso con continuità, sarebbe un guadagno notevole. Se è sano, Emery gli dà la priorità.


VILLARREAL

Formazione-tipo (4-4-2, alternativa 4-2-3-1): Diego López (Oliva); Ángel (Mario), Marchena (Gonzalo), Musacchio, Capdevila (Joan Oriol); Cazorla (Borja Valero), Senna (Borja Valero), Bruno, Cani (Montero); Rossi, Nilmar (Marco Ruben).

Altri giocatori. Portieri: Juan Carlos. Difensori: Catalá (centrale), Kiko Olivas (centrale). Centrocampisti: Matilla (centrale), Cristóbal (esterno/mezzala/trequartista). Attaccanti: Altidore.

Brillante in periodo di crisi, il Villarreal esce ringiovanito, magari non ancora rinforzato ma con prospettive, da un mercato pure condotto al risparmio (+10 milioni di avanzo). Come? Prescindendo da alcuni giocatori avanti con gli anni e/o pesanti in termini d’ingaggio (ad esempio Pirés e Ibagaza) e sfruttando il serbatoio del Villarreal B (unica filiale presente in Segunda assieme al Barça Atlètic) per completare la rosa. Così, il promettente argentino Musacchio si ritrova titolare al centro della difesa, e i suoi rincalzi sono Kiko Olivas e Catalá, tutti promossi dalla seconda squadra; salutato il veterano Javi Venta, Mario Gaspar diventa il terzino destro di riserva, mentre Joan Oriol (interessante) fa per ora da rincalzo a Capdevila. A centrocampo, Matilla (il giocatore emergente più somigliante a Xavi che ci sia, stesso ruolo stesse movenze) cercherà qualche non facile spiraglio dietro Senna e Bruno, e lo stesso farà Cristóbal sulla trequarti e sulle fasce. Più minuti di tutti però dovrebbe trovare l’esterno Jefferson Montero, già nazionale ecuadoriano. Marco Ruben a 24 anni è già sufficientemente sperimentato, e per le qualità che ha merita la Primera, però in attacco per lui sarà difficile con Altidore alla pari, Rossi e Nilmar davanti e il modulo che spesso prevede una sola punta.
I giocatori cambiano, l’impronta rimane quella di sempre: il Villarreal, è noto, gioca il tiqui-taca più estremo assieme al Barça: talvolta si sente il bisogno di qualche accelerazione in più, ma il ritmo controllato e il palleggio fitto e avvolgente sono inconfondibili e affascinanti. Il marchio di fabbrica sono gli esterni-non esterni a centrocampo, che si accentrano propiziando la superiorità in mezzo. Dopo una grande stagione a Maiorca, ai consueti Cazorla e Cani si aggiunge Borja Valero: parla la stessa lingua, da stabilire di volta in volta se Garrido lo utilizza da falso esterno, da centrale o da trequartista in un 4-2-3-1, come avvenuto nell’esordio in casa della Real Sociedad. Il Villarreal con una sola punta forse rischia un palleggio eccessivamente sterile, perché può esserci un eccesso di giocatori che si smarcano venendo incontro al pallone, mentre due punte possono lavorare meglio per allargare ed allungare la difesa avversaria, creando spazi utili anche per i centrocampisti. Questo anche se né Nilmar né Rossi sono animali da profondità, preferendo pure loro un costante contatto col pallone. Bisogna comunque continuare a investire sul brasiliano, sciupone in zona-gol ma anche piuttosto abile a crearle, le occasioni.
In questo stuzzicante Villarreal però suscita perplessità la linea difensiva: il 20enne Musacchio nella migliore delle ipotesi sarà un talento, ma qualche passaggio a vuoto dovrà accusarlo per forza, e vicino a lui, dopo il declassamento di Gonzalo Rodríguez (Garrido sembra non contare su di lui dopo l’ultima disastrosa stagione: peccato, perché questo era e può essere ancora un grande difensore) e la cessione di Godín, l’innesto di Marchena (cotto e stracotto) non sembra molto rassicurante.

LA STELLA: Marcos Senna: Deluso dalla mancata partecipazione al mondiale (conseguenza di una stagione accidentata, con infortuni e rendimento irregolare), resta comunque lui la bussola amarilla, nonostante la crescita di Bruno.
OCCHIO A…: Bruno: Pellegrini lo aveva promosso con successo nel 2007-2008, sembrava lanciato, poi una flessione e di nuovo panchina, fino alla scorsa stagione. In particolare nel girone di ritorno, si è imposto sempre di più a centrocampo, in coincidenza col calo di Senna. Ormai è una certezza, ed è arrivata pure la convocazione in nazionale per questo centrale dalle geometrie limpide e dallo spiccato senso tattico.
LA SCOMMESSA: Jefferson Montero: Si preannuncia come la novità più incisiva del mucchio del Villarreal B. È un esterno con movimenti diversi dagli altri della rosa, anche a partita in corso può portare quel cambio di ritmo che manca un po’ al Villarreal.


ZARAGOZA

Formazione-tipo (4-2-3-1): Leo Franco (Doblas); Diogo, Jarošik, Contini, Obradovic; Edmilson (Ponzio), Gabi; Jorge López (Lafita), Ander Herrera (Kevin), Bertolo (Lafita); Marco Pérez (Sinama Pongolle).

Altri giocatori.
Difensori: Laguardia (centrale/terzino destro), Pintér (centrale), Lanzaro (centrale/terzino), Paredes (terzino sinistro). Centrocampisti: Boutahar (trequartista). Attaccanti: Uche, Braulio.

Dopo il ricambio massiccio dello scorso mercato invernale, i pochi ritocchi sono avvenuti su una struttura già delineata da Gay nella passata stagione. Nel 4-2-3-1 del tecnico aragonese il punto fermo è il doble pivote, composto da due fra Gabi, Ponzio ed Edmilson (col primo più insostituibile degli altri). Assieme al confermato duo Jarošik-Contini nelle retrovie, rappresenta la barriera di sicurezza che a palla persa cerca di evitare pericolose situazioni di inferiorità.
La fase offensiva finora non è parsa particolarmente organizzata e fluida, però può contare su buone individualità. I due terzini, coperti dal doble pivote, possono avanzare con frequenza, e hanno una buona predisposizione offensiva. Resta un’incognità però se Diogo potrà tornare quello di prima del lunghissimo infortunio e se Obradović riuscirà rilanciarsi dopo la sfortunata scorsa stagione. Terzini che interagiscono e approfittano degli spazi creati dalla linea di mezzepunte, con Ander al centro, e Jorge López/Lafita e il nuovo acquisto Bertolo sulle fasce. Piuttosto interessante l’argentino, un destro che partendo da sinistra può indifferentemente accentrarsi per dialogare coi trequartisti o raggiungere il fondo, con discreta facilità vista la buona tecnica, la potenza e il cambio di passo.
Risicato l’attacco: una maglia a scelta fra la scommessa Marco Pérez (vedi più sotto), Sinama Pongolle (attaccante di movimento, durante tutta la carriera sempre lontanissimo dal rivelarsi uno sfondareti), l’eterno infortunato Uche e Braulio (mai affermatosi in Primera).

LA STELLA: Ander Herrera: Animale da tiqui-taca, finissima tecnica e intelligenza calcistica, con il fisico esile come pecca. Questa è la stagione in cui deve crescere per affermarsi come leader.
OCCHIO A…: Kevin Lacruz: Diciotto anni, può essere la nuova rivelazione della cantera dopo Ander. Marcelino lo ha già fatto esordire l’anno scorso, ma quest’anno potrebbe proporsi in una veste nuova, centrale (dove il diretto interessato dice di trovarsi meglio) invece che esterno.
LA SCOMMESSA: Marco Pérez: Non ha nemmeno vent’anni, ma il Zaragoza punta su questo colombiano (proveniente però dal Gimnasia y Esgrima argentino) come attaccante titolare. Un attaccante molto veloce e agile, che cerca la profondità, dai più ottimisti paragonato addirittura a Eto’o. Beh, staremo a vedere.

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