mercoledì, aprile 30, 2008

Capolinea.


Più di così non ha potuto il Barça, per quanto contro il Manchester United i blaugrana abbiano disputato due gare tutto sommato dignitose. Ci sono dei limiti oggettivi oltre i quali non si può andare, ancora di più quando la posta in palio è una finale di Champions League. Ancora una volta il Barça ha evidenziato una difficoltà gigantesca, insuperabile nel creare occasioni contro difese schierate. Nessun gol nelle ultime quattro partite fra Champions e Liga, e non è proprio il caso di parlare di coincidenze o di una semplice serie sfortunata. Questa squadra è strutturalmente incapace di sfruttare tutto il campo nella sua ampiezza e profondità, e la cosa risalta ancora più tristemente quando pure ce la mette tutta come stasera o come mercoledì scorso.
Ha detto Ferguson alla vigilia: “Il Barça gioca bene, ma gioca sempre allo stesso modo”. Ovviamente quella che gioca bene l’ ha detta per gentilezza, ma l’ altra parte della frase coglie nel segno, e si ricollega anche alle dichiarazioni del tecnico del Deportivo Lotina, il quale da parte sua alla vigilia della partita di sabato scorso disse che quella col Barça è la partita più facile di tutte da preparare per un tecnico.
I blaugrana non ti propongono mai alcuna variante significativa, non ne hanno nemmeno la possibilità in organico, basta quindi che tu avversario del Barça affolli la tua metacampo con otto giocatori e il resto lo fa la monotonia della manovra e la disperante uniformità di caratteristiche dei talenti offensivi di Rijkaard. Palla sul piede-conversione verso il centro-triangolazione oppure azione individuale contro sei-sette difensori: il Grande Imbuto che ogni volta immancabilmente si ripete.
Non c’è alcuna possibilità di variazione: i terzini non danno la minima profondità o le poche volte che riescono a darla o hanno dei ferri da stiro al posto dei piedi (ancora una volta imbarazzante Abidal, e ancor più imbarazzante Rijkaard che non ha mai pensato ad inserire Sylvinho, col risultato che il Barça per tutti i 90 minuti non ha mai avuto una fascia sinistra, sommando anche le prestazioni pessime di Iniesta ed Henry) o comunque non trovano riferimenti credibili al centro dell’ area, dato che il Barça è una delle poche squadre al mondo a non contemplare l’ opzione del gioco aereo; inoltre non esistono o comunque sono limitatissime le possibilità di inserimento o di tiro da fuori da parte dei centrocampisti.
Poco movimento, l’ azione ristagna a centrocampo senza la possibilità di allargare o cambiare gioco rapidamente verso l’ altra fascia, la manovra è statica e sonnolenta, l’ unica possibilità di verticalizzare viene dal buon cuore di Messi, che prende palla e innesca lo schema di emergenza “Solo contro il Mondo”. Ancora una volta l’ unica minaccia credibile l’ argentino, impressionante vedere l’ imbarazzo negli occhi dei difensori avversari, che indietreggiano, non sanno quando e come intervenire, preda del panico… Cristiano Ronaldo è più completo, ma è lui il più forte, così la penso.
Purtroppo parlando del Barça devo ripetere lo stesso discorso di sempre, scusate tanto se vi annoio, ma non mi viene altro in mente: chiunque conosca il Barça di quest’ anno sapeva che, sebbene segnato appena al 14’, il gran gol di Scholes costituiva già un macigno quasi irremovibile, e che Ferguson gongolava al tipo di partita che il prematuro vantaggio gli avrebbe permesso di impostare già da quel momento.

Era partito abbastanza bene il Barça: con la mentalità giusta, disposto bene sul campo come la settimana scorsa, col baricentro alto, cercando di portare il terreno della contesa più vicino possibile alla porta di Van Der Sar, intenzionato a verticalizzare negli spazi in più che lo United era disposto ad offrire rispetto al match di andata.
Ovviamente l’ incaricato di portare il pericolo è Leo Messi, e su una delle sue incontenibili incursioni rischia subito di prodursi un avvio-shock tipo quello dell’ andata: di un pelo non è rigore il fallo di Scholes sull’ argentino, e ancora rimane un dubbio difficile da risolvere (la mia opinione è che il piede di Scholes pesti la linea, ma che la punta del piede tocchi Messi appena appena fuori dall’ area). E’ il Barça comunque a fare la partita nel primo quarto d’ ora, sembra scongiurato il temuto arrembaggio dei padroni di casa, gli ospiti gestiscono bene i ritmi e danno l’ impressione di poter innescare le accelerazioni giuste sulla trequarti.
Tuttavia partite equilibrate come queste vengono spesso risolte dai dettagli, ed è un dettaglio non da poco quello che vede Zambrotta regalare a Scholes il pallone che vale l’ 1-0: inammissibile il rinvio rasoterra verso il centro, un assist troppo goloso per Scholes che calcia quasi un rigore da fuori area, con tutto il tempo per prendere la mira, comunque una gran sassata all’ incrocio, questo sì. Errore in tutto e per tutto simile a quello che regalò a Baraja un gol decisivo nella semifinale di Copa del Rey, errore che rovina la partita per il resto generosa e su ottimi livelli atletici dell’ italiano.
Dopo il gol il Barça accusa il colpo, e vengono i momenti migliori per lo United: una fase di vera e propria furia dei Red Devils, davanti alla quale il Barça barcolla e rischia di non uscire vivo. Gli inglesi alzano il pressing e il ritmo fino a livelli intollerabili per i blaugrana, che pressati nei due difensori centrali non riescono più a trovare i collegamenti col centrocampo ed elaborare gioco.
Gli attacchi dello United gravitano soprattutto sulla fascia sinistra, la destra del Barça, la più vulnerabile in tutta l’ annata degli uomini di Rijkaard, che hanno sempre trovato difficoltà a proporre le coperture e i raddoppi giusti in quella zona: Cristiano Ronaldo parte da teorico centravanti ma si allarga frequentemente, Park incrocia e cambia posizione col portoghese, e si aggiungono pure le sovrapposizioni di Evra. Superiorità numerica che costringe il Barça a slittare verso quella zona, aprendo però varchi al centro per gli inserimenti degli incursori avversari. Una dinamica di questo tipo produce un’ occasione importante per Park, servito al limite dell’ area da Cristiano Ronaldo che gli aveva creato lo spazio proprio tagliando dal centro verso sinistra.
Va detto però che questa fascia non è solo la più produttiva per lo United, ma quella in cui globalmente la partita si rivela più fluida e aperta ad ogni possibile sviluppo: in essa le frequenti avventure di Evra aprono spazi per i ribaltamenti di Messi, che proprio in un’ azione individuale conclusa con tiro a girare verso il secondo palo impegna seriamente Van Der Sar. In queste prime fasi del match lo United evidenzia qualche difficoltà a porre un argine a questa situazione, poi col passare dei minuti Brown prenderà meglio le misure (ottima partita dell’ inglese, sveglio e reattivo in tutte le situazioni).
Il Barça sopravvive comunque a questa fase di forcing dei padroni di casa, e nell’ ultimo quarto d’ ora del primo tempo torna padrone della situazione. In quest’ altalena si evidenzia la differenza fra le due squadre, concepite entrambe sulla base di una filosofia offensiva declinata tuttavia in maniera assai diversa: il Manchester si esalta e travolge l’ avversario quando i ritmi si fanno alti, il Barça è più a suo agio nel gestire il possesso-palla con pazienza.
Così quando lo United nelle ultime fasi del primo tempo ritira il pressing e riprende a ripiegare nella sua metacampo, gli ospiti trovano modo di riproporre le loro geometrie. E’ un buon momento per il Barça, perché lo United dà l’ impressione di essere piuttosto vulnerabile nello spazio fra difesa e centrocampo: alle spalle di Carrick e Scholes, i difensori centrali tendono più a rinculare che ad accorciare, e così si crea uno spazio nel quale le mezzeali blaugrana possono chiedere triangolo ad Eto’o e portarsi al limite dell’ area avversaria con relativa facilità. Il più attivo è Deco (complessivamente positiva la prova del portoghese), che in un paio di occasioni arriva a sferrare il destro dal limite, in entrmabi i casi a lato non di tanto. C’è poi un colpo di testa a botta sicura mancato per un soffio da Milito su punizione dalla destra di Xavi, ma dall’ altra parte va annotato anche il colpo di testa di poco a lato di Nani.

La ripresa vede un illusorio avvio all’ attacco degli ospiti, ma presto gli equilibri cominciano a cristallizzarsi: Manchester sempre più dietro, con otto nella sua metacampo, ma pronto a proporre il contropiede a differenza dell’ andata (stupenda la triangolazione supersonica al limite dell’ area fra Cristiano Ronaldo e Tevez, con sinistro finale dell’ argentino sventato da Valdés); Barça sempre più appiattito nella sua manovra e costretto a sbattere contro un muro. Rijkaard prova coi cambi, e toglie i due uomini forse più deludenti della serata, ovvero Iniesta ed Eto’o.
Excursus sui due: per quanto riguarda Iniesta, mi suonano fin troppo opportuniste e superficiali le critiche che accusano Rijkaard per aver messo lui e non Henry nel tridente. Al di là del fatto che dal suo ingresso Henry ha dimostrato meno che nulla (puntalo Titi, puntalo! E la passa indietro al centrocampista…), non si può dire che Iniesta sia stato costretto in un ruolo non suo o che fosse un giocatore in meno già in partenza: in realtà ha già giocato, e bene, sulla sinistra del tridente già in tante altre occasioni, e in ogni caso questo è un ruolo che gli concede ampia libertà per accentrarsi ed esprimere quel gioco da trequartista che è pienamente nelle sue corde.
Il punto non è, come ha detto in diretta Compagnoni di Sky, che Iniesta ha giocato male perché fuori ruolo, il punto è che Iniesta ha giocato male solo ed esclusivamente per colpa sua, perché, duole dirlo, non all’ altezza in termini di personalità. E’ una delle prime volte che rimango così deluso da questo giocatore, e però avevo già segnalato come giocando più vicino all’ area avversaria egli dovesse di molto aumentare la cattiveria al momento di decidere ed eseguire la giocata decisiva sulla trequarti: Luis Aragonés lo vede come il vero numero 10 della Spagna, ma a questo proposito gli ha rimproverato, secondo me cogliendo nel segno, di denunciare a tratti una mentalità ancora troppo “da numero 4”, di chi si accontenta del passaggio comodo invece che andare fino in fondo. Stasera Iniesta è rimasto ai margini della partita, lontano dal proporre qualcosa d’ incisivo, e ha finito col lasciare solissimo Messi nell’ arduo compito di creare la superiorità numerica.
Per ciò che concerne Eto’o, devo invece notare che, a parte la grande doppietta sul campo del Recre, questo giocatore negli ultimi tempi pare un po’ avere annacquato quell’ esplosività che faceva la differenza negli ultimi metri. Indiscutibile come al solito il suo lavoro senza palla, il camerunese non ha mai dato l’ impressione di poter rubare il tempo e sorprendere i difensori avversari, mostrandosi anzi piuttosto confuso e impreciso quando col pallone fra i piedi.
Volenteroso Bojan, in elegante ma sempre più sterile surplace Henry, i cambi hanno aggiunto poco o nulla, mentre Sylvinho continuava a marcire in panchina e la fascia sinistra del Barça a non esistere. Col Manchester che dal 4-4-2 passava ad un ancora più coperto 4-1-4-1, il Barça finiva col raggiungere quella condizione d’ impotenza ricordata ad inizio articolo e sin troppo familiare nel corso di questa stagione. L’ ultimo cambio giocato da Rijkaard è Gudjohnsen per Touré, che ci può anche stare per aggiungere forza d’ urto negli inserimenti, se non fosse che eseguito all’ 87’ può dire ben poco, in un recupero il cui ritmo viene peraltro spezzato, a tutto vantaggio del Manchester United, da un infortunio occorso ad Evra.

È il capolinea che più o meno tutti, chi a gran voce chi tacitamente, attendevano per il ciclo del Barça di Rijkaard. Quattro anni di successi notevoli, tutti concentrati però nel biennio 2004-2006, ma che lasciano l’ amaro in bocca a chi pensa che potessero offrire molti più trofei, soprattutto vista la concorrenza in campo nazionale. La squadra ha perso le basi tattiche e di mentalità che l’ avevano portata al successo, ed è impossibile in tal senso non richiamare le responsabilità di chi è principalmente… responsabile di questi aspetti, e cioè il tecnico.
Io non son mai stato fra quelli che in tempo di vittorie sminuivano Rijkaard attribuendo ogni merito alle individualità, per me il Barça 2004-2006 era la miglior miscela di individualità e collettivo, un collettivo con un’ identità tattica sempre perfezionabile ma comunque forte e riconoscibile. Tutte queste cose però son scomparse dopo che il club ha fatto il pieno di vittorie nel 2006, e Rijkaard ha dimostrato di non riuscire a gestire questa transizione (dalla fame di successo alla gestione del successo), son stati ripetuti fino alla noia gli stessi errori e Frank non ha mai raddrizzato la rotta, forse anche perdendo il controllo dello spogliatoio (anche se su quest’ aspetto le uniche fonti sono le indiscrezioni giornalistiche, che lasciano il tempo che trovano). Sono emerse le sue lacune: il fossilizzarsi sul 4-3-3, l’ incapacità di trovare varianti credibili, i cambi in corsa raramente soddisfacenti, l’ insufficiente lavoro sulle palle inattive soprattutto in attacco.
Rigidità che chiamano in causa anche la pianificazione della società, in particolare Txiki Beguiristain: già in estate mi sembrava allarmante lo squilibrio presente in rosa fra giocatori che attaccano lo spazio e giocatori che la vogliono sul piede, inoltre ribadivo quanto potesse risultare determinante la scarsa spinta dei terzini. A Rijkaard è stata consegnata una rosa ricca di giocatori di talento col pallone fra i piedi, ma male assemblati, nella quale vi erano già i presupposti delle storture evidenziate quest’ anno dalla manovra.
Una rosa nella quale, anche con tutta la buona volontà del mondo, risulta difficile poter proporre variazioni significative: i centrocampisti sono palesemente da 4-3-3 (mancano esterni da 4-4-2, e i centrocampisti centrali sono o mezzeali oppure stopper avanzati davanti alla difesa, unica eccezione spendibile per il 4-4-2 Yaya Touré), gli attaccanti hanno nelle corde quasi tutti gli stessi movimenti. Si è passati lentamente e inesorabilmente da un Barça che nel 2004-2005 verticalizzava alla velocità della luce con Giuly ed Eto’o, apriva il campo con terzini-ala come Belletti e Gio (il primo Gio, che arrivava a tagliare nell’ area piccola avversaria), al Barça di adesso, che si palleggia addosso e gioca su ritmi da calcio premoderno.
Un cambiamento è d’ obbligo, e non credo che, a parte alcune partenze eccellenti come quella di Ronaldinho, questo passi per una totale rivoluzione della rosa, bensì per un cambio alla guida tecnica accompagnato da ritocchi in alcuni ruoli rivelatisi non ottimamente coperti (i terzini, le alternative per l’ attacco e le alternative a Touré e Deco).

M. United (4-4-2): Van der Sar 6; Hargreaves 6,5, Ferdinand 6,5, Brown 6,5, Evra 6 (93'); Nani 6 (77'), Carrick 5,5, Scholes 6,5 (77'), Park 7; Tévez 7, Ronaldo 6,5.
Kuszczak, Welbeck, Silvestre s.v. (93'), Fletcher s.v. (77'), Giggs s.v. (77'), Anderson, O'Shea
Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Zambrotta 5, Puyol 6, Milito 5,5, Abidal 5,5; Deco 6,5, Touré 6 (88'), Xavi 6; Messi 7, Eto’o 5,5 (71'), Iniesta 5 (60').
In panchina: Pinto , Thuram, Sylvinho, Gudjohnsen s.v. (88'), Edmilson, Henry 5,5 (60'), Bojan 6 (71')

Gol 1-0 (14'): Scholes ejecuta un trallazo desde la frontal.
Árbitro: Herbert Fandel (Alemania). Amonestó a Zambrotta (52'), Deco (54'), Carrick (63'), Ronaldo (68') y Touré (70').
Incidencias: Old Trafford. 75.061 espectadores. Presencia de unos 4.000 seguidores del Barcelona. Touré se perderá por sanción el próximo partido europeo del Barça, que será la próxima temporada.

FOTO: as.com

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lunedì, aprile 28, 2008

AVVISO

Purtroppo non ho il tempo per pubblicare qualcosa sulla trentaquattresima giornata, che ha consegnato al Real Madrid il 99% della Liga. Tornerò direttamente per un commento a Manchester United-Barça di domani.
Intanto vi lascio al gol più bello della giornata e di tutta la stagione calcistica spagnola, il gol di Marcos Senna che è valso tre punti al Villarreal sul campo del Betis.


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giovedì, aprile 24, 2008

Buon Barça, ma è 0-0

Molti critici stanno parlando e probabilmente parleranno di una brutta partita stasera al Camp Nou, personalmente posso concordare sul fatto che globalmente non sia stato uno spettacolo pirotecnico, però guardandola esclusivamente dal lato che ci interessa, cioè quello del Barça, le conclusioni cambiano: chi infatti ha avuto modo di seguire con frequenza il Barça quest’ anno, difficilmente potrà negare che l’ attitudine e la filosofia di gioco di stasera siano state finalmente quelle giuste, soprattutto se confrontate con gli standard deprimenti della stagione in corso.

Soprattutto nel primo tempo, dopo il brivido scampato del rigore clamorosamente ciccato da Cristiano Ronaldo in apertura, in fase di non possesso si son riviste finalmente quelle che erano le basi del miglior Barça 2004-2006: pressare alto l’ avversario, nella sua metacampo, impedirgli di uscire e assediarlo costantemente.
E’ qualcosa che il Barça non era riuscito più a proporre in questa e nella scorsa stagione, dove la tendenza prevalente è stata quella errata di ripiegare nella propria metacampo, tendenza che ha causato una buona parte delle storture che hanno pesantemente afflitto il gioco blaugrana: incapace di difendere correttamente nella sua metacampo per via dei tre attaccanti e per le caratteristiche dei centrocampisti in rosa, esageratemente esposto alle incursioni avversarie sulla trequarti e con troppi metri da percorrere una volta recuperato (troppo lontano dalla porta avversaria) il pallone, il Barça in questo modo ha perso sia la solidità nella fase difensiva che la continuità e l’ intensità giuste in quella offensiva. Per come è costruita, quella di Rijkaard è una squadra che ha tutto da guadagnare se mantiene costantemente il baricentro alto: ciò evita alle mezzeali di sfiancarsi e le mantiene lucide e concentrate su quello che sanno fare meglio, e offre maggiori possibilità agli attaccanti di avere subito l’ uno contro uno sulla trequarti.
Specialmente nel primo tempo, ho rivisto alcuni dei tratti distintivi del Barça che più ho apprezzato, quello 2004-2005: Eto’o che pressa i difensori centrali e il portiere e finalmente viene accompagnato anche dagli altri attaccanti; il centrocampo perfetto nel suo posizionamento, provvidenziale nello spezzare sul nascere ogni transizione offensiva avversaria (il contropiede supersonico era alla vigilia il maggior pericolo del Manchester United, ma agli uomini di Ferguson non è mai stato dato modo di distendersi), spesso con l’ aiuto dei terzini che persa palla rimanevano alti sulla trequarti e stringevano in raddoppio (uno dei tratti più caratteristici di quel Barça 2004-2005); la difesa puntualissima nell’ accorciare e cercare l’ anticipo, al fine di tenere costantemente alto il baricentro e non dare respiro e vie d’ uscita allo United.
Da questo punto di vista il Barça ha nettamente vinto la battaglia tattica: il Manchester United ha faticato a proporre gioco, ad uscire in palleggio, e alla fine si è adattato (non si sa se costretto o per una strategia predeterminata: ho qualche dubbio sulla seconda ipotesi, se davvero Ferguson avesse pensato sin dall’ inizio a un catenaccione, allora sarebbe partito con una sola punta) a una partita di ultra-ostruzionismo, con Rooney terzino aggiunto e Tevez praticamente mediano.

Se il primo tempo del Barça è stato ottimo, la ripresa, soprattutto nell’ ultima mezzora, ha visto invece un certo calo nei padroni di casa, che alla lunga hanno riproposto il solito palleggio troppo ruminato. Non hanno giocato a favore nemmeno i cambi, che hanno un po’ spezzato la dinamica di gioco positiva nella quale la squadra era entrata nella prima frazione e che hanno soprattutto levato dal campo Messi (senza ancora i 90 minuti nelle gambe), ovvero il giocatore più di tutti in grado di fare la differenza in una situazione in cui il Manchester giocava uomo a uomo in tutta la sua metacampo.
Altra nota infelice della serata blaugrana è stata l’ evidente e persistente difficoltà nel creare chiare occasioni da gol, difficoltà ancora più evidente in rapporto a un così chiaro controllo del gioco. I blaugrana hanno avuto il dominio del possesso-palla, i movimenti di Iniesta (impiegato sulla sinistra del tridente, personalmente la posizione più adeguata) verso il centro della trequarti hanno permesso di trovare la superiorità numerica a centrocampo e innescare buone combinazioni, ma a conti fatti…tanti tiri da lontano, tanti traversoni lungo l’ area senza un destinatario finale, ma pochi brividi seri per Van Der Sar, a parte un tiro di Eto’o sull’ esterno della rete al termine di una splendida combinazione tutta di prima con assist di tacco di Iniesta.
Su questa sterilità hanno influito vari fattori: la più volte rimarcata scarsa varietà nella tipologia delle individualità offensive blaugrana costringe 9 volte su 10 a cercare la penetrazione centrale palla al piede o la triangolazione in spazi ridottissimi, non proprio la cosa più razionale quando di fronte hai un avversario che mette l’ autobus davanti alla sua area; l’ insufficiente spinta dei terzini (nonostante una partita comunque enorme, dal punto di visto della corsa, della quantità e della disciplina tattica, da parte di Zambrotta), la quale ha sottratto profondità e ampiezza sugli esterni; infine, la ricorrente presenza di soli uno-massimo due giocatori a concludere in area di rigore sui traversoni: un paradosso per una squadra dalla filosofia di gioco così offensiva, ma una situazione reale se poi si va a vedere tutte le volte in cui Eto’o si perde fra i centrali avversari, con gli altri due attaccanti che preferiscono restare larghi e le mezzeali poco portate per natura all’ incursione e allo sfondamento (Gudjohnsen è l’ unico con queste caratteristiche), una situazione vista più volte stasera quando il Barça riusciva magari a guadagnare il fondo ma sul pase de la muerte verso il centro dell’ area non riusciva poi a trovare la deviazione decisiva.

Dal punto di vista delle prestazioni individuali, difficile trovare note negative, difficile trovare giocatori sotto un 6,5 pieno, perché quando tutta la squadra si muove bene in campo, il compito dei singoli è facilitato. Il centrocampo ha funzionato benissimo, con una continuità d’ azione eccellente e una grande solidità, impersonata soprattutto da un Yaya Touré gigantesco: determinante nella sua posizione davanti alla difesa, l’ ivoriano ha mostrato grande intelligenza tattica nell’ arrivare sempre primo sui rilanci e le respinte della difesa inglese, il resto lo ha fatto una fisicità debordante che ha permesso di recuperare già nella metacampo avversaria una grande quantità di palloni subito rigiocati a beneficio del continuo forcing blaugrana. Pure Deco ha ribadito come non esistano ad oggi nella rosa di Rijkaard giocatori capaci di surrogarne le funzioni, anche quando il portoghese non si trova certo al massimo della condizione.
Eto’o non ha avuto fortuna né grandi opportunità in fase conclusiva, per i motivi su esposti, ma rimangono fondamentali contributi al gioco collettivo sia il suo pressing sia i suoi movimenti ad allungare la difesa avversaria; Messi finchè ne ha avuto ha seminato terrore con le sue azioni impossibili, e certo lo ha fatto rimpiangere un Bojan parso un po’ estraneo alla logica di un match di così alto spessore.
Nel Manchester United, il migliore è stato un Ferdinand autoritario e puntuale (quando mantiene la concentrazione per tutti i 90 minuti, Rio è veramente forte). Difficile invece giudicare le prove dei talenti offensivi di Ferguson, chiaramente penalizzati dal quadro tattico della partita.

Lo 0-0 è il migliore dei risultati peggiori per il Barça, il Manchester United è una squadra per attitudine non irreprensi bile difensivamente, non è impossibile fargli gol e all’ Old Trafford certamente si scoprirà di più, ma ci vorrà il Barça del primo tempo di stasera e anche qualcosa di più, perché la sensazione che questo sia un po’ l’ anno dei Red Devils rimane comunque molto forte.


Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Zambrotta 6,5, Márquez 6,5, Milito 6, Abidal 6; Xavi 6,5, Touré 7,5, Deco 7 (77'); Messi 6,5 (62'), Eto' o 6,5, Iniesta 6,5.
In panchina: Pinto , Thuram, Sylvinho, Gudjohnsen, Giovani, Henry 6 (77'), Bojan 5,5 (62')
M. United (4-4-1-1): Van der Sar 6; Hargreaves 6, Brown 6, Ferdinand 7, Evra 6; Rooney 6 (75'), Carrick 6,5, Scholes 5,5, Park 5,5; Tévez 6 (85'); Cristiano Ronaldo 5,5.
In panchina: Kuszczak, Vidic, Silvestre, Piqué, Giggs s.v. (85'), Anderson, Nani s.v. (75')

Árbitro Massimo Busacca (Suiza). Amonestó a Márquez (44') y Hargreaves (73'). No mostró la tarjeta amarilla a Milito aunque provocó un penalti por tocar la pelota con la mano (2').
Incidencias: Camp Nou. Casi lleno: 95.949 espectadores, la mejor entrada de la temporada en esta Champions League y la segunda en general. Noche primaveral. Terreno de juego algo blando. Presencia de unos 3.500 seguidores del Manchester United.

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lunedì, aprile 21, 2008

Piazza pulita.


Dopo l' umiliazione di Bilbao, è accaduto l' ovvio: Koeman rescinde consensualmente il contratto col Valencia, e lo stesso fanno gli assistenti Bakero e Bruins Slot, il direttore sportivo Miguel Ángel Ruiz, uno dei responsabili del disastroso mercato, e il segretario tecnico Antonio Fernández, il cui posto verrà preso da Juan Sánchez, che vi ricorderete come attaccante del Valencia ai tempi di Cúper, il quale in questo nuovo ruolo assumerà anche le funzioni del direttore sportivo, figura ora cancellata dall' organigramma societario.
Il sostituto di Koeman con tutta probabilità sarà invece Voro, fino ad oggi delegato del club (il tizio in secondo piano nella foto), anche lui ex giocatore del Valencia (e del Deportivo, oltre che uno dei 23 nazionali di Usa '94) nella prima metà dei '90, che avrà come vice José Manuel Ochotorena, fino ad oggi allenatore dei portieri.
Non è da escludere che questo ribaltone implichi anche il ritorno sulla scena di Cañizares, Angulo e Albelda, epurati da Koeman con una scelta che all' epoca approvai perchè pensavo potesse dare una scossa, mentre a conti fatti dovrebbe aver incrinato le cose nello spogliatoio. Dei primi due non si è sentita la mancanza, sia chiaro, ma il ritorno di Albelda potrebbe risultare un' iniezione decisiva di carisma in questo delicatissimo finale di Liga.

Il bilancio di Rambo, a parte la bizzarra eccezione della Copa del Rey, è un disastro di dimensioni storiche: eliminazione dalla Champions (peraltro ben avviata da Quique con lo 0-2 a Trondheim, questo non dimentichiamolo), e poi 22 partite nella Liga con la miseria di 4 vittorie, 6 pareggi e 12 dico 12 sconfitte, con 19 gol fatti e 35 subiti.
Un' opera di demolizione anche di quelle fondamenta di credibilità che aveva il Valencia di Quique, limitato ma perlomeno forte di una chiara identità. Ingaggiato con la non meglio precisata consegna di giocare "all' olandese" (pensando che per questo bastasse il passaporto, dimenticando che Koeman nelle sue precdenti esperienze non aveva mai dimostrato nè particolare genialità tattica nè tantomeno calcio-champagne), Koeman ha passato mesi a sperimentare, a ruotare e sballottare giocatori per il campo, senza trovare mai loro una posizione fissa in un modulo riconoscibile e affidabile. I posteri ricorderanno questo suo famigerato 4-3-3 (alternato a timidissimi sporadici ritorni al 4-4-2/4-2-3-1), in realtà tale solo nella lavagnetta o sui disegnini dei giornali, più vicino a un 4-5-1 dove nessuno riesce ad avanzare di un metro e dove il povero Villa spesso è finito abbandonato a sè stesso e Silva ha faticato a trovare una collocazione stabile e una regolarità di rendimento.
C'era l' intenzione di giocare di più la palla (molto allenamento col pallone, come consueto nei tecnici olandesi), ma non si è andati mai oltre uno sterilissimo ed estenuante gioco orizzontale, senza sovrapposizioni e movimenti senza palla, con l' azione individuale come unica risorsa.
Il Valencia di Koeman ha fatto le cose migliori quando in realtà ha potuto giocare di rimessa, cedendo l' onere del possesso-palla agli avversari, come faceva con Quique, con la piccola differenza che è andata completamente perduta l' organizzazione in fase di non possesso della quale la squadra faceva sfoggio col tecnico precedente: certo, ci siamo lamentati spesso che con Quique le linee rimanevano troppo basse, che questo obbligava Silva a partire troppo lontani dalla trequarti, ma perlomeno i reparti si muovevano con grande coordinazione, la squadra era corta e copriva il campo ordinatamente, mentre la strategia di Koeman è consistita prevalentemente nell' ammucchiata alla rinfusa davanti ad Hildebrand, con Villa più di una volta costretto a rincorse sfiancanti per coprire zone che in una squadra organizzata mai e poi mai dovrebbero essere di sua competenza.
Perplessi, è dire poco, hanno lasciato anche le scelte di formazione, sia dall' inizio che a partita in corso: dal centrocampo senza senso con Maduro e Marchena, due doppioni, contemporaneamente, sino al recente accantonamento di Banega (ancora non pienamente inserito ma parso in alcuni momenti l' unico centrocampista capace di prendersi la responsabilità di guidare la squadra e dare qualità alla manovra) , alla preferenza per Arizmendi rispetto a Joaquin (che a quanto pare ha pagato un arrivo in ritardo di tre minuti all' allenamento), sino all' incomprensibile ostracismo nei confronti di Zigic.
Poi cambi spesso senza molta logica, o comunque non in grado di aggiungere qualcosa di rilevante, anche quando i momenti delle partite richiedevano qualcosa in più del "pedina per pedina" cui spesso Koeman si è limitato, nella paura forse di snaturare il suo modulo delle meraviglie.
L' unico apporto positivo che va sinceramente riconosciuto a Koeman è quello di aver lanciato con decisione nel grande calcio Mata: messo da parte incomprensibilmente da Quique (che lo fece fuori dopo nemmeno una partita intera, ad Almeria alla seconda giornata), il talentuoso mancino ha mostrato di gradire e saper fare tesoro della fiducia del tecnico olandese. Schierato largo a sinistra o anche come mezzala con ampia libertà di incursione, l' ex canterano madridista ha evidenziato una netta crescità di concretezza nel suo gioco, rapido, incisivo ed efficace negli inserimenti e nelle conclusioni sottoporta (l' unico schema offensivo interessante del Valencia di Koeman era proprio questo: Silva viene incontro sulla trequarti, cerca lo scambio con Villa che si allarga sulla sinistra, attira i difensori e apre lo spazio proprio per l' inserimento centrale di Mata, vedere ad esempio l' azione dell' 1-0 nella finale di Copa del Rey col Getafe).
Ora l' unica cosa da fare è augurare al Valencia di uscire indenne da quest' incubo e poter azzerare tutto la prossima estate.
FOTO: as.com

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TRENTATREESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE/2.

Levante-Getafe 3-1: Juanma 40' (L); Berson 42'(L); Pedro León 53' (L); De la Red, rig. 59'.


Murcia-Mallorca 1-4: Güiza 9' (M); Arango 19' (M); Güiza 47'(M); Güiza (M); Baiano 87' (M).


Osasuna-Deportivo 0-1: Sergio, rig. 64'.


Villarreal-Valladolid 2-0: Nihat 15'; Cazorla 46'.


Villarreal al secondo posto col minimo sforzo. La partita di ieri del Madrigal esemplifica la crudele differenza fra una squadra d' alta classifica e una piccola. Il Valladolid domina il primo tempo giocando quasi costantemente nella metacampo avversaria, abbinando al pressing sui difensori del Villarreal una mediana e una difesa brave ad accorciare e ad arrivare prima sui rilanci affrettati dei difensori di casa. Tutto questo però frutta al massimo solo una sterile collezione di calci d' angolo, quando non è lo stesso Joseba Llorente a ciccare sottoporta (un' occasione divorata per tempo per l' attaccante, a quanto pare molto vicino al trasferimento proprio al Villarreal nella prossima stagione), mentre il Villarreal sfonda al primo attacco: non irreprensibile la difesa del Valladolid, con Alexis scherzato da Nihat sul passaggio filtrante di Cazorla.
Dopo il Villarreal, si limita a gestire il contropiede, per poi chiudere la pratica ad inizio ripresa: ancora morbida la linea difensiva vallisoletana, che gioca sempre molto alta (e se l' avversario può dare l' ultimo passaggio "a palla scoperta" sono guai, vedi anche il famigerato 7-1 incassato al Bernabeu), sempre Nihat-Cazorla, ma a parti invertite, stavolta è il canterano ad appoggiare nella porta sguarnita dopo la fuga del turco. Sicuramente il più continuo e convincente delle mezzepunte a disposizione di Pellegrini il buon Santi.
Delineato il risultato, la ripresa è di ricreazione per il Villarreal, che si dedica alle dimostrazioni di stile (tipo un dribbling di rabona in mezzo all' area di rigore di Matias Fernández, o un quasi-gol di Cani su pallonetto da metacampo).

Il Mallorca e SuperGüiza (21 gol, superato il record storico di marcature in un campionato da parte di un giocatore del Mallorca, precedentemente appartenuto a Magdaleno con 18 gol) passeggiano a Murcia, il Deportivo ormai vince anche quando non lo meriterebbe, l' Osasuna attacca per tutta la partita ma sbatte contro la terza sconfitta casalinga consecutiva (causata da un rigore peraltro assolutamente inesistente, bel teatrante Filipe), campionato dall' andamento bizzarro e irregolare quello dei navarri, la settimana prossima attesi dallo scontro-verità col Valencia che ha appena dato il calcione a Koeman.
Attenti al Getafe, non nel senso che potrebbe essere la squadra rivelazione, ma nel senso che rischia: 4 punti sulla terzultima non danno ancora sicurezza, e il rischio potrebbe essere quello di un crollo verticale nelle ultime partite, non avendo ancora smaltito la delusione per le sconfitte nelle coppe. Ancora grande dimostrazione di dignità del Levante (allenato da José Ángel Moreno, tappabuchi dopo l' addio di De Biasi), i cui giocatori ricordano ad ogni gol l' emergenza-stipendi (non glieli pagano) perla quale hanno minacciato uno sciopero nelle prossime partite. In evidenza Juanma, l' unica nota positiva della stagione levantina (già richiesto da Marcelino per il Racing dell' anno prossimo), guizzante ala destra, autore di un gol eccezionale così come quello di Pedro León, giovane talento che ha trovato lo spazio per mostrare il suo talento soltanto nell' ultima parte della stagione: esterno destro o trequartista, ha eccellente controllo di palla, destro calibratissimo, buon allungo, anche se difetta un po' di rapidità di esecuzione. Anche lui non penso che giocherà in Segunda l' anno prossimo.

CLASSIFICA
1 R. Madrid 72
2 Villarreal 62
3 Barcelona 61
4 Atlético 54
5 Racing 53
6 Sevilla 51
7 Almería 48
8 Deportivo 46
9 Espanyol 46
10 Athletic 46
11 Betis 44
12 Mallorca 44
13 Getafe 41
14 Osasuna 40
15 Valencia 39
16 Valladolid 39
17 Zaragoza 37
18 Recreativo 37
19 Murcia 29
20 Levante 25

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano (Sevilla) 23 (2 rig.)
Güiza (Mallorca) 21
Raúl (R.Madrid) 17 (3 rig.)
Nihat (Villarreal) 15
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)

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TRENTATREESIMA GIORNATA: Athletic Bilbao-Valencia 5-1: autorete Albiol (A); Llorente (A); Llorente (A); Villa (V); Iraola (A); Aduriz (A).

Disfatta, massacro, “Koemanicidio”. Sfida senza storia, inevitabile quando si affrontano un morto che cammina, il Valencia, e una squadra che scoppia di salute, ovvero l’ Athletic che, tentativo dopo tentativo, Joaquín Caparros è riuscito a traghettare, finalmente e definitivamente, oltre le miserie degli ultimi due anni.
I Leoni ora sono compatti, ben organizzati, convinti e reattivi, non ammucchiano più gli uomini davanti al portiere ma dispongono ordinati e solidali dietro la linea della palla, e quando ribaltano l’ azione cominciano a ricordare sempre di più il vecchio Sevilla di Caparros per la verticalità e la scioltezza delle transizioni offensive, in alcuni momenti sviluppando persino un calcio gradevole.
Sul Valencia, diciamo che il rischio-retrocessione è ora serissimo: credevo che la depressione del Zaragoza potesse servire a mantenere un buon margine di sicurezza, ma ora gli aragonesi, rinfrancati dalla vittoria sul Recre, sono a soli due punti, anche il Recre è lì e il calendario recita tappe assai complicate da qui alla fine: prima l’ Osasuna al Mestalla, che sta un punto sopra e che fuori casa è noto per la spigolosissima condotta di puro ostruzionismo (speculerà sul pareggio, giocherà col tempo e con i nervi del Mestalla: saranno novanta minuti lunghi una vita), poi ci sarà anche il Barça al Camp Nou. Su Koeman non ci sono più commenti: sembra che ogni sua mossa sia sempre la peggiore per la squadra, raramente si è visto un tecnico capirci così poco. Onestamente dovrebbe essere lui per primo a fare un passo indietro, la situazione non può invitare ad altre conclusioni.

Indigeribile 4-1-4-1 (o 4-3-3 fasullo, come preferite) per il Valencia, confermata la coppia atipica della mediana bilbaina Javi Martinez-Yeste (un cursore+un fantasista), la soluzione migliore dopo l’ infortunio di Orbaiz fino a fine stagione e in attesa del grande ritorno dalla squalifica di Gurpegi, fissato per la prossima sfida del Bernabeu (Caparros ha già annunciato che partirà titolare).
Il primo quarto d’ora è di paralisi, l’ azione ristagna a centrocampo senza sortite significative e accelerazioni delle due squadre. All’ Athletic tutto gira bene però di questi tempi, e così l’ episodio che sblocca la contesa, al 18’, capita proprio ai padroni di casa: Llorente, appena dentro l’ area e spalle alla porta, scarica sull’ accorrente Javi Martinez, la cui non irresistibile conclusione trova la provvidenziale deviazione di Albiol, che spiazza in pieno Mora, stranamente titolare al posto di Hildebrand.
Da qui in poi gara in discesa per l’ Athletic, che la controlla tranquillamente nella sua metacampo per poi lanciare ficcanti contropiedi condotti soprattutto da Etxeberria. Il Valencia è sconsolante, e la formazione scelta da Koeman è francamente una violenza alla logica: con un attaccante della tipologia di Villa abbandonato davanti e aggiungendo pure l’ assenza di Silva, non si capisce proprio come Koeman possa relegare in panchina Banega e consegnare il centrocampo al piattume del trio Maduro-Marchena-Baraja, incapace di creare discontinuità sulla trequarti, di allacciarsi con l’ attacco e di uscire dalla logica inconcludente del passaggio orizzontale o del lancio lungo a mo’ di preghiera verso gli attaccanti (gli attaccanti? Villa in cella d’ isolamento…). Vedere il Valencia giocare un pallone pericoloso nei pressi dell’ area avversaria ha il sapore del miracolo, perché la verità è che gli ospiti molto semplicemente NON SANNO AVANZARE.
Praticamente un tempo buttato via senza nemmeno giocare per l’ inettitudine del proprio tecnico, e questa mia pesante opinione la conferma lo stesso Koeman, che nel secondo tempo rivede tutto e opera le correzioni più logiche, togliendo il centrocampista di troppo, Maduro, e il più scarso dei ventidue in campo, Arizmendi, inserendo Joaquin e affiancando Morientes a Villa.
Non si ha però il tempo di valutare gli effetti di questi cambi, perché appena iniziata la ripresa l’ Athletic raddoppia, con Llorente che brucia il difensore avversario deviando in spaccata un servizio rasoterra di Etxeberria. Solo fra il 2-0 e il 3-0 il Valencia ha qualche accenno di forcing, ma il terzo gol, ancora di Llorente (in due riprese) apre la strada allo show zurigorri. Solo la punizione di Villa per il 3-1 (con deviazione decisiva della barriera) lo inframmezza, poi chiudono la mattanza Iraola (soddisfazione meritata) e il subentrato Aduriz nel recupero.

I MIGLIORI: Llorente è cresciuto: rapporto orrendo con Clemente, anonimato con Mané, il suo incrocio con Caparros ha confermato tutta l’ abilità del tecnico utrerano nello svezzare i giovani talenti. Con lui Llorente sembra finalmente un punto di riferimento, bravissimo a controllare il pallone spalle alla porta, e anche più incisivo sotto porta (9 gol finora). Ricordo sempre che gli arieti spagnoli di livello non sono tanti (ed è una variante che manca al gioco della Seleccion): magari adesso è presto, ma per Sudafrica 2010…
Grande prestazione di Etxeberria, dà l’ assist in tre dei cinque gol: io l’ ho sempre preferito come seconda punta con libertà d’ azione dietro il centravanti più che da ala, è sempre molto mobile e vivace, svaria su tutto il fronte d’ attacco ed è incisivo nelle sue percussioni.
Gravissima irregolarità non riscontrata dall’ arbitro: la partita andava annullata, perché l’ Athletic in realtà giocava in dodici. Javi Martinez infatti vale per due: dappertutto, divora da solo la metacampo questo mediano dalle risorse atletiche sbalorditive, altro giocatore che in questa stagione sta esplodendo in tutta la sua personalità.
I PEGGIORI: Non credo sia tanto il caso di fare il nome di questo o quello…

Athletic (4-4-1-1): Armando 6; Iraola 7, Ustaritz 6,5, Amorebieta 6, Koikili 6; Susaeta 6,5, J. Martínez 7, Yeste 6 (46'), Gabilondo 6 (84'); Etxeberria 7, Llorente 7 (72').
In panchina: Aranzubia, Expósito, Prieto, Murillo, Garmendia 6,5 (46'), D. López s.v. (84'), Aduriz 6,5 (72')
Valencia (4-1-4-1): Mora 6; Miguel 6, Albiol 4,5, Alexis 5, Caneira 5,5; Arizmendi 5 (46'), Maduro 4,5 (46'), Marchena 5, Baraja 4,5, Mata 5,5 (70'), Villa 6.
In panchina: Guaita, Sunny, Edu s.v. (70'), Joaquín 5,5 (46'), Banega, Morientes 5,5 (46'), Zigic.

Goles 1-0 (18'): Albiol desvía un remate de Javi Martínez. 2-0 (48'): Llorente; 3-0 (65'): Llorente. 3-1 (74'): Villa, en golpe franco que toca Amorebieta. 4-1 (84'): Iraola. 5-1 (92'): Aduriz.
Árbitro: Rubinos Pérez. Colegio Madrileño. Amonestó a Susaeta (45'), Caneira (46') y Marchena (67').
Incidencias: San Mamés. 36.000 esp.


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TRENTATREESIMA GIORNATA: Racing Santander-Real Madrid 0-2: Raúl; Higuaín.

E’ semi-ufficiale la trentunesima Liga del Real Madrid: vittoria relativamente agevole per i merengues, al termine di una partita noiosissima, nella quale gli ospiti, dopo il pronto vantaggio con Raùl, si sono limitati a temporeggiare, contenere e rallentare i ritmi fino al fischio finale (e allo 0-2 di Higuaín in pieno recupero). Il Racing fallisce l’ occasione del sorpasso sull’ Atlético: pesano in maniera palese tutti i limiti qualitativi che la squadra di Marcelino denuncia quando è costretta a fare la partita.

Nel Madrid Diarra e Gago assieme per un centrocampo più solido, anche se il maliano non modifica il disegno, va a fare la mezzala e Gago rimane vertice basso; formazione-tipo per il Racing.
Il piano dei padroni di casa è chiaramente quello di difendere basso, cedendo il pallone all’ avversario e puntando su contropiedi rapidi e in pochi tocchi. E’ il gioco che il Racing preferisce, ma che nel primo quarto d’ora viene applicato in maniera incerta e tremebonda: tutto si riduce ad un’ attesa passiva, quasi un blocco mentale che incoraggia le offensive degli ospiti. Il Real Madrid monopolizza il possesso-palla, e alla prima accelerazione seria passa, più facile di ciò che si potesse aspettare alla vigilia: Sneijder chiede un uno-due, filtra sulla trequarti, scarica sulla sinistra per Robinho, cross ben calibrato a mezz’ altezza del brasiliano, deviazione sottomisura quasi impercettibile ma determinante del rapace Raúl, nell’ occasione scappato a César Navas.
Dopo il gol il Real Madrid pensa di aver già dato fin troppa mostra di sé, e da qui al novantesimo è pura gestione del risultato. La reazione del Racing è più convincente nel primo che nel secondo tempo: l’ undici di Marcelino alza un po’ il baricentro, prova le sovrapposizioni sugli esterni, ma manca sempre dell’ ultimo tocco sulla trequarti (quando si trovano a rifinire Colsa e Duscher, per il resto autori della solita prova di grande quantità, si capisce di cosa parlo) e del peso per intimidire in area avversaria. Tre occasioni comunque ci sono: la prima, la più bella azione della serata, con la profondità di Munitis per Tchitè, ipnotizzato però da Casillas; poi due colpi di testa del corazziere César Navas su azioni di palla, il secondo dei quali a lato di un soffio.
Il secondo tempo scade in una sonnolenta moviola, a tutto vantaggio del Real Madrid: il Racing perde l’ intensità che almeno aveva messo nel primo tempo dopo lo svantaggio, crea poco o nulla a parte i movimenti di Tchité, e i cambi offensivi di Marcelino (Smolarek per Serrano con Munitis spostato a sinistra, poi Pablo Álvarez al posto dello stesso Munitis) non alterano il quadro, col Madrid ben piazzato nella sua linea difensiva (oggi quella di massima affidabilità, con Heinze terzino al posto di “Groviera” Marcelo, come a dicembre scorso al Camp Nou, di gran lunga la miglior prova difensiva del Madrid 2007-2008) e protetto da un filtro accettabile del centrocampo.
Negli ultimi minuti il Racing stacca la spina, e nelle praterie sempre più estese della metacampo avversaria Higuain sentenzia.

I MIGLIORI: Ottimo Raúl, gran guizzo sul gol (il diciassettesimo in questa Liga), e il solito lavoro di sacrificio, si sente bene, le cose che tenta spesso gli riescono. Nel Racing è Tchité il più positivo: non proprio un gran finalizzatore, però senza palla è un giocatore veramente interessante, veloce e bravo a smarcarsi sia in profondità che con tagli dal centro verso le fasce e viceversa.
I PEGGIORI: Non illuminano Jorge López e Munitis, i due elementi di maggior tasso tecnico del Racing.

Racing (4-4-2): Toño 6; Pinillos 6, Moratón 6, C. Navas 5,5, Ayoze 6; J. López 5,5, Colsa 6 (81'), Duscher 6,5, Serrano 6 (56'); Munitis 5,5 (65'), Tchité 6,5.
In panchina: Coltorti, S. Sánchez, Oriol, Orteman s.v. (81'), P. Álvarez s.v. (65'), I. Bolado, Smolarek 6 (56').
Real Madrid (4-3-3): Casillas 6,5; Ramos 6, Pepe 6,5, Cannavaro 6, Heinze 6,5; Diarra 6, Gago 6, Sneijder 6 (89'); Robben 6 (83'), Raúl 6,5, Robinho 6 (75').
In panchina: Dudek, Salgado, Marcelo, Balboa s.v. (83'), Baptista s.v. (89'), Higuaín 6 (75'), Saviola

Goles 0-1 (13'): Sneijder hace la pared con Gago y abre a la izquierda a Robinho, cuyo centro lo remata Raúl con la derecha. 0-2 (93'): Higuaín recibe de Balboa en la frontal y marca con la izquierda.
Árbitro: Muñiz Fernández, del Colegio Asturiano. Amonestó a Serrano (16'), Moratón (33'), Tchité (48'), Pinillos (51') y Cannavaro (80').
Incidencias: El Sardinero. Lleno. 22.200 espectadores.


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domenica, aprile 20, 2008

TRENTATREESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE/1

Atlético Madrid-Betis 1-3: Juande 14' (B); Agüero 25' (A); Xisco 49' (B); Capi 65' (B).

Zaragoza-Recreativo Huelva 3-0: Sergio García 1'; Ricardo Oliveira 20'; Ricardo Oliveira 77'.

Deprimente. Anche la corsa per il quarto posto è una corsa verso il basso. Che una squadra come l' Atlético Madrid, totalmente squilibrata, senza uno straccio di gioco, contestata furiosamente al fischio finale dai suoi tifosi, abbia sempre tantissime chances di qualificarsi per la prossima Champions (anche se oggi il Racing battendo il Real Madrid potrebbe scavalcarlo), è un altro dato che depone a sfavore di questa Liga.
Dagli highlights si vedono delle cose da mettersi veramente le mani nei capelli, errori da calcio parrocchiale, la difesa e Leo Franco che regalano i gol, Melli che sull' 1-3 fa metacampo palla al piede senza incontrare alcuna opposizione... E' la Liga della mediocrità, in cui la maggior parte dei tanti gol nascono dagli errori più che dall' abilità o dal buon gioco delle squadre, si veda anche quello che combina Casto, secondo portiere del Betis, sul tiro di Agüero che vale il provvisorio 1-1.
Betis che comunque si gode la sua quasi certa salvezza: strana squadra questa, perde in casa col Levante ma al tempo stesso strapazza il Barça e le due squadre di Madrid, in questo caso addirittura nonostante le assenze in un colpo solo di Pavone, Edu e Mark González, ovvero i tre elementi su cui si regge la sua azione offensiva, le lame più affilate. Gioca José Mari unica punta, praticamente un turista in tutto il resto della stagione, e basta questo per mandare in tilt la difesa dell' Atlético.

Errori gravi (due palle perse in difesa, ma si può?) anche quelli con cui il Recre compromette la partitissima-salvezza col Zaragoza nei primi 20 minuti: gli aragonesi ripropongono il 4-4-2 di Victor Fernández, quello coi finti esterni a centrocampo, e Aimar torna dal primo minuto e torna a splendere, notizia buonissima. Le due punte, Oliveira e Sergio Garcia (assente Diego Milito), si incaricano di liquidare la pratica, messa ulteriormente in discesa dall' espulsione incredibilmente sciocca rimediata nel primo tempo dall' attaccante ospite Marco Ruben, che nel giro di un minuto rimedia due cartellini gialli con altrettante entratacce. Nel finale del match il Zaragoza finirà in 9 per le espulsioni del canterano Vicente Pascual (entrato nella ripresa, esordio in Liga) e Ayala, ma succede quando Oliveira ha già siglato, quindi il danno è relativo.
Importantissima vittoria per il Zaragoza, che non solo raggiunge il Recre a quota 37, ma lo relega anche al terzultimo posto in virtù del miglior bilancio negli scontri diretto.


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TRENTATREESIMA GIORNATA: Sevilla-Almería 1-4: autorete Daniel Alves (A); Negredo (A); Juanma Ortíz (A); Negredo (A); Kanouté (S).

Un altro incomprensibile blackout per il Sevilla, una disarmante figuraccia proprio quando la sconfitta casalinga dell’ Atlético (1-3 dal Betis) apriva prospettive interessantissime in chiave-Champions. A parte il passivo forse un po’ troppo ingeneroso nei confronti del Sevilla e a parte i primi 20 minuti nel pallone (con occasionissime a ripetizione divorate dai padroni di casa), è stato il trionfo dell’ Almería: signor allenatore (Emery è il vero fenomeno di questa Liga 2007-2008, assieme a Marcelino e ad Agüero) e signora squadra, in campo ci sta come poche, organizzata come un orologio, e non si tira mai indietro quando c’è da giocare il pallone. In piena zona-Uefa, e il quarto posto è ad appena 6 punti di distanza…

Dopo il Villarreal e il Mallorca, Manolo Jiménez torna alle due punte; Emery invece modifica il disegno abituale del suo centrocampo: solitamente composto da un vertice basso e due mezzeali, stavolta vede Melo sulla stessa linea di Soriano, con Corona a fungere più da trequartista classico, forse per sfruttare proprio la tendenza a lasciare spazi fra difesa e centrocampo del Sevilla di quest’ anno. Lo squalificato Crusat viene invece sostituito con l’ avanzamento di Mané.
Nonostante una traversa colta da Soriano con un’ acrobazia su calcio d’ angolo, l’ inizio di partita è assolutamente a senso unico, il Sevilla arriva con facilità irrisoria dalle parti di Diego Alves tanto che l’ Almería nemmeno sembra essere sceso in campo: gli ospiti non trovano le misure, Capel ha l’ uno contro uno facile e da lì piovono palloni su palloni che mettono in imbarazzo l’ incerta linea difensiva almeriense. Il gol è nell’ aria, ma Luis Fabiano in due occasioni e Keita concludono sul fondo colpi di testa praticamente a botta sicura.
Così, assolutamente inaspettata, arriva la doccia gelida per il Sánchez Pizjuan: al 23’, praticamente la prima occasione in cui l’ Almería si affaccia per impostare un’ azione manovrata, Soriano mette un cross dalla trequarti, tagliato e veloce, fra portiere e difensori, non è semplicissimo da gestire, Dani Alves va in tilt e incredibilmente fredda Palop di testa. Il gol, oltre all’ ovvio vantaggio sul tabellone, dà all’ Almeria la tranquillità per risistemarsi sul campo e occuparlo nella maniera più razionale: gli uomini di Emery cominciano a tenere di più palla e a combinare sfruttando il disorientamento del Sevilla, e così subito dopo il gol si creano l’ occasione per il KO, quando l’ arbitro fischia un rigore per fallo su Negredo. Sul dischetto lo stesso Negredo replica però l’ errore di domenica scorsa col Villarreal, stavolta scagliando il pallone sul palo.
Ciò incoraggia il Sevilla, il quale però continua a intravedere pochi spiragli. Dopo lo 0-1, è l’ Almeria ad avere assunto il controllo strategico, accorciando le distanze fra i reparti e restringendo il campo a disposizione dell’ avversario: i raddoppi sugli esterni impediscono di sfruttare la società Alves-Navas, mentre il pressing a centrocampo inghiottisce Poulsen e Keita, sicchè il Sevilla si trova nella disagevole situazione di dover impostare l’ azione coi piedi mediocri dei difensori centrali, potendo sperare al massimo in qualche episodio isolato per inquietare Diego Alves (come il tiro al volo alto di Navas alla fine del primo tempo).
Jiménez prova a trovare un filo logico a centrocampo con Renato per Poulsen, ma il Sevilla non ha nemmeno tempo di organizzare una reazione, ad inizio ripresa lo 0-2 di Negredo è un macigno. Il primo errore è quello di lasciare a Soriano sulla trequarti tutto il tempo per controllare, alzare la testa e liberare la conclusione (cosa che non sarebbe mai avvenuta con una corretta coordinazione dei movimenti fra difesa e centrocampo), il secondo, quello più vistoso, lo commette Palop, respingendo il tiro di Soriano centrale giusto giusto sui piedi dell’ accorrente Negredo, il quale insacca a porta vuota.
Sotto di due gol, Jiménez tenta la carta della disperazione, la mossa che forse affossa definitivamente il Sevilla: Koné per Mosquera, difesa ridotta all’ osso e ora spalancata ad ogni incursione avversaria. Come quella che porta allo 0-3: batti e ribatti, palla che rimane sulla trequarti, passaggio filtrante di Negredo per Juanma Ortiz che penetra come una lama nel burro e scavalca Palop con un tocco sotto.
Koné prende il palo, poi Adriano si fa espellere per proteste poco educate: di male in peggio, e l’ Almeria non mostra nessuna pietà, proprio nell’ azione susseguente al rosso ad Adriano, Negredo fa infatti doppietta, stavolta con una gran bella deviazione volante su cross dalla destra. Il finale è senza storia, soltanto per registrare la reazione d’ orgoglio del Sevilla: Kanouté prima sbaglia un rigore (sempre impressionante la reattività di Diego Alves, che però deve migliorare la presa), poi finalmente fa centro rimpallando in rete una deviazione sul palo di un difensore dell’ Almeria.

I MIGLIORI: Si concede pure il lusso di sbagliare un rigore Negredo, al 13esimo gol stagionale, insostituibile per Emery, unico finalizzatore autentico della rosa almeriense, fondamentale anche per il suo lavoro spalle alla porta. Efficacissima partita di Soriano, presente nelle azioni dei primi due gol: un mediano di non esaltante qualità tecnica, ma capace di svolgere più fasi e coprire un ampia fetta di campo. Può giocare più bloccato davanti alla difesa oppure (come più spesso viene impiegato) da mezzala, ha polmoni, notevole continuità all’ interno dei novanta minuti, pressa ed ha una buona scelta di tempo negli inserimenti offensivi (pericoloso anche sui calci piazzati).
Le azioni più interessanti del Sevilla, soprattutto nel dominio dei primi 20 minuti, vengono dagli uno contro uno di Diego Capel.
I PEGGIORI: Insicura la copia Mosquera-David Prieto, cancellati dalla partita Poulsen e Keita, male anche Luis Fabiano, che due-tre palle buone di testa le avrebbe anche ma conclude come un killer che si rispetti non può proprio fare. Papera per Palop, che in generale quest’ anno non ha neanche lontanamente offerto la sicurezza delle due stagioni passate.

Sevilla (4-4-2): Palop 5; Alves 5,5, Mosquera 5 (57'), D. Prieto 5,5, Adriano 5; Navas 6, Poulsen 5 (46'), Keita 5,5, Capel 6,5(67'); Kanouté 6, L.Fabiano 5.
In panchina: De Sanctis, Crespo, Fazio, Duda (67'), Renato (46'), De Mul, Koné (57')
Almería (4-2-3-1): Diego Alves 6,5, Bruno 6, C.García 6, Pulido 6,5, Cisma 6,5; Soriano 7 (67'), Melo 6; Juanma Ortiz 6,5, Corona 6 (72'), Mané 6,5 (77'); Negredo 7.
In panchina: Aitor Alcalde, Kalu Uche s.v. (77'), José Ortiz s.v. (72'), Iriney s.v. (67'), Acasiete, Juanito, Guiherme

Goles 0-1 (24'): Alves, en propia puerta. 0-2 (47'): Negredo. 0-3 (62'): Juanma Ortiz. 0-4 (66'): Negredo. 1-4 (73'): Kanouté.
Árbitro: Clos Gómez, Col. Aragonés. Expulsó a Adriano con roja directa (65'). Amonestó a Soriano (18'), Juanma Ortiz (32'), Pulido (84'), Poulsen (22'), Alves (82') y Keita (87').
Incidencias: Sánchez Pizjuán. 30.000 espectadores. El campo, resbaladizo por la lluvia.


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TRENTATREESIMA GIORNATA: Barcelona-Espanyol 0-0

Prestazione generosa, qualche tratto di buona vivacità, ma il prodotto non cambia per un Barça rassegnato all’ impotenza. Ordinata e compatta nella linea difensiva ma qualitativamente molto modesta la prova dell’ Espanyol, senza un minimo di audacia e immaginazione (come manca Iván!) nei suoi rarissimi tentativi offensivi, si accontenta di uno 0-0 che lo lascia in una posizione sempre più indefinita e anonima di metà classifica.

Rijkaard ripropone Gudjohnsen titolare, mentre i poppanti Giovani (inizialmente a sinistra) e Bojan affiancano Eto’o; nell’ Espanyol ancora panchina per Riera, che paga l’ evidente calo di rendimento nel girone di ritorno.
L’ inizio è scorrevole, con deboli argini a centrocampo e tentativi da una trequarti all’ altra, poi il controllo passa presto al Barça, però tutt’ altro che irrestibile nella sua moderata, e soggetta a frequenti interruzioni, pressione offensiva: qualcosa di interessante lo offre l’ azione verticale di Gudjohnsen, che garantisce una buona sponda sia a Xavi (che in un paio di occasioni cerca l’ islandese con palle lunghe alle spalle dei due centrali espanyolisti, una giocata simile a quello schema tanto ben eseguito da Daniel Alves e i due attaccanti del Sevilla) che a Eto’o, il quale trova l’ appoggio per triangolare e provare lo sfondamento centrale: l’ occasione più ghiotta del primo tempo blaugrana nasce proprio da un uno-due fra Eto’ e Gudjohnsen, il cui sinistro viene però neutralizzato da Kameni.
A parte questo e le immancabili sovrapposizioni di Sylvinho, il gioco del Barça è però al solito appesantito, con la persistente difficoltà a recuperare palla nella metacampo avversaria (il che vuol dire che la fase di possesso ogni volta comincia con Puyol e Milito che si scambiano il pallone e gli avversari già tutti dietro la linea della palla) e il consueto difetto di mobilità ed eccesso di tocchi.
In mancanza di meccanismi collettivi soddisfacenti, Rijkaard sa che l’ unica via è affidarsi ad individualità capaci di creare la superiorità numerica: Gudjohnsen non meritava di uscire, ma gli ingressi nel secondo tempo di Iniesta e soprattutto Messi moltiplicano la capacità di sfondamento blaugrana, aggiungendo pressione sulla difesa espanyolista. Questa è la chiave di lettura della ripresa, i cui primi 20-25 minuti sono di assedio blaugrana: è Messi a trascinare tutti, con le sue percussioni folli ma che portano sempre qualcosa, creando sbocchi anche nelle situazioni apparentemente impossibili. A concludere però è Eto’o, e stavolta la mira del camerunese (per il resto sempre incredibilmente attivo nella preparazione delle azioni) lascia a desiderare: prima ha poco tempo per tirare in area piccola e spara centralmente su Kameni, poi liberato da una percussione di Iniesta piazza a lato appena entrato in area, infine lanciato in profondità da Messi incrocia debolmente a tutto vantaggio di Kameni.
Il Barça non concretizza la sua fase migliore, poi col passare dei minuti la sua spinta perde continuità ed intensità, si dirada favorendo il gioco puramente ostruzionistico (perdite di tempo comprese) dell’ Espanyol, anche se un ultimo brivido nei dieci minuti finali lo crea il colpo di testa a botta sicura solo sfiorato da Eto’o su morbido cross dalla sinistra di Iniesta.

I MIGLIORI: Non meritava il cambio Gudjohnsen, a mio avviso uno dei più positivi del primo tempo. Mai troppo considerato da Rijkaard come centrocampista, in realtà ha caratteristiche di incursore che non ha nessun’ altra delle mezzeali blaugrana: rende più verticale l’ azione della squadra, allunga le difese avversarie aumentando la pressione sui centrali, si muove costantemente e intelligentemente senza palla, anche se gli manca un po’ di lucidità e di tocco al momento di rifinire (ad esempio butta via in maniera indecente un contropiede molto promettente orchestrato in tandem con Giovani).
Ottima prova di sostanza di Yaya Touré, ben posizionato come stopper davanti alla difesa, robusto ed efficace nel chiudere i varchi sulla trequarti. Messi accende la ripresa. Kameni attento in ogni occasione.
I PEGGIORI: Male i due teenagers: Giovani non entra nemmeno in partita, Bojan resta un po’ ai margini dell’ azione (difetto non nuovo) e fa una certa confusione quando deve decidere come concludere l’ azione. Annacquati i talenti offensivi dell’ Espanyol: Luis Garcia poco incisivo, Tamudo forzatamente estraneo al match nella misura in cui l’ Espanyol gioca solo per non perdere. Insignificante Rufete.

Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Zambrotta 6, Puyol 6 (66'), Milito 6, Sylvinho 6; Xavi 6, Touré 6,5, Gudjohnsen 6,5 (46'); Bojan 5, Eto’o 6, Giovani 5 (46').
In panchina: Pinto, Abidal, Márquez 6 (66'), Iniesta 6 (46'), Deco, Henry, Messi 6,5 (46')
Espanyol (4-4-1-1): Kameni 6,5; Zabaleta 6, Torrejón 6, Jarque 6,5, Chica 6; Rufete 5 (58'), Moisés 6, Ángel 5,5, Coro 6; L. García 5,5 (58'); Tamudo 5,5(85').
In panchina: Lafuente, D. García, Lola s.v. (85'), Valdo, Riera 5,5 (58'), Jonathan, Ewerthon 5,5 (58')

Árbitro: Pérez Lasa (Colegio Vasco). Amonestó a Moisés (16'), Gudjohnsen (41'), Rufete (44'), Ángel (61'), Jarque (65'), Riera (65'), Puyol (66'), Tamudo (76'), Iniesta (82'), Kameni (88'), Milito (91'+), Messi (93'+), Xavi (94'+) y Ewerthon (94'+).
Incidencias: Camp Nou. 75.451 espectadores. Noche primaveral. Terreno de juego algo blando e irregular. No hubo presencia de grupos organizados de seguidores del Espanyol.


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giovedì, aprile 17, 2008

La stagione è salva?

Il Valencia si aggiudica la Copa del Rey, 3-1 al Getafe: uno-due di Mata e Alexis (appena tornato da un lunghissimo infortunio) al 4' e all' 11', Granero su rigore al 45', in chiusura di primo tempo, restituisce le speranze al Getafe, infine stroncate dal 3-1 di Morientes che all' 84' approfitta di una paperaccia di Ustari, portiere di Coppa (ahi, tasto dolente il portiere per il Getafe: la società, un modello per tanti altri aspetti, su questo punto ha pagato una strategia estiva decisamente pasticciata).

Non posso commentare la partita, non avendo avuto modo di vederla, posso solo tirare le somme generali: per il Valencia era l' ancora di salvezza, ma ciò non può comunque occultare la realtà di una stagione disastrosa e di una programmazione societaria catastrofica (che probabilmente costringerà a un foprte ridimensionamento economico); il Getafe saluta questa stagione 2007-2008 con l' amaro in bocca, a mani vuote dopo aver raccolto elogi per il gioco e per la capacità davvero incredibile di aver saputo reggere a lungo su tre fronti con una rosa limitata e spesso tartassata dagli infortuni.

CRONACA (as.com)
"Una victoria que no cierra las heridas" ("Sevillismo y más futbol")

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martedì, aprile 15, 2008

Il punto sulla trentaduesima giornata.

Real Madrid-Murcia 1-0: Sneijder 58'.

Valladolid-Atlético Madrid 1-1: Maxi Rodríguez 69' (A); Ogbeche 92' (V).

Getafe-Zaragoza 0-0

Betis-Levante 0-1: Pedro León 52'.

Deportivo-Athletic 3-0: Coloccini 31'; Sergio 64'; Filipe 79'.

Almeria-Villarreal 1-0: Acasiete 84'.

Mallorca-Sevilla 2-3: Renato 43' (S); Güiza 46' (M); Kanouté 76' (S); Daniel Alves 76' (S); Webó 89' (M).

Espanyol-Osasuna 0-1: Astudillo 31'.

Valencia-Racing 1-2: Colsa 60' (R); Villa, rig. 64' (V); Tchité 82'.

Recreativo Huelva-Barcelona 2-2: Eto'o 1'(B); Ruben 41'(R); Eto'o 46' (B); Ruben 70' (R).


La Liga sempre più verso Madrid: i merengues ci hanno provato in tutti i modi a regalarlo questo campionato, volevano contraccambiare il favore del Barça l’ anno scorso, ma non hanno trovato uguale ricettività nei blaugrana, motivo per cui dovranno finire per “accontentarsi” della trentunesima Liga nella loro storia.
Un campione fra i più mediocri che si ricordino, non solo per le sette sconfitte incassate in tutto il campionato, fatto evidentemente anomalo per una capolista, ma anche per la modesta qualità di gioco: un punto importante questo, perché se l’ estate scorsa Calderón cacciò Capello proprio in cerca di maggior spettacolo (una decisione che in astratto posso apprezzare, ma che nel caso concreto mi lasciò perplesso per due motivi: il primo è che la sincerità della motivazione era assai discutibile; il secondo, molto semplice, è che il Real Madrid sapeva fino alla noia chi fosse Capello e che cosa potesse garantire già nel momento in cui lo ingaggiò, motivo per cui lamentarsene dopo suona abbastanza illogico), cercando in Schuster il profeta di una nuova Età dell’ Oro di calcio offensivo, bisogna dire adesso con la massima freddezza che il tedesco ha fallito in pieno l’ obiettivo, e coerenza vorrebbe che il Real Madrid, squadra ancora alla ricerca di un gioco divertente e ben organizzato, se ne liberasse la prossima estate. Tanto il Real Madrid quanto il Barça, seppure per motivi assai diversi, avranno bisogno l’ anno prossimo di una nuova guida tecnica e di una ristrutturazione che le possa riportare a livelli di gioco consoni, ne va dell’ immagine della Liga e di tutto il calcio spagnolo a livello europeo.

Messi i puntini sulle i, va detto che l’ ultima cosa da fare è stupirsi per le modalità poco brillanti con cui il Real Madrid ieri ha sconfitto la penultima in classifica. Direi anzi che, considerate le circostanze, i merengues hanno gestito nel migliore dei modi i novanta minuti, badando al sodo soprattutto dopo l’ espulsione di Torres nel primo tempo (giusta, così come giuste son state le altre decisioni contestate di Iturralde González, forse un po’ troppo protagonista ma comunque autorevole in una partita per lui veramente difficile da arbitrare).
Alla vigilia si vociferava di una fantomatica difesa a 6 di Clemente, che già in settimana aveva preannunciato un autobus davanti alla porta di Carini, giocando su un’ espressione molto diffusa in Spagna per definire una condotta ultra-difensiva: purtroppo noi fans di Javi alla fine siamo rimasti con l’ amaro in bocca davanti ai “soli” 5 difensori più César Arzo e Kabous a protezione schierati dal tecnico basco. Come prevedibile, i ritmi della partita hanno subito un consistente rallentamento, col Real Madrid attivo soprattutto sulla fascia sinistra, senza profondità sulla destra in assenza di Sergio Ramos e con Robinho e Robben ad alternarsi nella fascia per loro più scomoda.
L’ espulsione di Torres avrebbe potuto cambiare la partita, ma a conti fatti l’ inferiorità numerica non ha pesato affatto contro un avversario drammaticamente sottozero in quanto a qualità e con Goitom, non proprio uno sfondareti, unico attaccante di ruolo disponibile (gli altri, Baiano, Iñigo e Iván Alonso, son tutti rimasti a casa). La pochezza murciana si riassume tutta nella dilettantesca gestione di quei pochi contropiedi di cui hanno disposto gli ospiti: particolarmente clamoroso nel primo tempo uno in cui Aquino (male il 17enne, evidentemente ancora acerbo) temporeggia, serve male Goitom e poi s’ impappina permettendo il recupero di Sneijder quando lo svedese gli restituisce il pallone.
Si capisce la giornata di quasi totale relax di Casillas contro una squadra incapace di mettere in fila due passaggi, anche quando nella prima parte della ripresa ha provato ad alzare il baricentro e combinare di più fiutando l’ occasione, in realtà mai alla sua portata, del colpaccio in casa di un Real Madrid in inferiorità numerica. Invece è arrivato il gol di Sneijder a chiudere ogni discorso: frutto dell’ intervento errato di Pignol (solitamente terzino destro, ieri terzo centrale a destra), ma anche dell’ abilità di Sneijder, gran bel gol per precisione e rapidità d’ esecuzione.
Strana stagione quella dell’ olandese: otto gol e pure belli pesanti, eppure Sneijder, dopo un inizio-monstre, per una lunga fase centrale della stagione era parso più che altro un corpo estraneo, un incursore sporadico dal peso quasi inesistente nella costruzione della manovra. Invece nelle ultime settimane, al di là dei due gol consecutivi nelle ultime due partite, Sneijder sembra aver ritrovato l’ ispirazione e il protagonismo che gli sono propri.
Dopo il gol di Sneijder, il match non ha avuto più storia: Schuster saggiamente ristabilisce la linea a 4 in difesa inserendo Salgado per Robinho, attende nella sua metacampo e il resto lo fa l’ analfabetismo del Murcia.

Ovviamente il Barça non ci ha voluto nemmeno provare a mettere pepe sulla Liga: la sera prima, l’ ennesimo pareggio uguale a tanti altri, tre punti buttati via con nonchalance, dopo l’ ingresso di Messi varie chances sprecate prima che Ruben segni il 2-2 (questo sì regolare, il primo gol dell’ argentino lo ha visto solo l’ arbitro), aiutato da una colossale sciocchezza di Valdés.
Al solito il Barça commette l’ errore di temporeggiare e difendere nella sua metacampo, cosa che non sa fare: oltre alla consueta difficoltà a rubare palla a centrocampo (anche quando al posto di Iniesta c’è il più solido Gudjohnsen: ottima partita dell’ islandese, dà più dinamismo, verticalità e mobilità all’ azione del centrocampo, si offre e appoggia costantemente), va notato un atteggiamento della difesa che ha lasciato alquanto perplessi sia ieri che contro lo Schalke: troppo passiva la retroguardia, non accorcia, lascia ricevere e puntare gli attaccanti avversari e marca in maniera blanda sui traversoni avversari.
Una delle poche note da salvare è per l’ ennesima volta Eto’o, il quale appena tornato al centro del tridente ha riportato la sua media sul gol a partita (senza dimenticare comunque che il suo spostamento a destra nelle precedenti partite aveva motivazioni non trascurabili), con un acuto strepitoso in occasione del provvisorio 1-2.
Il Recreativo si è confermata una delle squadre più dignitose in assoluto della Liga: dà tutto, suda, ci crede e per quanto può cerca di giocare a calcio, nonostante le più volte rimarcate carenze di peso dalla trequarti in su. Dopo ogni svantaggio ha avanzato il baricentro e, seppure con rilevanti debolezze nella fase di filtro a centrocampo e con una difesa piuttosto perforabile (nell’ occasione orfana di un pezzo da novanta come Martín Cáceres), ha messo pressione all’ avversario e ottenuto un meritato pareggio. Rimane immutata la distanza di tre punti dal Zaragoza (bloccato sullo 0-0 a Getafe, punto prezioso per la squadra di Laudrup che mantiene la debita distanza dalla zona calda), prossimo avversario in uno scontro diretto dai contorni quasi apocalittici.

Cade anche il Villarreal, mai seriamente coinvolto nella lotta per il titolo: sul difficilissimo campo dell’ Almeria condiziona l’ intera partita l’ espulsione di Diego López dopo 18 minuti. Metà errore del portiere, che sbaglia il controllo ed è costretto a stendere il rapidissimo Crusat (se gli lasci un centimetro sei fritto) ritornato sul pallone, metà follia di Javi Venta, che gli propina un retropassaggio difficilmente digeribile. Entra il portiere del Villarreal B, Juan Carlos (che durante la partita alternerà a qualche buon colpo di reni reiterati interventi naïf da brividi), subito baciato dalla fortuna quando Negredo spara in curva il rigore susseguente al fallo costato l’ espulsione a Diego López.
Il rigore fallito comunque non cambia la sostanza di una partita dove il Villarreal può ben poco dall’ inizio alla fine: già prima dell’ espulsione, l’ Almeria era parso imporre le caratteristiche forti del suo gioco: baricentro alto, grande aggressività, pressing già sulla trequarti avversaria, rapida circolazione del pallone e verticalizzazioni insistite. Ritmi che non gradisce un Villarreal che fatica a elaborare il suo palleggio paziente.
Dopo l’ espulsione, il predominio accennato in apertura diventa monologo totale dei padroni di casa, i quali dispongono totalmente del pallone di fronte a un Villarreal che si trova a dover fare di necessità virtù, impossibilitato a svolgere il suo gioco prediletto: gli uomini di Pellegrini soffrono soprattutto nel primo tempo, ma col passare dei minuti si adattano sempre di più all’ obbligato basso profilo, sacrificandosi con otto uomini nella propria metacampo.
Nel secondo tempo l’ intensità del match cala sensibilmente, e il monopolio del possesso-palla dell’ Almeria comincia a diventare sempre più sterile, perché quando il ritmo si abbassa l’ undici di Emery perde parecchio, e di suo non dispone di molte opzioni risolutive negli ultimi metri: l’ unica è Negredo, che con un ottimo stacco costringe Juan Carlos a un grande intervento, però ieri come tante altre volte, il gol decisivo è arrivato su azione da calcio piazzato, là dove l’ Almeria ha tirato fuori punti pesantissimi dall’ ormai celeberrima varietà di schemi di Emery. Segna Santi Acasiete, giocatore protagonista di una stagione difficile: colonna e leader difensivo della promozione, in seguito a una polemica scoppiata nel suo Perù (è stato sorpreso a gozzovigliare indebitamente dopo una partita con la nazionale), non solo ha perso il posto in nazionale, ma anche nell’ Almeria, a favore della coppia Carlos Garcia-Pulido, consolidatasi su buoni livelli nel corso del campionato.
Altro protagonista, questo non nuovo, un Felipe Melo ancora su livelli sontuosi: centrocampista totale il brasiliano, motore della squadra che indifferentemente spezza e costruisce il gioco con prepotenza atletica ed elevata qualità tecnica.

Si fa interessante la lotta per il quarto posto: l’ Atlético fermato a Valladolid si preoccupa davanti a un Racing che non molla la presa, corsaro al Mestalla (avessi detto…) in una partita dai contenuti spettacolari poverissimi. Gli ospiti, senza dannarsi più di tanto, fanno la partita nel primo tempo, ma segnano nella ripresa, proprio la frazione in cui il Valencia, inizialmente ancorato da Koeman ad un improponibile trivote Marchena-Edu-Baraja, cerca di fare le cose più semplici, cercando i cross di Joaquin, i colpi di testa di Morientes e dando ingresso a Villa, lasciato imperdonabilmente in panchina assieme a Banega.
Proprio Villa pareggia su rigore l’ iniziale vantaggio di Colsa, poi due pali colpiti da Morientes, ma con l’ unico lampo spettacolare della serata il Racing si porta a casa i tre punti: tre-quattro passaggi tutti di prima, Pablo Álvarez (importante ingresso, uomo di fascia puro, veloce e verticale, diverso da Jorge López che ha un gioco più da trequartista) scappa sulla destra e serve Tchité, peraltro in fuorigioco, che libero sul secondo palo appoggia nella porta sguarnita.
Ormai superfluo fare commenti sul Valencia di Koeman, un continuo esperimento che a ogni tentativo riesce a peggiorare ulteriormente gli standard. Gli unici appigli per il tecnico olandese vengono dal fatto che la terzultima è il Zaragoza, una squadra quindi ancora più devastata di quanto non lo sia il Valencia, e che in questo momento della stagione è difficile trovare qualcuno che ne possa prendere il posto in panchina. Ora la finale di Copa del Rey, la cui vittoria suonerebbe come un premio davvero esagerato per questa squadra.
E rientra nella corsa per la Champions anche il Sevilla, che si afferma a Maiorca grazie anche a uno strepitoso Alves (ancora due gol incassati su calcio piazzato però).

Prosegue la caduta verticale dell’ Espanyol, traiettoria esattamente opposta a quella di un Deportivo che nel passaggio al 5-4-1 ha trovato la formula magica. I galiziani non solo sono già certi della salvezza (traguardo che solo due-tre mesi fa pareva improbabile raggiungere, anzi vedevo il Depor come la terzultima-quartultima della Liga in termini di qualità dell’ organico), ma ora contendono l’ Intertoto all’ Athletic Bilbao ieri nettamente sconfitto in quello che era l’ atteso ritorno di Caparros al Riazor, il cui pubblico non ha mai amato il tecnico utrerano, lasciatosi peraltro male coi giocatori del Depor (lo testimonia anche Coloccini, che festeggia il proprio gol andando ad esultare proprio davanti alla panchina dell’ Athletic). Frena il Betis.

CLASSIFICA
1 R. Madrid 69
2 Barcelona 60
3 Villarreal 59
4 Atlético 54
5 Racing 53
6 Sevilla 51
7 Almería 45
8 Espanyol 45
9 Deportivo 43
10 Athletic 43
11 Mallorca 41
12 Getafe 41
13 Betis 41
14 Osasuna 40
15 Valencia 39
16 Valladolid 39
17 Recreativo 37
18 Zaragoza 34
19 Murcia 29
20 Levante 22

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano (Sevilla) 23 (2 rig.)
Güiza (Mallorca) 18
Raúl (R.Madrid) 16 (3 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)
Etoo (Barcelona) 14

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venerdì, aprile 11, 2008

Il calcio è crudele.


La più atroce delle beffe impedisce al Getafe di proseguire nel suo sogno europeo: troppo ingiusto finire così, troppo crudele cancellare a pochi secondi dal fischio finale quella che sarebbe stata una delle più grandi imprese nella storia del calcio spagnolo. Il Getafe meritava di andare avanti perché con le armi del sacrificio, del carattere e di una disciplina tattica impeccabile aveva dimostrato di potersi sovrapporre a qualunque rovescio della sorte, di saper rispondere col cuore ma anche con moltissima testa alle situazioni più imprevedibili e sulla carta sfavorevoli, a differenza di un Bayern dalla miserrima qualità di gioco in rapporto alle individualità e al tanto denaro sperperato.

Già il Getafe era arrivato a quest’ incontro in condizioni estremamente precarie, con le assenze del Cata Diaz, di Mario, Pablo Hernandez e Granero, e a questo si è aggiunta una quasi immediata inferiorità numerica, causata dall’ espulsione al 6’ di De la Red (l’ elemento di spicco della squadra che, paradossalmente, stasera ha fatto più danni della grandine: impiegato come difensore centrale d’ emergenza, già prima dell’ espulsione aveva regalato una palla-gol al Bayern perdendo palla in difesa), colpevole di un fallo da chiara occasione da gol su Klose al limite dell’ area.
Sulla punizione seguente Van Bommel prende il palo e il gol di Toni sulla successiva respinta viene annullato per fallo di mano, ma da qui in poi il Getafe dimostra di saper gestire ottimamente l’ inferiorità numerica: schierato benissimo nelle due linee da 4 di difesa e centrocampo, lascia i difensori del Bayern completamente liberi di impostare fino a oltre la metacampo, ma una volta passata questa linea non concede mai la superiorità numerica sulle fasce ai tedeschi e muove con grande perizia la linea difensiva, che cerca di non difendere mai troppo attaccata ad Abbondanzieri e applica con molta attenzione la tattica del fuorigioco, di fatto limitando quella che è la principale arma offensiva del Bayern, ovvero la palla subito in area a cercare la mischia e il peso preponderante di Toni. Davvero pessima l’ elaborazione della manovra dei tedeschi, un possesso-palla monotono e di nessuna qualità, volto semplicemente a preparare il cross dalla trequarti e a raccomandarsi alla bontà dei suoi due fortissimi attaccanti.
Oltre all’ ordine difensivo, il Getafe non rinuncia comunque al contrattacco e al buon trattamento del pallone che ha nelle corde: certo è molto complicato allungare la difesa avversaria con una sola punta isolata, ancora di più dopo che il contropiedista d’ elezione Uche deve uscire già alla metà del primo tempo per l’ ennesimo problema muscolare, altro contrattempo per il nigeriano (che non è mai riuscito a trovare la continuità ed esplodere in questa stagione, per i problemi fisici e anche per la parentesi della Coppa d’ Africa) e altro bel macigno sulle spalle del Getafe.
Manu del Moral come al solito ronza tanto ma punge poco, non vale come riferimento offensivo, così Cosmin Contra, che evidentemente ha un fatto personale col Bayern, decide di fare da solo: prende palla, passa la metacampo, resiste al ritorno di Van Bommel, e vedendo il tentativo di chiusura piuttosto blando di Demichelis, percorre con decisione il corridoio centrale; entrato in area, scarica tutto quello che ha in corpo, e qui ha la fortuna di trovare la deviazione decisiva della scivolata di Lucio.
Il Bayern crea poco nonostante la superiorità numerica, solo episodi isolati, come quando Abbondanzieri esce a vuoto e Lell (pessimo giocatore) sparacchia a lato. Non sarà l’ unico errore del Pato…
Anche nel secondo tempo le linee del match rimangono più o meno simili, il Bayern senza gioco e il Getafe solido in difesa, sebbene il passare dei minuti e l’ intensità dello sforzo atletico costringano in qualche momento l’ undici di Laudrup ad aggrapparsi un po’ troppo a ridosso di Abbondanzieri.
Nonostante l’ ovvio monopolio del possesso-palla a favore del Bayern, non è comunque un monologo degli ospiti: in campo ci sono due squadre, e anzi è il Getafe a disporre dell’ occasione nettamente più ghiotta del secondo tempo, quando Braulio (sicuramente più punta di ruolo rispetto a Manu, con la lotta strenua su ogni pallone cerca di mascherare gli evidenti limiti tecnici) in campo aperto viene smarcato a tu per tu con Kahn, lo salta ma al momento di depositare in rete scivola clamorosamente, proprio come Keita nel Sevilla-Villarreal di domenica scorsa.
Nella retorica più trita, sembra il classico segno sfavorevole del destino, ma rimane la sensazione che di fronte al tentativo finale del Bayern, e nonostante il tourbillon di cambi offensivi di Hitzfeld (che arriva a giocare con Toni, Klose, Podolski, José Sosa e Ribery contemporaneamente), il Getafe possa comunque reggere fino al fischio finale: ancora una volta i fatti però si incaricano di smentire le previsioni della logica, e all’ 89’ sull’ ennesimo lancio a casaccio dei tedeschi, la respinta della difesa di casa non è decisa, la palla carambola su Cortés e finisce perfetta per la conclusione al volo di Ribery, che gela il Coliseum.
In dieci contro undici, avendo dato tutto e avendo pure esaurito i cambi, i supplementari si preannunciano come un lungo inferno per il Getafe: invece i ragazzi di Laudrup stupiscono, sbalordiscono, gonfiano d’ orgoglio i propri tifosi ridicolizzando l’ idea stessa di Impossibile. In apertura di supplementari, un uno-due memorabile: prima Braulio difende un pallone con la solita tenacia, lo scarica al limite dell’ area per Casquero, il quale sfodera la specialità della casa, missile di destro che sbatte sul palo e gonfia la rete; poi neanche il tempo di gioire, e arriva un altro diretto al mento del Bayern: Cotelo in fuga sulla destra, palla verso il centro, erroraccio di Lucio, la sfera rimane lì e Braulio stavolta fulmina Kahn per il 3-1.
Dovrebbe essere il colpo del KO, e il Bayern è effettivamente pochissima cosa, però arriva un protagonista nemmeno troppo inatteso a guastare la festa: del Pato Abbondanzieri al di là dello stile discutibile abbiamo sempre apprezzato il carisma e la capacità di assumersi responsabilità, ma uno-due errori a partita, e anche piuttosto gravi, è assai frequente vederli da parte sua: stavolta il Getafe li ha pagati tutti, ed è difficile togliere al portiere argentino la stragrande maggioranza della responsabilità per questa beffarda eliminazione.
Non si spiega, non ha proprio logica il suo errore a soli cinque minuti dal termine dei supplementari, e col Getafe che controlla la situazione: su una punizione a spiovere dalla metacampo assolutamente innocua, con nessuno a disturbarlo, il Pato, il quale in un primo momento sembrava aver trattenuto come normale che fosse il pallone, lo consegna clamorosamente sui piedi di Toni che deposita nella porta vuota e riapre una partita parsa già giustissimamente sepolta.
Si innesca ora una situazione vista sin troppe volte nel calcio: il panico che subentra, e tutti sanno che alla prima mischia il Bayern potrà e saprà portare a casa l’ intera posta. Il Getafe prova a perdere tempo cincischiando col pallone, ma eccola qui la palla dentro l’ area, Sosa dalla sinistra e Toni implacabile a zittire il Coliseum (brutto gesto, fortuna sua che ha trovato un pubblico educato).

La chiusura più amara, ma che non intacca minimamente la portata della prestazione del Getafe, cui tutti gli appassionati di calcio spagnolo devono rendere sentitamente grazie.


Ebbene sì, il Barça è una delle 4 migliori d’ Europa…

Ieri sera il Barça ha compiuto il suo doveroso passo verso le semifinali, non senza patemi e ovviamente con la solita prestazione titubante, nella prima mezzora addirittura catastrofica. Senza contare che per tutto il corso del match i blaugrana hanno dovuto fare i conti con un avversario inatteso, ovvero il pubblico del Camp Nou, il dodicesimo uomo in campo per lo Schalke 04: poco importava che la loro squadra si giocasse un traguardo fondamentale, loro dovevano continuare le loro battaglie piccole piccole, con i fischi preventivi ad Henry (io sono il primo a non essere soddisfatto del rendimento del francese, ma non sta qui il punto) e l’ assurda contestazione a Rijkaard, colpevole di aver sostituito Bojan, il giocattolino di casa già visto come uno al di sopra della legge invece che come il 17enne alle prime esperienze col calcio professionistico che è.

Davvero agghiaccianti i primi 30 minuti dei blaugrana, i segnali della squadra completamente allo sbando c’ erano proprio tutti: terrore e impotenza, all’ attacco che non pressa e al centrocampo che non ruba un pallone che sia uno si aggiungeva infatti una difesa passiva e incapace di accorciare (“Effetto Thuram” lo chiamo io), in difficoltà al minimo cross o pallone dentro l’ area degli uomini di Slomka, lodevoli per la mentalità con cui sono scesi in campo: senza complessi e consci degli enormi limiti attuali dell’ avversario hanno spinto sull’ acceleratore con decisione, aggredendo alto e proponendo verticalizzazioni e inserimenti che si sono arenati soltanto sulla qualità non eccelsa delle individualità offensive (per intenderci, il Manchester United ne avrebbe segnati 3 o 4…).
La sensazione era di un Barça senza scampo, anche perché il pubblico era già a pronto a montare con la contestazione in caso di gol tedesco, ma è stato proprio il Barça a segnare il gol, e in un momento fondamentale: alla fine del primo tempo l’ acuto di Yaya Touré (per il resto molto macchinoso, si regge in piedi a malapena) permette di andare con più tranquillità negli spogliatoi e organizzare un secondo tempo diverso.
Ed effettivamente, complice il calo atletico dei tedeschi (che su ritmi bassi non sono una squadra all’ altezza), la ripresa viene gestita se non con brillantezza, con relativa tranquillità: i blaugrana occupano il campo in maniera più razionale, alzano il baricentro e finalmente s’ installano con buona continuità nella metacampo avversaria, consentendo di soffrire meno a Xavi e Iniesta rispetto a quando la squadra è costretta a difendersi nella propria metacampo, anche se questo è certo, le accelerazioni continuano a latitare.
Ora la semifinale col Manchester United, dove due saranno le carte a favore del Barça: la prima è quella di partire sfavoriti dal pronostico, il che già di per sé determina condizioni ambientali e psicologiche radicalmente diverse rispetto a questo doppio confronto con lo Schalke (sicuramente il Camp Nou proporrà qualche grande coreografia, e non i mormorii di ieri sera), la seconda è il recupero in vista di due giocatori fondamentali come Messi e Deco. E se i blaugrana dovessero per l’ occasione ritrovare la mentalità giusta e garantire equilibri accettabili, il loro tasso tecnico potrebbe ritrovare il suo peso determinante.

FOTO: Marca.com

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mercoledì, aprile 09, 2008

AVVISO.

In questa e nelle prossime settimane purtroppo non potrò garantire approfondimenti che vadano oltre i commenti delle partite del fine-settimana e quelli delle partite di Barça e Getafe nelle coppe europee. Mi sarebbe piaciuto poter scrivere qualcosa di più approfondito, al di là della stretta attualità, sulle varie squadre della Liga (ad esempio sullo stesso Getafe o sull' Almeria), però gli impegni personali attualmente me lo permettono. Ovviamente vale sempre la regola del "non escludo", cioè potrei sempre, e con molto piacere, proporvi qualche approfondimento ove ne avessi l' opportunità.

Grazie
Valentino

P.S.: Non c'entra con l' argomento del blog e tantomeno con la comunicazione di servizio di cui sopra, ma la partita di ieri sera entra dritta nella leggenda del calcio.

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lunedì, aprile 07, 2008

TRENTUNESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Atlético Madrid-Almería 6-3: Antonio López 2’ (At); Forlán, rig. 5’ (At); Felipe Melo 10’ (Al); Juanma Ortiz 17’ (Al); Simao 33’ (At); Negredo 36’ (Al); Simao 45’ (At); Agüero 53’ (At); Agüero 70’ (A).

Zaragoza-Betis 0-3: Mark González 7’; Mark González 15’; Pavone 63’.

Murcia-Valencia 1-0: Iván Alonso 34’.

Racing-Deportivo 1-3: Xisco 1’ (D); Coloccini 24’ (D); Jorge López 34’ (R); Xisco 42’ (D).

Levante-Valladolid 0-3: Joseba Llorente 23’; Víctor 58’; Borja 88’.

Athletic-Espanyol 1-0: Garmendia 13’.

Giornata di responsi PESANTISSIMI. A parte la testa della classifica, dove il Real Madrid per mancanza di concorrenti pare proprio destinato a vincere questa Liga così svalutata, in fondo alla graduatoria si è prodotto un intreccio di risultati a dir poco devastante per il Zaragoza.
Non solo lo 0-3 casalingo subito dal Betis (in gran spolvero Mark González, autore di un vero capolavoro sullo 0-2) getta l' ambiente nello sconforto più totale (nonostante il recupero ieri di due elementi come Matuzalem e Aimar), innescando una durissima contestazione della Romareda, ma le contemporanee vittorie di Recreativo, Valladolid e Deportivo (grande impresa in casa del Racing, Xisco dà spettacolo) fanno terra bruciata attorno agli uomini di Manolo Villanova.
Il gol dell' uruguaiano volante Iván Alonso e i tre punti probabilmente non salveranno il Murcia, ma confermano il disastro di Koeman sulla panchina del Valencia (il calcio spagnolo, quello con la classe media forse più competitiva d' Europa, ha dall' altra parte delle Grandi che in realtà non sono affatto tali, questo è il vero problema), che ieri non ha avuto nemmeno troppa fortuna a dire il vero.
"Sai quella squadra che in superiorità numerica per 85 minuti si fa fare tre gol in casa?... ricordi quelli che vincevano tutte quelle buffe partite casalinghe con 3-2, 4-3, 5-4, 6-3, 13-12?... quelli che giocavano senza centrocampo e con i difensori che regalavano i gol agli avversari?" Questi probabilmente saranno gli aneddoti che fra qualche decade i nonni racconteranno ai loro nipotini nel ricordare l' Atlético Madrid 2007-2008. Dopo 5 minuti i colchoneros si trovavano sul 2-0 e con l' uomo in più, ciò nonostante l' Almeria ha rimontato due volte, portandosi prima sul 2-2 poi sul 3-3. prima che l' espulsione di Juanito verso la fine del primo tempo consegnasse definitivamente il match ai padroni di casa, col 4-3 di Simao in chiusura di primo tempo e la doppietta del Kun in apertura di ripresa. L' Almeria porta a casa una goleada quasi eroica per come ha affrontato l' inferiorità numerica (già sul campo del Betis diede una prova simile).
Chi sale chi scende: prende il volo l' Athletic, non esce dalla dinamica negativa del suo girone di ritrno l' Espanyol. Un tempo a testa, solo che nella ripresa l' Espanyol sbaglia la sua chance più ghiotta, un rigore spedito in curva da Tamudo.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 66
2 Villarreal 59
3 Barcelona 59
4 Atlético 53
5 Racing 50
6 Sevilla 48
7 Espanyol 45
8 Athletic 43
9 Almería 42
10 Betis 41
11 Mallorca 41
12 Getafe 40
13 Deportivo 40
14 Valencia 39
15 Valladolid 38
16 Osasuna 37
17 Recreativo 36
18 Zaragoza 33
19 Murcia 29
20 Levante 19

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano (Sevilla) 23 (2 rig.)
Güiza (Mallorca) 17
Raúl (R.Madrid) 16 (3 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 15 (5 rig.)
Llorente (Valladolid) 14


HIGHLIGHTS Athletic-Espanyol

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